Battaglia del GP2, ecco la posta in gioco
Nella battaglia per il controllo dell'Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia, si scontrano due linee teologiche contrapposte: quella di Wojtyla-Caffarra-Melina, che poggia la teologia morale sulla rivelazione e sulla metafisica dell'essere e della persona, e quella della Facoltà teologica dell'Italia settentrionale, che parte da una visione storicistica che ripudia dottrina e norme morali assolute.
Facoltà teologica dell'Italia settentrionale
La linea teologica espressa dall’Istituto Giovanni Paolo II per gli Studi su Matrimonio e Famiglia, così come voluto da Wojtyla-Caffarra-Melina, era contrapposta a quella portata avanti dalla Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano. “Anthropotes”, la rivista del GP2 faceva il controcanto a “Teologia”, la rivista di Piazza Paolo VI (in precedenza ironicamente Piazza delle Crociate) di Milano.
La prima radicava la teologia morale, matrimoniale e della sessualità umana nella rivelazione e nella metafisica dell’essere e della persona, e quando parlava di matrimonio e di sacramento non temeva di adoperare il termine “ontologia”. La seconda era invece impostata sul superamento del rapporto tra natura e sopra-natura, considerate categorie superate e non più in grado di parlare all’uomo d’oggi, a vantaggio invece di una visione storica ed esistenziale ove fosse possibile parlare di percorsi nella complessità e non di “dottrina”, “norme morali assolute”, “condizioni oggettive di peccato”. Se il GPII sfidava la modernità, proponendo una maggiore ragione che non quella moderna a sostegno del bene morale dei coniugi e della famiglia, la Facoltà milanese assumeva come propria la prospettiva moderna e intendeva fare emergere lo specifico cristiano dalla dimensione storica del vissuto umano. Si tratta di un contrasto di linea di vecchia data, almeno dal Vaticano II in poi.
Possiamo dire che questa contrapposizione sia stata rappresentata durante il Sinodo sulla Famiglia degli anni 2014 e 2015 dal cardinale Kasper da un lato e dal cardinale Caffarra dall’altro e che le due visioni si siano scontrate soprattutto a proposito dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, che ha sconfessato la linea del GPII, richiedendo un nuovo paradigma di teologia morale, che soprattutto la Facoltà milanese ha cercato di portare avanti. Questa si condensa nella centralità della “conversione pastorale”, che consiste nel partire dall’esistenza e dalla storia, e non dalla dottrina, per fare del dialogo nella storia la fonte stessa della dottrina.
Giuseppe Angelini, Walter Kasper, Maurizio Chiodi, Bruno Seveso, Luca Bressan, Paolo Carrara, Giacomo Canobbio, Franco Brambilla, Andrea Bozzolo hanno avviato sulle pagine della rivista “Teologia”, dal 2014 ad oggi, la teorizzazione della “conversione pastorale” nella nuova accezione storicistica, una lettura rivoluzionaria di Amoris laetitia rispetto ad Humanae vitae e a Veritatis splendor, una rinnovata teologia della “Chiesa in uscita” secondo le indicazioni di Evangelii gaudium, una teologia nuova della sinodalità, una sostanziale revisione della teologia del matrimonio, una ridefinizione della famiglia.
L’incompatibilità con il GP2, già presente in epoca precedente, è stata fortemente galvanizzata dal pontificato di papa Francesco. Al punto che perfino dentro l’Istituto della Lateranense ci sono stati docenti sensibili al nuovo corso, come Gilfredo Marengo, docente di antropologia teologica al GP2, che ha fatto propria la prospettiva aliena rispetto all’Istituto di appartenenza nel libro Chiesa senza storia, storia senza Chiesa. L'attuale modernità del problema Chiesa-mondo (Studium, Roma 2018): il libro comprova il suo passaggio al fronte opposto. La linea dell’Istituto però non cambiò.
Considerando la nomina a nuovo Preside del nuovo GP2 di Pierangelo Sequeri, già preside della Facoltà milanese, concedendo credibilità alle voci che parlano della imminente nomina di Maurizio Chiodi, leggendo quanto scritto il 30 luglio su La Stampa proprio dal summenzionato Gilfredo Marengo (clicca qui), si consolida l’idea che con Paglia si sia voluto fare di Roma Milano, ossia che la linea teologica imposta al nuovo GP2 sia quella della facoltà teologica milanese.
