La Chiesa dei mostri in mano ai buffoni di corte privi di stile e di dignità sacerdotale: i preti da spiaggia in costumino che prendono poi in giro i loro confratelli che vestono la talare
Dal Codice di Diritto Canonico: can. 277§2. I chierici si comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità può mettere in pericolo l’obbligo della continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli […] Can. 282 – §1. I chierici conducano una vita semplice e si astengano da tutto quello che può avere sapore di vanità […] Can. 284 – I chierici portino un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali […] Can. 285 – §1. I chierici si astengano del tutto da ciò che è sconveniente al proprio stato, secondo le disposizioni del diritto particolare […] §2. Evitino ciò che, pur non essendo indecoroso, è alieno dallo stato clericale.
A Sua Eccellenza Rev.ma
Mons. Salvatore Pappalardo
Arcivescovo Metropolita di
Siracusa
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Venerabile Vescovo,
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nella sua antica e gloriosa Città, prima di diventare prete, acquistai una graziosa casetta nel cuore dell’antica Ortigia, nelle epoche in cui conducevo tutt’altra vita, ed avevo anche ben altri generi di possibilità economiche.
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Ho trascorso lunghi periodi di tempo, anche da prete, nella vostra antica Città, dove ho dato alle persone, sia ai fedeli cattolici che a quanti sono distanti dalla Chiesa, l’immagine del prete dalla condotta di vita esemplare, il tutto sino a non facile prova contraria. Poi, se qualcuno ha prova contraria, che in tal caso la renda immediatamente pubblica.
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L’affetto e la stima che la popolazione siracusana ha sempre mostrato nei miei riguardi, sono gioielli che conservo nei miei ricordi più cari e preziosi. Certo, essere stimati e amati dalle persone, nel territorio di una Diocesi il cui presbiterio è ridotto a un penoso teatrino, con preti gravati da enormi problemi morali, i quali conoscono gli uni gli scheletri dentro gli armadi degli altri e che in modo oserei dire mafioso si ricattano a vicenda … ebbene dicevo: essere stimati e amati da gente che si ritrova con siffatti modelli di preti, come suol dirsi è un gioco da ragazzi.
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Nella sua Città, nessuno mi ha mai visto dedito ad attività mondane o ludiche. E pur essendo la mia casa a due passi dalla scogliera di Ortigia, nessuno mi ha mai visto prendere il sole o fare i bagni al mare. Una volta all’anno, in estate, mai da solo bensì sempre accompagnato dal mio allievo e collaboratore, mi sono recato tre volte, in un’intera stagione, presso una spiaggia isolata di Porto Palo, dove mi sono concesso il “lusso” di tre bagni al mare, rivestito di pantaloncini fino al ginocchio e senza mai essere visto da anima viva alcuna.
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Per le strade della sua Città, tutte le persone mi hanno sempre visto camminare con la veste talare addosso. Durante i soggiorni estivi non ho usato la talare nera ma quella bianca, dato il caldo che c’è nella Sicilia Sud-Orientale.
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Lei lo sa, Eccellenza Reverendissima,quanto i suoi preti – rigorosamente alle spalle, perché nessuno avrebbe mai osato dirmelo in faccia – mi hanno barbaramente preso in giro? Proprio così: mi hanno preso in giro perché indossavo la talare estiva bianca, oppure, nei soggiorni invernali, quella nera.
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A costoro, Vostra Eccellenza Rev.ma, che peraltro è un canonista di formazione e che ha inviato a Roma a fare diritto canonico persino i diaconi permanenti, ha forse mai detto che l’uso dell’abito talare è reso obbligatorio sia dalle Leggi ecclesiastiche che dalle direttive della Congregazione per il clero, ed a seguire dalla stessa Conferenza Episcopale italiana? A tal proposito rimando a una video conferenza veramente molto interessante tenuta su DogmaTv dal giovane canonista Federico Bortoli, Cancelliere della Diocesi di San Marino-Montefeltro, che parla proprio della disciplina inerente l’abito ecclesiastico [vedere QUI].
