L'unico principio non negoziabile è cacciare Salvini
Intervenire sull'Ires e non sull'utero in affitto - come ha fatto il presidente Cei Bassetti - mostra chiaramente è in atto un cambiamento nella graduatoria dei principi non negoziabili: ai primi posti vengono messi temi privi di carattere assoluto e moralmente vincolante in quanto possono essere affrontati in vario modo, dato il loro carattere contingente e relativo. Ma ormai per i vescovi il principio non negoziabile cardine è diventato cacciare Salvini.
Alla notizia dell’intervista di ieri su Repubblica del cardinale Bassetti, presidente dei vescovi italiani, mi è stornato in mente quando su quella sedia sedeva il cardinale Camillo Ruini. Allora egli veniva accusato un giorno sì e l’altro pure di fare politica, mentre avrebbe dovuto occuparsi di religione e fede. Quando compariva in pubblico insieme a Romano Prodi, le malelingue dicevano che il politico dalle fini strategie era Ruini e l’ecclesiastico dal passo felpato era Prodi. Quando poi, nel 2004, Ruini consigliò gli italiani di non andare alle urne per il referendum sulla legge 40, l’accusa di fare politica aumentò vertiginosamente. Fu allora che l’ecclesiastico dal passo felpato rimproverò il politico in porpora, rivendicando per sé di essere un “cattolico adulto”: la politica non aveva bisogno di vescovi che facessero politica.
È curioso però che dopo l’era Ruini, e specialmente nell’era di papa Francesco, i vescovi italiani si siano messi a fare politica diretta, e nessuno dice niente per il fatto che la fanno da una parte sola, dalla parte di coloro che contestavano il cardinale Ruini perché faceva troppa politica. Strane vicende della politica (ecclesiastica) italiana. Durante la segreteria CEI di Mons. Galantino i vertici episcopali andavano direttamente a cena con la Cirinnà e la Boschi, per altro non per cercare di evitare l’approvazione della legge sul riconoscimento delle unioni civili anche tra persone omosessuali, ma per concordarle insieme. In cambio di qualcosa che non si sa. In premio il vescovo Galantino è stato promosso nientemeno che all’APSA, ove si gestisce il patrimonio della Santa Sede, di cui è diventato Presidente.
Ora il presidente della CEI se la prende con un provvedimento della finanziaria, lancia un guanto di sfida a Salvini e si mette a capo di un nuovo partito politico. Non entro qui nel merito della nuova tassazione che grava sugli enti non-profit. La questione è complessa, voci non di parte ne avevano già messo in evidenza l’inopportunità e lo stesso governo aveva fatto ammenda, promettendo di rivedere il punto a gennaio. Dico solo che il tema è strettamente politico e di amministrazione governativa e su questi temi sarebbe meglio che i vescovi non intervenissero, a meno che non vi fossero coinvolti principi morali non negoziabili.
Proprio su questo tema, in altre occasioni questo giornale aveva fatto notare che è in atto un cambiamento nella graduatoria dei principi non negoziabili. Ai primi posti vengono messi temi privi di carattere assoluto e moralmente vincolante in quanto possono essere affrontati in vario modo, dato il loro carattere contingente e relativo. Agli ultimi posti vengono collocati invece i temi che pongono le coscienze davanti a principi morali che non ammettono eccezioni. Anche nel caso dell’intervento del cardinale Bassetti è così. In questi stessi giorni, come documentato da la Nuova Bussola Quotidiana il gruppo di lavoro incaricato dalla Conferenza Stato-Regioni di verificare l’applicazione della legge 40/2004 sulla fecondazione artificiale spinge perché lo Stato incentivi la donazione di gameti e, quindi, l’utero in affitto.
Al posto del cardinale Bassetti io sarei intervenuto su questo tema che, dal punto di vista antropologico (e teologico) è dirompente, assolutamente disumano, contrario ad alcuni principi fondamentali della legge naturale e divina e causa certa di enormi e durature ingiustizie. La tassazione degli enti no-profit è invece argomento politico, con molti aspetti tecnici e di valutazione empirica, sul quale ci si può legittimamente atteggiare in modo diverso pur partendo dagli stessi principi. Anche chi è contrario a questa riforma del governo vede comunque l’enorme disparità tra i due piatti della bilancia e si chiede perché i vescovi intervengano per quello che pesa di meno e tacciano sempre per quello che pesa di più.
