Islamisti responsabili e cristiani vittime. Ma non si può dire
Mentre emerge chiara la responsabilità del gruppo islamista National Thowheed Jamath nella serie di attentati del giorno di Pasqua, che hanno provocato 290 morti e oltre 500 feriti, in una Europa dominata dal "politicamente corretto" si registra un evidente imbarazzo nell'affermare responsabilità e obiettivi dei terroristi. Da Barack Obama a padre Spadaro anche una carrellata di "tweet della vergogna". Resta la domanda sul perché i cristiani siano stati l'obiettivo in un paese a maggioranza buddhista.
A seguire le dichiarazioni ufficiali, gli interventi dei leader mondiali e i principali media, fino a ieri sera uno avrebbe detto che in Sri Lanka si è consumato un attentato di ignoti contro ignoti. Troppo difficile pronunciare la parola islam quando si tratta degli aggressori, da evitare nel modo più assoluto la parola cristiani – peggio ancora se cattolici – quando si parla delle vittime.
Quanto agli autori della serie di attentati - 290 morti e oltre 500 feriti per i kamikaze che che si sono fatti saltare in tre chiese e quattro alberghi, con altro esplosivo e detonatori trovati in altre aree – nelle primissime ore una certa prudenza era giustificata: il governo è stato preso completamente di sorpresa, nessuno aveva rivendicato l’azione, e il paese dopo una sanguinosa guerra civile tra minoranza tamil e singalesi (1983-2009) sembrava aver trovato una certa stabilità. E anche l’aumento di incidenti negli ultimi anni provocati da gruppi di nazionalisti buddhisti guidati da monaci a danno delle minoranze, sia musulmana sia cattolica, lasciava aperta almeno un’ipotesi alternativa, per quanto debole, alla pista islamica. A dire il vero ad alcuni in Europa non è parso vero di poter rovesciare subito i sospetti su estremisti buddhisti, ma è bastato poco tempo per far cadere l’illusione.
Nel giro di pochissime ore infatti le indagini hanno preso un indirizzo chiaro, seppure il governo non è andato in serata oltre l’indicazione di “terrorismo religioso”. Ma ancora ieri, malgrado ormai i 24 arresti effettuati si riferiscano a una piccola organizzazione islamista singalese, National Thowheed Jamath, in tutti i resoconti c’era una estrema timidezza nel pronunziare la fatidica parola: islam. Evidentemente nulla deve turbare il convincimento che l’islam sia una religione di pace. E se proprio non se ne può fare a meno, visto che ormai il governo ha detto chiaramente a chi fanno capo i sette kamikaze autori della strage, si parli di jihadismo senza starsi troppo a soffermare sulla matrice religiosa.
Anche gli esponenti cattolici di punta usano lo stesso, se non maggiore, riguardo. Enzo Bianchi, fondatore della Comunità di Bose, parla di «fanatici anticristiani»; padre Antonio Spadaro, certamente l’uomo più vicino a papa Francesco, ricorda come il rappresentante islamico che incontrò il Pontefice durante la visita in Sri Lanka nel 2015, pronunciò parole molto forti contro il fondamentalismo religioso. Guai dunque ad accusare degli islamici.
Ieri in realtà è stato rivelato che due settimane prima di Pasqua, servizi segreti stranieri avevano avvertito del progetto di attentati contro le chiese da parte di estremisti islamici, ma la cosa è stata sottovalutata e il primo ministro Ranil Wickremesinghe non ne era neanche al corrente.
Ma se sugli autori c’è imbarazzo, sulle vittime è anche peggio. Non potendo evitare di dire che l’obiettivo sono state le chiese, si è però evitato con cura di sottolineare che le vittime sono cristiani, soprattutto cattolici. Anzi, si è valorizzato molto il fatto che una delle chiese colpite, il santuario di sant’Antonio, pare sia molto frequentato anche da persone delle altre religioni, buddhisti, induisti, musulmani. Come a dire: hanno colpito tutti, non solo i cattolici. Come sintetizza (sic) il tweet di padre Spadaro: «La chiesa di Sant’Antonio è il simbolo del pluralismo e della tolleranza nello Sri Lanka».
