Quando iniziano a circolare locuzioni più o meno inedite e misteriose del tipo che occorre lavorare sulla “grammatica dell’umano”, c’è da cominciare a preoccuparsi. Per chi non ha mai smesso di farlo, si aggiunge un ulteriore motivo. Su “Avvenire” hanno detto che quella di Bassetti per i cattolici in politica è una proposta “sinodale”, come se ciò potesse servire a tranquillizzare i fedeli. Peccato che negli ultimi cinque anni almeno, ogni volta che si è trattato di dare una spallata alla verità della nostra fede da parte del clero, lo si sia fatto in nome della “sinodalità”. Non per nulla viviamo in una specie di allerta continua rappresentata da un sinodo perpetuo; ormai la Chiesa non c’è più, ha lasciato il posto ad un onnipresente ed interminabile sinodo.
La parola sinodo, dal greco, significa “cammino insieme”, e infatti si cammina, si cammina, e mentre si cammina si fanno delle gran chiacchiere tutti insieme, solo che c’è un problema: mentre si passeggia chiacchierando del più e del meno, di quello che piace all’uno e quello che piace all’altro, non ci si accorge che la meta è dalla parte opposta rispetto a quella verso cui ci si sta allegramente dirigendo.
Riepilogando:
Il sinodo sulla famiglia? Ha minato il significato plurimillenario ed immutabile di famiglia cristiana.
Il sinodo sui giovani? Un’esperienza come tante. Priva di contenuti. I giovani sono stati privati della roccia a cui aggrapparsi per diventare adulti.
Il sinodo sugli abusi del clero? Sta cercando di depistare la retta ragione e far credere che la pedofilia clericale sia dovuta non tanto all’omosessualità, quanto al nuovo baubau del “clericalismo”. E il bello è che questa trovata arriva da vertici ecclesiali che sono quanto più di clericalista si possa immaginare.
Il sinodo sulla famiglia? Ha minato il significato plurimillenario ed immutabile di famiglia cristiana.
Il sinodo sui giovani? Un’esperienza come tante. Priva di contenuti. I giovani sono stati privati della roccia a cui aggrapparsi per diventare adulti.
Il sinodo sugli abusi del clero? Sta cercando di depistare la retta ragione e far credere che la pedofilia clericale sia dovuta non tanto all’omosessualità, quanto al nuovo baubau del “clericalismo”. E il bello è che questa trovata arriva da vertici ecclesiali che sono quanto più di clericalista si possa immaginare.
Per quest’anno è già previsto un sinodo sull’Amazzonia, dove si presume che inviteranno in Vaticano la foresta amazzonica a testimoniare quanto clericalismo e mancanza di sinodalità vi sia nella deforestazione.
Prima o poi faranno un sinodo sulla sinodalità, e c’è da scommettere che coinciderà con il Conciliovaticanoterzo da taluni auspicato. Quando accadrà speriamo di essere già passati a miglior vita.
Ma lasciamo stare i massimi sistemi, e torniamo ai minimi patemi. Uno dei personaggi più stiracchiati di quest’anno è stato senz’altro don Luigi Sturzo; il sacerdote doveva essere un uomo molto ricco, perché la sua eredità ancora oggi è contesa praticamente da tutte le forze politiche dell’arco costituzionale e da tutte le forze clericali dell’arco postconciliare.
La CEI? Erede di Sturzo.
Mario Adinolfi? Successore.
I democristiani? Ci mancherebbe.
I popolari? Fin ovvio.
Gli antipopulisti? Sturziani.
Gli europeisti? Pure loro.
I federalisti? Presenti.
Mattarella? Libero e forte.
Rosy Bindi? Forte e libera.
Del Rio e Castagnetti? Immancabili.
Salvini? Quasi quasi.
Enrico Letta? Pure lui.
Mario Adinolfi? Successore.
I democristiani? Ci mancherebbe.
I popolari? Fin ovvio.
Gli antipopulisti? Sturziani.
Gli europeisti? Pure loro.
I federalisti? Presenti.
Mattarella? Libero e forte.
Rosy Bindi? Forte e libera.
Del Rio e Castagnetti? Immancabili.
Salvini? Quasi quasi.
Enrico Letta? Pure lui.
Persino Silvio, già piuttosto benestante di suo, ne rivendica il lascito. Anzi, soprattutto Silvio si sente il legittimo erede. Del resto non poteva farsi mancare nemmeno il popolarismo sturziano chi è stato in grado di essere al contempo liberale e autoritario, craxiano e di destra, berlusconiano e renziano, condannato e in odore di santità, presidente e operaio, produttore e utente finale, familista e pluriammogliato, cantante e agricoltore, costruttore e allevatore, trombato e (soprattutto) trombante, europeista dopo essere stato antieuropeista, sovranista e antisovranista, populista ma convertito al tecnoburocratismo… il tutto in una recidiva e grottesca discesa in campo che sempre più appare come un esorcizzare l’unica cosa di cui alla sua età dovrebbe veramente preoccuparsi: la discesa al camposanto.
