Incontro con Cristo
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L’errore oggi più diffuso, riguardo alla vita spirituale, è uno dei capisaldi del modernismo: è l’idea che la fede nasca da un’esperienza soggettiva, piuttosto che dall’adesione della coscienza alla verità rivelata da Dio e insegnata dalla Chiesa. È innegabile che la fede vissuta conduca ad una certa esperienza di quanto creduto, ma ciò richiede dapprima l’accoglienza di una dottrina che la ragione riconosce credibile e alla quale la coscienza obbliga ad aderire. L’esperienza mistica, in altre parole, è un punto d’arrivo, non un punto di partenza – e non potrebbe essere altrimenti. La fede, infatti, è anzitutto una forma di conoscenza; il suo contenuto supera la razionalità umana, ma non la elimina e richiede quindi l’assenso della ragione, il quale presuppone a sua volta l’esame degli argomenti razionali che lo giustificano (i cosiddetti praeambula fidei).
Individuare il fondamento dell’atto di fede in un preteso incontro con Cristo significa porre tutta la vita cristiana su una base incerta e malferma, in quanto fatto puramente soggettivo e imponderabile. Il più delle volte, in realtà, si tratta di un’esperienza emotiva ottenuta artificialmente, creando un contesto psicologico capace di toccare bisogni affettivi elementari e di scatenare così reazioni di tipo sentimentale che innescano un meccanismo di reiterazione. Di fatto, poco o nulla è cambiato in ciò che l’uomo ha di più proprio e che lo costituisce come persona, ossia l’intelletto e la libera volontà: non si è verificata alcuna presa di coscienza né si è assunta alcuna risoluzione pratica, ma ci si è limitati a godere di una sensazione esaltante o consolatoria di breve durata, che occorrerà inevitabilmente riprodurre a scadenze regolari. Non c’è niente di soprannaturale in tutto questo; siamo ancora sul piano della natura decaduta, chiusa ed estranea alla grazia.
Tale tentativo di salvarsi da sé, questa sorta di autoredenzione che fa un uso strumentale di nomi e termini propri della fede cristiana (ai quali però, per mancanza di cognizione, manca un contenuto preciso) si rivela oltretutto una sottile e invasiva forma di manipolazione psicologica. Chi va in chiesa, normalmente, non si aspetta che qualcuno faccia leva sulle sue ferite e carenze affettive al fine di creare in lui una dipendenza dalla proposta “spirituale” offerta. A prescindere dalla buona fede soggettiva dei propagandisti, che ne sono a loro volta vittime, è di per sé un modo di procedere profondamente disonesto, poiché aggira la coscienza dell’individuo per spingerlo a dare un assenso non adeguatamente riflettuto e consapevole, quindi non abbastanza libero. Proprio questo, tuttavia, è il meccanismo sfruttato da quasi tutte le iniziative di pastorale giovanile, animazione vocazionale o reclutamento nei movimenti ecclesiali… della “primavera” postconciliare.
L’illusione di una conversione a buon mercato, che non esige alcuna seria revisione di vita ed effettiva rinuncia al peccato, rende le persone vieppiù refrattarie alla grazia, sorde ai richiami della verità, insensibili al peccato, anche grave. La presunzione di aver già raggiunto, d’un sol balzo, il culmine dell’esperienza cristiana impedisce ogni crescita reale nella vita interiore e nella pratica delle virtù, mentre la moralità di questi ferventi proseliti si degrada progressivamente, di scusa in scusa e di compromesso in compromesso. Quei comportamenti peccaminosi che, fino a sei anni fa, dovevano ancora ipocritamente mimetizzarsi, ora vengono anzi sbandierati come conquiste evangeliche della nuova èra. Vivere in adulterio permanente o praticare la sodomia “da cristiani”, con la gioia fasulla di sentirsi continuamente perdonati, pur senza pentimento ed emendazione delle colpe, sembra esser diventato l’obiettivo del secolo.
