L'anno più difficile del pontificato di Papa Francesco
Papa Francesco si lascia alle spalle l'anno più difficile del suo pontificato. Tutte le tappe di un 2018 denso di criticità per il pontefice argentino
Papa Francesco si lascia alle spalle l'anno più difficile del suo pontificato. Tutte le tappe di un 2018 denso di criticità per il pontefice argentino
Papa Francesco e la Chiesa cattolica si lasciano alle spalle un anno complesso. Dagli scandali legati agli abusi che hanno travolto alcuni episcopati all'impasse che il pontefice argentino è stato costretto a registrare in materia di riforme, il 2018 non ha portato con sè la svolta sperata.
Anzi.
Il viaggio in Cile è stato il più difficile di questo pontificato. Bergoglio si è dovuto confrontare con una nazione molto secolarizzata, al limite dell'anticlericalismo. Quello che è emerso in relazione agli abusi perpetrati ai danni di minori e di adulti vulnerabili non è stato d'ausilio. Il Santo Padre ha dovuto inviare due volte mons. Charles Scicluna. Il risultato di queste visite del plenipotenziario per la lotta alla pedofilia è stato abbastanza indicativo: le dimissioni formali di tutti i vescovi cileni. Tra gli interventi predisposti da Francesco, vale la pena sottolineare la "cacciata" dallo stato clericale di mons. Karadima. L'ex arcivescovo di Buenos Aires ha rimosso parecchi ecclesiastici nel corso di questi 365 giorni. In Cile, ma pure negli Stati Uniti, dove la pubblicazione del rapporto del Gran Giury della Pennsylvaniaha rappresentato una sorta di spartiacque storico.
Theodore McCarrick, il porporato al centro del dossier di Mons. Viganò, è stato "scardinalato". Donald Wuerl, ex arcivescovo di Washington, è stato costretto a farsi da parte pure a causa di accuse inerenti a una presunta cattiva gestione di episodi datati. Ma andrebbero citati pure i casi di George Pell, prefetto della Segreteria per l'Economia, che sarebbe stato condannato in Australia e quello del cardinale Errazuriz, tirato in ballo per una presunta omissione di controllo su episodi che hanno avuto luogo nella nazione cilena. Entrambi hanno abbandonato il C9, il minidirettorio voluto da Francesco per riformare nel profondo la Curia di Roma, che adesso può contare solo su sei membri. Pure il cardinal Maradiaga, vertice del consiglio ristretto del Papa, è stato interessato da qualche polemica.
Certo, il vero fulmine a ciel sereno, almeno in termini di mediaticità, ha rischiato di lanciarlo Carlo Maria Viganò, con il suo memorandum. La Santa Sede sta ancora indagando e non si può escludere che possano essere resi noti ulteriori sviluppi. Quel dossier, stando ai tanti resoconti giornalistici, presenta più di qualche difformità. Fatto sta che un monsignore, forse per la prima volta nella storia recente del cattolicesimo, è arrivato a suggerire le dimissioni di chi siede al soglio di Pietro. Prescindendo dalla veridicità o meno del quadro descritto da Viganò, quelle pagine, e specie le reazioni alla loro diffusione, sono state utili a chiarire chi fa parte di quale "schieramento". Se il 2017 era stato l'anno dei "dubia" dottrinali promossi dai cardinali tradizionalisti, il 2018 è stato quello degli attacchi di parte di una componente della Chiesa americana.
Di questioni da tener presente ce ne sarebbero moltissime. Dovendo fare una sintesi dei punti critici, bisogna evidenziare la contestazione seguita all'accordo provvisorio stipulato tra Vaticano e Repubblica popolare cinese. Il Papa, grazie a questo patto, è stato ufficialmente riconosciuto come un'autorità dal 'dragone', può nominare vescovi e istituire nuove diocesi, tenendo in considerazione il parere della Conferenza episcopale. Per il cardinale Zen, che è apertamente contrario, l'accordo è una resa al potere comunista. Dalle parti di piazza San Pietro parlano di una storica occasione finalizzata a una piena riconciliazione. Chi fa parte della cosiddetta "Chiesa sotterranea" continua a sottolineare le persecuzioni subite e le conseguenze nefaste cu si andrebbe incontro "grazie" alla sottoscrizione di questo accordo.
Dirigendoci verso casa nostra, non si può non constatare come questo sia stato, persino più di quelli passati, l'anno della pastorale a favore dell'accoglienza dei migranti. Contro, quindi, la diffusione del populismo e delle sue istanze nel Vecchio Continente. La Cei sta persino meditanto la discesa in campo con un vero e proprio partito. "Gesù migrante" non è condiviso da chi ritiene che la Chiesa debba occuparsi solo o quasi di aspetti spirituali. Concludendo, si può dire che nel 2018 papa Francesco è andato, come sempre, incontro al mondo. Quest'ultimo, però, non ha sempre replicato con un messaggio di benvenuto.
