«Vincent non piangere piccolo mio. Io e papà siamo qui con te. Non ti abbandoneremo». Vincent piange perché ha saputo che i medici dell’ospedale di Reims lo faranno morire di fame e di sete. Lui, il “vegetale”, capisce. E piange. La madre lo consola, ai piedi della sua croce.Vincent Lambert ha quarantadue anni, è tetraplegico, respira autonomamente. Solo, ha bisogno di cibo e acqua per vivere. Ma l’apparato di Francia ha deciso che deve morire. Così come l’apparato inglese aveva deciso di ammazzare il piccolo Alfie.
LA PIETÀ RUBATA I suoi genitori hanno visto Vincent domenica – a domenica risalgono le immagini che lo ritraggono piangere mentre sua madre gli parla – poi lunedì hanno ricevuto via email la comunicazione dell’avvio della procedura di sedazione profonda che prelude alla sospensione della idratazione e della alimentazione. Sicché Vincent è stato sedato dagli aguzzini in camice bianco senza che i suoi cari potessero nemmeno avvicinarlo, salutarlo, abbracciarlo, baciarlo.
Anche in questo caso, il potere voleva gestire in proprio l’iconografia dell’assassinio. Fu dal disastro della guerra in Vietnam, che con foto di violenze inaudite distrusse il morale della nazione americana, che il Pentagono decise di controllare quali immagini uscivano dai conflitti: della prima guerra del Golfo vedemmo solo immagini digitali, notturne; della seconda quelle trasmesse all’esterno dai giornalisti embedded, accorpati alle truppe e null’altro.
Ma lo sterminio ora avviene (anche) al di fuori delle guerre convenzionali. Ci sono altre guerre con altre vittime. Ed ecco che, per la nuova crocifissione eutanasica, il potere prevede che la madre debba uscire dalla stanza mentre le uccidono il figlio, altrimenti ci scappa una scena che potrebbe plasticamente ricorderà la Pietà. Ed è meglio non correre il rischio. L’abbraccio estremo, quella volta, non ha giovato all’impero del male. All’inferno, lo sappiamo, piace riprendere beffardamente le immagini sacre per pervertirle, o forse solo per tentare di dominarle.
Così, anche la pietà di Vincent doveva essere negata agli occhi del mondo. Ma ecco che, grazie al genio di una madre e della sua speranza contro ogni speranza, trapela il video della vergogna, che mostra lo scandalo della pietà. E il mondo, che non provava pietà, la vede, la tocca, si scuote: la verità manifesta è che vogliono uccidere un uomo senziente che chiede di vivere. La sua vita è la vita di sua madre, è la nostra vita e la vita dei nostri figli.
NAZI-PARADIGMA DEMOCRATICO Improvvisamente un ordine superiore ferma il boia ospedaliero. È l’ONU che batte un colpo obbligato, e umilia gli sciacalli che già danzano intorno al prossimo cadavere. Evidentemente, anche i palazzi di vetro si accorgono che il salto è eccessivo, e quelle lacrime trasmesse in diretta dalla Provvidenza hanno diffuso oltrecortina il rumore cupo della marcia funebre programmata per accompagnare la soppressione di un innocente indifeso. Prima troppo pochi sentivano i rintocchi dell’orologio della morte, e piangevano e pregavano.
Ma sbaglia il mondo a non provare pietà se non davanti alla Pietà, perché Vincent domani potrebbe essere chiunque di noi o uno dei nostri figli. Non un domani figurato, proprio domani domani. Gli ospedali hanno cessato di essere luoghi di cura e rifugi per la vita e si sono trasformati in case di detenzione e templi di morte.
Vincent lo volevano ammazzare barbaramente senza alcuna foglia di fico: niente DAT o “biotestamenti”, lo volevano ammazzare e basta, a scopo di pervertimento dell’umano. La guerra silenziosa ingaggiata dal potere è mossa ad affermare il nuovo paradigma utilitarista e “scientifico” secondo la concezione di scienza funzionale al piano di dissoluzione.
È il potere, pilota del pensiero unico, a decidere cosa è la vita e cosa è la morte e quando il rubinetto si deve aprire o si deve chiudere. La vita umana deve diventare per tutti un bene disponibile, dove la disponibilità si misura sul volere della regia necrofila dietro i paraventi bionazisti della “qualità della vita”, per quantificare la quale hanno inventato perfino una formula matematica, realizzando così la continuazione nelle democrazie borghesi della Lebensunwertes Leben (vita indegna di essere vissuta) concepita sotto la svastica. Tutto nel best interest del morituro, ovviamente.