Altro esempio di ipocrisia i due tweet gemelli di Barack Obama e Hillary Clinton. Quest’ultima ha prima ricordato che era «un fine settimana santo per molte fedi» (quali esattamente?), poi ha citato le vittime definendole, così come Obama, «Easter worshippers» (quelli che celebrano la Pasqua): neanche la dignità di chiamarli cristiani. Ben diversamente si comportarono entrambi quando furono colpire due moschee in Nuova Zelanda; allora furono chiarissimi nell’esprimere grande solidarietà e vicinanza «alla comunità musulmana globale», invitando a combattere contro «l’islamofobia e ogni razzismo».
Ma l’attacco ai cristiani non fa nulla, anzi se vengono colpiti è perché l’obiettivo è un altro. È questa purtroppo l’incredibile tesi che il solito padre Spadaro ha affidato a un tweet: «Quello avvenuto in Sri Lanka è un attacco allo Stato in un Paese che per 25 anni ha visto il conflitto tra singalesi e tamil. I cattolici sono sia tamil sia singalesi. La Chiesa è ponte naturale».
Un attacco allo Stato? Troppo difficile constatare la realtà, suona troppo male dire che c’è stata una strage islamista contro i cristiani. Rovinerebbe l’opera “educativa” che ci stanno facendo: l’islam è una religione di pace, tra cristiani e musulmani si può dialogare senza problemi, e così via.
Peraltro tutte queste energie consumate per edulcorare la realtà tolgono spazio non solo a riflessioni serie sul terrorismo, ma anche a una domanda che emerge inevitabile e la cui risposta sarebbe utile per comprendere la strategia dei terroristi islamici: è infatti la prima volta che i cristiani sono un obiettivo – oltretutto di uno dei più gravi attentati terroristici mai compiuti - in un paese dove condividono con i musulmani uno status di minoranza. Attacchi terroristici e violenze da parte dei jihadisti, infatti, finora sono avvenuti nei paesi occidentali (a maggioranza cristiana) e nei paesi a maggioranza islamica dove si vuole cancellare ogni presenza cristiana.
Ma perché, volendo portare attacchi in Sri Lanka si sceglie come obiettivo non già la maggioranza buddhista bensì la minoranza cristiana? Una risposta chiara non c’è ancora; forse l’indicazione del governo riguardo a un network internazionale che avrebbe aiutato i terroristi locali, potrebbe suggerire che anche le ragioni strategiche sono globali. Il che sarebbe motivo di ulteriore preoccupazione per i cristiani in ogni parte del mondo.
Riccardo Cascioli
http://www.lanuovabq.it/it/islamisti-responsabili-e-cristiani-vittime-ma-non-si-puo-dire
Il Papa, la condanna timida e il silenzio sui boia islamici
Dai più critici dei cattolici ai laici esplode la polemica contro Bergoglio: sminuisce la gravità degli attentati
Dai più critici dei cattolici ai laici esplode la polemica contro Bergoglio: sminuisce la gravità degli attentati
I presunti silenzi di papa Bergoglio stanno diventando un tormentone che dai settori della galassia cattolica più critica con Francesco si allarga al mondo laico.
Dopo i rilievi sui tempi dilatati con i quali il Papa ha reagito al disastro di Notre Dame, ieri sul web è bastato un tweet di Daniele Capezzone, ex portavoce radicale, per appiccare un nuovo incendio. Questa volta il silenzio del pontefice avrebbe riguardato le orribili stragi dello Sri Lanka di matrice islamica che hanno massacrato centinaia di cattolici che partecipavano alla veglia della resurrezione in tre chiese.
Francesco ne ha parlato nel discorso che accompagna la benedizione Urbi et orbi il giorno di Pasqua, poche ore dopo le prime esplosioni. Nel testo già scritto e tradotto in varie lingue è stato inserito il riferimento ai martiri srilankesi. «Ho appreso con tristezza e dolore la notizia dei gravi attentati che, proprio oggi, giorno di Pasqua, hanno portato lutto e dolore in alcune chiese e altri luoghi di ritrovo dello Sri Lanka ha detto Bergoglio - Desidero manifestare la mia affettuosa vicinanza alla comunità cristiana, colpita mentre era raccolta in preghiera, e a tutte le vittime di così crudele violenza. Affido al Signore quanti sono tragicamente scomparsi e prego per i feriti e tutti coloro che soffrono a causa di questo drammatico evento».
