ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 14 gennaio 2019

Memento ementimini semper

Francesco e gli abusi sessuali. Il papa che sapeva troppo



Papa Francesco ha già chiarito da tempo come giudica e come intende affrontare la questione degli abusi sessuali tra i sacri ministri. Come un problema non primariamente di sesso ma di potere, non di singoli ma di casta, la casta clericale.

L’ha fatto capire nella lettera da lui indirizzata su tale questione al “popolo di Dio” il 20 agosto 2018, nella quale non parla mai di “abusi sessuali” e basta, ma sempre allo stesso tempo di “abusi sessuali, di potere e di coscienza”.
L’ha ribadito nella lettera del 1 gennaio di quest’anno ai vescovi degli Stati Uniti, nella quale torna a usare sistematicamente la formula tripartita ma cambiandone l’ordine: “abusi di potere, di coscienza e sessuali”.
L’ha ridetto ancor più esplicitamente nel colloquio a porte chiuse da lui avuto a Dublino il 25 agosto con i gesuiti irlandesi (vedi foto), puntualmente trascritto e pubblicato da padre Antonio Spadaro su “La Civiltà Cattolica” del 15 settembre: “L’elitismo, il clericalismo favoriscono ogni forma di abuso. E l’abuso sessuale non è il primo. Il primo è l’abuso di potere e di coscienza“.
Anche il documento finale del sinodo dello scorso ottobre, nei paragrafi riguardanti gli abusi sessuali, ha fatto suo questo teorema di Francesco, attribuendo la causa di tutto al “clericalismo”, cioè a “una visione elitaria ed escludente della vocazione, che interpreta il ministero ricevuto come un potere da esercitare piuttosto che come un servizio gratuito e generoso”.
Su questo sfondo, la convocazione a Roma dei presidenti delle conferenze episcopali di tutto il mondo, in programma dal 21 al 24 febbraio, dovrebbe essere nelle intenzioni del papa la chiamata in giudizio di una rappresentanza organica della casta clericale, di fronte alla quale egli si porrebbe come autorità alternativa e immacolata, al solo servizio dei senza potere e delle vittime del potere.
Dovrebbe essere così, nel disegno di Francesco. Intanto però i fatti si muovono nella direzione opposta.
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L’ultimo fatto di cui Settimo Cielo ha dato notizia pochi giorni fa è il caso del vescovo argentino Gustavo Óscar Zanchetta e della sua stupefacente carriera fino a un’elevata carica nella curia vaticana, nonostante le sue manifeste prove di inadeguatezza e di inaffidabilità e le denunce di suoi abusi sessuali su una decina di seminaristi:
Il caso Zanchetta è un esempio lampante di quegli “abusi di potere, di coscienza e sessuali” tanto stigmatizzati da Francesco. Peccato però che tutta la carriera di tale personaggio sia frutto dell’amicizia e della protezione del papa.
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Un secondo caso è quello dell’ex cardinale Theodore McCarrick. La congregazione per la dottrina della fede – come rivelato il 7 gennaio da Catholic News Agency – ha quasi ultimato un processo penale “amministrativo”, più rapido e stringente di quello canonico regolare, sulle sue malefatte, raccogliendo le testimonianze di altre due vittime da lui abusate, anche durante il sacramento della confessione, quando avevano l’età di 11 e 13 anni, e di altri dodici seminaristi fatti oggetto di pratiche omosessuali quando egli era vescovo a Metuchen e a Newark.
È quindi probabile che prima dell’incontro del 21-24 febbraio papa Francesco adotti nei confronti di McCarrick un’ulteriore ed estrema sanzione: la riduzione allo stato laicale.
Anche qui, però, continua a pesare su Francesco la responsabilità di aver dato per anni copertura e onori a McCarrick pur essendo a conoscenza – al pari di altri alti esponenti della gerarchia, in questo e nei due precedenti pontificati – dei suoi riprovevoli comportamenti omosessuali, decidendosi a sanzionarlo soltanto dopo che erano usciti allo scoperto, pochi mesi fa, anche suoi abusi su minori.
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Un terzo caso riguarda il cardinale Donald Wuerl, fino allo scorso ottobre arcivescovo di Washington e tuttora amministratore apostolico della diocesi in attesa della nomina del successore, ringraziato da Francesco con parole commosse di orgoglio e di stima per la “nobiltà” d’animo mostrata – a detta del papa – nel respingere le accuse di aver coperto abusatori sessuali a lui noti, tra i quali McCarrick.
In effetti, lo scorso giugno Wuerl aveva dichiarato di non aver mai saputo nulla degli abusi imputati a McCarrick prima che uno di essi, a danno di un minore, fosse divenuto noto nella primavera del 2018.
Ma il 10 gennaio di quest’anno sia la diocesi di Pittsburgh, sia l’arcidiocesi di Washington hanno confermato che già nel 2004 Wuerl, all’epoca vescovo di Pittsburgh, aveva saputo della cattiva condotta di McCarrick da un ex sacerdote di quella diocesi, anche lui vittima di atti omosessuali da parte dello stesso McCarrick, e aveva inoltrato l’esposto all’allora nunzio apostolico negli Stati Uniti, Gabriel Montalvo.