Oggi la svastica ha perso quattro gambette e si manifesta sottoforma della croce che ancora, per qualche arcano motivo, indica gli ospedali. La quantità di morte che vi viene prodotta è imponente: sei milioni di aborti in 40 anni sono solo l’aperitivo; poi arrivano i morti della FIVET, i morti del suicidio (istigato e) assistito e dell’eutanasia, o anche – tema sconosciutissimo – i morti della “morte cerebrale”, trovata harvardiana dai contorni flessibili, e infatti ogni Stato ha il proprio criterio (posso essere vivo in Italia e morto in Olanda, vivo in Giappone e morto negli USA…), e il cui fine altro non è se non la predazione degli organi a cuore battente.
Macron, al riparo dei suoi vomitevoli tweetpilateschi e mellifui sta mandando avanti il piano del suo mentore Attali, che teorizza testualmente (La médicine en accusation, in AA.VV., L’avenir de la vie, Seghers, Paris 1981, pp. 268-274): «Quando si sorpassano i 60-65 anni, l’uomo vive più a lungo di quanto non produca e costa caro alla società. L’eutanasia sarà uno degli strumenti essenziali delle nostre società future. Il diritto al suicidio, diretto o indiretto, è perciò un valore assoluto in questo tipo di società. Macchine per sopprimere permetteranno di eliminare la vita allorché essa sarà troppo insopportabile, o economicamente troppo costosa».Brigitte, attenta…
DI LEONI E DI VERMI Hitler è il vincitore postumo della grande guerra bioetica. In vita non riuscì a portare a compimento il proprio obiettivo perché la campagna di eutanasia massiva Aktion T4 fu fermata a mani nude dal vescovo Von Galen, “il Leone di Munster”, che tuonò: «Hai tu, ho io il diritto alla vita soltanto finché noi siamo produttivi, finché siamo ritenuti produttivi da altri? Se si ammette il principio, ora applicato, che l’uomo «improduttivo» possa essere ucciso, allora guai a tutti noi, quando saremo vecchi e decrepiti! Se si possono uccidere esseri improduttivi, allora guai agli invalidi, i quali nel processo produttivo hanno impegnato le loro forze, le loro ossa sane, le hanno sacrificate e perdute! Se si possono eliminare con la violenza esseri improduttivi, allora guai ai nostri bravi soldati, che tornano in Patria gravemente mutilati, invalidi!»
«Allora nessuno è più sicuro della propria vita. Una qualunque Commissione lo può includere in una lista degli “improduttivi”, che, secondo il loro parere, sono diventati “vite inutili”. E nessuna polizia li proteggerà, e nessun Tribunale punirà il loro assassinio e condannerà l’assassino alla pena che si merita. Chi allora potrà avere ancora fiducia nel proprio medico? Può darsi che egli dichiari il malato come “improduttivo” e gli si ordini di ucciderlo. È inimmaginabile quale imbarbarimento dei costumi, quale generale diffidenza saranno portati entro le famiglie, se questa dottrina sarà tollerata, accettata e seguita. Guai agli uomini, guai al nostro popolo tedesco, se il sacro comandamento divino: “Non uccidere”, che il Signore ha annunciato tra tuoni e lampi sul monte Sinai, che Iddio, nostro creatore, ha impresso sin dall’inizio nella coscienza degli uomini, non soltanto sia trasgredito, ma se tale trasgressione sia perfino tollerata ed impunemente messa in pratica».
Oggi di leoni, a Munster a Parigi o a Roma, non vi è nemmeno l’ombra remota. Prevalgono i vermi. La chiesa ufficiale è schierata con Attali. Tutti troppo occupati a insultare Salvini che invoca la protezione della Vergine e dei Santi sull’Italia e sull’Europa. La cosa del resto ha un suo perché, visto che stanno assisi, molli e viziosi, sul fronte opposto.
OLTRE IL DELITTO DI STATO Il problema, alla fine, è che non bisogna pensare che sia finita qui. La guerra continua anche dopo la grazia sovranazionale concessa a Vincent.