Ma una volta per tutte, si può sapere nel famoso appello del sacerdote siciliano cosa c’era scritto? Vediamone alcuni passaggi:
“A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà”.
Questo era l’incipit, e chi non lo sottoscriverebbe anche oggi? Un momento però, qua si parlava di “fini superiori della Patria”. Sarà mica stato sovranista il prete?
“Al migliore avvenire della nostra Italia – sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano – che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d’entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi”.
Una retorica post-bellica che mette i brividi di fronte agli odierni compitini quirinalizi. Molte cose però sono cambiate. “Sicura nei suoi confini” mica tanto, caro don Sturzo; ancor meno sicura “nei mari che la circondano”. I suoi colleghi preti di oggi non vogliono sentirne nemmeno parlare di confini, siano essi “di terra, di mare e dell’aria”. Demoliscono muri laddove andrebbero rafforzati, si affrettano a edificare viadotti senza sapere che porteranno verso il baratro, aprono porte, sbattono finestre…
Ci sarebbe piuttosto e sul serio da rinsaldare la “coscienza nazionale”; ma qua della nazione non frega più niente a nessuno, siamo in Europa. Singolare il fatto che l’unico a perseguire gli interessi della nazione sia proprio quel partito che inizialmente la voleva smembrare, e che i suoi emeriti colleghi del clero vedano alla stregua di una manifestazione satanica.
“Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali – la famiglia, le classi, i Comuni – che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell’Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale […]”.
Gli organismi naturali, a partire dalla famiglia, devono essere rispettati dallo Stato, e questo (ormai è arcinoto) esclude in principio qualsiasi partito “di sinistra” o sedicente tale, a partire dai Cinquestelle in là, dal poter rispondere all’appello che potremmo attualizzare virilizzandolo come liberofortista.
“Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall’anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all’autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale”.
Oltre agli elementi buoni “di conservazione e di progresso” oggi sarebbe necessario attingere soprattutto agli elementi di reazione all’eccesso di progresso (progressismo) che abbiamo visto in troppi ambiti, grazie al connubio tutt’altro che casto tra una politica clericale e un clero politicante.
Ripetiamo: “sovranità popolare e collaborazione sociale”. Ciò che serve più che mai oggigiorno, a patto di capirci sui termini.
“Sovranità popolare” non è da intendersi in senso assoluto, perché sappiamo che la sovranità ultima appartiene alla Fonte di ogni autorità; tuttavia sarebbe un notevole passo avanti, rispetto ad una situazione di usurpazione da parte dei mercati e di Bruxelles, fare in modo che le decisioni venissero prese nell’interesse del popolo anziché degli usurpatori. Questo, che dovrebbe essere la norma, è ciò che viene sprezzantemente additato come populismo. Anche dal clero.
In quanto alla “collaborazione sociale” è una bellissima cosa, difficilmente attuabile se la base sociale viene esasperata da politiche vessatorie, immigrazioniste, laiciste, recessioniste e disoccupazioniste come quelle attuate con efficace metodo dagli ultimi governi Monti-Letta-Renzi-Gentiloni. E forse, ma è più che altro un auspicio, in rotta di inversione con l’attuale governo.
“Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell’Italia; […]”.
Gentile Card. Bassetti, Sturzo si voleva ispirare ai “saldi principii del Cristianesimo”, quelli di prima, quelli di sempre, mica la sua “grammatica dell’umano”. Mica quei torbidi risciacqui che ci propinate voi oggi e che non potranno che ispirare l’ennesima brutta copia di partito catto-democratista ammiccante a sinistra che, c’è da augurarsi, non avrà che una insignificante manciata di voti da portare in dote alla missione de-civilizzatrice già in buono stato di avanzamento.
Ma sentiamo Spadaro, che sempre dall’inquieto quotidiano ci dona ulteriori lumi sulle intenzioni dei vescovi:
“Ecco il punto: soltanto un esercizio effettivo di sinodalità all’interno della Chiesa potrà aiutarci a leggere la nostra storia d’oggi e a fare discernimento. […] Si può facilmente cogliere quanto sia importante la sinodalità nella Chiesa per discernere le forme dell’impegno democratico dei cristiani”
Non quindi la testimonianza di verità alla quale il cristiano sarebbe tenuto, ma di nuovo e sempre la sinodalità. La sinodalità diventa il mantra funzionale ad un altro mantra, il discernimento, funzionale all’impegno in politica, funzionale, temiamo, alla sinodalità. Si percepisce agevolmente quanto un siffatto cerchio abbia come due principali caratteristiche: l’apparente inutilità e l’effettiva funzionalità rispetto alla citata de-civilizzazione.
Nel caso a qualcuno tutti questi giri di parole risultassero un po’ ostici, cerchiamo di tradurre: il clero ha dato il via libera ad una nuova generazione di cattolici in politica alla Prodi, alla Bindi, alla Renzi, alla Scalfaro, alla Mattarella. Sai che novità.
