ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 9 agosto 2019

Amici Platonis

Tutti gli uomini di Bergoglio (1)



Il quotidiano La Verità ha pubblicato alcune puntate sugli uomini scelti da Bergoglio per guidare la chiesa. Il primo di questi articoli è uscito il 19 luglio. Nessuna smentita è mai arrivata, nonostante la gravità delle accuse… che, a questo punto, vanno conosciute, perchè “amicus Plato, sed magis amica Veritas”.
Tra scandali economici e sessuali
di Ignazio Mangrano
Dopo sei anni di pontificato, dopo mesi e mesi di silenzio sul “dossier Viganò”, è utile fare un quadretto il più possibile completo dell’entourage di Bergoglio.

Partiamo dal defunto cardinal Goffried Daneels, noto per essere stato uno dei suoi grandi elettori e membro di quella che lui stesso ha definito “la mafia di San Gallo”. Dal punto di vista delle idee, Daneels ha rappresentato per anni l’opposizione ideologica a Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, soprattutto in materia di morale.
E’ stato, infatti, favorevole a leggi sulle unioni civili tra omosessuali, oltre che all’idea di concedere la comunione anche ai divorziati risposati (Paolo Rodari, Repubblica, 16/10/2014).


Soprattutto il cardinale belga è stato accusato più volte di essere un insabbiatore seriale, che ha protetto ecclesiastici omosessuali e pedofili: nel 1998 è stato condannato a 500 mila franchi di multa per aver protetto un parroco gay abusatore; poi è finito sotto le accuse di un ex sacerdote, Rik Devillé, e di un’altra ventina di persone; in seguito è stato sospettato di aver coperto il vescovo di Bruges, reo confesso di violenze sul nipotino! Nel 2010 si è arrivati persino alla perquisizione della casa del cardinale e al sequestro del suo computer!
Così Il Post del 30 agosto 2010: “Nei giorni scorsi la stampa belga ha pubblicato le registrazioni audio di due incontri dello scorso aprile tra il cardinale Godfried Daneels – ex arcivescovo di Bruxelles – e una delle vittime degli abusi di pedofilia commessi dall’ex vescovo di Bruges Roger Vangheluwe, costretto a dimettersi lo scorso giugno dopo aver chiesto scusa per i suoi reati. Nelle registrazioni Danneels cercava di convincere la vittima, ora un uomo di 42 anni, a non rivelare il suo caso a distanza di così tanto tempo, o almeno ad aspettare fino al pensionamento del prelato: «Si ritirerà il prossimo anno, e per te sarebbe meglio aspettare», riportano le intercettazioni pubblicate da De Standaard e Het Nieuwsblad…” (https://www.ilpost.it/2010/08/30/belgio-le-indagini-contro-i-vescovi-non-erano-cosi-spropositate/).
Il giornalista Emiliano Fittipaldi, nel suo “Lussuria: Peccati, scandali e tradimenti di una Chiesa fatta di uomini”,dedica alcune pagine proprio agli intrighi del cardinale belga, ricorda le pubbliche richieste di scuse del cardinale stesso, e conclude con questa frase: “Il 13 marzo 2013 sarà uno dei grandi sponsor di Bergoglio. Sarà lui uno dei fedelissimi (convocato personalmente dal papa, ndr) che cercherà di spingere le istanze progressiste al Sinodo sulla famiglia. Tutto è perdonato”.
Daneels è morto il 15 marzo 2019: i giornali di quei giorni hanno ricordato la sua antica amicizia con Bergoglio, le sue battaglie contro nazionalismo, islamofobia e a favore dei migranti e degli accordi tra Vaticano e Cina, ma anche gli scandali che ne hanno fatto, agli occhi della gente, un “insabbiatore”. Mentre nel telegramma di cordoglio, Bergoglio ha preferito l’elogio incondizionato, definendolo “un pastore zelante attento alle sfide della 
Chiesa contemporanea”.

Il secondo cardinale su cui soffermarsi è Donald Wuerl, definito dai vaticanisti americani “the Pope maker”, cioè il grande elettore di Bergoglio: “Ma insieme agli italiani anche gli americani, spinti su Bergoglio dal loro principale Pope Maker: l’ arcivescovo di Washington Donald Wuerl” (Paolo Rodari, Repubblica, 15/3/2013).
                                 Bergoglio e McCarrick

Wuerl è, idealmente parlando, l’oppositore negli Usa del cardinal Raymond Leo Burke, di cui è arrivato a chiedere pubblicamente le dimissioni, ed è molto vicino, politicamente, alle posizioni dei liberal. Soprattutto è intimamente legato, come altri tre ecclesiastici elevati alla berretta cardinalizia da Bergoglio stesso (Kevin FarrellJosephWilliam Tobin e Blase Cupich), al cardinale Theodore Edgar McCarrick: un potente prelato cheBergoglio, dopo aver promosso tutti i suoi pupilli e ignorato i provvedimenti presi in precedenza contro di lui, ha dovuto far dimettere dallo stato clericale in seguito all’evidenza conclamata dei suoi reati (violenze omosessuali ai danni di seminaristi e pedofilia).






