ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 16 luglio 2019

«Qua, li gatti, nun ponno entrà».

Esclusiva mondiale! Emanuela Orlandi è stata sepolta in Vaticano nelle grotte di San Pietro dentro il sarcofago del Sommo Pontefice Bonifacio VIII

La Santa Sede, a qualsiasi richiesta avanzata da Pietro Orlandi, anche e solo in base a un messaggio anonimo ricevuto, non esiterebbe ad acconsentire l’apertura e l’ispezione della qualunque. Sicché, per porre fine al tutto, il Santo Gatto Pio mi ha rivelato che la giovane è stata sepolta nelle grotte sottostanti la Pontificia Arcibasilica di San Pietro, dentro il sarcofago contenente le auguste spoglie del Sommo Pontefice Bonifacio VIII.

Cari gattolici e gattoliche
Laudetur Jesus Christus!
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lo storico e triste manifesto che la povera famiglia Orlandi fece affiggere per Roma dopo la scomparsa della giovane Emanuela
Negli ultimi due giorni di questo torrido mese di luglio il caldo a Roma è un po’ diminuito, ma sabato, quando sono andata al convento dei Padri Domenicani a Santa Maria Sopra Minerva, me pareva d’esse dentro a ‘n fornoTanto che mi son detta: mo’ me vado ‘n po’ a rinfrescà dentro ar Pantheon, prima de raggiunge l’inquisigatto domenicano Torque ner chiostro.
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Nella chiesa del Pantheon facevano entrar di tutto…’nbé: nun m’hanno forse bloccata quelli da ‘a guardia d’onore sabbaudaProprio così, mi hanno detto:
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«Qua, li gatti, nun ponno entrà».
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Poiché ero già sconvolta dal caldo, a quel punto non ci ho visto più ed ho risposto:


«Ma stamo a scherzà? Avete fatto appena entrà ‘na squadretta de mignotte co’ le zinne de fòra, poi ampresso ‘na coppietta de froci manina na ‘a manina co’ li pantaloncini corti attillati ’n mezzo ar culo, e nun fate entrà me che so’ ‘na gattolica apostolica romana? Ma de che c’avete paura, che li gatti ve se magnino dalle tombe le ossa de quelle quattro carogne de li Savoia?».
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Detto questo … ueh, ma sapete che si nun m’allontano m’ammollava ‘n carcio, quer gran fijo de ‘na mignotta vestito come ‘n pupazzo dell’ottocentoE s’é messo pure a strillamme:
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«Questo è vilipendio ai Padri della Patria!».
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Al ché, prima mi sono allontanata ― perché quello altrimenti mi prendeva a calci sul serio ― poi gli ho strillato:
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«… seh, li Padri della Patria? Erano solo quattro mercenari massoni, vedi d’emparatte ‘n po’ de storia: a’ stronzo!».
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Appena varcato il portone del Convento Domenicano di Santa Maria Sopra Minerva, il caro Torque, inquisigatto maggiore, è venuto ad accogliermi, amabile come sempre. È veramente un gran gatto di fede, solidissimo nella dottrina. Ci siamo scambiati i saluti, poi mi ha aggiornato sulle ultime del tribunale felino della Santa Inquisizione.
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«Ipazia cara, che te devo da dì? Ormai nun potemo lavorà più. Appena du’ settimane fa avemo messo sotto processo tre pantegane che bazzicaveno la chiesa de’ Canadesi, accusate tutte e tre de diffonne pensieri ereticali sulla cristologgia e la pneumatologgia. Embé, sai cos’è successo
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Volgo gli occhi al cielo e domando lumi a tal proposito, risponde Torque:
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«Avemo rischiato noi, de finì sotto processo! E sai perché? Ma perché le tre pantegane eretiche erano tre catechiste der Cammino Neocatecumenale, capito? E te dico che c’è annata de lusso perché, un gatto gay, che margrado li vizzi sua ce vo’ b’bene, ha messo tutto a tacè presso er Tribbunale Supremo da a’ Segnatura Apostolica. Figurete, Ipazia mia, ormai semo ar caos giuridico. Pensa solo che tra le varie b’botte de genio de ‘sti tempi, nun hanno trovato de meijo da fa che abolì er tribbunale diocesano d’appello da ‘a Diocesi de Roma, essenno er Presidente n’omo santo tutto d’un pezzo che jie riggettava le sentenze de primo grado sulle nullità matrimoniali, fatte e date ‘n quattro e quattr’otto, manco fosse stato istituito pe’ davero er divorzio cattolico».  
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A quel punto ho esposto al caro Torque il problema, quindi il motivo della mia visita. Il giorno 11 luglio, su richiesta del fratello Pietro Orlandi, sono state aperte due tombe in Vaticano presso il cimitero teutonico, per verificare se al loro interno si fossero trovati i resti mortali della giovane Emanuela Orlandi, scomparsa nel 1983 all’età di sedici anni [cf. QUI].
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Il giorno prima ero stata raggiunta dalla nostra amata sorella gattolica Tac, che come forse i Lettori ricordano vive a Cagliari, presso la cappellania dell’Ospedale Brotzu, dov’è dedita al volontariato. Una vera e propria Madre Teresa di Calcutta in dimensione gatta. La cara Tac è una mistica con particolari doni taumaturgici. L’unico problema è che parla e comunica solo nella lingua della Barbagia, che non è un dialetto, ma una vera e propria lingua. Ciò mi obbliga a rivolgermi a Torque, perché è uno specialista in filologia delle antiche lingue italiche. Letto il testo, il buon Torque mi ha fatta la fedele traduzione, che è la seguente:
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«Durante un momento di estasi, mi è apparso in visione il Santo Gatto Pio, il quale mi ha detto: bisogna porre fine, una volta per tutte, alla penosa vicenda della giovane Emanuela Orlandi. Anche perché, in caso contrario, suo fratello Pietro, finché vivrà, non si darà pace. Affinché questa pace giunga è bene sia rivelato una volta per tutte il luogo della sepoltura delle spoglie della povera giovane. In caso contrario si continuerà periodicamente a fare scavi, buchi, ispezioni di tombe e via dicendo. La Santa Sede, a qualsiasi richiesta avanzata da Pietro Orlandi, anche e solo in base a un messaggio anonimo ricevuto, non esiterebbe ad acconsentire l’apertura e l’ispezione della qualunque. Sicché, per porre fine al tutto, il Santo Gatto Pio mi ha rivelato che la giovane è stata sepolta nelle grotte sottostanti la Pontificia Arcibasilica di San Pietro, dentro il sarcofago contenente le auguste spoglie del Sommo Pontefice Bonifacio VIII» [Cf. Trascrizione tradotta in italiano della visione di gatta Tac, mistica della Barbagia Sarda].