L’intervento di Bassetti è stato espresso poi con un linguaggio tipicamente politico: “Se la prenda con noi vescovoni ma lasci stare il patrimonio di umanità del popolo italiano”. Sembra una frase efficace da comizio. Il primo e forse unico (in questo momento) principio non negoziabile sembra essere la cacciata di Salvini dal governo. “Se la prenda con noi vescovoni” tocca retoricamente il tasto del vittimismo e la “difesa del patrimonio di umanità del popolo italiano” quello della compiacenza, due ingredienti fondamentali del linguaggio elettorale: noi difensori dei valori come vittime e loro demolitori dei valori come carnefici. Anche toccare un tema che fa leva sul sentimento, come è appunto il no-profit, e non uno fastidioso come l’utero in affitto, rivela una gestione politica dell’intervista: il politico dice sempre le cose che la gente vuol sentir dire e che ampiamente già condivide.
Ci si chiede però se i vescovi debbano mettersi a polemizzare con un uomo politico in questi termini. Termini che, tra l’altro, invitano l’avversario a fare lo stesso o anche di più, e siccome di motivi per guerreggiare ce ne sono molti e la Chiesa in questo momento ha diversi ambiti scoperti, sembra proprio che Bassetti abbia inaugurato la campagna elettorale per le europee 2019. Per quale partito ancora non si sa. Certamente non per la Chiesa la quale non è un partito (o no?).
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/lunico-principio-non-negoziabile-e-cacciare-salvini
Il gran ritorno dei vescovi in politica
Italia, Francia, America. L’attivismo della chiesa va ben oltre il Terzo settore
Foto LaPresse |
Roma. Lo scontro tra i vescovi e i maggiorenti gialloverdi al governo, a lungo covato sotto le braci, è esploso appena il Senato ha approvato il raddoppio dell’Ires – l’imposta sul reddito delle società – per gli enti no profit e le realtà collegate alla chiesa cattolica. A intervenire è stato direttamente il presidente della Cei, il cardinale Gualtiero Bassetti, che sfida Matteo Salvini ad attaccare “i vescovoni” ma gli chiede di lasciar perdere le “migliaia di istituzioni senza fine di lucro che coprono uno spettro enorme di bisogni ed esigenze”. Mai, ha aggiunto uno sconfortato Bassetti a Repubblica, “mi sarei aspettato di vedere colpito il volontariato e tutto ciò che rappresenta”. Parole che hanno colpito nel segno, se è vero che ieri il vicepremier Luigi Di Maio e il premier Giuseppe Conte hanno fatto sapere che la norma cambierà a gennaio “con il primo provvedimento utile”. Decisiva nel far cambiare idea al governo, stando a quanto detto da Di Maio, la consulenza dei frati di Assisi “che ringraziamo per il loro instancabile impegno”.
Nella fluida galassia della Conferenza episcopale italiana, dove convivono resistenze tenaci all’esperienza del governo Conte e velate simpatie soprattutto verso l’ala pensante leghista, è sempre più forte la voce di chi pretende una presa di posizione netta: passi per il taglio dei contributi ai giornali cattolici, passi pure per la strumentalizzazione politica di rosari, vangeli e presepi. Derubricate a propaganda elettorale, nonostante tutto, anche le intemerate contro i migranti. Ma il taglio – ritenuto punitivo – dei fondi al terzo settore, no. Sullo sfondo resta l’idea vaga del partito dei cattolici, rassemblement un po’ fuori dal tempo che partendo dall’aggregazione dal basso vorrebbe ergersi a muro di contenimento dei populismi di destra e sinistra. In ogni caso, i vescovi sono pronti a tornare a far sentire la propria voce dopo anni di ritirata seguiti alle battaglie per l’affermazione dei valori non negoziabili e al disorientamento per i punti all’ordine del giorno fissati nell’agenda di Papa Francesco.