Ieri il Papa è tornato a condannare gli attentati nell'Angelus del lunedì di Pasquetta: «Atti terroristici, disumani, mai giustificabili ha scandito - Auspico che tutti condannino questi atti terroristici, disumani, mai giustificabili. Prego per le numerosissime vittime e chiedo di offrire a questa cara nazione tutto l'aiuto necessario», ha aggiunto invitando i fedeli a pregare la Madonna per i morti, i feriti e le loro famiglie. Pochi minuti dopo è arrivato anche un tweet dall'account Pontifex: «Uniamoci anche oggi in preghiera con la comunità cristiana dello Sri Lanka colpita da una violenza cieca nel giorno di Pasqua. Affidiamo al Signore risorto le vittime, i feriti e la sofferenza di tutti».
Anche se il Papa non ha taciuto sul martirio dei cattolici asiatici, la polemica è ugualmente divampata perché Bergoglio non ha puntato il dito contro i responsabili, cioè non ha detto che i terroristi sono islamici. In realtà, i papi non attribuiscono mai colpe prima che vengano dimostrate. Nemmeno Benedetto XVI chiamò in causa l'islam nel telegramma inviato (tramite il segretario di Stato Angelo Sodano) al primate inglese, cardinale Cormac Murphy-O'Connor, dopo la strage jihadista di Londra del luglio 2005: Ratzinger deplorò «gli attacchi terroristici» definiti «atti barbari contro l'umanità».
Ma a Francesco, oltre al silenzio sui boia islamici, si rimprovera anche di avere sminuito la gravità degli attentati avendone parlato a Pasqua in mezzo agli altri temi del giorno, dopo il Medio Oriente, l'Ucraina e il Venezuela, dopo l'appello per «costruire ponti, non muri» e dopo l'invito ad accogliere «bisognosi, poveri, disoccupati, emarginati, chi bussa in cerca di pane, rifugio e riconoscimento della dignità». Sui social molti hanno fatto sapere di non avere voluto ascoltare né l'omelia di Pasqua né le meditazioni della Via Crucis, dedicate alla tratta delle donne invece che al martirio dei cristiani nel mondo. Così il Papa è stato equiparato ai leader «liberal» americani che hanno twittato solidarietà allo Sri Lanka senza accennare né ai terroristi islamici ma neppure ai cristiani trucidati, derubricati a «Easter worshippers», cioè semplici «adoratori di Pasqua».
L'alt right inchioda i liberal Usa: "Non usano la parola cristiani"
Polemiche sui tweet dell'ex segretario di Stato e dell'ex presidente americano. I conservatori accusano: "Perché non usate la parola cristiani?"
Polemiche sui tweet dell'ex segretario di Stato e dell'ex presidente americano. I conservatori accusano: "Perché non usate la parola cristiani?"
"Easter worshipper", ovvero "coloro che credono nella Pasqua". Queste parole sono state usate da Hillary Clinton e Barack Obama per commentare i tragici attentati che hanno insanguinato la Pasqua.
Un gioco di parole che, secondo alcuni utenti, sarebbe stato fatto per evitare di utilizzare la parola "cristiani".
"In questo santo fine settimana per molte fedi, dobbiamo rimanere uniti contro l'odio e la violenza. Sto pregando per tutti coloro che sono stati colpiti dai terribili attentati contro i fedeli di Pasqua e i viaggiatori in Sri Lanka", ha twittato l'ex segretario di Stato.
Parole simili sono state scritte anche dall'ex presidente americano: "Gli attacchi ai turisti e ai fedeli della Pasqua nello Sri Lanka sono un attacco all'umanità. In una giornata dedicata all'amore, alla redenzione e al rinnovamento, preghiamo per le vittime e rimaniamo in piedi con il popolo dello Sri Lanka".
