Ora Bergoglio vuole "cancellare" l'eredità di papa Benedetto XVI
Questione di giorni e altri due importanti fili che tengono legato papa Francesco al suo predecessore saranno tagliati: voci sempre più insistenti danno infatti per certa la soppressione della Prefettura della Casa Pontificia, il cui titolare è monsignor Georg Gänswein, che è anche segretario personale di Benedetto XVI: e la fine della Commissione Ecclesia Dei, istituita nel 1988 per il dialogo con la Fraternità sacerdotale San Pio X (i lefevriani), ma oggi punto di riferimento soprattutto per l'applicazione del Summorum Pontificum, il Motu proprio di Benedetto XVI che liberalizzava la messa in latino secondo il rito antico.
Poi è toccato al cardinale Gerhard Müller, dal 2012 prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, amico personale di Benedetto XVI e curatore dell'opera omnia di Joseph Ratzinger, liquidato bruscamente alla scadenza del primo mandato, alla fine del 2017. Una modalità diversa è stata invece adottata nei confronti del cardinale guineano Robert Sarah, che lo stesso papa Francesco nomina alla guida della Congregazione per il Culto divino nel novembre 2014 spostandolo dal Pontificio Consiglio Cor Unum, neutralizzato aggirandolo nelle decisioni e isolandolo completamente, anche con delle sconfessioni pubbliche di sue iniziative.
Dunque l'ultimo tassello da rimuovere è monsignor Georg Gänswein, un personaggio scomodo che, con interviste e conferenze, ha mantenuta aperta la questione dei «due Papi», molto ben spiegata nel recente libro di Antonio Socci Il segreto di Benedetto XVI con affermazioni che rifiutano per papa Benedetto il ruolo di «nonno saggio» che il suo successore gli ha voluto dare. «Con il passo dell'11 febbraio 2013 non ha affatto abbandonato questo ministero ha detto Gänswein - non vi sono dunque due papi, ma de facto un ministero allargato, con un membro attivo e un membro contemplativo».
Parole che non hanno certo fatto piacere a papa Francesco. La soppressione della Prefettura della Casa Pontificia spostando il compito degli appuntamenti e delle udienze del Papa a una sezione della Segreteria di Stato gli permetterebbe di togliersi di torno Gänswein giustificando il tutto con la necessità di una più ampia riforma della Curia.
Ancora più significativa e foriera di conseguenze è però la seconda mossa, che è nell'aria da molto tempo: la chiusura della Commissione Ecclesia Dei, che colpirebbe soprattutto un importante atto di magistero di Benedetto XVI, ovvero la liberalizzazione della messa in latino secondo il Messale romano promulgato da san Pio V (1570) e nuovamente edito da san Giovanni XXIII nel 1962. Nel luglio 2007 con la lettera apostolica Summorum Pontificum Benedetto XVI chiariva che si tratta della «forma straordinaria» dell'unico rito romano, la cui «forma ordinaria» è quella secondo il messale promulgato nel 1969. In questo modo papa Benedetto voleva recuperare un tesoro della tradizione «mai abrogato» e da tenere «nel debito onore», ed evitare pericolose divisioni nella Chiesa dal punto di vista liturgico. Non è un segreto infatti che molti vescovi abbiano ostacolato e ostacolino l'applicazione di questa decisione, figli di una lettura «rivoluzionaria» del Concilio Vaticano II. Una corrente che trova molto sensibile papa Francesco, il quale non ha mai nascosto la sua avversione per la messa in «forma straordinaria», che vede come operazione nostalgica e un po' da fissati. La soppressione della Commissione Ecclesia Dei formalmente non cambierebbe nulla ma di fatto darebbe molta più forza a coloro che vorrebbero cancellare il Summorum Pontificum e la messa in «forma straordinaria».
Potrebbe sembrare una questione «tecnica», ma in realtà si tratta di un punto vitale per la Chiesa, visto che la liturgia è il cuore della fede cattolica, e in una Chiesa che appare già così divisa e confusa l'ultima cosa di cui c'è bisogno è un'altra frattura.
Riccardo Cascioli
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.