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Fatta la traduzione Torque e io ci siamo guardati sbalorditi. Finché, ripreso fiato, l’insigne Inquisigatto Maggiore mi ha domandato:
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Sentime b’bene Ipazia, tu sai che io so’ ‘n gatto de fede, però, con tutto er rispetto pe’ ‘sta nostra stimata mistica, nun è che na’ ‘a Sardegna, de questi tempi, c’è sta uno de quei càrdi afosi che farebbe sbarellà cor cervello pure li santi?
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Mentre valutavamo questa ipotesi ci siamo scambiati varie opinioni sulla dolorosa storia della giovane Emanuela Orlandi, il caso della quale è stato da tempo chiuso dalla magistratura romana. Ma soprattutto c’è una domanda di rigore da farsi: durante le lunghe e accurate indagini portate avanti per anni e anni, è emersa forse la figura di una adolescente sul modello di Sant’Agnese vergine e martire? Non è che forse, nei verbali delle indagini e degli interrogatori, risulta agli atti che questa giovane frequentava soggetti, semmai anche più grandi di lei, che non erano propriamente né il giovane San Luigi Gonzaga né quel grande pedagogo di San Filippo Neri? [cf. QUI,QUI …]. E in quegli anni Ottanta e non solo, quante furono le ragazze in fascia d’età compresa tra i 15 ed i 18 anni, sparite e mai più ritrovate? I vari inquirenti, nel corso di quegli anni, quante volte si sono messi sulle tracce della cosiddetta tratta delle bianche?
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Presso la Procura della Repubblica di Roma,esistono fascicoli e fascicoli di inchieste aperte, infine chiuse dopo anni senza esito, riguardanti adolescenti e giovanissime sparite e mai più ritrovate. Si vada presso gli archivi storici della Procura della Repubblica di Roma, per averne conferma, ma soprattutto ampia prova. La prima che forse dovrebbe andarci sarebbe la avvocato che assiste il fratello, che pur non avendo il talento giuridico della avvocato Giulia Bongiorno, ha avuto comunque a più riprese il proprio bagnetto di telecamere sulla triste vicenda di Emanuela Orlandi, nonché sulla pelle della Santa Sede esposta ciclicamente alla gogna mediatica.
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Perché nessuna di queste ragazze sparite e mai più ritrovate ha fatto la notizia che a distanza di oltre tre decenni seguita a fare invece il caso di Emanuela Orlandi? Ma per il semplice fatto che la giovane faceva parte della ristrettissima cerchia di quei pochissimi laici che risultano cittadini dello Stato della Città del Vaticano, ovvero poche decine di persone, su circa mille che per l’ottanta per cento sono tutti ecclesiastici. O qualcuno pensa che se la giovane fosse stata una cittadina svizzera, francese, tedesca o italiana, il suo caso sarebbe stato portato avanti per tre decenni e tirato fuori ogni volta che in qualche angolo d’Italia viene rinvenuto un cadavere sepolto da qualche parte al di fuori di un cimitero?
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È questo che scatena da sempre morbosi pruriti ai quali purtroppo rischia di dare adito e fiato il fratello stesso, sul cui sensus fidei cattolico ci sarebbe molto da discutere, visto il modo in cui, alla prima soffiata anonima, egli pretende e ottiene scoperchiamenti di tombe e analisi di resti di cadaveri, come avvenuto nel recente caso dei ritrovamenti presso il palazzo della Nunziatura Apostolica in Italia [cf. QUI]. E dinanzi a ciascuna di queste situazioni, il buon fratello Pietro ― che come già detto non è obbligato affatto a essere un devoto cattolico ―, favorisce la esposizione della Chiesa a forme di ripetute gogne mediatiche.