Queste parole hanno scatenato il mondo conservatore americano che si è chiesto come mai i due rappresentanti democratici non abbiano voluto utilizzare la parola "cristiani". Anzi, c'è anche si spinge addirittura più in là, come l'influencer Blair White, che ha attaccato la Clinton dicendo: "Proprio come non siete mai stati in grado di dire 'ISLAM' dopo la strage di Pulse (questo il nome del night club dove nel 2016 si è registrato un attentato terroristico rivendicato dall'Isis che ha provocato la morte di 50 persone, Ndr), non siete in grado di dire 'cristiani' dopo la morte di 200 persone. Adoratori di Pasqua? Ciao, ragazza".
Matt Batzel, direttore di American Majority, ha invece chiesto a Obama: "Perché non hai detto cristiani?". Dennis Michael Lynch, ha invece detto all'ex presidente americano: "Che ne dici di chiamare gli assassini... estremisti musulmani. È una buona cosa chiamare degli assassini. Ignorarli non li fa andare via. E, tra l'altro, non sarebbe un peccato usare la parola cristiani quando si menzionano le vittime".
Il sito conservatore louderwithcrowder.com, fondato dall'ex giornalista di Fox News Steven Crowder, ha inoltre stilato una lista di tutti i politici democratici che hanno preferito usare le parole "Easter worshipper" al posto di "christians".
Va detto, che la parola "worshipper" indica, come riporta il Cambridge Dictionary, una persona che va a una cerimonia religiosa per adorare Dio e potrebbe esser stata utilizzata con questa accezione dagli esponenti democratici. Certo, usare "cristiani" sarebbe stato molto più facile. Anche perché, come riporta Ngram Viewer, questa parola è sempre meno utilizzata. Tanto che in molti si sono chiesti su Twitter chi diavolo fossero questi "Easter worshipper". Fino ad oggi - scrive l'influencer italo-americana Alana Mastrangelo - "non avevo mai sentito questo termine".
È una persecuzione mondiale 345 cristiani uccisi ogni mese
I dati sono allarmanti. I leader che ricordano le vittime di Colombo non hanno il coraggio di definirle cristiane
I dati sono allarmanti. I leader che ricordano le vittime di Colombo non hanno il coraggio di definirle cristiane
Sono i nostri Fratelli nella fede. Incarnano i nostri valori e le radici della nostra civiltà. Ma sono anche la comunità religiosa più perseguitata nel mondo.
Eppure ce ne freghiamo. E prima di noi se ne fregano i rappresentanti di quella sinistra cultura del politicamente corretto che ha divorato l'Europa e sta contagiando un Vaticano sempre più incline a guardare ai Cristiani come ai propri figli minori. Eppure statistiche e medie mensili sono tremende. Ogni mese 345 Cristiani vengono uccisi per ragioni di fede, 105 chiese o edifici cristiani sono bruciati o attaccati, 219 credenti finiscono sotto processo o in galera per aver professato la fede nel Vangelo. Le inquietanti cifre, diffuse da Open Doors l'organizzazione americana che ogni anno certifica la condizione dei Cristiani nei paesi più ostili, sono il termometro della nostra ignavia. Le scopriamo solo quando i nostri fratelli nella fede vengono dilaniati dalle bombe nello Sri Lanka, vengono bruciati vivi in Nigeria ed India o fuggono dalle mattanza islamiste in Iraq e Siria. Certo coloro che per primi dovrebbero ricordarsene non sembrano assai propensi a farlo. Capita qui in Italia dove i migranti islamici sono il vero grande cruccio di un Vaticano raramente pronto a prendere le difese dei cristiani di Siria. È capitato in Birmania dove - durante la visita di Francesco - si è rischiato l'incidente diplomatico nel nome dei Rohingya musulmani, ma non si è spesa mezza parola per le minoranze cristiane oppresse dei Karen e dei Kachin. Capita nuovamente con i cristiani dello Sri Lanka trucidati dai