Storicismo, situazionismo, discernimento e utilitarismo: sono alcune delle tendenze in cui degenera la morale quando - come sta accadendo nella Chiesa - scompare la metafisica e prevale di conseguenza un aspetto immanente dell'etica.
Continuiamo nella nostra analisi relativa al cambio di paradigma nel mondo della Chiesa, cambio di paradigma la cui cifra caratteristica in ambito morale – questa è la nostra ipotesi – potrebbe essere individuata nella morte della metafisica e dunque nel privilegiare l’aspetto immanente dell’etica.
Storicismo. Se le esigenze profonde dell’uomo hanno natura solo sensibile, se sono da riferire solo alla realtà materiale e dunque questa funge da paradigma morale, e se la realtà è corruttibile, ossia muta nel tempo, nello spazio, a seconda delle condizioni personali, ciò significa che anche il paradigma valoriale di riferimento, cioè anche la morale, può e deve mutare nel tempo, nello spazio e a seconda delle condizioni personali. In merito alla prospettiva temporale, ad esempio, il Vangelo deve essere letto in riferimento alla cultura contemporanea, deve essere contestualizzato nella modernità, calato nel presente, ma non nel senso di declinare gli immutabili principi evangelici nell’oggi, bensì sposando una dinamica opposta: è la Storia che funge da criterio esegetico del Vangelo. Il transeunte diviene chiave interpretativa dei principi di fede e morale, che di loro sono atemporali. Da ciò deriva di necessità che anche questi stessi principi dovranno mutare. In realtà dovrebbe essere il contrario come insegna Gaudium et Spes - «è dovere permanente della Chiesa di scrutare i segni dei tempi e di interpretarli alla luce del Vangelo» (n. 4) – e come ricorda il motto dei certosini Stat Crux dum volvitur orbis (“la Croce resta fissa mentre il mondo ruota”).
Situazionismo. Relativamente alla prospettiva spaziale-personale, è bene rammentare che la realtà fenomenica è il regno del particolare. Esiste questo uomo qui particolare nella realtà, non esiste nel mondo fisico l’idea di uomo. E’ solo il nostro intelletto che astrae dal particolare il concetto universale di “uomo”. Dunque esiste solo questo uomo particolarissimo, irriproducibile nella sua individualità. Ciò è vero anche sul piano metafisico perché l’anima razionale fiorisce in ciascuno di noi in modo unico, particolarissimo ed informa una materia corporale altrettanto unica. Ma se mettiamo in un angolo il concetto di “natura umana”, sparisce l’universalità di un’unica natura umana che esige, sempre e in ogni circostanza, il rispetto dei suoi diritti fondamentali e, al rovescio, il rispetto dei divieti negativi assoluti: non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non sciogliere un matrimonio valido, etc. I famosi principi non negoziabili. Dunque l’universalità di un’unica natura razionale umana, con le relative esigenze morali di cui sopra, viene sostituita da un’infinita moltitudine di singole esistenze a cui corrispondono un’altrettanta infinita moltitudine di singole esigenze morali particolarissime. Dunque, sul piano morale, esisterà solo questo uomo qui ed ora, nella sua concretezza individuale e storica, con le sue irriducibili esigenze e bisogni. Scadremmo così nel relativismo situazionista: la condizione che vive questa coppia divorziata risposata è diversa dalla condizione che vive quell’altra coppia divorziata risposata e perciò è giusto adattare i generali principi morali alle situazioni concrete e specifiche. Quindi c’è adulterio e adulterio, occorre discernere, distinguere caso per caso. In altri termini, tante situazioni diverse, tante soluzioni etiche differenti. Alla morale universale si sostituisce la morale particolare. Ecco poi spiegato il rifiuto del dogma, della legge, dei principi oggettivi, che sono tutte realtà valide sempre e per chiunque. Il rifiuto nasce dal fatto che appaiono gabbie formali troppo rigide per soddisfare le esigenze dell’uomo particolarissimo: la norma, di fede e di morale, non è rispondente alle esigenze del singolo. Non è più la realtà che si deve conformare al principio, ma viceversa. L’etica è investita da un moto non più trascendente, bensì discendente.