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Si pensi solo, a livello di letteratura giornalistica e di bieco gossip editoriale, cos’è stato pubblicato nel corso di tre decenni, non di rado con accuse davvero infamanti rivolte agli stessi Sommi Pontefici, seguiti da un considerevole numero di prelati defunti che non si sono mai potuti difendere, ma delle cui memorie si è fatto scempio in nome di una non meglio precisata “verità su Emanuela Orlandi”. Proprio come se la “verità su Emanuela Orlandi” giustificasse qualsiasi illazione e qualsiasi palata di fango gettata sulle memorie di altre persone. Un nome a caso tra i tanti? Si pensi solo a che cosa è stato scritto nel corso del tempo sul Cardinale Ugo Poletti [1914-1997], Vicario generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma [1973-1991], che si è giunti persino ad accusare di avere tramato con i criminali della Banda della Magliana ed il suo capo Robertino De Pedis, per non parlare delle illazioni fantascientifiche sull’allora Segretario di Stato, Cardinale Agostino Casaroli [1914-1998] [cf.QUI]. Pertanto, se Pietro Orlandi, come battezzato e come persona nata, cresciuta e vissuta dentro lo Stato della Città del Vaticano, non intende avere rispetto verso la Chiesa Cattolica e la Santa Sede, abbia perlomeno rispetto per sé stesso e per la memoria della sorella, esposta da decenni al gossip morboso dei giornalisti, soprattutto per causa sua che non manca mai di fornire ad essi generose cascate d’acqua per i loro mulini.
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Se nessuno ha avuto mai il coraggio di dirlo al diretto interessato, sarà bene che qualcuno informi il buon fratello che a giornalisti, tele-giornalisti e autori di libri scandalistici che mirano a vendere il maggior numero di copie possibile, di sua sorella Emanuela Orlandi non interessa proprio niente. Possibile che tutti lo sappiamo all’infuori di lui, che a questo genere di persone senza cuore e con dieci centimetri di pelo di cinghiale sullo stomaco seguita imperterrito a dare lavoro e guadagni editoriali?
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Ormai la Santa Sede, dinanzi a qualsiasi irragionevole e irrazionale richiesta che giunge da Pietro Orlandi, non esita a far correre la polizia scientifica, a far analizzare resti di cadaveri, a procedere allo svellimento di pavimenti, all’apertura di tombe e via dicendo a seguire, nel disperato tentativo di dimostrare all’opinione pubblica che il Vaticano non ha nulla da nascondere sulla vicenda di questa adolescente, già avvezza a frequentare a sedici anni delle compagnie non molto consigliabili, come emerge dagli atti e dalle lunghe e approfondite inchieste investigative, o no? Una giovane che è stata rapita per le strade della Capitale d’Italia, non nei giardini vaticani o mentre passeggiava per il cortile di San Damaso sotto le finestre della Segreteria di Stato suonando il suo flauto.
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Darle vinte a Pietro Orlandi, qualunque cosa egli chieda e pretenda, non è né giusto né pedagogico. Pertanto, a questo Gentile Signore che sta proprio superando tutti i limiti, andrebbe anzitutto detto qualche no, poi adeguatamente consigliato a rivolgersi a un bravo psicologo clinico, nel caso in cui non fosse riuscito, nell’arco di questi decenni, ad elaborare il dolore o il trauma del lutto.
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Il gatto Torque e io ci siamo infine detti che su certe cose non si scherza, né mai si deve scherzare. Però … perché non taroccare il messaggio scritto dalla nostra mistica della Barbagia dopo la sua visione? In fondo, pare che abbiano taroccato persino il terzo segreto di Fatima.
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«Torque, te lancio ‘n’idea. Se poi fosse molto sbajiata, chiederò perdono a Dio con tutto er core mio».
«Dimme, Ipazia cara, qual è ‘st’idea».
«Ecco … potremmo taroccà er messaggio da’ ‘a mistica Tac, facenno giunge un messaggio simile ma diverso. Per esempio potèmo dì che ‘sta pora creatura è stata messa a riposà sotto l’Altare da ‘a Confessione a San Pietro, dentro ‘a tomba der Beato Apostolo Pietro …».
«Ipazia, to ‘o dico con tutto er core: tojiete st’idea de mente. Perché se a Pietro Orlandi giunge un messaggio der genere, entro quarantott’ore ar massimo, mannerebbero li operai sotto le telecamere da ‘a televisione ad aprì er seporcro der Principe delli Apostoli. Nun ce penzà, Ipazia mia, ma nun ce penzà proprio».
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Possa l’anima di questa amata creatura godere della pace divina tra gli Angeli e i Santi, ovunque sia sepolto il suo corpo mortale, ma possa soprattutto conceder Dio pace a chi proprio non vuole darsi pace, sino a togliere la pace anche agli altri, a partire dalla pace ripetutamente tolta alla Santa Sede, che di difetti ne ha molti e gravissimi, ma che non merita tutto questo. Giunti infatti al punto in cui siamo, se un anonimo facesse una segnalazione a Pietro Orlandi, rischieremo sul serio di veder aprire anche la tomba del Beato Apostolo Pietro.
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Autore
Ipazia gatta romana

















