ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 11 aprile 2019

La falsa religione del niente e della morte



Bergoglio non parla d’altro, lo avrete notato. Il Global Warming, ora Climate Change, domani chissà come si chiamerà (negli Anni Settanta si parlava di raffreddamento globale, nuova glaciazione… si decidano) è al centro delle sue  parole e delle sue opere, se è vero, come mi confida una fonte, che gli unici argomenti scientifici di interesse per eventi in Vaticano sono il cambiamento climatico e la «tratta degli esseri umani».
Per primo, l’argentino ha abbracciato la definizione temeraria di «migrante climatico»: ossia gli africani che attraversano il mediterraneo, belli sani muscolosi e telefoninomuniti fuggono dal «Cambiamento Climatico». La demenza della teoria è tale che perfino tra gli immigrazionisti oltranzisti c’è discussione in merito.

Il «migrante climatico» è di per sé una crasi perfetta della Necrocultura di sostituzione dell’Europa cristiana: il «migrante» di altra religione sostituisce il cittadino europeo, che, causa «cambiamento climatico» deve ridurre i consumi e quindi evitare di fare figli (o mangiare carne, che fa crescere i muscoli e la virilità del corpo maschile, ed è pure al centro della religione cattolica).
Per secoli il male ha tentato di soppiantare il Cristianesimo con persecuzioni e invasioni – come noto, mai prevalendo. L’Avversario sta ora tentando un nuovo trick: l’infiltrazione della Chiesa Cattolica, la cui evidenza è emersa con la catastrofe del Concilio Vaticano II, ora sta seguendo un nuovo programmìno di autoindotta sostituzione del Cristianesimo con questa nuova, disperata Religione Climatica. Quella che nell’ultimo anno ha trovato addirittura un volto pubblicitario: quello, incredibile, di una bambina nordica affetta da sindrome di Asperger (forse come prova per vedere fino a che punto sono, appunto, autistiche le masse che si mettono al seguito)
Questa Religione Climatica è costruita come un copia/incolla del Cattolicesimo e della sua morfologia. Per esempio:
  1.  La Religione Climatica dispone di inviolabili dogmi: come la Religione Cattolica
  2.  La Religione Climatica dispone di una sua apocalisse. Una apocalisse che ha un valore «morale»: il castigo arriva a causa delle azioni degli uomini.
  3. La Religione Climatica è nemica dell’autosalvazione: l’uom o non può salvarsi da solo, al contrario egli deve necessariamente essere aiutato e guidato da un’autorità superiore in cui egli deve riporre la sua più totale  fede.
  4.  La Religione Climatica vuol indurre l’uomo a sentire il peso della colpa per il suo peccato; tale ineliminabile peccare è sia quotidiano (nei consumi di ogni giorno) sia ereditato alla nascita (la cosiddetta carbon footprint), cioè per pressoché ineliminabili questioni puramente umane: un vero e proprio nuovo Peccato Originale.
  5.  La Religione Climatica ha il suo animale simbolico: nel Cattolicesimo era l’Agnello, qui abbiamo l’Orso Polare, e quello che – bufala più bufala meno– vendono come il suo sacrificio.
La lista potrebbe andare avanti, al momento ci fermiamo qua. In un articolo precedente, abbiamo notato come cominciano ad apparire strani articoli sulla stampa internazionale Massacre of Children in Peru Might Have Been a Sacrifice to Stop Bad Weather»), dove si arriva quasi a giustificare i sacrifici umani nel Perù del XV secolo mettendoli in correlazione con i cambiamenti climatici del loro tempo.
Ma non è dei massimi sistemi che qui voglio dire. Volevo raccontare di P. Di lui in realtà ho accennato alla fine di uno scritto, un po’ doloroso, di oramai un anno fa, «La vita senza il dolore». Ma è da tanti anni che volevo scrivere estesamente di P. Un po’ per pudore, un po’ per altre esitazioni, non ce l’ ho mai fatta. Ora lo voglio ricordare.