Wuerl è finito sotto la lente della magistratura americana, in quanto secondo il Rapporto del Grand Jury della Pennsylvania quando era vescovo di Pittsburgh, “trasferì e spostò preti che avevano abusato di adolescenti maschi, nascondendo le notizie alle autorità civili e addirittura pagando uno di loro perché tacesse”.
Ciononostante è stato sostenuto e puntellato per mesi da Bergoglio, fino a che, a causa delle contestazioni della comunità cattolica americana e di grandi giornali come The Washington Post e The New York Times (che hanno espresso sconcerto per il comportamento della coppia Wuerl-Bergoglio), ha ritenuto opportuno lui stesso lasciare l’incarico di arcivescovo della capitale.
Così Avvenire del 12 ottobre 2018: “Il Papa accetta la rinuncia dell’arcivescovo di Washington Wuerl. Nell’indagine sugli abusi sessuali su minori condotta nello Stato Usa della Pennsylvania, il cardinale era stato accusato di aver coperto numerosi preti pedofili quand’era vescovo di Pittsburgh”.
Nello stesso articolo, però, si legge un elogio di Bergoglio alla presunta “nobiltà” del cardinale inquisito e costretto alla rinuncia.
Sino a qui sono dunque già sei i cardinali di stretta osservanza bergogliana coinvolti in brutti scandali, destinati probabilmente ad aumentare a causa di possibili indagini della magistratura americana a carico della triade degli amici di McCarrick (i già citati cardinali Farrell, Cupich e Tobin).
Ma non è finita qui.

Se ci spostiamo nella terra originaria di Bergoglio, ci troviamo di fronte alle oscure vicende di Gustavo Óscar Zanchetta: questo prelato argentino è molto vicino al pontefice argentino, che nel luglio 2013, cioè poco dopo la nomina, lo promuove tempestivamente a vescovo di Oràn. Il 19 dicembre 2017, sempre papa Francesco lo vuole come assessore dell’Amministrazione del patrimonio della sede Apostolica, chiamandolo a Roma. La promozione suona sospetta, soprattutto quando il monsignore finisce sotto le indagini della magistratura argentina.
Così Salvatore Cernuzio su La stampa dell’8 giugno 2019: “ «Abusi sessuali continui aggravati». Con questa accusa del procuratore della provincia argentina di Salta, Monica Viazzi, finisce sotto processo in Argentina monsignor Gustavo Zanchetta, 54 anni, il vescovo protagonista di uno strano caso di dimissioni dalla diocesi di Oran tre anni fa, nominato dal Papa assessore dell’Apsa. Il giudice Claudio Parisi ha accusato ieri formalmente il presule di aver molestato sessualmente due seminaristi mentre era ordinario diocesano e quindi prima di lasciare la carica ed essere trasferito in Vaticano presso l’importante ufficio che amministra il patrimonio della Santa Sede”.
Il suo caso, prosegue il giornalista, “era iniziato il 29 luglio 2017 quando si era dimesso improvvisamente da Oran, diocesi al nord dell’Argentina caratterizzata da povertà, minacce costanti da parte dei narcos e altre problematiche, dove Bergoglio lo aveva posto nel 2013 tra le sue prime nomine episcopali. La scelta delle dimissioni era motivata da un «problema di salute» che non gli permetteva di «svolgere pienamente il ministero pastorale». Dopo alcuni mesi in cui, di fatto, era sparito dalla circolazione, era riapparso a Roma nel ruolo inedito di consigliere dell’Apsa «in considerazione della sua capacità di gestione amministrativa». Una posizione che non figurava precedentemente nell’organigramma del Dicastero e che non ha mai implicato alcuna responsabilità di governo….”.
Richiesto dalla vaticanista Valentina Alazraki, nel maggio 2019, sul perchè un prelato con tali accuse pendenti fosse stato chiamato a Roma, per di più con un incarico economico così prestigioso creato ad hoc per lui, Bergoglio, piuttosto in difficoltà, risponde tra l’altro: «Certo aveva un modo di trattare, a detta di alcuni, dispotico, autoritario, una gestione economica delle cose non del tutto chiara, sembra, ma ciò non è stato dimostrato. È indubbio che il clero non si sentiva trattato bene da lui… Economicamente era disordinato, ma non ha gestito male economicamente le opere che ha fatto. Era disordinato ma la visione è buona» (La Stampa, 28/5/2109).
Una difesa che, nella sua contorsione e goffa contraddittorietà, si commenta da sola.