Secondo lo schema già sperimentato con la tragedia di Terry Schiavo, chi vuole affondare il colpo è il consorte. Lì il marito aveva già pronta l’amante da impalmare lucrando l’eredità della moglie; qui Rachel Lambert, chissà perché, si innervosisce quando arriva l’ordine di riprendere il sostegno vitale per Vincent. E rilancia sparando denunce contro chi combatte per la vita.
Ma la guerra continua anche perché va oltre l’obiettivo della soppressione dell’innocente: i corpi delle vittime presenti e future non saranno lasciati stare. Dietro l’imperativo eco-utilitarista del riciclaggio, verranno predati gli organi e ciò che resta – rendiamo grazie alla propaganda massonica della cremazione oramai pienamente accettata anche dall’universo cattolico tutto: nello Stato di Washington vogliono imporlo per legge – dovrà divenire “biosludge“, “biofango”, poltiglia organica per concimare i campi. I morti ammazzati negli ospedali torneranno così nella catena alimentare: in pratica, si realizzerà il cannibalismo obbligato di cui parlava Anthony Burgess nel suo Il seme inquieto.
Sì, viviamo un’era distopica, con scene da romanzo di fantascienza.
Siamo nel tempo del ritorno del sacrificio umano. Senza più la protezione di chi il sacrificio umano lo aveva combattuto, quando credeva nell’unico vero sacrificio, quello divino.
– di Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco
Nelle ultime ore dalla Francia sono giunte buone notizie, sembra che il caso di Vincent Lambert possa svilupparsi per il meglio. Per intanto, è bene che vengano chiariti alcuni concetti chiave, utili al caso. In questo compito ci aiuta il card. Raymond Burke, nella intervista rilasciata a Jeanne Smits, che vi propongo nella mia traduzione.
LifeSite: Eminenza, ha certamente sentito parlare del caso di Vincent Lambert in Francia, un uomo tetraplegico e cerebroleso di 42 anni, minacciato di morire nei prossimi giorni, a meno che il ricorso giudiziario dell’ultimo minuto non interrompa il processo (come infatti è avvenuto, ndr), perché le autorità sanitarie e amministrative hanno deciso di non idratarlo e nutrirlo perché è stato ritenuto essere in un cosiddetto “stato vegetativo” e che “non avrebbe voluto vivere così”. Questo caso tocca questioni serie riguardanti il rispetto dovuto alla vita umana innocente. Qual è la sua, o più precisamente, qual è il punto di vista della Chiesa su questa situazione?
S.E. Cardinale Raymond Burke: Sono profondamente preoccupato per la situazione di Vincent Lambert, per timore che venga messo a morte per omissione di nutrizione e idratazione come tragicamente accaduto nel caso di Terri Schindler Schiavo negli Stati Uniti d’America il 31 marzo 2005, e di Eluana Englaro in Italia il 9 febbraio 2009. Sono profondamente preoccupato per Vincent Lambert e per le molte altre vittime dell’eutanasia, perché è chiaro che, se il rifiuto di nutrizione e idratazione fosse giustificato nel caso di Vincent Lambert, nessuno che si trovasse in una condizione di grave indebolimento potrebbe godere del rispetto fondamentale per la sua vita.
Ritirare l’alimentazione e l’idratazione, sia essa fornita con mezzi naturali o artificiali, è eutanasia per omissione, cioè, secondo la definizione di eutanasia fornita da Papa San Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Evangelium vitae (25 marzo 1995): “un’azione o un’omissione che di natura sua e nelle intenzioni procura la morte, allo scopo di eliminare ogni dolore” (n. 65). Papa san Giovanni Paolo II, nella stessa Lettera enciclica, ha chiarito che l’insegnamento sull’eutanasia “si basa sulla legge naturale e sulla parola scritta di Dio” (n. 65).
Il primo precetto della legge naturale è la protezione e la promozione di tutta la vita umana, specialmente della vita umana che è fortemente appesantita da esigenze particolari, da gravi malattie o da anni di avanzata età.
LifeSite: Nel caso di Vincent Lambert, le autorità francesi stanno sostenendo che la sua mancanza di autocoscienza e di coscienza del mondo che lo circonda – che è di fatto contestata, poiché reagisce in particolare a sua madre – indica che egli si trova in uno “stato vegetativo” in cui non avrebbe voluto trovarsi. Queste circostanze – stato vegetativo e desiderio della persona stessa – sono mai una giustificazione per somministrare cibo e acqua?
