ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 8 agosto 2019

Non c’è da stupirsi

Gli effetti del Concilio “umanista” (commento a don Bux)

nel pezzo che trovate nella colonna  a destra:


Si lasci almeno ripetere  che questa non è che al conseguenza coerente del Concilio – in quanto divinizzatore dell’uomo non santificato, l’uomo massa, diremmo, l’uomo per il quale “vivere è essere quello che già  è”.  “L’’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa soltanto centro d’ogni interesse, ma osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà. Tutto l’uomo fenomenico, cioè rivestito degli abiti delle sue innumerevoli apparenze”, come proclamò  inebriandosi Paolo Vi  nel  discorso di chiusura del Concilio  il 7 dicembre 1975.
“L’umanesimo laico profano è apparso nella terribile statura ed ha, in un certo senso, sfidato il Concilio. La religione del Dio che si è fatto Uomo s’è incontrata con la religione (perché tale è) dell’uomo che si fa Dio. Che cosa è avvenuto? uno scontro, una lotta, un anatema? poteva essere; ma non è avvenuto.  […] Una simpatia immensa lo ha tutto pervaso. La scoperta dei bisogni umani (e tanto maggiori sono, quanto più grande si fa il figlio della terra) ha assorbito l’attenzione del nostro Sinodo. Dategli merito di questo almeno, voi umanisti moderni, rinunciatari alla trascendenza delle cose supreme, e riconoscerete il nostro nuovo umanesimo: anche noi, noi più di tutti, siamo i cultori dell’uomo”.
“….tanto che possiamo altresì enunciare: per conoscere Dio bisogna conoscere l’uomo”, proseguì Montini.  E subito escluse che “questo Concilio” volesse  riproporre “al mondo moderno la scala delle liberatrici e consolanti   ascensioni”:  questo sarebbe stato  , “in definitiva” soltanto “un semplice insegnamento ad  amare l’uomo per amare Dio”,   la vecchia via della santificazione  e dell’ascesi. No, no e poi no, disse Montini: il nostro  nuovo verbo è “amare l’uomo  non come strumento [o mezzo] , ma come primo termine [ossia come fine]  verso il supremo termine trascendente”.
Prima, Cristo e  la Chiesa dicevano che il fine dell’uomo è la gloria di Dio, ed è per questo che è stato creato, per dare gloria a Dio obbedendogli a santificandosi. Il Concilio invece  esalta “promuove la dignità umana”  fino  intronizzare l’uomo comune,  mettendo fra parentesi d’acciaio la frase di Cristo  sulla nostra nullità: “Senza di ME non potete far nulla”.  
“Tutti i beni della terra devono ordinarsi in funzione dell’uomo, centro e cima di tutti questi…signore della intera creazione visibile”,   proclama il Concilio:  insomma lo ha dotato di tutti i titoli che noi ingenuamente,attribuivamo a Dio.
L’uomo è la sola creatura terrestre “, sancisce Gaudium et Spes, il documento conciliare – che Dio  “ha   amato per se stessa  (propter seipsam”. Ora, è propria della dignità divina di essere amabile per se stessa.  Nel vecchio cristianesimo,  si amavano gli uomini (imperfetti, inclinati al male dal peccato originale ) per amor di Dio.  Adesso  il Creatore  è al servizio degli uomini e della loro felicità.
Paolo VI stesso confermò questa altissima e falsissima idea della dignità dell’uomo anche nell’ora per lui più tragica,    quando, spezzato dal dolore per l’uccisione del suo amico perdonale Aldo Moro, “quasi rimproverando il Signore per quanto era accaduto” disse Andreotti, parlò  agli “uomini delle Brigate rosse” dicendo loro:  “Un sentimento di pessimismo viene ad annientare tante speranze serene e a scuotere la nostra fiducia nella bontà del genere umano”.  La  fiducia nella bontà del  genere umano non   è  cristiana: è da Rousseau (“l’uomo nasce buono”,  è  l’Illuminismo,  o  modernismo del Ballo Excelsior)  –   non  la può nutrire  chi sa dalla Chiesa bimillenaria,  che l’uomo è “ferito” dal peccato originale,  che lo rende “inclinato al male”, il che significa: per  lui, fare il bene non è naturale, gli richiede uno sforzo cosciente.  E da dove “tante speranze serene”  addirittura “annientate” ?  Se non dalla convinzione che l’uomo così com’è ha “diritto” che Dio provveda alla sua “felicità”?
Quindi non c’è da stupirsi nel vedere che un parroco del Bresciano invita in chiesa  a parlare a  favore dell’immigrazione, Emma Bonino:
o se la Chiesa,  così stentorea per proclamare il diritto dei “migranti” a venire qui, al punto che il cardonal Marx tedesco finanzia  con centinaia di migliia di euro  due Ong-scafiste,  sia poi la  stessa Chiesa che tace e nulla  ha da dire quando:
  1.  una ministra della Sanità in carica e il capo del sindacato maggiore italiano premono esplicitamente per   legalizzare l’eutanasia;
  2.  si scopre un vastissimo sistema  per strappare i bambini a famiglie povere in difficoltà per darle invece a  militanti ideologici  LGBT ( che ci guadagnano) o  a “case-famiglia” anche di questo tipo:

Riti satanici in casa famiglia nel Salento, otto anni a due educatori

La Chiesa è  sempre assente dal  dibattito sui fenomeni satanici  che diventano costume corrente, le deviazioni luciferine sempre più proterve della società. Non ha niente da dire.  O dice “chi sono io per giudicare”?  Si leggano le  frasi con cui Montini sunteggò  i fini del Concilio:
Da  lì  discende tutta  la  modernità libertaria trasgressiva,  dal grande rimpiazzo  di un popolo con altri,   senza alcun rispetto per tradizioni, radici, identità “naturali” e culturali  –   all’aborto al divorzio, all’eutanasia  –  giù giù fino alle mostruosità di Bibbiano,  alle assistenti sociali che  strappano  i bambini alle famiglie naturali per darli (a pagamento di 200  euro al giorno)  a ideologi e pedofili sodomiti;  ma anche  fino  al gender  come insegnamento obbligatorio: il sesso non è “natura” ma  scelta “culturale” dell’uomo divino, a cui egli deve essere educato a scegliere (di che sesso vuol diventare) perché  si è finalmente liberato  – appunto  – della natura  intesa come “limite alla sua onnipotenza”.
La lotta vittoriosa alla famiglia naturale, alla  vita  che naturalmente  cresce   nel ventre delle madri  –   per sostituirla col  diritto alla “paternità “ di due omosessuali maschi (o femmine), la gravidanza per altri,  – e ovviamente, il suicidio assistito legalizzato, conquista suprema  dell’uomo   –  non sono perfettamente deducibili dalla “legge dell’amore”  che il Concilio proclamò aver sostituito la legge naturale?
Sono tutte  conseguenze ultime,  terminali, che discendono con coerenza dalla “religione dell’uomo che si fa Dio”,   che incontrò  con tanta simpatia ”la religione del Dio fatto uomo”, secondo Montini: dove quest’ultima si è messa al servizio della prima.
Già Romano Amerio profeticamente in Iota Unum mezzo  secolo fa, vide nello “attacco portato dentro la Chiesa post-conciliare all’esistenza e all’assolutezza della legge  naturale”  l’inizio  “dell’assalto condotto da tutte le parti contro il diritto naturale, che è  palese nella piega generale della legislazione delle  nazioni europee,  con l’adozione del divorzio, dell’aborto, della sodomia derubricata dalla categoria dell’illecito  –  Questo è il segno più irrefranabile della corruzione di civiltà che viene operandosi nel presente articulum temporis”.
L’argine fu abbattuto  allora. Il katechon fu allora tolto di mezzo.



Jean Guitton e la messa ecumenica … di Paolo VI

a cura di Giuliano Zoroddu

Di tanto in tanto in certi ambienti “conservatori” o “antibergogliani” si paventa l’avvento di un
 Novissimus Ordo Missae che andando oltre il Novus sarà una messa ecumenica, pienamente protestante, addirittura senza la consacrazione, invalida. Un vero e proprio abominio della desolazione. Ma forse costoro non si sono accorti o forse non vogliono prendere coscienza del fatto che un rito protestantico già da cinquant’anni ha soppiantato il vero rito della Chiesa Romana: quel Novus Ordo, promulgato il 3 aprile 1969 e imposto il 30 novembre dello stesso anno, che certuni riconoscono come forma ordinaria del rito romano. E sulla protestanticità del rito montiniano si espressero i Cardd. Ottaviani e Bacci che, sottoscrivendo ilBreve esame critico del Novus Ordo Missae, lo definirono “un impressionante allontanamento dalla teologia cattolica della Santa Messa, quale fu formulata nella Sessione XXII del Concilio Tridentino”; sulla stessa linea il Professor Arnaldo Vidigal Xavier da Silveira (vedi qui); Monsignor Lefebvre a Firenze coniò l’espressione “messa di Lutero”. Lo stesso artefice principale della riforma liturgica, Mons. Bugnini, varie volte (vediqui) ribadì la valenza ecumenica della riforma montiniana, valenza più volte sostenuta anche da varie autorità del protestantesimo internazionale. Ma a sostenere la tesi secondo cui Paolo VI abbia voluto “protestantizzare” la messa cattolica è un amico intimo dello stesso Papa: il filosofo francese Jean Guitton.


