Franco sul Corriere della sera: la gestione opaca di Bergoglio
Ormai tutta la stampa ha un’idea diffusa: nell’epoca Bergoglio si parla tanto di “tolleranza zero” verso ecclesiastici colpevoli di abusi, ma le parole sono contraddette dai fatti.
Così il vaticanista Massimo Franco sul Corriere di oggi:
.. A metà febbraio, sul Wall Street Journal è uscito un articolo che descriveva il gelo tra Francesco e il cardinale e arcivescovo di Boston, Sean O’Malley. Motivo: una presunta ritirata del Papa rispetto alla strategia della «tolleranza zero», propugnata da anni da O’Malley. Ha sorpreso che l’arcivescovo non sia stato scelto come rappresentante dei vescovi Usa per la riunione in corso. E c’è chi ricorda che fu lui, nel gennaio del 2018, a criticare Francesco che aveva liquidato come «calunnie» le accuse di numerose vittime ad alcuni vescovi cileni. Dopo quell’attacco, il Papa si scusò e aprì un’inchiesta in Cile che confermò le informazioni in possesso di O’Malley: alcune, peraltro, già trasmesse per iscritto negli anni precedenti al Pontefice dalla Congregazione per la Dottrina della fede… Pochi mesi dopo, a fine estate del 2018, è esploso il caso del cardinale Theodore McCarrick, oggi ridotto allo stato laicale da Francesco. E sull’onda di quell’uno-due di scandali Nord e Sudamericani, decollò l’idea del summit. Ma lo sfondo rimane tuttora confuso. Non l’ha chiarito la promozione recente di uno degli uomini più vicini a McCarrick, Kevin Farrell, come Camerlengo di Santa Romana Chiesa. Sono indizi di una strategia tuttora incompiuta. Ma l’attesa è grande, e non solo delle vittime, nonostante il minimalismo papale. E, inutile nasconderlo, è enorme anche il timore che, senza un cambio di passo reale, visibile, si debba registrare un’altra occasione perduta…
A ciò si aggiungono le sconcertanti rivelazioni dall’Argentina:
La lista dei gay promossi a ruoli di potere da Bergoglio, definito il “papa gay friendly” dal mondo LGBT, e non di rado accusati di violenze su seminaristi o altre oscenità, è purtroppo ormai così lunga da far rabbrividire!
Pubblicato 22 febbraio 2019 |
CATTEDRA DI SAN PIETRO
Rosmini già lo diceva: la religione non è un'opinione
Antonio Rosmini, in Storia dell’empietà, polemizzava con il filosofo francese Benjamin Constant, rimproverandogli di ridurre la religione a mero sentimento soggettivo. Al giorno d'oggi, il soggettivismo religioso è molto presente anche ai massimi vertici della Chiesa. Serve ricordare, nel giorno della Cattedra di San Pietro, che la Chiesa è portatrice dell'annuncio portato da Gesù, dunque di un fatto oggettivo.
Antonio Rosmini
C’è un libro di Antonio Rosmini che forse pochi conoscono, anche perché la produzione del roveretano è quasi sterminata e non è possibile conoscere tutto. Questo libro si chiama Storia dell’empietà ed è una polemica con il filosofo francese Benjamin Constant (1767-1830), accusato di rendere la religione un mero prodotto del sentimento. In effetti il pericolo identificato dal Rosmini non è di secondaria importanza, anzi potremmo dirlo un problema che oggi sembra ancora più importante. Infatti, non è spesso la religione percepita come il prodotto di quello che sento, di quello che elaboro dentro di me come ciò che percepisco giusto e corretto? Ma in questo modo la religione diviene un fatto soggettivo, un sentimento personale, una mera opinione. Ma questo non si accorda bene con l’annuncio portato da Gesù Cristo con la sua pretesa definitiva di essere la Via, la Verità e la Vita. La Verità, tanto per dirne una, non può ridursi ad una opinione, altrimenti sarebbe una verità umana, forse anche rispettabile ma certamente non definitiva. E se noi impegniamo la nostra vita completamente in qualcosa, se preghiamo incessantemente, attendiamo cerimonie frequentemente, osserviamo certi comportamenti che ci impegnano ogni giorno, certo non vogliamo fare questo basandoci su una opinione umana, su un vago sentimento religioso.