Poiché si tratta di impostazioni di pensiero di carattere accademico, il rinnovamento passa attraverso nuovi docenti e nuovi insegnamenti. In questo quadro, la soppressione nel nuovo piano degli studi del GP2 della Teologia morale fondamentale risulta funzionale a questo progetto di sostituzione di Roma con Milano. La teologia morale fondamentale pone in relazione la teologia con la ragione e quindi con la filosofia e la metafisica, secondo l’impostazione della Fides et ratio. La sua abolizione fa emergere l’importanza delle scienze sociali rispetto alla ragione filosofica e alla stessa teologia. Ma ciò è appunto in linea con la “conversione pastorale” e con la prospettiva storicistica ed esistenziale del nuovo corso: prima si entra in rapporto con le situazioni concrete, e ciò sarebbe permesso (il condizionale è d’obbligo) dalle scienze empiriche, e da ciò potranno poi derivare percorsi di discernimento e di dialogo. Partire dalla teologia vorrebbe dire continuare con una prospettiva deduttiva e astorica (sic).
Anche il nuovo insegnamento di Teologia fondamentale della forma cristiana risponde a questa nuova esigenza. Sul numero 2 del 2016 della rivista “Teologia”, Luca Bressan scriveva della “Fatica della forma” sostenendo che gli insegnamenti di papa Francesco ponevano il problema di una nuova “forma” della Chiesa cattolica: non spazi e geografie ma operazioni e processi, non organizzazioni ma operazioni, non muri ma ponti, non un popolo reso tale da una chiamata dall’alto ma un popolo le cui differenze si armonizzano dal basso in un percorso comune, non difesa della propria identità cristiana ma gesti e azioni capaci di trasformare il contesto, rifiuto dei giochi legati alla propria immagine. Sarà questa la nuova forma milanese del GP2?
Stefano Fontana
http://www.lanuovabq.it/it/battaglia-del-gp2-ecco-la-posta-in-gioco
Intervista / Stanisław Grygiel: “Non si rinnova la casa distruggendola”
Cari amici di Duc in altum, oggi sono particolarmente lieto di proporvi un’intervista esclusiva al professor Stanisław Grygiel, filosofo polacco, grande amico di san Giovanni Paolo II e fino a poco tempo, prima del suo allontanamento, docente al Pontificio istituto teologico fondato proprio da papa Wojtyła. Un’intervista a tutto campo, nella quale il professor Griygiel accenna alla vicenda che lo ha visto coinvolto ma soprattutto spiega qual è, a suo avviso, la natura dell’attuale crisi della Chiesa e pronuncia parole assai nette:”La Chiesa d’oggi ha bisogno di un Mosè che, portato dall’ira del Dio misericordioso, con cui egli parla sul monte, metterà a ferro e fuoco tutti i vitelli d’oro nella cui adorazione il popolo, con il permesso di tanti pastori, sta cercando la felicità”.
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Professor Gygiel, lei, a proposito della teologia oggi dominante, ha parlato di “pragmatismo teologico”. Che cosa intende con questa espressione e quali sono gli obiettivi di tale pragmatismo?
Il principio marxista di pensare è: la praxis precede e decide del logos, cioè della verità. Così ha capovolto non solo la vita intellettuale del mondo occidentale, ma anche la vita della Chiesa cattolica. Ricordo gli anni 1966-67 vissuti all’Università Cattolica di Leuven in Belgio e tante lezioni di teologia e di filosofia fatte secondo questo principio. Ne risultò la teologia pragmatica e un pastorale altrettanto pragmatica, che parte non dalla Persona di Cristo, ma dalla descrizione sociologica dei diversi comportamenti degli uomini. Se la maggioranza divorzia, allora… Molti teologi e, purtroppo, anche molti pastori nella Chiesa cattolica dimenticano di parlare con il Figlio del Dio vivente. A loro manca la fede nel senso dell’affidamento alla Persona di Cristo e, di conseguenza, la fede nell’uomo.
L’Unione Sovietica, non essendo in grado di conquistare l’Europa occidentale con i mezzi militari, cercò di penetrare la mentalità degli intellettuali, per poterla sottomettere agli ordini dei signori di questo mondo. Vi riuscì perfettamente, come vediamo oggi, mentre viviamo le conseguenze disastrose di questa astuta azione degli agenti comunisti e dei loro “utili idioti” occidentali.
Sappiamo che lei è stato allontanato, insieme ad altri docenti, dall’Istituto Giovanni Paolo II su matrimonio e famiglia. Al di là del suo caso particolare, che cosa insegna questa vicenda? Perché questa rivoluzione?