ROMA, SEMINARIO, MOLESTIE. LA PROCURA DA’ RAGIONE A VIGANÒ.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, oggi mi è capitata sotto gli occhi l’edizione romana de Il Messaggero, e un titolo mi ha attratto immediatamente : “Molestò seminarista: sacerdote nei guai”.
Lo vedete anche nella fotografia pubblicata.
Ho letto l’articolo, scritto da un collega che evidentemente si occupa di giudiziaria, e probabilmente è ignaro della tempesta scatenata un anno fa da mons. Carlo Maria Viganò, e riaccesa qualche settimana fa dall’intervista al Washington Post.
Vi ricordate che il quotidiano americano aveva tralasciato di pubblicare una risposta? Ve ne riproduciamo una parte. Per ragioni legali avevamo tralasciato il nome dell’accusato, che Viganò aveva fatto. Si parlava di abusi e del summit in Vaticano:
“I segni che vedo sono davvero inquietanti. Non solo papa Francesco non fa quasi nulla per punire chi ha commesso abusi, non fa assolutamente nulla per denunciare e assicurare alla giustizia coloro che hanno, per decenni, facilitato e nascosto i violentatori. Solo per citare un esempio: il cardinale Wuerl, che ha coperto gli abusi di McCarrick e altri per decenni, e le cui menzogne ripetute e sfacciate sono state rese chiare a tutti coloro che hanno prestato attenzione, ha dovuto dimettersi disonorevolmente a causa dell’indignazione popolare. Eppure, accettando le sue dimissioni, papa Francesco lo ha elogiato per la sua “nobiltà”. Quale credibilità può avere il papa dopo questo tipo di dichiarazioni?
Ma un simile comportamento non è affatto il peggiore. Tornando al vertice e concentrandosi sull’abuso di minori, desidero ora sottoporre alla vostra attenzione due casi recenti e veramente orribili riguardanti le accuse di reati contro minori durante il regno di papa Francesco. Il papa e molti prelati in Curia sono ben consapevoli di queste accuse, ma in nessun caso è stata consentita un’indagine aperta e approfondita. Un osservatore obiettivo non può fare a meno di sospettare che azioni orribili vengano nascoste.
1 – Si dice che il primo sia accaduto all’interno delle stesse mura del Vaticano, al Pius X pre-seminario, che si trova a pochi passi dalla Domus Sanctae Marthae, dove vive papa Francesco. Quel seminario forma i minori che servono come chierichetti nella Basilica di San Pietro e nelle cerimonie papali.
Uno dei seminaristi, Kamil Jarzembowski, un compagno di stanza di una delle vittime, afferma di aver assistito a dozzine di episodi di aggressione sessuale. Insieme ad altri due seminaristi, ha denunciato l’aggressore, prima di persona ai suoi superiori pre-seminario, poi per iscritto ai cardinali, e infine nel 2014, sempre per iscritto, a papa Francesco stesso. Una delle vittime era un ragazzo, presumibilmente abusato per cinque anni consecutivi, a partire dall’età di 13 anni. Il presunto aggressore era un seminarista di 21 anni.
Quel pre-seminario è sotto la responsabilità della diocesi di Como ed è gestito dall’Associazione Don Folci. Un’indagine preliminare fu affidata al vicario giudiziario di Como, don Andrea Stabellini, che trovò elementi di prova che giustificavano ulteriori indagini. Ho ricevuto informazioni di prima mano che indicavano che i suoi superiori hanno proibito che continuasse le indagini. Egli stesso può testimoniare per se stesso, e esorto ad andare a intervistarlo. Prego che troverà il coraggio di condividere con voi ciò che ha così coraggiosamente condiviso con me.
Insieme a quanto sopra, ho appreso come le autorità della Santa Sede si sono occupate di questo caso. Dopo che le prove furono raccolte da don Stabellini, il caso fu immediatamente nascosto dall’allora vescovo di Como, Diego Coletti, insieme al cardinale Angelo Comastri, vicario generale di papa Francesco per la Città del Vaticano. Inoltre, il cardinale Coccopalmerio, allora presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi, che è stato consultato da don Stabellini, lo ha fortemente ammonito di interrompere le indagini.
Potreste chiedervi come è stato chiuso questo caso orribile. Il vescovo di Como rimosse don Stabellini dalla carica di vicario giudiziario; l’informatore, il seminarista Kamil Jarzembowski, fu espulso dal seminario; i due compagni seminaristi che si erano uniti a lui nella denuncia lasciarono il seminario; e il presunto violentatore è stato ordinato sacerdote nel luglio 2017. Tutto questo è accaduto all’interno delle mura vaticane, e non ne è uscita una parola durante il summit.
Il summit è stato quindi terribilmente deludente, perché è ipocrisia condannare gli abusi contro i minori e fingere di simpatizzare con le vittime rifiutandosi di affrontare onestamente i fatti. Una rivitalizzazione spirituale del clero è più urgente, ma alla fine sarà inefficace se non c’è la volontà di affrontare il problema reale”.
Ancora una volta – e non è la prima, e non crediamo che sarà l’ultima – le denunce dell’ex Nunzio negli Stati Uniti, a cui il Vaticano risponde con il silenzio, o con attacchi ad personam dei sicarietti della Bergoglio Press Gang – i documenti e fonti indipendenti confermano la realtà e la consistenza delle accuse. Con buona pace dei vertici del Regime e della stampa complice timida e/o allineata.


Marco Tosatti
8 Agosto 2019 Pubblicato da  20 Commenti --



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