Cardinale Burke. La Congregazione per la Dottrina della Fede, in risposta a due domande riguardanti la somministrazione di cibo e acqua ad una persona in quello che viene chiamato “stato vegetativo” (1° agosto 2007), ha dato un’interpretazione autorevole della legge naturale in questi casi: Il paziente in “stato vegetativo permanente” è una persona con una dignità umana fondamentale e deve, quindi, ricevere cure ordinarie e proporzionate che comprendono, in linea di principio, la somministrazione di acqua e cibo anche con mezzi artificiali”. Come osserva la risposta: “In questo modo la sofferenza e la morte per fame e disidratazione sono impediti”. L’unica eccezione è il caso in cui il corpo non può più assimilare acqua o cibo.
Papa San Giovanni Paolo II ha illustrato l’insegnamento sul dovere morale di fornire “le normali cure dovute ai malati in questi casi”, che comprendono l’alimentazione e l’idratazione, nel suo discorso ai medici cattolici riguardo alla cura di coloro che si dice siano in “stato vegetativo” (20 marzo 2004). Ha dichiarato: “Vorrei sottolineare in particolare come la somministrazione di acqua e cibo, anche se fornita con mezzi artificiali, rappresenti sempre un mezzo naturale di conservazione della vita, non un atto medico. Il suo uso, inoltre, dovrebbe essere considerato, in linea di principio, ordinario e proporzionato, e come tale moralmente obbligatorio, nella misura in cui e fino a quando non si ritiene di aver raggiunto la propria finalità, che nel caso di specie consiste nel fornire nutrimento al paziente e nell’alleviare la sua sofferenza….. La valutazione delle probabilità, fondata sulla diminuzione delle speranze di guarigione quando lo stato vegetativo si prolunga oltre un anno, non può eticamente giustificare la cessazione o l’interruzione delle cure minime per il paziente, compresa l’alimentazione e l’idratazione” (n. 4).
LifeSite: Ritiene corretto applicare le parole “stato vegetativo” ad un essere umano?
Cardinale Burke: Il termine, “stato vegetativo”, deve essere usato con grande cura, perché può portare a vedere chi soffre la condizione come meno uomo. Come ha osservato Papa San Giovanni Paolo II nel suo appena citato discorso: Di fronte a pazienti in condizioni cliniche simili, c’è chi mette in dubbio la persistenza della stessa “qualità umana”, quasi come se l’aggettivo “vegetativo” (il cui uso è ormai consolidato), che descrive simbolicamente uno stato clinico, potesse o dovesse invece essere applicato ai malati in quanto tali, sminuendone di fatto il valore e la dignità personale. In questo senso, va notato che questo termine, anche quando fosse limitato al contesto clinico, non è certamente il più felice se applicato agli esseri umani. In contrapposizione a tali tendenze di pensiero, sento il dovere di riaffermare con forza che il valore intrinseco e la dignità personale di ogni essere umano non cambiano, indipendentemente dalle circostanze concrete della sua vita. L’uomo, anche se gravemente malato o disabile nell’esercizio delle sue funzioni più alte, è e sarà sempre un uomo, e non diventerà mai un ‘vegetale’ o un ‘animale'”. (n. 3) Nella Lettera enciclica Evangelium vitae, egli ricorda anche un principio morale fondamentale: “È noto, inoltre, il principio morale, secondo il quale anche il semplice dubbio di essere in presenza di una persona viva impone già l’obbligo del pieno rispetto e dell’astensione da ogni atto che miri ad anticipare la morte della persona” (n. 95).
LifeSite: Come cattolici, abbiamo un ruolo particolare in questa situazione in cui molte leggi positive vanno contro la legge naturale che richiede il rispetto della vita umana innocente?
Cardinale Burke: Data la gravità della situazione, in particolare per Vincent Lambert e, in generale, per tutte le persone in condizioni simili, le persone di buona volontà e i cattolici, in particolare, hanno l’obbligo di esigere che lo stato e le strutture sanitarie rispettino la dignità inviolabile della vita umana innocente, specialmente la vita dei nostri fratelli e sorelle con pesanti fardelli di bisogni speciali, malattie gravi o anni avanzati, che hanno il primo titolo per la cura dello stato e la cura del prossimo. Nel caso di Vincent Lambert, il nostro dovere di sostenere la legge naturale significa insistere affinché gli venga fornita la normale cura di una persona nella sua condizione.
Fonte: LifeSiteNews
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