Non posso nascondere il mio dolore, provocato dal fatto che l’Istituto fondato da san Giovanni Paolo II è stato abolito due anni fa. Il licenziamento dei professori rappresenta un atto coerente con questa decisione. Perciò esso non mi sorprende. Mi dispiace solo per la confusione nella quale sono caduti gli studenti e in cui si sentono smarriti. Qualcuno ne renderà conto un giorno. San Giovanni Paolo II preparò con fervore e passione i primi professori per questa grande missione. Qualche mese prima della fondazione dell’Istituto ci invitò nel suo appartamento per meditare insieme con noi sulla situazione in cui versava non solo la Chiesa ma anche il mondo. Egli volle creare un Istituto in cui la teologia sorgesse dall’esperienza morale della persona umana e dalla Parola Divina in cui la verità dell’uomo è stata pienamente rivelata. Non c’è allora da meravigliarsi che in quel tempo noi meditavamo pregando e pregavamo meditando. Davanti a Dio e davanti all’uomo che arde di Lui, come ne ardeva il roveto sul monte nel paese di Moria, bisogna inginocchiarsi. Altrimenti non si comprenderà “l’universo e la storia” (cfr Redemptor hominis, 1)
Confesso che non riesco a comprendere per quale ragione gli esecutori della decisione papale di abolire l’Istitituto fondato da san Giovanni Paolo II parlano di approfondimento, espansione e ingrandimento dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. Non si rinnova la casa distruggendola, inclusi i suoi fondamenti. Sarebbe meglio parlare in modo chiaro e tondo secondo il comandamento del Vangelo: “Ma sia il vostro parlare: Sì, sì: no, no; poiché il di più vien dal maligno” (Mt 5, 37).
Lei mi chiede: perché questa rivoluzione? Le ragioni e i motivi forse li sveleranno gli storici. Dio invece li giudicherà. Ogni rivoluzione parte da zero e arriva al punto da cui parte. Sempre e dappertutto il rivoluzionario finisce come inizia: tale il principio, tale la fine. Io vedo la situazione che si è oggi creata come un momento del conflitto in atto tra le due visioni dell’uomo. Karol Wojtyła parte dalla Parola di Dio e dall’esperienza morale della persona unmana. Per lui, quindi, fondamentali “categorie” sono la verità che zampilla dall’atto della creazione e la menzogna che l’uomo commette quando “crea” le proprie verità. Proprio per questo l’esperienza della persona umana ha il carattere morale, cioè consiste nel vivere le azioni come buone oppure cattive. Il “pragmatismo” è una negazione totale del “centro dell’universo e della storia”, cioè del Figlio del Dio vivente.
La Chiesa cattolica sta vivendo una stagione confusa, segnata da profonde divisioni. Lei come giudica la situazione?
La Chiesa cattolica, aprendosi al mondo, si è trovata nella situazione in cui versa il mondo postmoderno segnato dal “pragmatismo”. La teologia e la filosofia postmoderne si riducono al gioco di opinioni (predicati) e non guardano più l’uomo come magna quaestio di sant’Agostino. La domanda sul senso della vita sparisce e il suo posto è preso dalla domanda sulla felicità orizzontalmente intesa.
I teologi e i filosofi per i quali la teologia e la filosofia non sono che giochi di opinioni s’inginocchiano non davanti a Dio, ma davanti ai propri prodotti. Giocando le loro carte, adorano se stessi. Però in questo modo rischiano di restare vittime dei bari.
La Chiesa d’oggi ha bisogno di un Mosè che, portato dall’ira del Dio misericordioso, con cui egli parla sul monte, metterà a ferro e fuoco tutti “i vitelli d’oro” nella cui adorazione il popolo, con il permesso di tanti pastori, sta cercando la felicità. Il nuovo Mosè incuterà nelle menti e nei cuori la verità dell’amore incisa sulle Tavole e da molti dimenticata. L’economia della salvezza solo fino a un certo punto può vivere nel caos. La misericordiosa ira di Dio prenderà la parola.
Anche alla luce di ciò che sta succedendo all’Istituto Giovanni Paolo II, molti hanno l’impressione che il magistero di papa Wojtyła, specie per quanto riguarda le questioni di morale familiare, sia finito in soffitta, dove si mettono le cose che non servono di più. Condivide questo giudizio?
Non lo condivido, anche se umanamente sembra essere così. La Chiesa vive della fede del popolo, della quale ogni Pietro è custode. I teologi possono aiutarlo o meno a comprendere meglio questa fede, ma è lui a essere garante della fedeltà della Chiesa alla Parola del Figlio del Dio vivente. I teologi possono interrompere la Tradizione e cercare di fare tutto da capo. Lontani dal Principio su cui il Vangelo è imperniato, possono inventare nuove interpretazioni del Vangelo stesso per renderlo accettabile al mondo postmoderno. Però prima o poi il cuore dell’uomo orientato all’Amore che è Dio si sveglierà, gridando di non poter più vivere lontano dalla casa del Padre.