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Detto questo le invio pubblicamente, come un comprensibile e del tutto legittimo sassolino tolto dalla scarpa, la fotografia del suo Cancelliere Arcivescovile, pubblicamente fotografato in una pubblica spiaggia con un costumino rosso che, fossi io il suo vescovo, gli farei letteralmente mangiare chiuso dentro il mio studio privato presso l’episcopio.
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Le immagini sono pubbliche, nonché pubblicate sui social. Infatti, il diretto interessato, si è auto-pubblicato sul proprio profiloFacebook, che è visibile e accessibile a chiunque. Pertanto, qualsiasi eventuale azione legale per violazione dellaprivacy, non potrebbe essere accolta da nessun tribunale. E questo desidero sia chiaro sin da adesso al suo “esercito di canonisti” in costumino rosso da bagno.
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Non manchi dunque, la prego, di porgere i miei più fraterni saluti a tutti quei suoi presbìteri che, sulle mie vesti talari, hanno sempre riso divertiti, proprio alla maniera in cui, i buffoni ridicoli, tentano di ridere su chi, del rispetto della sacralità del sacerdozio e della coerenza di vita sacerdotale, ha fatto il proprio scopo di vita. E mentre i buffoni in costumino rosso ridevano, al tempo stesso, gli abitanti della sua Città, nutrivano stima, ed oserei dire persino venerazione, verso un prete che, in pubblico, non ha mai osato presentarsi neppure con una camicia a maniche corte.
Autore | Ariel S. Levi di Gualdo |
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dall’Isola di Patmos, 22 agosto 2019
http://isoladipatmos.com/la-chiesa-dei-mostri-in-mano-ai-buffoni-di-corte-privi-di-stile-e-di-dignita-sacerdotale-i-preti-da-spiaggia-in-costumino-che-prendono-poi-in-giro-i-loro-confratelli-che-vestono-la-talare/
L’estremo soccorso e l’inutilità perfetta dei preti modernisti
La vita, scriveva Pirandello, «per tutte le sfacciate assurdità, piccole e grandi, di cui beatamente è piena, ha l’inestimabile privilegio di poter fare a meno di quella stupidissima verosimiglianza, a cui l’arte crede suo dovere obbedire. Le assurdità della vita non hanno bisogno di parer verosimili, perché sono vere. All’opposto di quelle dell’arte che, per parer vere, hanno bisogno d’esser verosimili. E allora, verosimili, non sono più assurdità. Un caso della vita può essere assurdo; un’opera d’arte, se è opera d’arte, no».
Restiamo dunque alla vita reale e a quest’assurdo episodio che risale a quando mancavano pochi giorni al Ferragosto. Una signora che chiameremo Costantina (non per velleità artistica, ma per rispetto alla famiglia) avverte prossima la fine dell’esilio terreno. Ha novantasei anni, è vedova da quattro lustri, è malata soprattutto di quella malattia cronica chiamata vecchiaia eccetto acciacchi e catarro e colpetti di tosse, da mesi non s’alza più dal letto. Costantina è devota, è una cattolica d’antico conio. Ogni domenica ci pensa una suora a recarle a domicilio la Comunione. Questa volta, però, chiede ai parenti di vedere il prete. Vuole proprio un sacerdote.
Ci si attiva subito. Il parroco della chiesa di quartiere, don Fidel, non risponde al telefono, non è disponibile, non si trova, non c’è, è via. A Cuba, spiffera il pettegolo dell’oratorio. In vacanza? Ovviamente no: un paio di settimane di esercizi spirituali, essendo noto universalmente che Varadero è località tra le più consone ai ritiri contemplativi, alle meditazioni ascetiche, ai momenti di preghiera. Comunque c’è il viceparroco, don Raul, venga lui, va bene lo stesso.