Paolo VI con i sei pastori protestanti che parteciparono alla creazione della messa nuova. Alla sinistra di Paolo VI è Max Thurian che ebbe a dire: “Il nuovo ordinario della messa, al di là delle sue relative imperfezioni, dovute al peso della collegialità e dell’universalità, è un esempio di quella ricerca feconda di unità aperta e di fedeltà dinamica, di vera cattolicità: uno dei suoi frutti sarà che forse le comunità non-cattoliche potranno celebrare la Santa Cena con le stesse preghiere che usa la Chiesa cattolica. Teologicamente, è possibile” (in La Croix, del 30 maggio 1969, p. 10)

Paolo VI e Jean GuittonIl 19 dicembre 1993 [Jean Guitton], partecipando ad un dibattito di Lumiere 101, la radio domenicale di Radio-Courtoise, ha sostenuto che «l’intenzione di Paolo VI a riguardo della liturgia, a riguardo della volgarizzazione della messa, era di riformare la liturgia cattolica così che coincidesse pressappoco con la liturgia protestante … con la Cena protestante». E più avanti: « … ripeto che Paolo VI ha fatto tutto ciò che era in suo potere per avvicinare la messa cattolica – al di là del Concilio di Trento - alla Cena protestante. Aiutato particolarmente da mons. Bugnini, che non ha goduto sempre della sua fiducia su questo punto».
Tra gli ascoltatori proteste di un sacerdote, che «non [è] d’accordo col sig. Guitton quando pretende che Paolo VI ha voluto accostare la Messa cattolica alla Cena calvinista. [Gli] sembra che questo non regga». E Guitton: «Naturalmente io non ho assistito alla Cena calvinista, ma ho assistito alla messa di Paolo VI. E la messa di Paolo VI si presenta per prima cosa come un banchetto, non è vero? e insiste molto sull’aspetto della partecipazione ad un banchetto, e molto meno sulla nozione di sacrificio, di sacrificio rituale, in faccia a Dio, mentre il sacerdote mostra solo le spalle. Allora non credo di ingannarmi dicendo che l’intenzione di Paolo VI e della nuova liturgia che porta il suo nome, è di chiedere ai fedeli una più grande partecipazione alla messa, è di dare un posto più grande alla Sacra Scrittura e un posto meno grande a tutto ciò che in essa vi è, alcuni dicono “di magico”, altri “di consacrazione consustanziale”, [correggendosi] transustanziale, e che è la fede cattolica. In altre parole, c’è in Paolo VI l’intenzione ecumenica di cancellare – o almeno di correggere, di attenuare – ciò che c’è di troppo [sic!] “cattolico”, in senso tradizionale, nella Messa, e di avvicinare la Messa cattolica – lo ripeto – alla messa calvinista».

Uno dei partecipanti al dibattito, Yves Chiron, autore di Paul VI, le pape écartelé, sottolinea: «Questa è chiaramente una rivoluzione nella Chiesa». «È chiaramente una rivoluzione» conferma Jean Guitton. [1]
da Si si No no, Anno XX, n. 13, luglio 1994, p. 5. La medesima intervista è riportata da Yves Chiron nel summenzionato libro su Paolo VI e da La Messe a-t-elle une histoire?, in Savoir et Servir, n.55, Montrouge 1994, p.94.
[1] Lo stesso Paolo VI parlando della sua messa la indica come un cambiamento sostanziale e generale: «Non diciamo dunque “nuova Messa”, ma piuttosto “nuova epoca” della vita della Chiesa» (Udienza generale del mercoledì 19 novembre 1969). Lo stesso la settima dopo riconobbe gli effetti negativi che avrebbe provato il suo rito, profetizzando quasi la sempre più scarsa pratica religiosa e il degrado del sacerdozio: «Le persone pie saranno quelle maggiormente disturbate, perché avendo un loro rispettabile modo di ascoltare la Messa si sentiranno distolte dai loro consueti pensieri e obbligate a seguirne degli altri. I sacerdoti stessi proveranno forse qualche molestia a tale riguardo» (Udienza generale del mercoledì 26 novembre 1969. Vedi anche qui).


Vedi anche:

https://gloria.tv/article/CUAAYUHbJcGU4iSc34x7dG8Rq

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