La saggezza che proviene da Dio rimane per sempre. La stupidità che proviene dall’uomo passa, lasciando che l’uomo dipenda non dalla verità ma dai venti. Una sera il santo Papa Giovanni Paolo II mi mise nelle mani la lettera che gli scrisse un teologo moralista molto conosciuto nel mondo. Il teologo chiese al Papa di cambiare l’etica della vita matrimoniale, altrimenti, secondo questo teologo, la Chiesa avrebbe perso i fedeli. “Che cosa ne pensi?”, mi chiese il Papa. Risposi forse troppo bruscamente: “Ha scritto una stupidaggine”. Il Papa mi guardò e dopo qualche secondo disse: “È vero, ma chi glielo dirà?”
È opinione assai diffusa che Amoris laetitia rappresenti un vero e proprio strappo rispetto all’insegnamento precedente. Il professor Seifert ha parlato addirittura di una “bomba atomica” che rischia di distruggere l’intero edificio morale cattolico. Che cosa ne pensa?
Non essendo teologo, non mi sento di dare giudizio. Sono un semplice credente e come tale posso e devo confessare che non mi ritrovo in questo testo se non parzialmente. La mia esperienza dell’amore è più evangelica che sociologica e psicologica. Colui che vuole conoscere la natura della persona umana, cioè il suo essere orientato a Dio, deve contemplare i santi e soprattutto il Figlio del Dio vivente, diventato uomo nel grembo della Vergine Madre, Maria. Descrivere le malattie matrimoniali e sessuali non è realizzazione del comandamento che dice “Andate nel mondo e predicate il Vangelo!”.
In questi giorni mi vengono spesso in mente le parole di Cristo, secondo le quali “chiunque” abbandona la propria moglie e prende un’altra donna commette adulterio (cfr Gv 2, 25). Egli lo dice di ogni uomo, senza eccezione. Lo dice perché sa che cosa c’è dentro l’uomo. Se è vero che oggi in alcuni casi non è adulterio, come alcuni dotti in teologia dicono, significa che Cristo non sa cosa c’è dentro l’uomo. Non è quindi Dio. “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?” (Lc 18, 8).
Questo documento, se fosse più corto, sarebbe più espressivo e forse più chiaro e adeguato alle parole del Vangelo: “Sì, sì – no, no”. Invece una nota a piè di pagina offusca tutto il suo contenuto.
Se dovesse parlare di Giovanni Paolo II a un giovane d’oggi, come presenterebbe, in poche paole, il papa santo?
Giovanni Paolo II direbbe a un giovane d’oggi le stesse parole che disse al popolo in piazza San Pietro il giorno della sua intronizzazione: “Non abbiate paura!” Lo condurebbe all’atto della creazione e all’atto dell’Ultimo Giudizio, perché solo alla luce del Principio e della Fine l’uomo intravvede la verità, alla quale è orientato. Contemplerebbe insieme con un giovane d’oggi la bellezza dell’Amore che è Dio e cercherebbe di risvegliare in lui l’amore affinché quel giovane si possa affidare a Dio. Penso che l’esperienza della bellezza della persona umana, della bellezza del suo amore, indichi la via che può condurre un giovane d’oggi a Dio. Forse è per questo che il maligno cerca di colpire micidialmente l’amore umano e tutti quelli che, affascinati da esso, coraggiosamente, senza paura, svelano la sua verità. Il maligno spera (è l’unica sua speranza) che colpendo l’amore divino-umano distruggerà il fondamento del matrimonio e della famiglia e, in fin dei conti, anche quello della Chiesa. La lettera di suor Lucia al cardinale Carlo Caffarra ne parla in modo chiaro e tondo.
Professore, la famiglia cristiana, fondata sul matrimonio, ha un futuro?
Ogni uomo, ogni matrimonio, ogni famiglia ha davanti a sé un futuro a condizione che siano affidati alla verità. “La verità vi renderà liberi”, disse Cristo. La libertà che è frutto dell’affidarsi alla verità rappresenta il futuro, verso cui anela il cuore umano. Non bisogna difendere la verità. Essa si difenderà da sola. Coloro che si affidano ai giochi e ai calcoli umani perderanno tutto, anche se prima apparentemente hanno guadagnato tutto. Quelli di questo mondo non sono i successi cui mirano gli uomini affidati alla verità. Loro mirano alla vittoria eterna. Perciò già oggi loro partecipano ad essa. La persona umana può essere uccisa, la comunione in cui essa vive può essere talvolta distrutta, ma la verità non sarà mai vinta, poiché essa è invincibile.
A cura di Aldo Maria Valli
In questa importante intervista di padre José Granados, vice presidente dell’Istituto Giovanni paolo II, concessa a J.D. Fynn di CNA, esprime in maniera chiara e netta cosa è in gioco con la recente ristrutturazione dell’Istituto, ovvero la libertà di indagare la verità, con il rischio di oscurare l’identità e l’eredità dell’insegnamento di papa San Giovanni Paolo II.