P. era il fratello di una compagna di liceo. Era alto, aveva i capelli rossi e fondamentalmente era una persona buona. Frequentava la parrocchia, studiava con grande tranquillità. La famiglia gli voleva bene, e lui contraccambiava senza il minimo tentennamento. Stava qualche anno davanti a noi, e in lui intravedevo, e un po’ invidiavo, la traiettoria esistenziale di una persona sostanzialmente pulita, spensierata. Pura.
P. era uno di quelli che, finita l’università, si era gettato con entusiasmo nel mondo della cosiddetta cooperazione internazionale. E con successo. Viaggi in Africa, villaggi sperduti dove creava il sistema di istruzione per bambini neri sorridenti. Alcuni miei lettori forse lo sanno, ho sempre detestato questo mondo, tuttavia che P. vi trionfasse mi pareva una bella cosa.
Via Facebook, avevo visto poi che era tornato in Europa, si era rimesso a studiare per un Master prestigioso in Inghilterra, aveva preso casa in Svizzera, insomma tutta la trafila – anche questa invidiabile – delle fortune dei globetrotter da ONU o da ONG. Opportunità di stare ovunque, danaro sufficiente, una certa pienezza dell’esistenza dovuta al fatto che si ama quel che si fa, e quel che si fa, cosa importante, si crede sia per il Bene del pianeta.
Tra una foto di una maratona, di un compleanno tra amici internazionali o di un giro in bici con la tutina di lycra attillata sui muscoli, avevo notato erano comparsi messaggi insistenti su una tematica: il cambiamento climatico.
«Non è questione di se, è questione di quando» scriveva P. Il linguaggio era quello di uno zelota. Non pareva convinto dell’argomento: pareva esserne invasato. Come, appunto, si può essere invasati di una religione.
Confesso, avevo provato fastidio nel leggere quei post. Pensavo: eccolo qui, il politicamente corretto globale; del resto non farebbe parte di quel mondo, se non ne avesse accettato ciecamente i dogmi più antiumani. Tuttavia, visto che le foto di viaggi e conseguimenti vari continuavano, non avevo nemmeno lontanamente pensato che potesse succedere quel che poi è accaduto.
Il traffico ferroviario fermo per un giorno intero. Ricordo ancora le imprecazioni che io stesso tirai «al solito suicida» che, in genere durante la primavera (con i picchi a marzo e a maggio) decide di ammazzarsi rovinando la giornata a tutti i viaggiatori della bisettrice Milano-Venezia.
Lo avrei saputo solo giorni dopo. Il «solito suicida», era P. Aveva camminato, il mattino presto, lungo i binari appena fuori dalla stazione. Avrei poi saputo che una conoscente di mia zia lo aveva visto dalla finestra; un uomo che cammina sui binari si nota. Lui si era sentito come scoperto, aveva abbassato la testa, quasi si vergognasse. Probabilmente questa è stata l’ultima interazione umana che P. ha avuto su questa terra. Quindi, si è gettato sotto un treno in corsa.
Non so fino a che punto la religione climatica avesse in lui sostituito la fede cattolica; non so nemmeno in realtà se, nel caso, se ne rendesse conto. So che mille volte ho pensato che se invece del Climate Change avesse avuto nel cuore l’immagine dell’inferno, forse sotto quel treno non si sarebbe buttato. Forse se vi fosse stata ancora una religione che gli avesse detto «sei figlio di Dio, fatto a sua immagine e somiglianza» invece che «sei un parassita colpevole, il pianeta non ti vuole», lui sarebbe qui.
Certo, tutti hanno detto che era la depressione la causa dell’autosacrificio di P.; tuttavia, tra questo e l’ecatombe dei bambini sacrificati sugli altari pagani del Perù del XV secolo non v’è una grande distanza. Vittime di un dio falso che odia l’uomo. Vittime dei demòni nemici di Dio e di suo figlio.
Addio P. Ancora ti penso. Ancora sento il dovere di combattere la falsa religione del niente e della morte che ti ha portato via, e che ci vuole sacrificare tutti al Niente e all’Inferno.


Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.