Ecco perché bisogna ben riflettere su una festa come quella della Cattedra di San Pietro, che la Chiesa celebra il 22 febbraio. La Cattedra è segno e simbolo della potestà docente, segno di coloro che hanno la facoltà di trasmettere una conoscenza. Una conoscenza che non è umana, quindi deve essere custodita, trasmessa, approfondita, ma non manipolata o adattata ai gusti di questo o di quel pubblico.
In un discorso del 1985 al Pontificio Consiglio per la Famiglia, il Cardinale Carlo Caffarra affermava: “La ragione d’essere della Chiesa è una sola: guidare l’uomo alla comunione eterna con Dio”. Proprio questo scopo soprannaturale necessita un magistero che non sia in balia delle opinioni umane sempre soggette a mutamenti, ma sia ancorato ad una verità eterna, un deposito che la Chiesa custodisce ed interpreta ma non cambia. Sempre il Cardinale Caffarra, in un articolo per l’Osservatore Romano del 1976 osservava: “La permanenza del de-positum apostolico nella Chiesa che ne vive è assicurata dalla successione apostolica cui è stato affidato il compito di interpretare autenticamente la parola di Dio scritta o trasmessa. E così questo ultimo elemento della trascendenza nella storia ne compie la struttura così che la Verità e la Legge di Cristo vengono donate all’uomo mediante una "costellazione" di tre grandezze inseparabilmente unite fra loro: S. Scrittura - Tradizione - Magistero. Pensare di raggiungere la Rivelazione di Dio in Cristo trasmessaci dagli Apostoli per altra strada fuori da quella indicata da quella costellazione è mettersi su una strada sbagliata (cfr. S. Ireneo, Adv. Haer. IV, 26, 2)”. Ma questa funzione docente della Chiesa è oggi spesso sotto attacco da parte di forze esterne ed interne alla stessa Chiesa. Oggi si pensa che giudicare sia fuori luogo, proprio perché tutto è ridotto a sentimento del religioso e quindi in un senso relativo valido per chi porta avanti quel tipo di sensazione. Mons. Antonio Livi, nel suo libro Filosofia del senso comune (2018) affermava: “Con il giudizio il soggetto non si limita a enunciare uno stato di cose (“le cose stanno così”), ma ne afferma anche la verità, nel senso che dice anche che 'è vero che le cose stanno così' e che 'non è vero che le cose stiano in modo diverso'. Detto in un altro modo, con il giudizio si afferma che quella determinata cosa va pensata così e che è impensabile il contrario”. E se è vero questo per un giudizio comune quanto più vero è per i giudizi informati delle verità soprannaturali come sono quelli che sono in carico alla Chiesa cattolica nella persona del suo supremo pastore, il successore di Pietro, il Papa.