Ecco l’intervista nella mia traduzione.
Il vicepresidente del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II di Roma ha detto che i cambiamenti nella struttura di governo e nel programma accademico della scuola sono una seria minaccia alla sua identità e all’importante ministero pastorale che sostiene.
“Mi sembra che l’identità dell’Istituto sia seriamente minacciata, per cui è necessario presentare, con rispetto ma con chiarezza, i problemi oggettivi dei recenti cambiamenti, e mettere in guardia dal pericolo per la missione originaria dell’Istituto, che Papa Francesco ha detto chiaramente di voler conservare, non solo come un pezzo di passato, ma proprio perché è fonte di rinnovamento e cammino di accompagnamento della Chiesa alle famiglie”, ha detto P. José Granados al Catholic News Agency (CNA) il 31 luglio.
Il sacerdote, nominato nel 2013 consulente della Congregazione per la Dottrina della Fede e nel 2018 consulente del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, ha parlato alla CNA della lettera recentemente pubblicata e firmata da più di 250 studenti e alunni dell’Istituto.
Gli studenti hanno espresso preoccupazione per i nuovi statuti dell’Istituto, o documenti di governo, per il licenziamento di alcuni membri della facoltà e per il futuro dei loro studi presso l’Istituto.
Nuovi statuti sono stati richiesti da Papa Francesco nel 2017, quando il Papa ha annunciato che avrebbe ampliato il focus dell’Istituto: mentre in precedenza si era concentrata sulla teologia del matrimonio e della famiglia, il curriculum della scuola superiore sarebbe stato modificato per incorporare le scienze sociali e altri approcci allo studio della famiglia. Dopo un lungo processo di stesura, i nuovi statuti sono stati approvati e resi pubblici all’inizio di questo mese.
Granados ha detto che da quando il Papa ha annunciato le modifiche all’istituto nel 2017, “abbiamo lavorato per un rinnovamento nella continuità, come indicato dal nostro Santo Padre Francesco. Il desiderio del Papa è stato quello di sostenere l’Istituto, ampliarlo, promuoverlo, come ci ha detto all’inizio monsignor Sequeri [presidente dell’Istituto]”.
Il sacerdote ha detto che lui e gli altri membri della facoltà sono rimasti sorpresi dalla bozza finale degli statuti, che molti hanno visto solo dopo che è stata approvata dalla Congregazione vaticana per l’educazione cattolica.
Granados ha detto alla CNA che i nuovi statuti apportano diverse modifiche importanti:
I nuovi statuti, ha detto, “diminuiscono la presenza dei professori nel consiglio direttivo dell’Istituto: gli insegnanti stabili ora hanno solo due rappresentanti, mentre prima partecipavano tutti, dalle loro diverse cattedre. Questo vale per l’intera vita accademica dell’Istituto: diminuisce il contributo collegiale dei professori stabili per l’approvazione delle tesi di dottorato o [per l’aiuto allo sviluppo] del curriculum”.
Inoltre, ha detto, “la nomina di nuovi professori, decisiva per una comunità accademica, è ora sotto la diretta influenza del Gran Cancelliere. Se la procedura viene attentamente esaminata, [ci si rende conto] che sarà quasi impossibile per la facoltà opporsi a un candidato promosso dal Gran Cancelliere”, ha aggiunto.
“La perdita della collegialità è sorprendente, perché in un istituto interdisciplinare, caratterizzato dallo studio dello stesso oggetto – matrimonio e famiglia – dal punto di vista di ogni disciplina, è necessario il contributo di tutti i docenti delle diverse cattedre, sia per esaminare il curriculum, sia per approvare le tesi di dottorato, sia per l’elezione dei nuovi membri della facoltà. E questo dovrebbe essere riconosciuto come un diritto negli statuti, perché è un punto vitale dell’istituzione”.
“Inoltre, nei nuovi statuti c’è un cambiamento decisivo: la drastica riduzione della teologia morale”, ha aggiunto Granados.
“Nella dichiarazione ufficiale dell’Istituto del 29 luglio, si dice che la teologia morale trova una nuova collocazione e si sottolinea che ci sono due cattedre di morale, la morale dell’amore e del matrimonio, da un lato, e l’etica della vita, dall’altro. Quello che non si dice è che, secondo i vecchi statuti, c’erano già due cattedre che coprivano questi argomenti (una cattedra di morale speciale, per la sessualità e il matrimonio, e una di bioetica). Né si dice che nel nuovo curriculum la morale del matrimonio….. ora hanno solo 3 crediti, la metà di quello della maggior parte delle altre cattedre”.