Nell’estate del 2018 anche il rapporto del “grand jury” della Pennsylvania sugli abusi sessuali del clero si è abbattuto contro Wuerl, accusato di aver lasciato impuniti vari casi di abusi, quando era vescovo di Pittsburgh.
E poi è entrato in campo, sempre contro di lui, l’autorevole ex vaticanista di “Newsweek” Kenneth Woodward, che in un memoriale sulla rivista cattolica progressista “Commonweal” ha scritto che la diocesi di Pittsburgh era nota da tempo come una delle più pervase da preti omosessuali, a partire da chi ne fu vescovo tra il 1959 e il 1969, John J. Wright, poi cardinale e prefetto della congregazione vaticana per il clero, lui stesso con tanti giovani amanti e con suo segretario personale proprio quel Wuerl che gli fu successore.
Eppure, incredibilmente, la parola “omosessualità” non ricorre mai né nella lettera di Francesco al “popolo di Dio” del 20 agosto 2018, né nella sua lettera ai vescovi degli Stati Uniti del 1 gennaio 2019, né nella sua conversazione con i gesuiti irlandesi. Come se questo problema non esistesse.
Quando invece è proprio la pratica omosessuale il fattore statisticamente dominante tra il clero che abusa, negli ultimi decenni. Esattamente come è la pratica omosessuale con giovani e giovanissimi a caratterizzare il comportamento di McCarrick, di cui si conoscono solo pochissimi casi di abusi su minori, anch’essi comunque maschi.
Ed è questa deliberata rimozione del fattore omosessualità il tallone d’Achille della strategia anti-abusi di Francesco, come denunciato nei giorni scorsi da due cardinali.
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I due cardinali sono i tedeschi Walter Brandmüller, 90 anni, storico della Chiesa, già presidente del pontificio comitato di scienze storiche, e Gerhard L. Müller, 71 anni, teologo, già prefetto della congregazione per la dottrina della fede.
Brandmüller, in un’intervista del 1 gennaio a KathNet e in un’altra del 4 gennaio a DPA, ha appunto ribadito che il problema degli abusi tra il clero è preminentemente un problema di pratica omosessuale. E quindi va affrontato cominciando con l’escludere l’ammissione al sacerdozio di giovani omosessuali. Tanto più che l’erosione in corso della dottrina cattolica facilita una crescente giustificazione morale dell’omosessualità.
Queste dichiarazioni – replicate in una sua successiva intervista del 9 gennaio all’edizione tedesca di Catholic News Agency – sono valse a Brandmüller una tempesta di reazioni indignate, da fuori e soprattutto da dentro la Chiesa.
E ciò ha indotto il cardinale Müller a intervenire a sua volta, con un tagliente intervento su LifeSite News del 7 gennaio, che suona come una critica diretta proprio al teorema di papa Francesco secondo cui gli abusi sessuali tra il clero sono primariamente un prodotto del clericalismo, cioè dell’abuso di potere della casta clericale.
Ha scritto Müller:
“Quando un chierico commette il crimine di abuso sessuale di un adolescente, gli ideologi non esitano ad accusare i sacerdoti in generale o ‘la’ Chiesa – come essi dicono – in un modo teologicamente inconsistente. Questo è l'unico caso in cui è ancora permesso generalizzare senza correre pericoli, e persino di mettere allegramente in pubblico le proprie fantasie di una colpa collettiva. Perché quando un islamista commette un atto di terrore, queste sono esattamente le stesse persone – con i loro ottusi pregiudizi contro il celibato e contro il disprezzato insegnamento morale della Chiesa – che assolvono l'Islam da ogni complicità e che – giustamente – difendono la maggioranza dei musulmani pacifici”.
E ha continuato, alzando il tiro:
“Quando un adulto o un superiore abusa sessualmente di chi è affidato alla sua cura, il suo ‘potere’ è solo il mezzo e non la causa del suo atto cattivo. Si tratta effettivamente di un doppio abuso, ma non si deve confondere la causa del misfatto con i mezzi e le occasioni per compierlo, col risultato di scaricare la colpa assolutamente personale di chi abusa sulle circostanze oppure su ‘la’ società o su ‘la’ Chiesa… È la volontà di chi abusa per la propria gratificazione sessuale la causa della violazione dell’intimità fisica e spirituale della persona a lui affidata. Parlare a vanvera del clericalismo o delle strutture della Chiesa come causa dell’abuso sessuale è anche un insulto alle molte vittime di abuso al di fuori della Chiesa cattolica, ad opera di persone che non hanno niente a che fare con la Chiesa e i chierici”.
Settimo Cielo di Sandro Magister 14 gen


Vaticano luogo di "intrighi", "calunnia", "trucchi" – Cardinale Müller


Il problema in Vaticano è un "pensiero secolarizzato", anche ai vertici [= Papa Francesco], questo ha detto il cardinale Gerhard Ludwig Müller a CatholicNewsAgency.com (13 gennaio).