http://isoladipatmos.com/esclusiva-mondiale-emanuela-orlandi-e-stata-sepolta-in-vaticano-nelle-grotte-di-san-pietro-dentro-il-sarcofago-del-sommo-pontefice-bonifacio-viii/


Caso Orlandi Secondo Round: buona volontà del Vaticano abusata


Nella futile ricerca di Emanuela Orlandi, scomparsa nel 1983, il Vaticano ha accettato la richiesta ridicola di apriredue tombe del XIX secolo, che sono poi risultate completamente vuote.

Questo è stato solo l'inizio della commedia. IlFattoQuotidiano.it (15 luglio) ha presentato le tombe vuote come "un nuovo mistero". Ancora: "Se il vaticano ha dato questo permesso, sapeva bene che non si sarebbe trovato nulla".

John Allen cita uno scrittore romano: “Ovviamente, le hanno ripulite prima dell'ispezione" (CruxNow.com, 14 luglio). Allen commenta: “Hanno dato troppo credito al personale del Vaticano".

Laura Sgrò, avvocato della famiglia Orlando, è andata anche oltre: "I corpi da ritrovare, adesso, sono tre" ha detto trionfante.

È come la bufala delle molestie: più il Vaticano obbedisce alle richieste del mondo, più viene accusato di sbagliare. Il Vaticano sembra incapace di imparare la lezione.