Come detto, oggi questa potestà magisteriale è fortemente messa in dubbio e ci sono vari modi con cui si tenta di scardinare questa facoltà. Uno è il ricorso alla pastorale come criterio interpretativo di tutto. Anche qui Mons. Livi ha detto delle cose importanti: “Da dopo Giovanni XXIII si ha l’idea che la pastorale della Chiesa consista nel tradurre il dogma in un linguaggio comprensibile, accettabile per l’uomo moderno – cosa che è un mito, una fantasia – e nel trovare il bene anche nelle posizioni teoretiche più contrarie al dogma. Io ritengo che si tratti di una pastorale che, in quanto tale, è erronea e nociva per la Chiesa, ma in quanto teoria è un’attività, una prassi erronea che come dottrina non ha alcun sostegno nell’infallibilità. La prassi può essere erronea perché è un atto derivante da un giudizio prudenziale che può essere giudicato erroneo da chi esprime altri giudizi prudenziali, come i miei, che sono giudizi non sostenuti dall’infallibilità. Così, quando io critico questa pastorale che mi sembra disastrosa, utilizzo dei giudizi, degli aggettivi e degli avverbi che fanno capire che si tratta di mie opinioni. Dio giudicherà, ma non v’è niente di dogmatico nel fatto di giudicare l’opportunità di una linea pastorale. Quelli che fanno del male alla Chiesa sono coloro che considerano dogmaticamente la pastorale del Concilio e dei papi ad esso seguenti come la sola necessaria, e parlano di «nuova Pentecoste della Chiesa» e di «interventi dello Spirito Santo», come se tali giudizi prudenziali, che io considero erronei, fossero invece dogmaticamente infallibili ed anche santi e la sola cosa che la Chiesa possa fare” (gloria.tv). Quindi coloro che tanto difendono il diritto a ogni opinione, trasformano poi le opinioni a loro più confacenti in nuovi dogmi, da osservare senza fiatare, pena scomuniche striscianti sotto la forma di isolamento e morte civile (ed ecclesiale). Per poter giustificare questa ribellione al magistero autentico si fa ricorso a delle giustificazioni, tra cui quella del cosiddetto “popolo”, invocato per avallare opinioni che invece sono promosse da alcuni e imposte a tutti. Ma parliamo sempre di opinioni, come dicevamo sopra, che vanno vagliate nel confronto con la tradizione della Chiesa, al cui rispetto è tenuto ogni Papa che siede sulla cattedra di Pietro. Noi non seguiamo le opinioni personali (pur rispettabili) di questo o quel Pontefice, ma lo seguiamo in quanto interprete autentico del deposito della fede.
Ma torniamo un attimo al concetto di popolo e leggiamo ancora cosa ha da dire su di questo Mons. Antonio Livi: “«Bisogna arrivare ad una Chiesa di popolo». Ma il popolo è un’immagine puramente retorica. Non si può mai sapere ciò che vuole il popolo, cioè una moltitudine di persone diverse. Anche in politica, l’espressione «il popolo» è puramente retorica, e ancor più in teologia. Per esempio: dire che il popolo ha voluto cambiare la Messa è una sciocchezza, questo non è mai stato né possibile né attestato. Nel popolo vi sono di quelli che, come Padre Pio al suo tempo, sono pieni di fede, e di quelli che non hanno alcuna fede. Allora vi erano di quelli che volevano riformare le cose perché la Messa in latino non piaceva loro e la volevano in italiano, ma costoro non comprendevano le parole della Messa né in latino né in italiano. La Chiesa non ha mai condotto delle operazioni a carattere «democratico», come eleggere delle persone con l’accordo di una base: essa non ha mai tratto quello che deve insegnare da ciò che pensa la gente. La Chiesa deve insegnare quello che ha detto Gesù: è talmente semplice!” (gloria.tv). Certo è semplice, ma diviene più arduo quando l’opinione viene trasformata in dogma e quando il vero dogma viene trattato come una pura e semplice opinione.
Aurelio Porfiri
http://www.lanuovabq.it/it/rosmini-gia-lo-diceva-la-religione-non-e-unopinione
Contro la religione del mondo
- Autore:
- Fonte:
(Ireneo di Lione, Adversus Haereses, III, 5, 2)
Ho appreso con gioia infinita che il beato Card. Newman sarà presto proclamato santo. La sua figura luminosa aiuta la nostra santa Chiesa a percorrere la via della verità e della santità, riproponendo al mondo la possibilità di vivere come nostro Signore ci ha indicato. La liturgia della domenica VI dell’anno A, celebrata oggi, con la sua forza, ci sostiene nel cammino:
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo… quando viene il bene non lo vede… Benedetto l’uomo che confida nel Signore…» «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini…» «Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Leggiamo allora questa pagina di Newman (e ringrazio Andrea Mondinelli per avermela suggerita) e accostiamola all’altra del grande s. Ireneo, riportata da Rodolfo Casadei, che non perde nulla della sua attualità.