Francesco Boezi
http://www.ilgiornale.it/news/lanno-pi-difficile-pontificato-papa-francesco-1622775.html
Le dimissioni apparentemente improvvise del portavoce vaticano Greg Burke e del suo vice hanno colto di sorpresa il mondo del giornalismo mondiale. Nicole Winfield ci ragguaglia sulla questione.
Ecco l’articolo della Associated Press nella mia traduzione.
Il portavoce vaticano, Greg Burke, e il suo vice, si sono dimessi improvvisamente lunedì (ieri, ndr), nel mezzo di una riorganizzazione delle operazioni del settore della comunicazione del Vaticano e un periodo di crisi nel pontificato di Papa Francesco.
Le partenze di Burke e del suo vice, Paloma Garcia Ovejero, hanno segnalato che i problemi associati alla riforma della burocrazia vaticana di Francesco sono arrivati a conclusione e in un momento molto difficile: il Papa sta lottando per affrontare uno scandalo globale di abusi sessuali e di occultamento che minaccia la sua stessa eredità.
Francesco ha comunque accettato le dimissioni, che avranno effetto martedì (1 gennaio, ndr), ha detto il Vaticano in una dichiarazione. Ha nominato un membro di lunga data delle operazioni di comunicazione del Vaticano, Alessandro Gisotti, in sostituzione di Burke.
“In questo momento di transizione nelle comunicazioni vaticane, pensiamo che sia meglio che il Santo Padre sia completamente libero di riunire una nuova squadra”, ha twittato Burke. “Nuovo anno, nuove avventure“.
Burke ha sottolineato che lui e Garcia hanno pregato per la decisione “per mesi e nei riguardi della stessa siamo molto in pace”. Entrambi hanno ringraziato il Papa.
“Una fase sta per finire. Grazie per questi due anni e mezzo”, ha twittato Garcia.
Il Papa ha recentemente revisionato per la seconda volta le operazioni dei media vaticani, estromettendo il direttore di lunga data del quotidiano vaticano, L’Osservatore Romano, e nominando un nuovo direttore dei contenuti editoriali per tutti i media vaticani, il giornalista italiano Andrea Tornielli.
La dichiarazione di Burke su Twitter, secondo cui le dimissioni immediate sono il frutto di mesi di riflessione, ha suggerito che non sono dipese dalle recenti nomine, ma che sono il frutto di problemi istituzionali più profondi.
Le dimissioni sembrano aver colto di sorpresa la nuova squadra, anche se il lavoro del portavoce vaticano è notoriamente difficile, data la natura feudale del Vaticano, la sua tendenza riflessiva alla segretezza e l’occasionale scetticismo dei giornalisti.
Il responsabile delle comunicazioni vaticane, Paolo Ruffini, ha detto di rispettare la decisione di Burke e Garcia. Ha elogiato la loro professionalità e ha detto di avere piena fiducia in Gisotti, che è stato a lungo giornalista della Radio Vaticana e più recentemente ha lavorato come responsabile dei social media vaticani.
“L’anno che ci aspetta è pieno di appuntamenti importanti che richiederanno il massimo sforzo di comunicazione”, ha detto Ruffini in una dichiarazione.
Il commento potrebbe aver fatto riferimento al vertice ad alta posta in gioco sulla prevenzione degli abusi sessuali del clero che Francesco ha convocato per febbraio, così come ai viaggi all’estero del Papa previsti per il 2019: Panama, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Bulgaria e Macedonia nella prima metà dell’anno, ed a quelli di cui si rumoreggia in Madagascar e Giappone nella seconda metà dell’anno.
Francesco sta ancora affrontando le conseguenze dello scandalo degli abusi del clero, in Cile, negli Stati Uniti e altrove. Il prossimo anno vedrà probabilmente l’esito di un’indagine canonica sull’ex cardinale Theodore McCarrick, accusato di abusi sessuali su minori e seminaristi adulti negli Stati Uniti, così come i risultati dell’indagine vaticana sull’ascesa di McCarrick tra gli alti ranghi della Chiesa.
Il giornalista vaticano di lunga data Rocco Palmo ha twittato che la regola standard durante le crisi delle comunicazioni è “non si va via nel bel mezzo della tempesta, ma la si affronta”.
“Perdere entrambe le mani della stampa vaticana (entrambe molto fedeli) nel mezzo dello scandalo sembra segnalare che qualcosa sia diventato professionalmente insostenibile”, ha twittato Palmo.
Burke era un corrispondente della Fox TV a Roma quando nel 2012 è stato assunto come consigliere delle comunicazione per la Segreteria di Stato vaticana. All’epoca, il papato di papa Benedetto XVI aveva subito una serie di errori di comunicazione, e si pensava che Burke potesse fornire una guida.
Nel 2015, Burke è stato nominato vice portavoce di padre Federico Lombardi, un gesuita italiano.
Quando Lombardi si è ritirato nel 2016, Burke è diventato portavoce principale, coadiuvato da Garcia, la prima donna a ricoprire la carica di vice. Garcia era stata il corrispondente vaticano della Cadena Cope, l’emittente spagnola.