Foto: Emanuela Orlandi, #newsLpkrhbahzu
it.news

Un topo romano ci scrive in difesa della Raggi

Egregio Direttore, sono l’Avvocato Topazio Delle Chiaviche e scrivo a nome del Collettivo Topi della Città di Roma. Sono considerato tra i ratti un principe del Foro, perché da quel Foro fuoriescono, grazie alle mie arringhe, molti miei concittadini topi. Se voi umani siete davvero democratici e animalisti, come dichiarate d’essere ogni giorno, dovreste dar voce e rappresentanza primi fra tutti a noi topi che siamo la stragrande maggioranza dei cittadini romani e degli animali presenti sul territorio. È notorio infatti che per ogni umano a Roma ci sono almeno tre di noi topi, o forse quattro pro-capite, secondo l’ultimo censimento del nostro ufficio anagrafe situato in via delle Zoccolette, una strada non a caso dedicata alle nostre signore.
I topi sono una realtà emergente e non potete fingere che non esistiamo o che siamo abusivi, senza permesso di soggiorno. Perfino i gatti ne hanno preso atto e hanno ormai rinunciato a ogni persecuzione contro di noi, intimoriti dalla nostra schiacciante prevalenza numerica e dal nostro servizio d’ordine costituito dalle corpulente Pantegane. Non si tratta di essere topulisti, ma di riconoscere che siamo la maggioranza silenziosa della capitale.
È dunque tempo che cada l’iniqua pregiudiziale rattofoba ai nostri danni che da troppo tempo imperversa nella Capitale, sui giornaloni e nei mass-media. Se poi vi attenete alle esortazioni del Papa “prima gli ultimi”, noi topi siamo davvero gli ultimi nella scala sociale e nel sottoscala condominiale, siamo il sottoproletariato suburbano di Roma e siamo i clandestini più clandestini e più discriminati dell’Urbe. Se ancora vi regge la pompa, come si usa dire a Roma, ascoltate il nostro accorato appello, riconoscete le nostre sacrosante istanze e inchinatevi alla nostra sovranità topolare. Perciò aprite le orecchie, state bene a sentire.
Troviamo inaccettabile l’attacco concentrico nei confronti del nostro sindaco, Sorcinia Ratti, che voi umani vi ostinate a chiamare Virginia Raggi. Che lei sia dei nostri lo dimostra lo sguardo sorcino, la dentatura da roditrice, le orecchie topesche, il suo modo di squittire davanti alle telecamere, ma soprattutto il suo comportamento da sempre a nostra difesa. Lei ha dato a noi spazio, diritti e visibilità, ci ha concesso un’agibilità fino a ieri negata, seppure solo a parole. Grazie a lei le strade di roma sono fogne a cielo aperto, che noi percorriamo rispettando i limiti di velocità. Lei ci ha dato diritto di saccheggio sui rifiuti perché ha concepito l’immondizia come un bene pubblico, a disposizione dei nostri bisogni e dei nostri desideri, liberandolo da raccoglitori in ghisa, cassonetti e altre strutture coatte. È la nostra Carola. Ci difende ogni giorno, dicendo che Roma è una città vivibile e pulita, nega che ci siano abusi o prevaricazioni da parte del popolo topesco, dichiara che la fama di città sporca è un complotto contro noi ratti e i nostri legittimi rappresentanti in Campidoglio. Noi popolo sovrano di Roma Topona gridiamo all’unisono: la Ratti non si tocca e a chi vuole sfiduciarla faremo vedere i sorci verdi.
L’unica cosa che rimproveriamo alla nostra Sindaca è che non ha ancora varato un piano a tutela della nostra incolumità e dei nostri diritti perché non siamo garantiti a sufficienza dall’assalto dei gabbiani e talvolta pure dei cinghiali. Roma è nostra, i cinghiali tornino in campagna e i gabbiani al mare, loro sono abusivi nei quartieri mentre noi stiamo qui dai tempi della Rupe Tarpea. La città sotterranea è nostra, la Roma antica è cosa nostra, il Colosseo è un monumento dedicato alla gruviera, il nostro cibo preferito. Va difesa la nostra cultura top, che come dice la parola è ai vertici del sapere. E vanno consentiti i concerti di musica rat, ispirati a noi ratti. La parola erudito deriva da roditore, la toponomastica fu inventata per noi, una cosa preziosa viene definita non a caso topazio; e poi per passare alla storia romana, il pantheon era il nome antico delle pantegane e il celebre ratto delle sabine era un topo sciupafemmine, un playmouse che seduceva più dei vostri playboy. Non è un caso che quando si vuole indicare una città ideale si usi l’espressione Utopia, che deriva dal partenopeo U’ Top, come viene indicato il topo a Napoli. Per navigare sui vostri computer usate topi di madrelingua anglo-americana detti mouse. E quanti di noi si sacrificano ogni giorno alla ricerca scientifica nel ruolo di cavie nei vostri laboratori? E voi ingrati vorreste cacciarci dalla nostra Metropoli?
Gli antichi romani ci chiamavano mus, ma noi evitiamo di chiamarci col nostro appellativo latino temendo che ci scambino per mussoliniani, incorrendo nel reato di apologia del fascismo. Non dimentichiamo che contro di noi nacque lo slogan “fascisti carogne tornate nelle fogne”. Noi topi siamo ormai da tempo antifascisti, anche se alcuni di noi girano ancora in camicia nera e non nella più sobria tenuta grigiotopo. Lo attesta il nostro sindaco, Sorcinia Ratti, che si dichiara ogni giorno antifascista e anziché combattere noi dieci milioni di topi ha giustamente lanciato un’opera di disinfestazione contro i quattro gatti di CasaPound.
Insomma è acclarata l’innocenza del topo, la sua osservanza scrupolosa del dettame costituzionale e la sua fedeltà alla Repubblica nata dalla Resistenza.
Per questo, nel nome di dieci milioni di topi discriminati dalla cultura topofoba lanciamo questa petizione e chiediamo di dedicare una giornata ai diritti del topo. Istituiamo la giornata dell’orgoglio topino, il ToPride.
MV, La Verità 11 luglio 2019

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