Per Müller è "fatale" quando i vescovi sono più a loro agio e più apprezzati come cercatori di fondi, diplomatici segreti, cari ai media, consiglieri politici che come "servitori del Signore" (Lc 1:2), "esempi al gregge" (1 Pt 5:3) e trasmettitori della "dottrina pura" (Tito 1:9).

Müller aggiunge che "derisione", "intrighi", "calunnia", "politiche di interesse", "trucchi foschi" e "tattiche di potere" hanno diminuito la credibilità dei vescovi e del Vaticano.

Foto: Gerhard Ludwig Müller, © Mazur/catholicnews.org.uk, CC BY-SA#newsQypmzgzhvo

I comunicati che contraddicono il card. Wuerl confermano indirettamente alcune affermazioni della testimonianza di Viganò

di Sabino Paciolla

I comunicati diocesani di Pittsburgh e Washington che contraddicono il card. Wuerl confermano indirettamente alcune affermazioni della testimonianza di Viganò. Come ho riportato in un precedente articolo (vedere qui), un portavoce dell’Arcidiocesi di Washington, dove è ancora arcivescovo, sia pure ad interim, il card. Wuerl, ha confermato al Catholic News Agency (CNA) che un’accusa contro il card. McCarrick fu presentata proprio al card. Donald Wuerl nel 2004 mentre era vescovo di Pittsburgh. Wuerl, poi, inoltrò il rapporto sull’abuso al nunzio apostolico a Washington, DC, come ha confermato la diocesi di Pittsburgh.
Eppure, Wuerl ha sempre affermato di non sapere nulla della presunta cattiva condotta sessuale di McCarrick fino al 2018.
Queste conferme da parte di due diocesi dove il card. Wuerl ha esercitato il suo ministero se da una parte smentiscono le affermazioni fatte da Wuerl, dall’altra avvalorano la tesi espressa dall’arcivescovo Carlo Maria Viganò nella sua testimonianza di agosto scorso, nella quale egli affermava che Wuerl era a conoscenza degli abusi di McCarrick.
Infatti, l’arcivescovo Viganò ad agosto scriveva:  
“Ovviamente, il primo ad essere stato informato dei provvedimenti presi da papa Benedetto fu il successore di McCarrick alla sede di Washington, il Card. Donald Wuerl, la cui situazione è ora del tutto compromessa dalle recenti rivelazioni sul suo comportamento come vescovo di Pittsburgh.
È assolutamente impensabile che il Nunzio Sambi, persona altamente responsabile, leale, diretto ed esplicito nel suo modo di essere da vero romagnolo, non gliene abbia parlato. In ogni caso, io stesso venni in più occasioni sull’argomento con il Card. Wuerl, e non ci fu certo bisogno che entrassi in particolari perché mi fu subito evidente che ne era pienamente al corrente.
e poi:
Del resto già in altra occasione il Card. Wuerl aveva chiaramente mentito, (…)
Il Card. Wuerl inoltre, ben sapendo dei continui abusi commessi dal Card. McCarrick e delle sanzioni impostegli da papa Benedetto, trasgredendo l’ordine del papa, gli permise di risiedere in un seminario in Washington D.C. Mise così a rischio altri seminaristi”.
Attualmente l’ex card. McCarrick è oggetto di un “processo penale amministrativo” per molteplici accuse canoniche di cattiva condotta sessuale e abusi che coinvolgono sia minori che adulti, tra cui molestie fatte durante la Confessione. Quest’ultima accusa è particolarmente grave in quanto se confermata potrebbe portare alla riduzione allo stato laicale dell’imputato. Una decisione del processo è attesa prima del summit sugli abusi organizzato dal Papa che si terrà a Roma il mese prossimo.
Ritornando al card. Wuerl, questi, il 21 giugno scorso, il giorno dopo che divennero pubbliche le accuse ritenute credibili a carico di McCarrick, in qualità di arcivescovo di Washington, emise un comunicato nel quale si dichiarava:
“Penso che siamo rimasti tutti scioccati e rattristati quando abbiamo appreso la settimana scorsa, quando il cardinale Theodore McCarrick ha rilasciato una dichiarazione pubblica in cui affermava pubblicamente che nell’arcidiocesi di New York, dove ha prestato servizio come sacerdote, era stata fatta una denuncia vecchia di decenni ma credibile e motivata di abuso di un minorenne contro di lui.