“La morale, quindi, si è ridotta della metà e non solo: sono stati buttati fuori gli insegnanti che l’hanno insegnata: Melina, Noriega e, per la bioetica, Maria Luisa di Pietro”.
Il recente licenziamento di docenti “di grande importanza nella storia dell’Istituto…..ci ha lasciato esterrefatti”, ha aggiunto Granados.
Mons. Livio Melina, al quale questo mese è stato comunicato che la sua posizione nell’Istituto è stata eliminata, è stato a lungo presidente dell’Istituto.
Sul licenziamento di Melina, Granados ha detto che “particolarmente preoccupante è la soppressione della cattedra di teologia morale fondamentale, che è stata tenuta da Mons. Melina. È stata una cattedra attiva per 38 anni, dalla quale ha insegnato il cardinale Caffarra. Potremmo dire che è essenziale per il lavoro dell’Istituto, se consideriamo che Wojtyla è stato un teologo morale e ha affidato la cattedra al primo presidente dell’Istituto”.
“È una cattedra decisiva. Se i fondamenti della morale rimangono sconosciuti, se questi non sono ben collocati, la morale del matrimonio rimane nell’aria”.
“Il modo in cui si intende [l’enciclica del 1993] Veritatis splendor modellerà il modo di vedere particolari questioni morali, come la moralità della contraccezione o gli atti sessuali al di fuori del matrimonio”, ha detto Granados.
“Questo forma anche il modo in cui si approccia la grandezza della vocazione a cui Dio chiama l’uomo e anche la dignità della misericordia con cui Dio rigenera l’uomo in Cristo, affinché possa fare del bene e vivere una vita grande e bella”.
Il sacerdote ha osservato che il cardinale Ratzinger ha elogiato il ruolo dell’Istituto nello sviluppo della teologia morale fondamentale e che, a differenza dei nuovi statuti approvati, una versione del 2011 degli statuti dell’Istituto affermava che la teologia morale fondamentale avrebbe dovuto essere tra gli obiettivi primari della scuola.
Il 29 luglio, un comunicato stampa dell’Istituto ha dichiarato che la cattedra di teologia morale fondamentale era stata eliminata perché la materia sarebbe stata studiata nel “primo ciclo”, il programma di studi teologici necessario per l’ammissione agli studi universitari nelle facoltà pontificie.
Granados chiamò questa spiegazione “incoerente”.
“Tra le cattedre ci sono almeno altre due materie (antropologia teologica, teologia fondamentale) che vengono proposte nel primo ciclo, e non sembrano creare problemi. Inoltre, è noto che una cattedra di carattere generale, quando è data ad un livello superiore, non si limita a ripetere quanto appreso nel primo ciclo. Si tratta di approfondire diversi aspetti, come si può vedere dai corsi offerti da Melina negli ultimi anni. Melina ha approfondito aspetti concreti della teologia morale fondamentale per illuminare dalla moralità del matrimonio, della sessualità e della famiglia”.
Granados ha osservato che la preoccupazione di offrire la teologia morale fondamentale non era stata sollevata in precedenza nei 38 anni in cui la materia è stata insegnata nell’Istituto Giovanni Paolo II.
“Il motivo addotto può essere spiegato, quindi, solo come una cortina fumogena. La vera e triste ragione? Non è che Melina…..è rimasto fedele all’Humanae vitae e alla Veritatis splendor, e la cattedra viene eliminata per eliminare Melina”?
Granados ha anche discusso il licenziamento di padre Jose Noriega, DCJM la cattedra di teologia morale specializzata dell’Istituto.
Il 29 luglio, l’Istituto ha detto che Noriega è stato licenziato perché la sua posizione di superiore della sua piccola comunità religiosa è “incompatibile” con i suoi doveri di professore, e quindi proibito dal diritto canonico.
Il diritto canonico “vieta solo l’assunzione di due cariche incompatibili….. Sono incompatibili in questo caso, quando la comunità religiosa di padre Noriega ha solo 24 membri effettivi? La risposta richiede una considerazione prudenziale. E i due responsabili, cioè i due precedenti presidenti dell’Istituto, Melina e Sequeri, non hanno giudicato incompatibili le due responsabilità, poiché hanno permesso a Noriega di insegnare per 12 anni, con il suo status di superiore pubblico e conosciuto”, ha detto Granados al CNA.
“Infine, padre Noriega termina il suo incarico di Superiore Generale entro cinque mesi, cosa che l’Arcivescovo Paglia e Mons. Sequeri già sanno.