– di Marco Manfredini
VIGANÒ E IL PAPA. IL DRAMMA VISSUTO CON GLI OCCHI DEL TESTIMONE.
Cari amici di Stilum Curiae, oggi parlo pro domo mea: vi annuncio l’uscita di uno svelto libretto che racconta – con gli occhi del testimone – la drammatica vicenda della testimonianza dell’arcivescovo Viganò. Sono della vecchia scuola, di giornalismo, quella in cui si insegnava a non scrivere in prima persona se non in eventi di rarità eccezionale. E credo infatti che l’unico articolo del genere, o quasi, che io abbia firmato fosse quello del ritrovamento del cadavere di Aldo Moro, a cui fui presente, unico giornalista, per una serie di circostanze che forse un giorno racconterò, e che permise a “Stampa Sera” di uscire con uno scoop mondiale mezz’ora prima di chiunque altro. Tutto questo per dire: quello che leggerete è in terza persona, per imbarazzo; non per imitare Cesare…
Quando mercoledì 22 agosto l’arcivescovo Carlo Maria Viganò è salito con una valigetta nera a casa di Marco Tosatti nessuno, se non il presule stesso, poteva sapere che si stava per scatenare sulla Chiesa una tempesta di proporzioni inedite, destinata a coinvolgere il Pontefice regnante, responsabile, secondo l’ex Nunzio, di aver favorito e usato Theodore McCarrick, nonostante fosse stato informato delle predazioni sessuali compiute dal porporato ai danni di seminaristi e giovani preti.
Questo libro, scritto dalla persona che per prima ha visto la testimonianza di Caro Maria Viganò, l’ha aiutato con la sua esperienza professionale di mezzo secolo a farne un “editing” e a diffonderla, vuole ripercorrere questa vicenda, a cui ancora il Pontefice e il Vaticano non hanno dato risposta, e che anzi, con l’uscita di “Sodoma” il libro di Frederic Martel sulla lobby gay in Vaticano si arricchisce di una nuoca clamorosa conferma.
Il libro vuole anche tentare di sgomberare il campo da falsità e insinuazioni sparse a piene mani, sin dall’uscita della testimonianza Viganò, dai giornalisti legati alla cerchia di papa Bergoglio, e spesso ripresi dai mainstream media simpatizzanti e contigui. Oltre a far chiarezza sul reale ruolo di Marco Tosatti nella vicenda (c’è chi è arrivato a ipotizzare che avesse addirittura organizzato l’operazione, più o meno plagiando l’arcivescovo per fini politici!) il libro mette in prospettiva tutte le fasi. E contribuisce a far capire quali fossero le reali motivazioni di Viganò nel compiere una denuncia dolorosa.
I detrattori e gli accusatori mossi da Santa Marta avevano fra l’altro insinuato che alla base della denuncia ci fosse l’amarezza di Carlo Maria Viganò per non aver ottenuto la berretta cardinalizia. Scrive Tosatti:
“Benedetto XVI per due volte, nell’udienza concessa a Carlo Maria Viganò il 4 aprile 2011, gli offrì il posto di Prefetto della Congregazione per gli Affari Economici, in quel momento occupato dal cardinale Velasio De Paolis, che era stato di recente nominato commissario dei Legionari di Cristo. Secondo quanto ci è stato riportato in maniera confidenziale, ma sicura, l’allora Segretario del Governatorato rifiutò, perché voleva portare a termine l’opera di pulizia nel governo dello Stato della Città del Vaticano, e temeva che se se ne fosse andato la squadra che aveva organizzato a questo scopo sarebbe stata dissolta; come in effetti accadde, dopo la sua partenza per gli Stati Uniti. È un dettaglio inedito e di grande importanza, perché svuota di contenuto una delle accuse elevate dagli agiografi pontifici nei confronti dell’arcivescovo”.
E poi c’è la rivelazione di Martel, che l’ha avuta, e virgolettata, da persone dell’entourage del Pontefice: e cioè che il Pontefice è stato realmente informato da Viganò su chi fosse McCarrick, ma non ha ritenuto che le azioni del cardinale verso seminaristi e giovani preti fossero importanti. Se questo non viene smentito, che altro si può dire?
Marco Tosatti (2019), Viganò e il Papa. Un testimone racconta. Hong Kong: Chorabooks.
EBook (formato Kindle) Euro 3.99
ISBN 9789887897033
EBook (formato Epub) Euro 3.99
ISBN 9789887961505
Cartaceo Euro 8.99
ISBN 9789887897071
Disponibilità: immediata su tutti i negozi amazon in formato kindle e cartaceo e su oltre 100 negozi online in formato Epub (Feltrinelli, Rizzoli, Mondadori, hoepli, Book republic, Libreria universitaria, San Paolo store, Il fatto quotidiano, Il giardino dei libri, Google play, Ibooks store, Kobobooks, Tolino, Casa del libro, Bajalibros, Nookstore, Weltbild, El corte inglés, Barnes and Nobles etc.)
Marco Tosatti
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.