Non è una peculiarità italiana, quella del risveglio episcopale. Negli Stati Uniti, nonostante la rassicurante vicepresidenza dell’evangelico Mike Pence e una preponderanza di pastori ancora plasmati nel conservatorismo muscolare giovanpaolino, le bordate contro i propositi trumpiani di proseguire la costruzione del muro al confine con il Messico sono all’ordine del giorno. Perfino in realtà che si ritenevano ormai desertificate dall’impetuoso vento secolarizzante, come la Francia, la chiesa cerca di riaffacciarsi in piazza: dall’appoggio visibile a chi ancora manifesta ricordando che il matrimonio è solo quello tra uomo e donna, alle posizioni in materia bioetica, con il neo arcivescovo di Parigi, mons. Michel Aupetit, che da medico qual è eroicamente tenta di spiegare ai concittadini che l’ascoltano alla radio perché l’eutanasia sia un abominio. Un risveglio a tal punto evidente che qualche suo confratello si è spinto anche a dichiarare pubblicamente comprensione per le ragioni dei gilets jaunes.
Osservatore Romano: nuovo direttore Andrea Monda
Dietro la manovra c'è probabilmente Padre Spadaro (La Civiltà Cattolica)
Grandi movimenti di fine anno in Vaticano per quanto attiene l’informazione.
Il direttore de l’Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian è stato sostituito dal professore Andrea Monda.
Nel contempo, il vaticanista de La Stampa Andrea Tornielli è stato nominato alla direzione editorialedel dicastero guidato da luglio 2018 (per la prima volta dal laico) Paolo Ruffini, ex direttore di Tv2000.
Vian, professore universitario, ha condotto per 11 anni l’importante quotidiano vaticano. Il suo sostituto, Andrea Monda, iscritto all’albo dei pubblicisti, è invece un professore liceale di religione e collabora con seminari a diverse università vaticane.
È chiaro dunque il segnale che Papa Francesco ha voluto inviare ad un settore, quello della comunicazione, da sempre cruciale per il Vaticano soprattutto adesso che, con l’avvento dei social, il clero cattolico è sotto attacco quasi giornaliero per le note vicende di pedofilia e scandali finanziari.
La mossa di mettere Monda all’Osservatore, data la sua vicinanza ai Vescovi italiani (ha collaborato anche con Tv2000 e conosce bene Tornielli), ha anche il significato di aprire alla Cei, che non sempre ha avuto un atteggiamento collaborativo con il suo quotidiano, Avvenire, diretto da Marco Tarquinio, in passato al centro di polemiche per alcune sue iniziative politiche come l’intervista a Beppe Grilloed una apertura ai Cinque Stelle che non piacquero particolarmente in Oltretevere.
C’è anche da dire che il Presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, è stato voluto personalmente dal Papa, al posto di Angelo Bagnasco.
Una considerazione interessante riguarda poi i titoli accademici: Giovanni Maria Vivian è professore di patristica all’Università La Sapienza di Roma mentre il suo sostituto Andrea Monda, è un semplice professore di religione di liceo. Monda è laureato in giurisprudenza sempre presso La Sapienza e in Scienze Religiose alla Gregoriana. Inoltre collabora anche con La Civiltà Cattolica, considerata diretta emissione di Papa Francesco grazie alla guida del gesuita Antonio Spadaro.
Ma in ambienti vaticani si insinua che il sodalizio tra i due, Spadaro e Monda, sia in realtà molto più forte visto che entrambi sono in ruoli apicali in BombaCarta, una iniziativa culturale che realtà è un vero e proprio think - tank di potere.
Se si considera quindi il quadro degli uomini al potere nella informazione vaticana si capisce come Papa Francesco si sia mosso con un piano ben preciso per controllare direttamente l’intero apparato comunicativo della Santa Sede.
Infatti i perdenti del rinnovamento sono la Segreteria di Stato di Pietro Parolin, neppure avvisato del cambio, e il direttore della Sala Stampa vaticana Greg Burke che appare ora in un ruolo del tutto secondario.
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