NEWMAN TUONA: ECCO LA RELIGIONE DEL MONDO, “HANNO SACRIFICATO LA VERITÀ AI VANTAGGI”
“Il mondo costruì, con l’aiuto dei filosofi del giorno, una contro-religione, in parte simile al cristianesimo, ma in realtà sua acerrima nemica (…)
[Essa] ha scelto del Vangelo il suo lato più sereno: l’annuncio della consolazione, i precetti di reciproco amore. Rimangono così relativamente dimenticati gli aspetti più oscuri e più profondi della condizione e delle prospettive dell’uomo. È la religione naturale in un’epoca civile, e Satana l’ha accortamente ornata e perfezionata fino a farne un idolo della verità. Via via che la ragione prospera, via via che il gusto si forma e si raffinano gli affetti e i sentimenti, sarà inevitabile che alla superficie della società si diffonda, del tutto indipendentemente dall’influenza della rivelazione, un costume generale di onestà e di benevolenza.
[Essa] abbandona un intero lato del Vangelo, cioè il suo carattere austero e ritiene basti essere benevoli, cortesi, candidi, corretti nella condotta, delicati, e che non include il vero timor di Dio, nessun vero zelo per il Suo servizio, nessun odio profondo del peccato, non l’adesione fervida alla verità dottrinale, nessuna speciale sensibilità intorno ai singoli mezzi adatti a raggiungere i fini, purché siano buoni i fini, nessuna lealtà di sudditanza alla santa Chiesa apostolica di cui parla il Credo, nessun senso dell’autorità della religione se non all’interno della mente: in una parola, una dottrina che non ha serietà, e perciò non è calda né fredda, ma (secondo la parola della Scrittura) è semplicemente tiepida.
[COSÌ FACENDO] NON ABBIAMO AGITO SPINTI DALL’AMORE DELLA VERITÀ, BENSÌ SOTTO L’INFLUSSO DEI TEMPI (…) [GLI UOMINI COSI’] HANNO SACRIFICATO LA VERITÀ AI VANTAGGI.
[Pensano che] non occorre spaventarci, che Dio è un Dio di misericordia, che basta emendarsi per cancellare le trasgressioni, che il mondo, tutto sommato, è ben disposto verso la religione, che non è bene eccedere nella serietà, che in tema di natura umana non si debbono avere idee ristrette. Ecco dunque il credo degli uomini che non hanno alcun pensiero profondo (…)”.
INVECE….
“Il timor di Dio è il principio della sapienza, fino a quando non vedrete Dio come un fuoco consumatore, e non vi avvicinerete a Lui con riverenza e con santo timore, per il motivo di essere peccatori, non potrete dire di essere nemmeno in vista della porta stretta. Il timore e l’amore devono andare insieme; seguitate a temere, seguitate ad amare fino all’ultimo giorno della vostra vita (…). La vostra conoscenza delle colpe aumenterà con l’aumentare della visione della misericordia di Dio nel Cristo. È questa la vera condizione cristiana e la massima somiglianza alla calma del Cristo e al suo placido sonno durante la tempesta cui sia possibile giungere; non saranno la perfetta gioia e la perfetta certezza che appartengono al cielo, ma una profonda rassegnazione alla volontà di Dio, un abbandono di noi stessi, corpo e anima, a Lui; senza dubbio nella speranza di essere salvi, ma fissando gli occhi più su Lui che su noi stessi, vale a dire, agendo per la Sua gloria, cercando di compiacerlo, dedicandoci a Lui con virile ubbidienza e intensità di buone opere”.
CARD. John Henry Newman.
Brani tratti dal Sermone del 26 agosto 1832 su «La religione del giorno».
«Maledetto l’uomo che confida nell’uomo… quando viene il bene non lo vede… Benedetto l’uomo che confida nel Signore…» «Se noi abbiamo avuto speranza in Cristo soltanto per questa vita, siamo da commiserare più di tutti gli uomini…» «Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti».