Il discernimento. Il situazionismo comporta che la coscienza retta sia sostituita dal discernimento. La coscienza è un atto della ragione che declina i principi immutabili della legge naturale nella situazione concreta e formula un norma particolare consona a quei principi: è la legge naturale applicata nel concreto. Ad esempio un principio di legge naturale comanda: “Non uccidere l’innocente!”. La norma particolare che discende da tale principio e che viene formulata dalla retta coscienza della donna che aspetta un bambino comanda: “Non abortire tuo figlio!”. Eliminato come riferimento la natura razionale dell’uomo – paradigma oggettivo di moralità - che vieta sempre a tutti i mala in se, ecco che il discernimento non può che declinarsi nel paradigma soggettivo, cioè nel soggettivismo. La circostanza particolare in cui ci troviamo ad operare non è più il contenitore in cui inserire le verità universali sull’uomo, ma diviene contenuto, ossia è lei stessa che rappresenta la fonte del bene e del male. Più in particolare è la volontà del singolo (addirittura i desideri) calata in quella circostanza ad indicare il principio morale (volontarismo). E così è la situazione particolare a permettere l’accesso alla santa comunione ai divorziati risposati che non vivono castamente.
Utilitarismo. Se la morale è empirica ciò significa poi che bene e male devono essere riferiti a criteri di utilità/efficacia. E così, ad esempio, il matrimonio nullo non è quello invalido, ma quello fallito, che non funziona, che provoca più danni che benefici.
Tommaso Scandroglio
La prima puntata è stata pubblicata il 20 dicembre:
- La Chiesa e la morte della metafisica
http://www.lanuovabq.it/it/quattro-modi-per-tradire-la-morale-cattolica
Il nuovo arianesimo si chiama buonismo
Ho pensato di camminare ripiegato su me stesso per non offendere la sensibilità di coloro che non sono alti, di farmi leggere le notizie sui giornali per non offendere la sensibilità di coloro che non sanno leggere, di passare qualche ora al Pronto Soccorso per non offendere la sensibilità di coloro che non stanno bene. Sono pazzo? Forse, o forse la mia mente si adegua alla scempiaggine imbandita dal buonismo “politically correct”.
Ho pensato, in questi giorni, di camminare ripiegato su me stesso per non offendere la sensibilità di coloro che non sono alti, di farmi leggere le notizie sui giornali per non offendere la sensibilità di coloro che non sanno leggere, di passare qualche ora al Pronto Soccorso per non offendere la sensibilità di coloro che non stanno bene. Sono pazzo? Forse, o forse la mia mente si adegua alla scempiaggine imbandita dal buonismo “politically correct”, vero fattore tendenziale (Plinio Correa de Oliveira docet) che conduce all’eresia. Prendete quello che è accaduto a Riviera del Brenta, dove alcune maestre hanno rimosso il nome di Gesù da una canzoncina natalizia (?!?) per non offendere la sensibilità di chi non è cattolico. Ma per offendere la sensibilità di chi non è cattolico, non dovresti festeggiare il Natale in primo luogo!
Una bambina della scuola, più saggia certo delle maestre, ha preteso che il nome fosse conservato e l’ha avuta vinta.