jihadisti e perseguitati dagli estremisti buddhisti, ma ignorati, in passato, dalla Santa Sede. Eppure le persecuzioni dei cristiani sono la grande tragedia dell'epoca moderna. Rappresentano sia in termini quantitativi che qualitativi una delle più grandi ingiustizie e prevaricazioni di questo secolo. I numeri e le statistiche lo dicono con chiarezza. Ed è triste che fra le più ignorate, vi siano quelle di un'autorevole istituzione del Vaticano come l'Aiuto alla chiesa che soffre (Acs). Nei suoi rapporti Acs rivela che almeno 300 milioni di cristiani, cioè 1 su 7 dei nostri fratelli, vivono in paesi dove basta dirsi cristiani per subire violenza o finire in galera. E ancora peggiori sono i numeri raccolti tra l'1 novembre 2017 e il 31 ottobre 2018 da Watch List 2019, il rapporto annuale di Open Doors. In quei 12 mesi 4136 cristiani sono stati uccisi per ragioni legate alla loro religione, 2625 sono stati sbattuti in galera senza alcun processo e 1266 chiese sono state distrutte da violenze anti- cristiani. Ma il culmine dell'ipocrisia si nasconde nei twitter con cui Barack Obama, Hillary Clinton e Nathalie Loiseau, vice ministro per gli affari europei di Macron, ricordano la strage nello Sri Lanka. Per Obama e Hillary, le vittime non sono «cristiani» ma «Easter worshippers» ovvero «celebranti della Pasqua». Per la Loiseau semplicemente non esistono. Nel nome del politicamente corretto la parola Cristiani diventa tabù. Le vittime trucidate dentro le chiese mentre pregavano per la Resurrezione di Cristo diventano esseri senza identità, fedeli senza un nome. Se poi bisogna identificare i responsabili della mattanza la vaghezza diventa ancora più assoluta. I probabili assassini islamici si trasformano in non meglio identificati «estremisti religiosi» senza nome e senza fede precisa. Eppure il rapporto di Open Doors parla chiaro. «In almeno sette dei dieci paesi in testa alla classifica - scrive Watch List - la causa primaria della persecuzione e l'oppressione islamica. Questo significa che per milioni di Cristiani la fede in Gesù può avere conseguenze assai dolorose... In quei paesi i Cristiani possono essere trattati come cittadini di seconda categoria, venir discriminati nel lavoro o subire attacchi e violenze».
LA STRAGE TERRORISTICA DEL SRI LANKA APRE LE RIFLESSIONI SUL TERRORISMO INTERNAZIONALE E SUI SUOI SPONSOR
L’ideologia del wahabismo è quella che ispira il terrorismo in Medio Oriente ed in Asia: denuncia dei servizi di intelligence dell’Iraq.
Dopo i sanguinosi attentati avvenuti in Sri Lanka il mondo non può più chiudere gli occhi e ignorare chi sono i mandanti, complici e sponsor del terrorismo jihadista.
Intervenendo alla cerimonia di apertura di una conferenza sulla lotta contro Daesh, che è in corso nella capitale irachena Baghdad, il segretario generale della Organizazione, Badr Hadi al-Ameri, ha affermato che è necessario un lavoro intellettuale per affrontare ed eliminare l’ideologia estremista che ispira gruppi terroristici come Daesh e Al-Qaeda.
Dopo i sanguinosi attentati avvenuti in Sri Lanka il mondo non può più chiudere gli occhi e ignorare chi sono i mandanti, complici e sponsor del terrorismo jihadista.
Intervenendo alla cerimonia di apertura di una conferenza sulla lotta contro Daesh, che è in corso nella capitale irachena Baghdad, il segretario generale della Organizazione, Badr Hadi al-Ameri, ha affermato che è necessario un lavoro intellettuale per affrontare ed eliminare l’ideologia estremista che ispira gruppi terroristici come Daesh e Al-Qaeda.
Lo stesso ha dichiarato che il Daesh era ideologicamente un pensiero e una ideologia deviante e che l’invasione statunitense dell’Iraq del 2003 ha contribuito alla promozione di questa ideologia.