I due hanno internazionalizzato le operazioni mediatiche, organizzando briefing non ufficiali con i prelati in visita, fornendo informazioni di base e semplificando le comunicazioni con i giornalisti durante i viaggi all’estero.
Le partenze di Burke e del suo vice, Paloma Garcia Ovejero, hanno segnalato che i problemi associati alla riforma della burocrazia vaticana di Francesco sono arrivati a conclusione e in un momento molto difficile: il Papa sta lottando per affrontare uno scandalo globale di abusi sessuali e di occultamento che minaccia la sua stessa eredità.
Francesco ha comunque accettato le dimissioni, che avranno effetto martedì (1 gennaio, ndr), ha detto il Vaticano in una dichiarazione. Ha nominato un membro di lunga data delle operazioni di comunicazione del Vaticano, Alessandro Gisotti, in sostituzione di Burke.
“In questo momento di transizione nelle comunicazioni vaticane, pensiamo che sia meglio che il Santo Padre sia completamente libero di riunire una nuova squadra”, ha twittato Burke. “Nuovo anno, nuove avventure“.
Burke ha sottolineato che lui e Garcia hanno pregato per la decisione “per mesi e nei riguardi della stessa siamo molto in pace”. Entrambi hanno ringraziato il Papa.
“Una fase sta per finire. Grazie per questi due anni e mezzo”, ha twittato Garcia.
Il Papa ha recentemente revisionato per la seconda volta le operazioni dei media vaticani, estromettendo il direttore di lunga data del quotidiano vaticano, L’Osservatore Romano, e nominando un nuovo direttore dei contenuti editoriali per tutti i media vaticani, il giornalista italiano Andrea Tornielli.
La dichiarazione di Burke su Twitter, secondo cui le dimissioni immediate sono il frutto di mesi di riflessione, ha suggerito che non sono dipese dalle recenti nomine, ma che sono il frutto di problemi istituzionali più profondi.
Le dimissioni sembrano aver colto di sorpresa la nuova squadra, anche se il lavoro del portavoce vaticano è notoriamente difficile, data la natura feudale del Vaticano, la sua tendenza riflessiva alla segretezza e l’occasionale scetticismo dei giornalisti.
Il responsabile delle comunicazioni vaticane, Paolo Ruffini, ha detto di rispettare la decisione di Burke e Garcia. Ha elogiato la loro professionalità e ha detto di avere piena fiducia in Gisotti, che è stato a lungo giornalista della Radio Vaticana e più recentemente ha lavorato come responsabile dei social media vaticani.
“L’anno che ci aspetta è pieno di appuntamenti importanti che richiederanno il massimo sforzo di comunicazione”, ha detto Ruffini in una dichiarazione.
Il commento potrebbe aver fatto riferimento al vertice ad alta posta in gioco sulla prevenzione degli abusi sessuali del clero che Francesco ha convocato per febbraio, così come ai viaggi all’estero del Papa previsti per il 2019: Panama, Emirati Arabi Uniti, Marocco, Bulgaria e Macedonia nella prima metà dell’anno, ed a quelli di cui si rumoreggia in Madagascar e Giappone nella seconda metà dell’anno.
Francesco sta ancora affrontando le conseguenze dello scandalo degli abusi del clero, in Cile, negli Stati Uniti e altrove. Il prossimo anno vedrà probabilmente l’esito di un’indagine canonica sull’ex cardinale Theodore McCarrick, accusato di abusi sessuali su minori e seminaristi adulti negli Stati Uniti, così come i risultati dell’indagine vaticana sull’ascesa di McCarrick tra gli alti ranghi della Chiesa.
Il giornalista vaticano di lunga data Rocco Palmo ha twittato che la regola standard durante le crisi delle comunicazioni è “non si va via nel bel mezzo della tempesta, ma la si affronta”.
“Perdere entrambe le mani della stampa vaticana (entrambe molto fedeli) nel mezzo dello scandalo sembra segnalare che qualcosa sia diventato professionalmente insostenibile”, ha twittato Palmo.
Burke era un corrispondente della Fox TV a Roma quando nel 2012 è stato assunto come consigliere delle comunicazione per la Segreteria di Stato vaticana. All’epoca, il papato di papa Benedetto XVI aveva subito una serie di errori di comunicazione, e si pensava che Burke potesse fornire una guida.
Nel 2015, Burke è stato nominato vice portavoce di padre Federico Lombardi, un gesuita italiano.
Quando Lombardi si è ritirato nel 2016, Burke è diventato portavoce principale, coadiuvato da Garcia, la prima donna a ricoprire la carica di vice. Garcia era stata il corrispondente vaticano della Cadena Cope, l’emittente spagnola.
I due hanno internazionalizzato le operazioni mediatiche, organizzando briefing non ufficiali con i prelati in visita, fornendo informazioni di base e semplificando le comunicazioni con i giornalisti durante i viaggi all’estero.
Fonte: The Associated Press
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