Leggiamo su Il Gazettino: “Da alcuni giorni la classe stava facendo le prove della canzone "Natale in allegria" ma quest'anno le insegnanti volevano introdurre una novità, per non offendere la sensibilità dei molti bimbi non cattolici che frequentano l'istituto. Appena ha saputo che sarebbe stato omesso dal testo il nome di Gesù, la bambina ha preso carta e penna e ha avviato una petizione tra i compagni. La richiesta di lasciare il testo integrale è stata sottoscritta dalla quasi totalità dei bimbi in aula, costringendo le maestre alla retromarcia”. Continua l’articolo: “«Sono molti i bambini non cattolici sia nella classe di mia figlia - racconta la madre - che nell'intera scuola primaria». Una decisione che la piccola non ha preso di buon grado. All'insaputa della madre, l'intraprendente ragazzina prima ha minacciato di scrivere personalmente una lettera di protesta alla preside, poi è passato alle vie di fatto e ha coinvolto i compagni di classe. A tutti ha chiesto di firmare una petizione per la reintroduzione del nome di Gesù nella canzoncina originale da consegnare alle maestre per far sapere cosa ne pensavano gli alunni. Il foglio è stato passato furtivamente di mano in mano da un banco all'altro e nel giro di poche ore è stato firmato da moltissimi allievi, compresi alcuni bimbi musulmani. Ottenuto il consenso quasi plebiscitario dei vicini di banco la bambina ha consegnato il foglio alle maestre”. Ma vi rendete conto della follia da cui siamo circondati? Allora per non offendere i figli dei genitori separati non parliamo più di matrimonio, per non offendere i bambini stranieri non parliamo in italiano, per non offendere i bambini mancini scriviamo tutti con la sinistra...e via dicendo. Poi il Natale, il cristianesimo, Gesù, non sono un capriccio culturale, ma un fondamento della nostra civiltà, credenti o no.
Philippe Muray, ne “L’impero del bene”, aveva capito tutto: “Eh sì, il Bene ha invaso tutto; un Bene un po’ speciale però, elemento che complica ulteriormente le cose. Una pagliacciata di Virtù, o meglio, più esattamente: quello che resta di una Virtù non più pungolata dalla furia del Vizio. Un Bene riscaldato”. Non dovremmo neanche scrivere articoli su queste cose, perché un articolo dona serietà a qualcosa che è pura follia, negazione di ogni buon senso comune.
Allarmiamoci, perché il buonismo è il nuovo arianesimo e rallegriamoci per il coraggio dimostrato dalla bambina, nel voler crescere gelosa della sua identità e della sua appartenenza. Forse lei lo ha fatto istintivamente, certamente senza farsi troppi problemi ideologici. Ma proprio ai bambini, ancora puri, non manca un certo sentire di quello che per tutti dovrebbe essere soltanto comune, forse banale, ma imprescindibile buon senso.
Aurelio Porfiri
http://www.lanuovabq.it/it/il-nuovo-arianesimo-si-chiama-buonismo
DOGMA, TEOLOGIA, PASTORALE: UN NUOVO LIBRO DI ANTONIO LIVI.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ci sembra utile e interessante darvi notizia della pubblicazione di un libro mons. Antonio Livi. Si tratta della testimonianza coraggiosa di un grande teologo, l’ultimo esponente della grande scuola romana di teologia che annoverava Cornelio Fabro, Antonio Piolanti, Luigi Bogliolo, Brunero Gherardini, Dario Composta, Raimondo Spiazzi, Enrico Zoffoli ed altri grandi menti. Mons. Antonio Livi in questo testo affronta alcuni temi della teologia con il coraggio e l’apertura che tutti gli riconoscono. Un testo dove si parla di morale, liturgia, mistica e il ruolo del teologo; e la sua responsabilità ecclesiale. Riccardo Cascioli, direttore de La Nuova Bussola Quotidiana, dice nella prefazione: “In queste pagine egli risponde anche ai suoi critici, soprattutto a quei giornalisti che amano dividere la Chiesa