Ma il Signore, dove l’hanno nascosto? La scomparsa del "Santissimo" da tante chiese cattoliche non è una semplice dimenticanza, ma una precisa "strategia", volta a farci scordare che: "tutto viene da Dio", e tutto a Lui ritorna
di Francesco Lamendola
L’altro giorno ci è capitato di entrare nel duomo di una cittadina di medie dimensioni dell’Italia settentrionale. La chiesa è antica, in stile romanico-gotico; gli aggiustamenti dei secoli successivi non ne hanno alterato la fisionomia tardo medievale, né all’esterno, né all’interno; inoltre, contiene un discreto numero di opere d’arte sacra di notevole valore. In particolare, spicca, dietro l’altar maggiore, una Sacra Conversazione, con la Madonna e due gruppi di Santi e Sante, in basso, un gruppo a destra e uno a sinistra: un’opera meravigliosa, dipinta, a soli trent’anni, da uno dei massimi artisti vissuti tra la fine del XV e l’inizio del XVI secolo. La data della pala è il 1492: l’anno della caduta di Granada e della scoperta dell’America. È perfettamente conservata e ci colori brillanti evidenziano la purezza della linea e la bellezza dei volti, dei corpi, delle vesti, dello sfondo, la luminosità e l’intensità degli sguardi, la toccante atmosfera di raccoglimento e di spiritualità dell’insieme. Per vedere da vicino un’opera del genere, varrebbe la fatica di venire qui apposta, anche da lontano; eppure la chiesa è vuota e silenziosa nel freddo mattino di gennaio. Quello che ci ha colpito, però, non è il fatto che non vi sia neppure un fedele, e tanto meno che non ci sia neppure un visitatore forestiero, venuto apposta per ammirare la pala dell’altare maggiore del grande pittore rinascimentale. Una chiesa, dopotutto, non è una pinacoteca; e l’arte sacra serve a celebrare la bellezza della fede, non viceversa. E se neppure i fedeli ci sono, ebbene, è una cosa triste, ma è in linea con i tempi che stiamo vivendo. No: quello che ci ha lasciati alquanto sconcertati, interdetti, amareggiati, è stata un’altra assenza: l’assenza del Signore.
A caro prezzo siete stati riscattati, dice san Paolo !
C’erano varie cose, in quella chiesa. C’era il Presepio, su un lato del presbiterio; e va bene. Poi c’era un cassonetto per i vestiti destinati alla Cartitas, in un angolo della controfacciata, e questo va assai meno bene. Perché mettere quel cassonetto dentro la chiesa? Non c’era spazio solo fuori, davanti al portale, ma anche sul lato, dove c’è un ingresso laterale che dà su una corte interna, ben riparata da ogni lato e chiusa, la notte, da due cancelli: lì sarebbe stato perfettamente al sicuro da eventuali malintenzionati. Poi abbiamo visto i soliti banchetti con i giornali; non ci sarebbe niente da dire, su questo, se non che le cosiddette riviste cattoliche, da alcuni anni a questa parte, non sono più tali, e quindi la loro presenza dentro il sacro edificio non è più giustificata, come poteva esserlo un tempo. Si trattava comunque di un abuso, ma di un abuso tollerabile: forse Gesù non si sarebbe sdegnato e non avrebbe rovesciato quei banchetti, fino a qualche anno fa; ma adesso, il discorso è diverso. Adesso le riviste che si fregiano del nome di cattoliche, diffondono eresie e cattivi insegnamenti d’ogni genere, anche sul piano morale: c’è da vergognarsi a leggerle, per un cattolico che sia davvero tale.
La neochiesa che piace: ma a chi, esattamente?
C’è il quotidiano dei vescovi che per lungo tempo si è fregiato delle vignette di un noto disegnatore ateo, che raffigura Gesù, la Vergine Maria e i Santi in una maniera, sia grafica, sia ideologica, semplicemente inaccettabile per un cattolico; e questo è solo un esempio. Non stampa cattolica, ma spazzatura travestita da stampa cattolica: eppure, questa farsa va avanti da anni, e ormai non si sentono quasi più voci di protesta. Neppure quando il maggior settimanale cattolico, ma cattolico ormai per modo di dire, dedica tutta la copertina a bollare come “satana” un noto politico italiano, reo di non voler sottomettere l’interesse del popolo italiano alla Nuova Religione dei Migranti, fondata dal signore argentino sulle rovine della vera religione cattolica. Ad ogni modo, dopo aver fatto due o tre volte il giro completo delle navate laterali e delle cappelle, abbiamo dovuto arrenderci all’evidenza: il Santissimo non c’era. Nel duomo di quella città, nella chiesa più antica, più centrale, più significativa da tutti i punti di vista, la matrice di tutte le altre chiese costruite in seguito, il parroco aveva ritenuto non necessario porre in qualche luogo in vista il Santissimo Sacramento. Ora, la chiesa è la casa di Dio; non la casa del popolo. Perciò può stare anche senza vistiamo, senza fedeli (purtroppo), senza turisti, e naturalmente senza opere di pregio; può essere ridotta a quattro pareti disadorne, nelle quali il sacerdote celebra la santa Messa perfettamente da solo: ma tanto basta perché vi sia la Presenza del Signore. Ma se il Signore non c’è, che razza di chiesa è quella? E che ci andranno a fare i fedeli? Ad ammirare le statue e i dipinti? Ma per questo, ripetiamo, non c’è bisogno di costruire una chiesa; basta disporre di un museo. In chiesa si va per pregare, certo; ma soprattutto per incontrare Dio. Per incontrarlo fisicamente, oltre che spiritualmente, perché Egli si è incarnato, si è fatto Carne e si è fatto Sangue; e non un Dio qualsiasi, ma Gesù Cristo, morto per noi sulla Croce, e che rinnova il suo Sacrificio ogni volta che viene celebrato il mistero della Presenza Reale. Anche senza la santa Comunione, la Presenza Reale è già sufficiente a riempire tutta la chiesa: l’adorazione di essa è la cosa più preziosa che il cattolico può fare, quando entra in una chiesa.