L’Arabia Saudita è ampiamente accusata di sostenere e finanziare i terroristi di Daesh in quanto sponsorizza la stessa ideologia che è quella ufficiale nel Regno Saudita. Nessuno può ignorare che i finanziamenti ed il supporto ai gruppi che operano per la diffusione di questa ideologia provengono da Rijad.
A marzo, la rete Fox News ha citato un alto funzionario dell’intelligence irachena dicendo che circa il 30 per cento dei terroristi del Daesh in Iraq erano cittadini sauditi.
Ad aprile, il primo ministro iracheno Haider al-Abadi ha anche affermato che “ogni cittadino iracheno ha il diritto di credere che l’Arabia Saudita sia un sostenitore del terrorismo”.
Daesh ha lanciato la sua campagna di morte e distruzione in Iraq nel 2014, conducendo rapidamente, da città in città, operazioni fulminee, mentre gli Stati Uniti e i loro alleati guardavano inerti, nonostante avessero una presenza militare nel paese dopo anni di occupazione.
La diffusione della rete terroristica del Daesh e degli altri gruppi jihadisti non è avvenuta per caso ma è stata favorita e finanziata dalle centrali dell’Arabia Saudita, in combutta con i servizi di intelligence di USA e Regno Unito, per obiettivi geopolitici di questi paesi.
La diffusione della rete terroristica del Daesh e degli altri gruppi jihadisti non è avvenuta per caso ma è stata favorita e finanziata dalle centrali dell’Arabia Saudita, in combutta con i servizi di intelligence di USA e Regno Unito, per obiettivi geopolitici di questi paesi.
Il mese scorso, scorsa, Jean-Pierre Chevènement, che ha servito come ministro della Difesa e degli interni francesi tra il 1988 e il 2000, ha detto che le due guerre del Golfo Persico intraprese dagli Stati Uniti “che hanno distrutto l’Iraq, sono state quelle che hanno creato Daesh”.
Attualmente stiamo raccogliendo le coseguenze di questa guerra silenziosa che i gruppi terroristi conducono in molti paesi e che sta mietendo vittime fra mussulmani e cristiani. Fino a che il mondo non aprirà gli occhi sugli sponsor di questa rete terroristica, il fenomeno non si potrà estirpare ma si rafforzerà sempre di più.
Attualmente stiamo raccogliendo le coseguenze di questa guerra silenziosa che i gruppi terroristi conducono in molti paesi e che sta mietendo vittime fra mussulmani e cristiani. Fino a che il mondo non aprirà gli occhi sugli sponsor di questa rete terroristica, il fenomeno non si potrà estirpare ma si rafforzerà sempre di più.
Fonti: Press Tv- South Front
Traduzione e sintesi di Luciano Lago
https://www.controinformazione.info/la-strage-terroristica-del-sri-lanka-apre-le-riflessioni-sul-terrorismo-internazionale-e-sui-suoi-sponsor/
A due giorni dai drammatici attacchi suicidi islamisti nello Sri Lanka vi propongo questa riflessione di padre Seán Connolly, pubblicata su CWR, che mi sembra vada al nocciolo della questione.
Eccola nella mia traduzione.
È stato un faticoso ma gioioso triduo pasquale. Dopo la Veglia Pasquale, la mia testa è finalmente sprofondata nel cuscino intorno all’una di notte. Il mio sonno profondo è stato interrotto circa un’ora dopo dal mio telefono che squillava. Le chiamate a quell’ora non sono mai buone. Questa chiamata non è arrivata da lontano, ma solo dall’altra parte della sala nella canonica. E’ stato mio confratello sacerdote e collega curatore della parrocchia che viene dallo Sri Lanka.
È un sacerdote dell’arcidiocesi di Colombo e mi ha chiamato per informarmi degli attacchi alle chiese di tutto il suo paese e mi ha chiesto vivamente le mie preghiere. Conosceva bene alcune delle chiese attaccate e conosce molte delle vittime, tra cui due sacerdoti feriti, uno dei quali è stato ordinato solo due anni fa. Abbiamo parlato un po’ e gli ho assicurato che non era solo nel suo dolore e che avrei pregato. Ci siamo svegliati entrambi prima della Messa della domenica di Pasqua per scoprire l’ampiezza della violenza.