“Se il problema è l’incompatibilità, e il suo lavoro è apprezzato, perché non concedono ora qualcosa previsto dal regolamento della curia, un congedo di sei mesi, e quindi eliminare il problema? Se non si fa così, quale altra spiegazione rimane, se non che è una scusa per poter licenziare la cattedra di amore e matrimonio, e liberarsi del responsabile delle pubblicazioni dell’Istituto. È forse perché Noriega è positivamente favorevole alla Humanae vitae e alla Veritatis splendor?”.
“I due casi sono molto gravi in un’istituzione accademica. C’erano problemi dottrinali nell’insegnamento di questi insegnanti? Come gli studenti possono testimoniare, e un’analisi delle loro pubblicazioni lo dimostrerebbe, sono sempre stati eccellenti nel loro rispetto per il magistero, compreso, naturalmente, quello di papa Francesco”.
“Spiegare l’insegnamento del papa in continuità con i precedenti papi non è solo qualcosa di essenziale per ogni ermeneutica cattolica, ma è qualcosa che è promosso dal papa stesso. E in ogni caso, se si pensava, nonostante tutto, che ci fossero stati problemi dottrinali nei loro insegnamenti, perché non sottoporli a giudizio, dando loro la possibilità di difendersi”? si è chiesto Granados.
“Ebbene, se questo abuso è permesso, la libertà accademica di tutti gli insegnanti è minacciata. Siamo tutti di fronte allo stesso problema: potremmo essere espulsi, non perché neghiamo la dottrina della fede, che sarebbe cosa giusta, ma per aver seguito linee teologiche che le autorità universitarie non amano. Da questo punto di vista tutti noi che abbiamo una cattedra universitaria possiamo dire: ‘Io sono Melina e Noriega'”.
“Dovremmo essere tutti allarmati da questo arbitrario esercizio di potere sulla natura del lavoro universitario: la discussione argomentativa in una comune ricerca della verità. E cosa si penserà di questo modo di procedere nella comunità accademica europea”, ha chiesto il sacerdote.
Granados ha espresso la preoccupazione che diversi membri polacchi della facoltà vedranno le loro offerte formative limitate, una decisione che, ha detto, indebolirà il legame dell’università con il Papa polacco San Giovanni Paolo II. Ha anche lamentato il licenziamento della professoressa Maria Luisa di Pietro, il cui approccio bioetico, ha detto, assomiglia molto da vicino a quello di Giovanni Paolo II. Granados ha anche notato che saranno offerti meno corsi nell’antropologia dell’amore, una materia importante per il Papa defunto, e ha detto che a Stanislaw Grygiel, un amico personale di Giovanni Paolo II che detiene la cattedra Wojtyla dell’università, è stato detto che non offrirà regolarmente corsi presso l’Istituto.
Il sacerdote ha aggiunto che c’è preoccupazione tra gli studenti e la facoltà su quali professori saranno presto nominati alla facoltà.
“Circolano ora voci che il professor Maurizio Chiodi verrà a insegnare, il quale è aperto alla legalità della contraccezione e accetta gli atti omosessuali come ‘possibili’ in alcune situazioni. Se si promuovono nuovi professori stabili sulla stessa linea, senza seguire le normali procedure, sostenendo una “urgenza” per la quale non viene data alcuna ragione, si creerebbe una grande tensione all’interno dell’Istituto”, ha detto Granados.
“Con i poteri che il Gran Cancelliere ha ora, e le intenzioni che rivela quando rinuncia a Melina e Noriega, sarà una questione di tempo perché il corpo docente venga sostituito con un altro estraneo alla visione di San Giovanni Paolo II. Per il grande papa polacco al centro è sempre stata la fedeltà della Chiesa alla carne di Cristo, che assume in sé il progetto del Creatore, e così può guarire le ferite e le fragilità dell’uomo”, ha aggiunto.
Granados ha detto alla CNA che “gli studenti hanno rilevato i gravi problemi di cui ho parlato”. Parlando di una lettera inviata dagli studenti il 25 luglio a Paglia e Sequeri, ha detto che “con la loro azione comune, rispettosa e coraggiosa, i nostri studenti testimoniano il loro apprezzamento per l’Istituto, perché hanno trovato una comunione di insegnanti e studenti dove si sono sollevate grandi questioni e si potrebbe cercare la verità dell’amore”.
“Si sono così aperti loro orizzonti di grandezza e un cammino fecondo nel loro ministero pastorale con le famiglie. La lettera si spiega da sola e include le ragioni del timore che l’identità che San Giovanni Paolo II voleva dare all’Istituto da lui fondato e affidato alla protezione della Vergine di Fatima non sarebbe stata preservata”.