Ma il Signore, dove l’hanno nascosto? La neochiesa "senza Gesù Cristo" a chi piace esattamente? La scomparsa del "Santissimo" da tante chiese cattoliche non è una semplice dimenticanza, ma una precisa "strategia", volta a farci scordare che: "tutto viene da Dio", e tutto a Lui ritorna !
Ora, l’episodio che abbiamo raccontato non ha, purtroppo, nulla di straordinario, nel senso che rientra ormai in un quadro di apparente normalità. Apparentemente, è divenuto normale entrare in una chiesa e non trovare il Signore; e chiedersi, istintivamente: Ma dove l’hanno messo, dove l’hanno nascosto, e soprattutto perché? Già: perché? Come mai il parroco o il cappellano, sempre più spesso, non ritengono importante, anzi, indispensabile far sì che il fedele, entrando, trovi e veda immediatamente il Signore, e sappia dove rivolgerle le sue preghiere? Eppure, da sempre, i sacerdoti hanno saputo questo; lo hanno sempre considerato un loro dovere preciso, diciamo pure scontato: come si sarebbe potuta trascurare la cosa essenziale? Ecco, questo è il punto: i sacerdoti di questi ultimi tempi paiono essersi scordati - se di dimenticanza si tratta, e non di qualcos’altro - di ciò che è essenziale alla fede. L’essenziale non sono i migranti, né i poveri, né l’ambiente, né il clima. Il fedele non entra in chiesa per sentire il prete che parla di queste cose, proprio come non accende la televisione per sentire il papa parlare di queste cose. No, non sono quelle cose l’essenziale; anche se preoccuparsi del prossimo bisognoso, e anche del creato di Dio, sono cose in se stesse buone, purché non siano sovrapposte ideologicamente alla fede cattolica, al preciso scopo di strumentalizzarla e snaturarla; come accade, per esempio, se si trasforma una chiesa in una pizzeria o in un dormitorio per i poveri e i migranti, o come accade se il Vaticano autorizza che la facciata della Basilica di San Pietro, a Roma, sia trasformata in uno schermo per uno spettacolo di luci notturne, sul quale scorrono le immagini delle belve della foresta, dei gorilla, degli squali e dei cannibali. No, questo non è bene; questa è una inqualificabile forzatura del vero amore per il prossimo e del vero amore per il creato di Dio. Se proprio si vuol prendere a modello un essere umano, e non Gesù Cristo, che dovrebbe essere il solo e unico modello per i fedeli, allora si pensi a san Francesco d’Assisi (e non a quell’altro individuo che ha preso un tal nome per fare il papa, ma che non somiglia minimamente al Poverello di Assisi): san Francesco sapeva bene che quel che è di Dio è di Dio, e quel che è dei poveri, o della natura, appartiene alla sfera delle cose umane. San Francesco non metteva a mangiare e a dormire le persone in chiesa: sapeva bene che la chiesa non serve a questo, non è per questo che viene costruita dalla pietà dei fedeli; e che vi sono altri luoghi per sfamare gli affamati o per dare riposo a quanti sono stanchi e non hanno un tetto sopra la testa. San Francesco sapeva anche che gli animali sono creature di Dio, parlava con loro, predicava perfino ai pesci e agli uccelli, secondo la tradizione: ma non avrebbe prestato, o meglio affittato, dietro lauto compenso, una chiesa, neppure all’esterno, per mettere in scena uno spettacolo in cui la natura viene celebrata in se stessa. Per san Francesco, la bellezza della natura è un riflesso dello splendore infinito del Creatore: gli animali, le piante, gli elemento della natura, sono belli e preziosi perché rappresentano la sapienza e la maestà dell’Onnipotente, e non perché abbiano un valore in se stessi, in quanto prodotti del mondo naturale. Laudato si’, mio Signore, per tutte le tue creature: questo pensava e questo diceva san Francesco. Non diceva: siano lodate le creature. Non dimenticava mai che tutto, tutto, tutto, è opera del Signore, e che tutto serve a ricordarci la magnificenza del Creatore.
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Del resto, la naturalizzazione della Creazione, di cui è un esempio l’incredibile enciclica Laudato si’, più simile a un parto della galassia New Age che a un documento del Magistero della Chiesa, si accompagna logicamente con la storicizzazione della Rivelazione. La Natura e la Storia diventano valori assoluti; l’opera d Dio e la sua Rivelazione, le variabili secondarie, che devono adeguarsi alla mentalità degli uomini. Bergoglio lo ha detto chiaro e tondo: Il Vaticano II è stato una rilettura del Vangelo alla luce della cultura contemporanea. Giusto il contrario di quel che la Chiesa, attraverso il suo Magistero, ha insegnato per millenovecento anni: che è il Vangelo a imporre al credente una rilettura del mondo e della sua cultura. E poi che vuol dire, contemporanea? La cultura odierna sarà vecchia fra due secoli, come appare vecchia, ai signori storicisti, quella di due secoli fa: e allora che facciamo, rileggiamo il Vangelo ogni volta che la cultura cambia la sua prospettiva, le sue opinioni, i suoi valori?
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