La risurrezione dei morti-viventi. Pronti? – Il Signore degli anelli e il Trionfo del Cuore Immacolato!
Nella drammatica scena risolutiva di un suo popolare romanzo epico, un celebre scrittore inglese immagina che il piccolo e debole esercito dei figli della Luce debba affrontare l’enorme e potente esercito degli schiavi del Signore delle Tenebre. Nell’estremo tentativo d’ingrossare il proprio esercito allo scopo d’impedire la definitiva vittoria dei malvagi, il capitano dei buoni fa appello a una dimenticata armata di morti-viventi, i quali un tempo avevano militato per la buona causa, ma poi l’avevano tradita diventando neutrali, tanto che ormai “non credono in nulla e non obbediscono a nessuno”.
Inaspettatamente, questi morti-viventi riconoscono nel capitano il legittimo erede al trono, capiscono la gravità del momento, si scuotono dal torpore e scendono in campo in difesa del Regno, riscattando così la propria colpa e contribuendo alla sconfitta del male e al ristabilimento della pace (1).
Questa vicenda di fantasia ben raffigura quell’improvviso e inatteso rovesciamento della situazione che potrebbe risolvere l’attuale crisi storica. Cercando di cogliere i fattori psicologici e sociali che possono preparare una futura riscossa, il prof. Plinio Corrèa de Oliveira notava che nel mondo sopravvive una moltitudine di uomini, eredi di un glorioso passato, i quali forse un tempo furono buoni, ma poi si sono in- torpiditi nell’errore e nel vizio, diventando sordi alla divina chiamata e abbandonando la buona causa.
Eppure costoro possiedono tuttora un notevole armamentario di qualità, beni e poteri, che potrebbero efficacemente mobilitare per risolvere la crisi. Occorre quindi che una potente voce profetica si levi per risvegliare nella loro memoria la nostalgia della passata grandezza e per suscitare nel loro cuore il desiderio di riscattarsi, approfittando di questa ultima occasione offerta dalla Provvidenza. Se ciò avverrà, questa moltitudine si risveglierà e scenderà in campo per partecipare alla battaglia finale, contribuendo alla sconfitta della Rivoluzione e al nuovo trionfo della Chiesa.
Una speciale missione spetta dunque ai cristiani dotati di zelo apostolico: essi debbono non solo incoraggiare e riunire i buoni rimasti svegli e in piedi, ma anche risvegliare e rialzare coloro che sono caduti, dormono o sembrano morti, ripetendo a loro la perentoria esortazione del profeta Ezechiele: «ossa inaridite, ascoltate la parola del Signore!» (Ez 37,3). Quando avverrà, questa resurrezione delle anime sarà una prefigurazione di quella resurrezione dei corpi così efficacemente descritta appunto nella stupefacente visione di Ezechiele:
«Così mi disse il Signore: “O mio popolo, ecco che Io scoprirò le vostre tombe, vi farò risuscitare dai vostri sepolcri e vi ricondurrò nella terra d’Israele; così voi riconoscerete che Io solo sono il Signore”. (...) Allora lo Spirito del Signore entrò in quelle ossa, che ripresero vita e si levarono in piedi; esse erano numerosissime, innumerevoli: (...) erano l’intero popolo d’Israele!» (Ez 37,10-13).
La crociata della nostra epoca consiste nell’annunciare, preparare e affrettare quell’improvviso e traumatico intervento divino che compirà il prodigio di risuscitare gli attuali morti-viventi, anzi una intera civiltà spiritualmente morta sebbene materialmente viva. Essendo principalmente soprannaturale, questo intervento bisogna innanzitutto implorarlo con la preghiera e poi meritarlo con la lotta e col sacrifìcio. Se il “resto d’Israele”, se i cristiani rimasti fedeli pregheranno, lotteranno e si sacrificheranno per l’avvento del Regno di Cristo in Maria, dimostrando di desiderare quel bene futuro che non possono vedere, essi forse otterranno da Dio la grazia di vedere ciò che hanno desiderato.
Sorgere a questo punto una seria domanda. Questa: siamo davvero pronti per affrontare la svolta epocale che ci attende, impegnandoci nella battaglia decisiva che deciderà le sorti della Chiesa, della civiltà e delle future generazioni? Rispondere a questa seconda domanda, compete non a chi scrive ma semmai a coloro che leggeranno, e la risposta deciderà non tanto del loro futuro quanto della loro eternità.
Cor Jesu, adveniat Regnum tuum (et sociale); adveniat per Mariam
Dott. Guido Vignelli
Note
1) cfr. J.R. Tolkien, Il Signore degli Anelli, lib. V, cap. VI. Si noti che questa battaglia di fantasia costituisce un modello illustrativo delle tante vittorie inaspettatamente ottenute dalla Chiesa nella sua lunga storia.
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UNA MIA RIFLESSIONE...
In linea di massima, il cristiano deve sentirsi coinvolto nello sforzo di cambiare la realtà in meglio, di opporsi, contrastare e combattere – anche esternamente e pubblicamente –, le diverse forme di male attraverso cui il regno delle tenebre si afferma e radica sempre più profondamente nel mondo e nella stessa Chiesa del Salvatore.