E arriva lo sventurato, il giorno seguente, a casa di Costantina. Giunge nel pomeriggio, con molta calma, senza Oli Santi e senza Ostia Santa custodita gelosamente in una teca, con la camicia hawaiana a mezze maniche portata fuori dai pantaloncini corti, le scarpe da tennis con il coccodrillino Lacoste indossate senza calzini. Si siede al capezzale della donna, su una seggioletta vicino al comodino, a gambe larghe, distese. Si ferma dodici minuti, giusto il tempo per una banale frasetta di circostanza, per ripetere due o tre volte «vedrà, si riprenderà presto» (si riprenderà presto?), per non parlare né di Gesù né dei Novissimi né dell’Aldilà né della Vita eterna (giammai), per non fare nemmeno un Segno della Croce o dare una benedizioncina o recitare una preghiera, per non chiedere se Costantina voglia magari confessarsi o comunicarsi («me lo doveva domandare lei», si giustificherà in seguito) e quanto all’Estrema Unzione… «l’Estrema Unzione non esiste più, suonava male, era un rito cupo, iettatorio, da portar iella, adesso c’è l’Unzione degli Infermi che celebriamo una volta all’anno in chiesa, comunitariamente, per tutti gli anziani e gli ammalati della parrocchia che vogliono partecipare». Amen, grazie tante, arrivederci (ma anche no).
E come poteva finire la storia se non in altra maniera? Irremovibile la signora, insistente nel volere assolutamente un altro prete, cioè un prete, «un prete vero». Questo a dimostrazione di quanto sia perfettamente inutile il clero modernista, addirittura nel momento dell’estremo soccorso spirituale. La sera stessa tocca darsi da fare per reperire un consacrato con le abitudini in regola. Don Angelo, vecchio canonico della Cattedrale esiliato alla Casa del Clero, non si fa supplicare, si muove a arriva in fretta con la sua bella tonachetta addosso, portandosi appresso tutti gli attrezzi del mestiere, tutto l’armamentario del caso. Confessione breve ma intensa, Comunione con la particola poggiata sulla lingua con scrupolo infermieristico, una decina del Rosario recitata insieme ripetendo più volte quell’appropriata invocazione alla Madre di Dio: «prega per noi peccatori, adesso e nell’ora della nostra morte».
Soddisfatta finalmente, all’alba Costantina rende l’anima in pace, nel sonno. Munita dei conforti religiosi, come si diceva una volta ed è bello dire anche oggi. Aveva il volto sereno e sulle labbra quasi una traccia di sorriso.
Léon Bertoletti Agosto 22, 2019
Un piccolo consiglio da amico a quel prete:indossi la talare,perchè in costume da bagno fa schifiu!!
RispondiEliminaUn mio piccolo aneddoto, realmente accaduto, un giorno andai in compagnia di alcuni amici a trovare un sant'uomo frate di clausura, questo aveva le stigmate, nani, piedi, costato. Io laico, ed un altro come me, gli altri tre amici preti. Giunti in quel monastero, veniamo accolti gentilmente, ma dopo qualche battuta, il frate esclamò" che bella talare che avete tutti" questi lo guardano meravigliati, non capirono, e il frate" tra tutti voi colui che ha la talare più bella è lui", indicando me, che non sono prete, ma solo un laico. Costoro meravigliati dissero, m"lui non è prete?" E il frate" non serve a nulla che abbiate una talare linda, ben stirata e ben portata, se poi le vostre talari interiori sono immonde, lui è meglio di voi" .
RispondiEliminaPer cui cosa vale di più un bell'abito una bell'anima? Vale l'apparenza o la sostanza e Dio cosa guarda, al vestire o all'essere? Certi preti la dignità non l'hanno mai avuta,si nascondono dietro un abito, pontificano di cose sante, ma la loro vita è piena di inciampi.
Costoro non dovrebbero nemmeno permettersi di testimoniare la parola del Signore, perché danno scandalo al mondo.