In un attacco ben coordinato, rivolto principalmente ai cattolici durante la messa della domenica di Pasqua, i terroristi islamici hanno ucciso quasi 300 persone e ne hanno ferite altre 500 in otto attentati suicidi che hanno scosso chiese e alberghi di lusso nella capitale Colombo e nelle città di Negombo e Batticaloa. L’immagine più emblematica della giornata è stata quella di una statua del Cristo risorto schizzato con il sangue di fedeli parrocchiani morti in preghiera.
Più di ogni altro tempo nella storia, i cristiani sono minacciati per la loro fede. Non possiamo rimanere indifferenti. Non possiamo permettere che il sangue dei nostri fratelli e sorelle cristiani venga versato invano. Ma cosa dobbiamo fare? Dobbiamo rispondere a questo male con la santità, la bontà e la carità. Dobbiamo rafforzare la nostra fede cattolica e renderla veramente attiva.
Come notava notoriamente Tertulliano, “Il sangue dei martiri è il seme della Chiesa”. Nel 1219, con la benedizione del loro padre spirituale, San Francesco, cinque francescani di nome Berard, Peter, Adjute, Accurs e Odo lasciarono l’Italia per predicare le verità salvifiche del Vangelo ai musulmani in Marocco. Lo fecero per carità, perché la più grande povertà è non conoscere Gesù Cristo. Al loro arrivo i frati furono immediatamente arrestati e fu loro ordinato di lasciare il paese, cosa che coraggiosamente si rifiutarono di fare. Continuarono a predicare anche in prigione e subirono percosse e resistettero alla corruzione tesa a farli abiurare la loro fede.
Infine, i frati furono decapitati dallo stesso sultano. Dopo aver saputo della loro morte, Francesco esclamò: “Ora posso veramente dire che ho cinque frati minori!”.
È un sacerdote dell’arcidiocesi di Colombo e mi ha chiamato per informarmi degli attacchi alle chiese di tutto il suo paese e mi ha chiesto vivamente le mie preghiere. Conosceva bene alcune delle chiese attaccate e conosce molte delle vittime, tra cui due sacerdoti feriti, uno dei quali è stato ordinato solo due anni fa. Abbiamo parlato un po’ e gli ho assicurato che non era solo nel suo dolore e che avrei pregato. Ci siamo svegliati entrambi prima della Messa della domenica di Pasqua per scoprire l’ampiezza della violenza.
In un attacco ben coordinato, rivolto principalmente ai cattolici durante la messa della domenica di Pasqua, i terroristi islamici hanno ucciso quasi 300 persone e ne hanno ferite altre 500 in otto attentati suicidi che hanno scosso chiese e alberghi di lusso nella capitale Colombo e nelle città di Negombo e Batticaloa. L’immagine più emblematica della giornata è stata quella di una statua del Cristo risorto schizzato con il sangue di fedeli parrocchiani morti in preghiera.
Più di ogni altro tempo nella storia, i cristiani sono minacciati per la loro fede. Non possiamo rimanere indifferenti. Non possiamo permettere che il sangue dei nostri fratelli e sorelle cristiani venga versato invano. Ma cosa dobbiamo fare? Dobbiamo rispondere a questo male con la santità, la bontà e la carità. Dobbiamo rafforzare la nostra fede cattolica e renderla veramente attiva.
Come notava notoriamente Tertulliano, “Il sangue dei martiri è il seme della Chiesa”. Nel 1219, con la benedizione del loro padre spirituale, San Francesco, cinque francescani di nome Berard, Peter, Adjute, Accurs e Odo lasciarono l’Italia per predicare le verità salvifiche del Vangelo ai musulmani in Marocco. Lo fecero per carità, perché la più grande povertà è non conoscere Gesù Cristo. Al loro arrivo i frati furono immediatamente arrestati e fu loro ordinato di lasciare il paese, cosa che coraggiosamente si rifiutarono di fare. Continuarono a predicare anche in prigione e subirono percosse e resistettero alla corruzione tesa a farli abiurare la loro fede.