È viva oggi più che mai la tentazione di “escatologismo”, dovuta per la maggior parte a concezioni eterodosse della Fede, per cui si pensa: se ormai tutto è perduto, se siamo ormai vicini all’apostasia che preluderà all’avvento del regno di Maria che sistemerà tutto dischiudendo un nuovo tempo di giustizia e di pace, perché mai impegnarsi e sacrificarsi nella lotta apostolica? Non è forse meglio limitarsi a pregare e a far penitenza, abbandonando la società al suo destino e ritirandosi nelle proprie case o sacrestie o conventi, nella prospettiva di uscirne solo quando i mala tempora siano passati? Appunto in questo consiste la tentazione cosiddetta “catacombalista”.
Ma la storia recente dimostra che questa tentazione è pericolosa e deleteria, perché ha favorito il diffondersi di una mentalità velleitariae di una strategia rinunciataria che si è andata gradualmente affermando nel mondo cattolico provocando gravi conseguenze: ripiegamento individualistico, privatizzazione della religione, disimpegno politico, rinuncia alla missione e infine resa al nemico, magari tentando di giustificarla attribuendo un valore “mistico” alle colpevoli sconfitte[1].
Il grande Santo, profeta mariano e martire di Auschwitz, san Massimiliano M. Kolbe, rifletteva un secolo fa così:
«È possibile che i nostri nemici debbano tanto adoperarsi sino ad avere la prevalenza e noi rimanere oziosi, al più pregare, senza però adoperarci con l’azione? Non abbiamo, forse, armi più potenti, la protezione del Cielo e della Vergine Immacolata? La “Senza Macchia”, vincitrice e debellatrice di tutte le eresie, non cederà al nemico che rialza la cervice; se troverà dei servi fedeli, docili al suo comando, riporterà nuove vittorie, maggiori di quelle che non si arrivi ad immaginare»[2].
Diventare strumenti attivi dell’azione controrivoluzionaria secondo le possibilità, le circostante, le opportunità concerete appare quindi cosa necessaria. Quello che conta davvero è che ci si lasci animare e plasmare da questo zelo che si oppone al “fatalismo” e al “rinunciatarismo” sapendo, certo, che sempre sarà necessario “occuparsi e non preoccuparsi”[3] perché in ultima analisi tutto dipende da Dio. Il miracolo della vittoria della Rivoluzione sulla Controrivoluzione che realizzerà il Trionfo sarà una vittoria principalmente di Dio, «sarà non il culmine di una inevitabile evoluzione umana immanente, bensìil risultato di un gratuito, misericordioso e miracoloso intervento della divina Provvidenza per raddrizzare le umane vicende [...]. Infatti, se è vero che “natura non facit saltus”,il soprannaturale suole invece provocare quei salti che sono le grandi conversioni (individuali e sociali) capaci di cambiare il corso della storia e di risolvere le crisi epocali. Dobbiamo quindi attenderci un nuovo e decisivo salto storico, una rottura traumatica, uno scontro cruento che finalmente interromperà quel graduale e indolore processo di avvelenamento che sta estinguendo la vita morale, religiosa e civile dei popoli cristiani e sta mettendo in pericolo la sopravvivenza della Chiesa»[4].
Ma secondariamente, subordinatamente e strumentalmente sarà una vittoria anche di quelle forze buone che, unite a Lui, nonostante non superino le dimensioni del «piccolo gregge» (Lc 12,32), devono azionarsi perché Dio vuole servirsi di quei «cinque pani e due pesci» (Mt 14,17) che le energie e gli strumenti umani possono offrirgli in questa condizione presente:
«Il regno di Dio è un dono, e proprio per questo è grande e bello e costituisce la risposta alla speranza. E non possiamo – per usare la terminologia classica – “meritare” il cielo con le nostre opere [con le nostre forze puramente naturali]. Esso è sempre più di quello che meritiamo [...]. Tuttavia, con tutta la nostra consapevolezza del “plusvalore” del cielo, rimane anche sempre vero che il nostro agire non è indifferente davanti a Dio e quindi non è neppure indifferente per lo svolgimento della storia. Possiamo aprire noi stessi e il mondo all’ingresso di Dio: della verità, dell’amore, del bene»[5].
Fra Pietro (Tempi di Maria)
Note:
[1] Cf G. Vignelli, Fine del mondo? O avvento del Regno di Maria?, Fede & Cultura, Verona 2013, pp. 29-30. I pericoli di questa “scelta religiosa” furono denunciati da Pio XII nel suo memorabile radiomessaggio natalizio del 22.12.1957, dedicato a Cristo restauratore dell’armonia del mondo. Purtroppo questa denuncia restò inascoltata perché proprio negli anni successivi gran parte del mondo cattolico, in nome di un malinteso “primato dello spirituale”, abbandonò il campo alle “forze emergenti della storia” con i gravi risultati che oggi constatiamo.
[2] Citato da A. Ricciardi, Beato Massimiliano Kolbe, Postulazione Generale dei Frati Minori Conventuali, Roma 1971, p. 54.
[3] Cf Scritti Kolbiani 56.
[4] G. Vignelli, Fine del mondo? O avvento del Regno di Maria?, pp. 125, 151.
[5]Benedetto XVI, Lettera Enciclica Spe Salvi, n. 35, p. 1013.
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