secondo logiche politiche: progressisti e conservatori, con papa Francesco e contro papa Francesco, buoni e cattivi. Dividere il mondo e i fedeli in tifoserie è un bel modo per evitare di confrontarsi sui contenuti. Monsignor Livi esce da questa logica, è chiaro che gli interessa soltanto ciò che porta a Dio, ci aiuta a discernere la vera teologia, che a Dio ci avvicina, dalla falsa teologia, che invece ci porta lontano senza neanche che ce ne accorgiamo”. Aurelio Porfiri, curatore del volume, dice nella sua introduzione: “Io credo che bisogna tenere vicini e come grandi doni coloro che ci possono essere maestri. Essi sono una benedizione che Dio ci manda per aiutarci nel nostro pellegrinaggio terreno. Non sarà questo libro che darà la misura della grandezza di Monsignor Antonio Livi, ma il mio scopo è un altro. Quello di fornire un dito che indichi la luna, uno strumento che invogli poi a leggersi i lavori più impegnativi per scoprire un pensatore originale, dalla forte tempra e sempre fedele al perenne insegnamento della Chiesa. Ecco lo scopo di questo testo. Chi volesse approfondire il suo pensiero dovrebbe leggere il testo di William J. Slattery pubblicato dalla casa editrice Leonardo da Vinci, creatura dello stesso Mons. Livi. Qui, in questo libricino, c’è solo una riflessione fatta da lui sulla teologia. All’inizio, come per altri testi della mia casa editrice, avevo pensato ad un dialogo, ma poi ho pensato fosse meglio lasciare a lui l’iniziativa e ritirarmi nel ruolo di sollecitatore”. Un libro denso, forse controverso, ma di non difficile lettura. Una lettura indispensabile per chi voglia comprendere cosa non va oggi nella Chiesa e quali siano le possibili soluzioni.
Sommario
Biografia Mons. Antonio Livi
Prefazione (Riccardo Cascioli)
Introduzione (Aurelio Porfiri)
Teologia come vocazione
Teologia come scienza
L’oggetto della teologia
Teologia o teologie?
Teologia e liturgia
Teologia e morale
Antonio Livi (con Aurelio Porfiri, 2018), Dogma, teologia e pastorale. Un teologo parla: Chorabooks.
EBook (formato Kindle) Euro 4.99
ISBN 9789887897019
EBook (formato Epub) Euro 4.99
ISBN 9789887897095
Cartaceo Euro 9.99
ISBN 9789887897057
Disponibilità: immediata su tutti i negozi amazon in formato kindle e cartaceo e su oltre 100 negozi online in formato Epub (Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori, hoepli, Book republic, Libreria universitaria, San Paolo store, Il fatto quotidiano, Il giardino dei libri, Google play, Ibooks store, Kobobooks, Tolino, Casa del libro, Bajalibros, Nookstore, Weltbild, El corte inglés, Barnes and Nobles etc.)
Mons. Antonio Livi è nato a Prato il 25 agosto 1938. Ordinato sacerdote nel 1963. Direttore spirituale del Seminario romano per le vocazioni adulte dal 1967 al 1971; Cappellano di Sua Santità dal 1998. Direttore spirituale del Seminario arcivescovile di Benevento dal 200 al 2005. Attualmente fa parte del Clero romano ed è vice rettore della chiesa di Sant’Andrea del Vignola. Autore di numerosi scritti tra cui ricordiamo Vera e falsa teologia (di prossima pubblicazione), Filosofia del senso comune. Logica della scienza e della fede, Metafisica e senso comune. Per l’intera bibliografia si rimanda a: www.antoniolivi.com
Aurelio Porfiri è compositore, direttore di coro, educatore e autore. Ha al suo attivo circa 30 volumi e 600 articoli. La sua musica è pubblicata in Italia, Cina, Stati Uniti, Francia e Germania. Ha collaborato con numerosi blogs, riviste e quotidiani come Zenit, La nuova bussola quotidiana, O Clarim, La croce quotidiano, la fede quotidiano, Liturgia, La vita in Cristo e nella Chiesa, Rogate ergo, Camparidemaistre, Il messaggio del cuore di Gesù, Patheos, etc.
Marco Tosatti
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