Leggiamo allora questa pagina di Newman (e ringrazio Andrea Mondinelli per avermela suggerita) e accostiamola all’altra del grande s. Ireneo, riportata da Rodolfo Casadei, che non perde nulla della sua attualità.
NEWMAN TUONA: ECCO LA RELIGIONE DEL MONDO, “HANNO SACRIFICATO LA VERITÀ AI VANTAGGI”
“Il mondo costruì, con l’aiuto dei filosofi del giorno, una contro-religione, in parte simile al cristianesimo, ma in realtà sua acerrima nemica (…)
[Essa] ha scelto del Vangelo il suo lato più sereno: l’annuncio della consolazione, i precetti di reciproco amore. Rimangono così relativamente dimenticati gli aspetti più oscuri e più profondi della condizione e delle prospettive dell’uomo. È la religione naturale in un’epoca civile, e Satana l’ha accortamente ornata e perfezionata fino a farne un idolo della verità. Via via che la ragione prospera, via via che il gusto si forma e si raffinano gli affetti e i sentimenti, sarà inevitabile che alla superficie della società si diffonda, del tutto indipendentemente dall’influenza della rivelazione, un costume generale di onestà e di benevolenza.
[Essa] abbandona un intero lato del Vangelo, cioè il suo carattere austero e ritiene basti essere benevoli, cortesi, candidi, corretti nella condotta, delicati, e che non include il vero timor di Dio, nessun vero zelo per il Suo servizio, nessun odio profondo del peccato, non l’adesione fervida alla verità dottrinale, nessuna speciale sensibilità intorno ai singoli mezzi adatti a raggiungere i fini, purché siano buoni i fini, nessuna lealtà di sudditanza alla santa Chiesa apostolica di cui parla il Credo, nessun senso dell’autorità della religione se non all’interno della mente: in una parola, una dottrina che non ha serietà, e perciò non è calda né fredda, ma (secondo la parola della Scrittura) è semplicemente tiepida.
[COSÌ FACENDO] NON ABBIAMO AGITO SPINTI DALL’AMORE DELLA VERITÀ, BENSÌ SOTTO L’INFLUSSO DEI TEMPI (…) [GLI UOMINI COSI’] HANNO SACRIFICATO LA VERITÀ AI VANTAGGI.
[Pensano che] non occorre spaventarci, che Dio è un Dio di misericordia, che basta emendarsi per cancellare le trasgressioni, che il mondo, tutto sommato, è ben disposto verso la religione, che non è bene eccedere nella serietà, che in tema di natura umana non si debbono avere idee ristrette. Ecco dunque il credo degli uomini che non hanno alcun pensiero profondo (…)”.
INVECE….
“Il timor di Dio è il principio della sapienza, fino a quando non vedrete Dio come un fuoco consumatore, e non vi avvicinerete a Lui con riverenza e con santo timore, per il motivo di essere peccatori, non potrete dire di essere nemmeno in vista della porta stretta. Il timore e l’amore devono andare insieme; seguitate a temere, seguitate ad amare fino all’ultimo giorno della vostra vita (…). La vostra conoscenza delle colpe aumenterà con l’aumentare della visione della misericordia di Dio nel Cristo. È questa la vera condizione cristiana e la massima somiglianza alla calma del Cristo e al suo placido sonno durante la tempesta cui sia possibile giungere; non saranno la perfetta gioia e la perfetta certezza che appartengono al cielo, ma una profonda rassegnazione alla volontà di Dio, un abbandono di noi stessi, corpo e anima, a Lui; senza dubbio nella speranza di essere salvi, ma fissando gli occhi più su Lui che su noi stessi, vale a dire, agendo per la Sua gloria, cercando di compiacerlo, dedicandoci a Lui con virile ubbidienza e intensità di buone opere”.
CARD. John Henry Newman.
Brani tratti dal Sermone del 26 agosto 1832 su «La religione del giorno».
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.