Infine, i frati furono decapitati dallo stesso sultano. Dopo aver saputo della loro morte, Francesco esclamò: “Ora posso veramente dire che ho cinque frati minori!”.
Le reliquie dei cinque protomartiri dell’Ordine Francescano furono inviate in Portogallo, dove un giovane canonico agostiniano del monastero di Coimbra fede visita per pregare davanti a loro. Ispirato dal loro esempio e rendendosi conto di essere chiamato a “fare di più” per Dio, questo giovane canonico era pieno di desiderio di seguirli, non solo nell’assumere l’abito grossolano dei francescani, ma anche di diventare egli stesso missionario e martire. Quel giovane è oggi uno dei santi più famosi e amati della Chiesa. Quel giovane era Sant’Antonio da Padova. La sua vita gloriosa di predicatore missionario e operatore di miracolo non sarebbe mai accaduta se non fosse stato ispirato dai martiri, secondo la Provvidenza di Dio.
Come Sant’Antonio, dovremmo prendere ispirazione dai martiri pasquali dello Sri Lanka per fare di più per Dio.
Pius Parsch ci ricorda che “il cristianesimo non è un sogno noioso, non è un asilo per gli oziosi – il cristianesimo significa lotta. Soprattutto è una lotta contro la carne e il sangue; presuppone la volontà di prendere la croce su se stessi e di seguire Cristo”. È colui che muore per Cristo che ha compiuto perfettamente questa verità. Il sangue versato ieri (l’altro ieri, ndr) nello Sri Lanka deve spronarci ad andare e a fare altrettanto.
Come Sant’Antonio, dovremmo prendere ispirazione dai martiri pasquali dello Sri Lanka per fare di più per Dio.
Pius Parsch ci ricorda che “il cristianesimo non è un sogno noioso, non è un asilo per gli oziosi – il cristianesimo significa lotta. Soprattutto è una lotta contro la carne e il sangue; presuppone la volontà di prendere la croce su se stessi e di seguire Cristo”. È colui che muore per Cristo che ha compiuto perfettamente questa verità. Il sangue versato ieri (l’altro ieri, ndr) nello Sri Lanka deve spronarci ad andare e a fare altrettanto.
Di fronte al loro sacrificio, dovremmo essere imbarazzati e vergognarci della nostra tiepidezza ed essere consapevoli di ciò a cui conduce. Hilaire Belloc ha commentato profeticamente nel 1929: “Dovremo quasi certamente fare i conti con l’Islam nel prossimo futuro. Forse, se perdiamo la nostra fede, essa risorgerà”. Per onorare coloro che sono morti ieri e per rispondere al meglio a questo male perpetrato, dobbiamo impegnarci sempre più profondamente nella nostra fede cattolica. Facciamo in modo di non dare mai più per scontata la nostra libertà di culto perdendo la Messa domenicale per pigrizia, quando così tanti cristiani in tutto il mondo rischiano la vita per adempiere a questo dovere verso Dio.
In mezzo alla tristezza e al dolore per l’orrore nello Sri Lanka, dobbiamo proclamare la verità che definisce chi siamo come cristiani, tanto più vigorosamente questa Pasqua: Cristo è risorto! E con la sua morte ha vinto la morte. Di conseguenza, non abbiamo paura di coloro che possono “uccidere il corpo”. Infatti, a parte il peccato non abbiamo bisogno di temere nulla perché sappiamo che “….le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, e nessun tormento li toccherà mai. Agli occhi degli stolti sembravano morti….ma sono in pace” (Sapienza 3,1-3).
In mezzo alla tristezza e al dolore per l’orrore nello Sri Lanka, dobbiamo proclamare la verità che definisce chi siamo come cristiani, tanto più vigorosamente questa Pasqua: Cristo è risorto! E con la sua morte ha vinto la morte. Di conseguenza, non abbiamo paura di coloro che possono “uccidere il corpo”. Infatti, a parte il peccato non abbiamo bisogno di temere nulla perché sappiamo che “….le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, e nessun tormento li toccherà mai. Agli occhi degli stolti sembravano morti….ma sono in pace” (Sapienza 3,1-3).
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