La Chiesa vicina ad un santuario visitato da migliaia di pellegrini è stata chiusa dalle autorità cinesi con una motivazione a cui i fedeli non credono. Secondo AsiaNews la vera ragione è la “sinicizzazione” della fede cattolica.
Ecco l’articolo di Feng Gang nella mia traduzione.
La parrocchia di Dongergou è una delle più antiche parrocchie cattoliche dello Shanxi. Situata a 30 chilometri a sud della città di Taiyuan, ospita un famoso luogo di pellegrinaggio, il Santuario della Madonna dei Sette Dolori, seduto in cima alla montagna dei Sette Dolori. Decine di migliaia di persone lo visitavano ogni anno, iniziando il loro cammino di pellegrinaggio in salita, adornato con stazioni della croce e statue di santi e angeli, nel villaggio di Dongergou con una chiesa cattolica e la Casa Francescana. Fondato nel 1893, il posto di missione è stato una roccaforte per i francescani, avendo avviato alla professione religiosa oltre 100 sacerdoti nel corso della sua storia. La popolazione del villaggio è di 1.300 abitanti, tutti cattolici.
Nel luglio di quest’anno, le autorità locali hanno vietato l’uso della chiesa sostenendo che era diventata “pericolosa” per l’uso. Tuttavia, questa argomentazione non è convincente considerando il fatto che l’amministrazione della chiesa ha già presentato l’anno scorso una richiesta di ricostruzione, ma non è stata ancora approvata
In ottobre, le autorità hanno demolito la statua di un angelo (vedi video in fondo all’articolo) alla porta del Santuario della Madonna dei Sette Dolori sulla montagna. Secondo un rapporto di AsiaNews, il motivo ufficiale della demolizione era che il luogo di pellegrinaggio aveva già “troppe croci” e “troppe statue”. La vera ragione, però, è stata l’obiettivo del Partito Comunista Cinese di “sinicizzazione” della fede.
Uno dei credenti locali ha detto: “Il governo sta usando mezzi ingannevoli per impedire ai credenti di adorare. Non ci permetteranno di usare la vecchia chiesa, e non ne approveranno una nuova. Molte chiese sono già state demolite nella provincia di Henan”.
I credenti si sono riuniti fuori dalla chiesa per mesi, ma con l’avvicinarsi dell’inverno, è destinato a diventare una questione importante per i credenti locali. Un altro membro della congregazione ha commentato: “È una sfida per i credenti anziani partecipare a raduni all’aperto. Anche i giovani non possono persistere”.
Uno dei credenti locali ha detto: “Il governo sta usando mezzi ingannevoli per impedire ai credenti di adorare. Non ci permetteranno di usare la vecchia chiesa, e non ne approveranno una nuova. Molte chiese sono già state demolite nella provincia di Henan”.
I credenti si sono riuniti fuori dalla chiesa per mesi, ma con l’avvicinarsi dell’inverno, è destinato a diventare una questione importante per i credenti locali. Un altro membro della congregazione ha commentato: “È una sfida per i credenti anziani partecipare a raduni all’aperto. Anche i giovani non possono persistere”.
Le paure dei credenti non sono infondate. Secondo fonti interne, a causa delle dure politiche religiose, i governi locali in Cina non stanno approvando la costruzione di nuove chiese.
Fonte:Bitter
Sabino Paciolla
DISPACCI DALLA CINA. L’ATTIVISTA GUANGCHEN: L’ACCORDO È UNO SCHIAFFO IN FACCIA AI CATTOLICI CINESI
Marco Tosatti
Cari Stilumcuriali, fra i Dispacci di oggi ci parte particolarmente interessante quello che dice Chen Guangchen, l’attivista per i diritti umani non vedente, che si batte per una maggiore libertà nel suo Paese. Ma molto interessanti anche le altre notizie, che, purtroppo, raccontano di nuove persecuzioni da parte del governo cinese, che utilizza strumentalmente lo sciagurato accordo provvisorio e segreto firmato dalla Santa Sede per stringere la morsa sui cattolici cinesi. Se ne vorranno accorgere, in Vaticano?
I cattolici di Datong denunciano
La bene informata “AsiaNews” informa in un articolo di fine novembre, della lettera aperta dei cattolici della diocesi di Datong nello Shanxi. I cattolici, senza vescovo dal 2005, denunciano le persecuzioni di cui sono oggetto: “Certo, su molte dichiarazioni e proposte del governo noi non siamo d’accordo, né le accettiamo; alcuni di noi perfino si oppongono ad esse. Ma non è possibile che ci venga tolta la nostra libertà e diritto perché abbiamo una fede diversa. Come comunità di credenti, siamo ancora più preoccupati per la libertà di parola, dato che non si può separare questa dalla libertà di religione: non ci può essere l’una senza l’altra. Ora siamo sottoposti al vostro controllo. La croce della nostra chiesa e perfino la chiesa stessa sono state demolite. La libertà dei fedeli di radunarsi viene limitata. La Chiesa è forzata ad accettare la guida del governo cinese. Tutte queste cose ci preoccupano e ci rendono insoddisfatti.
Come credenti, sappiamo che il futuro decide il presente. Con questa nostra lettera aperta- dichiarazione comune speriamo che voi potrete rispettare il diritto della Chiesa, rispettare ogni persona: questo è il livello minimo che non può essere cancellato”. I cattolici, più avanti, si domandano anche quale sia il prezzo da pagare per l’accordo provvisorio di settembre.