Ma chi hanno realmente incontrato quelle persone? Gesù Cristo o, nel migliore dei casi, un oggetto della loro fantasia malata? Come possono credere in chi neanche conoscono? In tutte le conversioni autentiche è necessaria almeno una conoscenza iniziale di Lui; in quelle straordinarie, nel caso essa manchi, viene infusa per via soprannaturale. Nel peggiore dei casi, invece, ci si è imbattuti nel demonio travestito da angelo di luce o piuttosto da manipolatore della psiche, con le sue ciarle suadenti e i suoi modi accattivanti. In realtà, per fare esperienza – come dicono – dell’incontro con qualcuno che non si vede né si ode fisicamente, bisogna necessariamente servirsi di quella mediazione che Egli stesso ha stabilito, cioè della Chiesa. Solo mediante il suo Magistero e la grazia dei suoi Sacramenti si viene a contatto con Cristo in modo certo, reale e oggettivo; a mano a mano che si consolida e approfondisce l’unione con Lui, poi, sarà altresì possibile sviluppare una relazione personale che sia oggetto, in certo qual modo, di esperienza diretta.
Proprio per evitare che il credente, a questo riguardo, si smarrisca nella selva dell’immaginazione, scambiando per fatti soprannaturali fenomeni meramente psicologici o addirittura patologici, Dio ha disposto che la via della vita mistica attraversi più fasi di dolorosa purificazione, mentre l’autorità ecclesiastica ha sempre effettuato un discernimento accurato, almeno fino a mezzo secolo fa. I falsi misticismi si riconoscono subito dalle manifestazioni di superbia, presunzione e disobbedienza che denunciano lo stato di un’anima non purificata e nemmeno disposta a passare per il crogiuolo del fuoco divino. Chi volesse esemplificazioni pratiche oggi ne trova a iosa, sia perché la gerarchia non vigila più né sui fenomeni straordinari né sulla qualità degli itinerari proposti dalle aggregazioni cattoliche, sia perché il clima generale, rapidamente delineato all’inizio, favorisce le mistificazioni. In certi casi, queste ultime hanno dato luogo a movimenti mondiali che coinvolgono milioni di persone; si impone allora la domanda: quante di esse, seppure in buona fede, si sono “convertite” a questa o quella esperienza, anziché a Gesù Cristo?
Non è una disquisizione di natura accademica, ma una questione di primaria importanza per il bene spirituale di tante anime che rischiano di avvelenare la propria vita di fede con surrogati nocivi. Il diavolo è riuscito addirittura a spacciarsi per la Madre di Dio – benché imitandola in modo goffo e maldestro – per tempi prolungati; ma le sue contraffazioni non sono mai perfette e si tradiscono regolarmente per qualche difetto più o meno vistoso. Se la mancanza di un’adeguata formazione in materia non ci consente di discernere in modo autonomo (visto che la gerarchia è latitante), esiste un criterio ben chiaro che chiunque può applicare da sé: non bisogna giudicare un fenomeno in base a quel che ognuno prova soggettivamente, bensì a partire dalle sue caratteristiche oggettive, che devono rispettare in tutto l’assoluta santità e perfezione di Dio; qualsiasi difetto o anomalia deve pertanto metterci salutarmente in guardia e farci decidere, come minimo, di sospendere il giudizio.
Qualora si rilevino evidenti errori dottrinali o indizi di immoralità (come disobbedienza, menzogna, interesse di lucro o abuso della credulità popolare), è obbligatorio negare l’assenso e smettere di frequentare luoghi e presunti veggenti, poiché si è responsabili davanti a Dio non soltanto di aver acconsentito all’inganno, ma anche di averlo pubblicamente ratificato con la propria partecipazione. Deus non irridetur: non ci si prende gioco di Dio; prima o poi se ne pagano le conseguenze. Per andare sul sicuro, prediligiamo i santuari ufficialmente riconosciuti dall’autorità competente prima che scoppiasse la crisi nella Chiesa, nei quali la Madonna accoglie i Suoi sinceri devoti senza lasciarli nell’incertezza, anzi accendendo in loro il desiderio della perfezione e colmandoli maternamente di tutte le grazie necessarie a raggiungerla.
Pubblicato da Elia
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