Mentre l’Arcidiocesi di New York indagava su questa affermazione, allo stesso tempo, ho chiesto che fosse fatta una revisione analoga di tutti i registri dell’Arcidiocesi di Washington. Sulla base di tale revisione, posso riferire che nessuna rivendicazione – credibile o meno – è stata fatta contro il cardinale McCarrick durante il suo soggiorno qui a Washington”.
Oltre a questo comunicato, qualche settimana dopo, il 31 luglio, il card. Wuerl rilasciò una intervista al Catholic Standard, il giornale della sua stessa arcidiocesiEcco una domanda e la relativa risposta:
“Domanda: Ci sono state anche numerose storie o blog post che hanno ripetuto voci di vecchia data o insinuazioni che possono esserci per quanto riguarda l’Arcivescovo McCarrick. Come saranno affrontati questi problemi?
Wuerl: Nell’ultimo mese, ho visto alcune di quelle relazioni ora pubbliche. Ma nei miei anni qui a Washington e anche prima ancora non le avevo sentite. Con voci – specialmente vecchie voci che risalgono a 30, 40, anche 50 anni fa – non c’è molto che possiamo fare a meno che le persone non si facciano avanti per condividere ciò che sanno o ciò che hanno vissuto. L’azione intrapresa da papa Francesco nei giorni scorsi, accettando le dimissioni dal Collegio cardinalizio di Mons. McCarrick, afferma quanto molti di noi dicono da tempo: che la Chiesa deve agire con decisione per dimostrare che abbiamo ascoltato le voci dei fedeli che chiedono azione. A questo punto, rimane importante per noi avere un quadro completo delle rivendicazioni contro l’arcivescovo McCarrick”.
Queste dichiarazioni fatte dal card. Wuerl sono contraddette da un nuovo comunicato della diocesi di Pittsburghquesta volta fatto al LifeSiteNews. In esso si fa riferimento al sig. Ciolek, l’ex seminarista abusato da McCarrick e che per questo aveva ricevuto risarcimenti. Ecco uno stralcio:
“Nel novembre 2004, il signor Ciolek si è presentato al Comitato di revisione indipendente della diocesi di Pittsburgh per riferire i dettagli delle accuse di abuso che ha fatto contro il sacerdote di Pittsburgh. Quando è comparso davanti al Comitato di revisione indipendente, Ciolek ha anche parlato dei suoi abusi da parte dell’allora cardinale Theodore McCarrick. Questa è stata la prima volta che la diocesi di Pittsburgh è venuta a conoscenza di questa accusa. Nella corrispondenza scritta alla diocesi di Pittsburgh subito dopo, il signor Ciolek chiese che l’accusa riguardante l’allora cardinale McCarrick fosse condivisa solo con gli ecclesiastici, cioè con le autorità ecclesiastiche. Pochi giorni dopo, l’allora vescovo Donald Wuerl fece una relazione dell’accusa al nunzio apostolico negli Stati Uniti”.
Infine, come riporta il Washington Post del 10 gennaio scorso, Ciolek si è deciso a rendere pubbliche le sue accuse perché aveva ripetutamente sentito dire pubblicamente dal card. Wuerl di essere stato all’oscuro delle accuse fatte contro l’ex card. McCarrick.
Infatti, nell’articolo del Washington Post si può leggere:
“Ciolek ha condiviso i documenti con The Washington Post con rammarico, ha detto, perché aveva chiesto ripetutamente di incontrare Wuerl e alla fine è stato respinto dopo aver ricevuto una lista di restrizioni proposte da Kim Viti Fiorentino, la cancelliera e consigliera generale dell’arcidiocesi di Washington. Tra questi, ha detto: se si fosse incontrato con Wuerl, non avrebbe potuto prendere appunti, registrare o fare domande. La visita, gli era stato detto, doveva offrire la cura ‘pastorale’ di Wuerl, ha detto Ciolek, che ora è un avvocato sposato nel New Jersey.
In un’e-mail dell’8 gennaio a Fiorentino, Ciolek ha detto che era frustrato dal fatto che un incontro con Wuerl era stato rimandato e poi annullato. Le ha detto che aveva sperato in un incontro faccia a faccia per ringraziare Wuerl per aver portato la questione McCarrick all’ambasciatore del Vaticano nel 2004. Ma ha detto che sperava anche di dirgli quanto sia offensivo – come vittima che ha presentato i dettagli sensibili della denuncia 14 anni fa – sentire pubblicamente Wuerl negare di sapere del coinvolgimento di McCarrick”.

Ecco un video ripreso da The Washington Post che spiega chi è il card. Donald Wuerl :

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