Uno schiaffo in faccia
Il britannico “Catholic Herald”, riprendendo da “Catholic News Agency”, riporta le dichiarazioni di Chen Guancheng, attivista cinese non vedente. Ecco la traduzione di un breve passaggio: “L’accordo di settembre è “uno schiaffo in faccia a milioni di cattolici e di altri fedeli religiosi in Cina che hanno subito una vera persecuzione sotto il PCC”, ha scritto Chen in un saggio sul Public Discourse del 26 novembre. (…) “Sono sicuro che i membri attivi delle chiese sotterranee in Cina, che hanno perseverato contro la paralizzante persecuzione per così tanto tempo, possono solo sentirsi traditi”, ha continuato.
Il riavvicinamento del Vaticano al governo cinese porta i dirigenti della Chiesa “più vicini a un partito comunista responsabile della morte di oltre quattrocento milioni di bambini non nati e centinaia di milioni di cinesi”, ha scritto Chen”.
Ancora sull’accordo
La giornalista Nina Shea commenta sul “National Catholic Register” sull’accordo di settembre. Ecco una porzione tradotta dall’inglese: “La Cina può ora ottenere influenza e legittimità attraverso il soft power del Vaticano, come gli scambi che il cardinale Parolin ha segnalato come un segno positivo dell’accordo. Il primo avvenne a Roma in ottobre, quando due vescovi cinesi, tra cui uno che era stato precedentemente scomunicato, parteciparono al sinodo sui giovani in Vaticano. Un partecipante al sinodo mi ha detto che non c’era nessuna apparente menzione della persecuzione cinese – nemmeno una sola domanda sulla gioventù che è stata bandita dalle chiese.
Alla fine di ottobre, altri tre vescovi cinesi sono arrivati per una conferenza di pace cattolica italiana. George Weigel ha scritto ampiamente sulla politica dell’Ostpolitik nella Guerra Fredda del Vaticano, che ha permesso agli apparatchik comunisti di infiltrarsi in conferenze simili, al Concilio Vaticano II e alla Radio Vaticana”. Aggiungiamo che George Weigel ha ampiamente scritto sulla Cina prima e dopo questo accordo.
Sulla decadenza di Hong Kong
Riporto un post su Facebook di Alberto Forchielli, economista e pensatore scomodo che per lungo tempo ha vissuto in Cina e lavorato con i cinesi. Spiega perché ha lasciato Hong Kong: “Perché ho lasciato Hong Kong che ho amato e perché non mi da più allegria tornarci. Hong Kong non ha più punte di eccellenza, non si investe seriamente in nessun settore differenziante perché la Cina non ne ha interesse vista la strutturale tensione politica (che secondo me intenzionalmente ha stupidamente fomentato): shipping andato a Tianjin, finance a Shanghai, tech a Shenzhen etc. Il governo cinese ha chiaramente fatto una scelta silenziosa per “normalizzare” Hong Kong e lo fa in negativo: anziché investire HK come in ogni altra grande città cinese per creare un hub con un vantaggio competitivo, evita semplicemente di farlo, ben sapendo che in un contesto del genere ne dichiara sostanzialmente la morte economica. Gli unici investimenti seri sono infatti in infrastrutture per creare cordoni di collegamento a madre patria (ponte sul delta, high speed train per Guandong, terza pista aeroporto). Per trovare eventi culturali si è sempre dovuti cercarli con il lanternino (per il West Kowloon Cultural District ci stanno mettendo venti anni e non è ancora finito… manco in Italia, per dire, l’Asia Society che organizzava eventi di grande livello è ridotta a promuovere misere esposizioni di arte di 3a categoria, l’Harvard club non si riunisce quasi più e quando lo fa propone eventi folkloristici più che educativi). Il tutto sul l’impianto di sempre: città costosissima, 4-5 gruppi che controllano l’80% del real estate, con il risultato che tutti si ammazzano per permettersi un buco in cui vivere, e ciò ha creato praticamente in tutti una mentalità “transazionale”: a nessuno frega un cazzo di nulla che non siano i soldi. La gran parte delle interazioni quotidiane sono bene che va con il saluto meccanico della cassiera così come è scritto nel manuale sennò la fustigano, ma tutto a occhi bassi, tutto scortese, tutto sbrigativo, piccoli abusi quotidiani all’insegna della frustrazione, tassisti sull’orlo di una crisi di nervi, razzismo strisciante anche nei confronti dei cinesi di Mainland. Ci sono secondo me ragioni chiare per tutto questo: strapotere degli oligopoli e politica Cina-HK cinica e scellerata sono secondo me ragioni chiare per tutto questo. L’atmosfera è cupa, la gente non sorride, gli occidentali sono sempre meno, HK che era la città più cosmopolita del mondo, sta lentamente diventando una città cinese come le altre che non attira più la curiosità di noi occidentali. Ma resta pur sempre come un popolo decide di reagire, e il 95% reagisce spalando la merda al piano di sotto. Posso capire razionalmente, ma non è un posto in cui è bello o utile stare. Sarebbe meglio che la Cina invadesse Hong Kong: almeno la toglie dallo stallo”. Da residente di Hong Kong, pur se oramai vivo più a Roma, devo dire che la sua visione è abbastanza corretta.
Problema etico
Su tutti i giornali, compresa “La Repubblica” viene data la notizia della nascita di bambini con DNA modificato. Lo annuncia He Jiankui, un genetista di Shenzen (al confine con Hong Kong). Ora, questa sembra una buona notizia ma si pone certamente un problema etico. Cosa guiderà questa capacità di manipolare la vita umana? Se soltanto i soldi e il guadagno, non ci attendono tempi propizi.
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