Nonostante le sue preoccupazioni, Granados ha detto alla CNA che crede che sia ancora possibile per gli amministratori dell’Istituto realizzare la visione di Papa Francesco per un approccio fruttuoso e collaborativo al rinnovamento dell’Istituto.
“Per tre anni abbiamo lavorato a tal fine con Mons. Sequeri. Egli può testimoniare che è stato un rapporto cordiale e fruttuoso. Abbiamo trovato un approccio al rinnovamento che rispetta la missione dell’Istituto, per una nuova fecondità che includeva l’eredità del nostro fondatore e la ricca tradizione cattolica. Molte volte Mons. Sequeri mi ha assicurato che non dovevamo temere le voci di licenziamenti. E che il lavoro collegiale degli insegnanti sarebbe stato rispettato”.
“Inspiegabilmente, alla fine, di sorpresa, è accaduto il contrario, con grande danno per l’Istituto e per i docenti e gli studenti. È possibile tornare a quel percorso costruttivo? Mons. Paglia e Mons. Sequeri sanno che insegnanti e studenti sono disponibili, come hanno già dimostrato. Ma è necessario ripercorrere i passi sbagliati. Il primo ostacolo che deve essere rimosso è quello di restituire alla facoltà i docenti che sono stati licenziati. Niente di solido si costruisce sull’ingiusto licenziamento di colleghi stimati in tutta la comunità accademica, non solo nell’Istituto, ma in tutto il mondo universitario cattolico”, ha aggiunto.
Granados ha detto di sperare che si possa realizzare un rinnovamento più fruttuoso, perché ritiene che la missione dell’Istituto Giovanni Paolo II sia importante per la missione della Chiesa.
“Giovanni Paolo II ha avuto una grande intuizione che deriva dalla sua esperienza di vita. ‘Da giovane sacerdote’, scriveva, ‘ho imparato ad amare l’amore umano’”. È stato il suo lavoro con le giovani coppie che gli ha permesso di scoprire che la famiglia è la via della Chiesa. Perché lì si coltivano le esperienze di base che Cristo ha assunto, redento e realizzato”.
“Per recuperare queste esperienze originali, la cui perdita è la grande miseria dell’uomo di oggi, Giovanni Paolo II capì che era necessario illuminare la verità dell’amore. Egli fondò l’Istituto come comunità accademica affinchè potesse indagare questa verità d’amore, basata sul piano di Dio per il matrimonio e la famiglia”.
“Perché la luce per la nostra notte non viene innanzitutto dall’analisi dei problemi dell’uomo, ma dal considerare qualcosa di più originale: il dono che Dio ha fatto all’uomo e alla Chiesa in ogni matrimonio e in ogni famiglia. Qui è inclusa l’intuizione di misericordia, che tanto ha promosso papa Francesco: La prima misericordia di Dio per l’uomo è stata quella di dargli una famiglia e di salvare la famiglia, perché da lì è possibile ricostruire l’intero soggetto umano e ripristinare la capacità di agire”, ha aggiunto Granados.
“Proprio a questo punto è anche importante la morale, che l’Istituto ha coltivato dalla luce dell’amore, come modo per realizzare la nostra vocazione all’amore, e come capacità di realizzare una vita bella e piena. Poiché in questa via all’amore è essenziale recuperare il linguaggio del corpo, Giovanni Paolo II ha affidato all’Istituto la sua Catechesi sull’amore umano, dove ha delineato una teologia del corpo che ha continuato a svilupparsi in questi anni con grande fecondità”.
Nella “teologia del corpo”, ha detto Granados, Papa San Giovanni Paolo II “ci chiama a rileggere veramente il linguaggio del corpo, un linguaggio inscritto in noi dal Creatore, che si basa sulla differenza sessuale dell’uomo e della donna aperta alla vita. Da questa visione antropologica unitaria, si è coltivata e arricchita una facoltà, estesa in tutti i continenti in diverse sezioni, dove lo studio di ogni disciplina arricchisce le altre, evitando quella frammentazione così tipica del lavoro universitario di oggi. La netta rottura che osserviamo in questi giorni, offuscando il ricordo di questa tradizione viva, che si conserva soprattutto nelle persone, mette in pericolo questo ricco patrimonio”, ha concluso il sacerdote.
“Il lavoro dell’Istituto e dei suoi frutti è stato enorme, e si può vedere nel numero di studenti formati (sacerdoti, laici, famiglie) che lavorano nell’insegnamento e nella pastorale familiare; di conferenze a cui sono stati invitati tanti specialisti di diverse discipline; di pubblicazioni luminose per ministri pastorali; di iniziative pastorali concrete per aiutare le famiglie, portando, come il Buon Samaritano, l’olio per le loro ferite e il vino della gioia della loro vocazione all’amore”.
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