SUPER EX. I BEGLI AMICI DEL PAPA IN AMERICA! ABORTISTI PER IL CLIMA.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, Super Ex (ex di Avvenire, ex di Movimento per la Vita, ex di altre cose cattoliche che magari neanche ci immaginiamo, ma ancora, testardamente, contro venti, maree e mo, cattolico) ci ha inviato una riflessione interessante su papa Bergoglio e gli Stati Uniti. Dopo la simpatica uscita diplomatica sull’aereo che lo portava in Africa, c’è stato chi per dovere d’ufficio, ha cercato di ammorbidire i toni della battuta anti-Gringos del Pontefice. E, paradossalmente, aveva ragione. Mica tutti gli americani, stanno antipatici al Pontefice. Ce ne sono di quelli che gli stanno simpatici. E uno di questi è Bernie Sanders. Che ha delle belle idee, proprio. Quelle che in Cina hanno portato al disastro, e da cui Pechino cerca faticosamente di uscire. Ma Sanders, lo sappiamo, non ha il Marchio della Bestia, non è conservatore, non è tradizionalista ed è di sinistra. Insomma le ha tutte per piacere all’inquilino dell’attico di Santa Marta.
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Rimaniamo agli americani, derisi con il solito tatto da Bergoglio. Non tutti, dicevamo. Bergoglio, infatti, è stato uno sponsor di Sanders contro Trump. Forse i lettori ricorderanno che Sanders fu accolto pubblicamente, durante le primarie americane, a casa Santa Marta. Così Repubblica: “16 aprile 2016 Bernie Sanders, candidato democratico alle Primarie Usa, ha incontrato Papa Francesco prima di ripartire per New York. Pochi minuti di colloquio – lo riferisce Abc News – prima che il Pontefice partisse per l’isola greca di Lesbo. “E’ stato un onore – ha detto il senatore del Vermont -. Penso che sia una delle figure straordinarie non solo del mondo attuale, ma della storia mondiale moderna”. L’incontro è avvenuto nella residenza papale di Santa Marta, dove Sanders e la moglie Jane risiedevano da venerdì scorso. Il candidato democratico ha partecipato in Vaticano a un incontro promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali”.
Fu un incontro lampo, è vero, ma costruito apposta per lanciare un segnale da parte di Bergoglio agli americani. L’uomo è fatto così: prima di elezioni in cui siano coinvolti i suoi pupilli, lancia endorsment evidenti. Forse qualcuno ricorderà che lo ha fatto anche con Conte, il 1 giugno di quest’anno: lo ha definito pubblicamente “uomo intelligente”, mettendolo evidentemente in contrapposizione a Salvini (vedi qui). Stava già preparando qualcosa?
Ebbene ora vediamo un attimo cosa pensa Sanders. Il suo ultimo messaggio ce lo riassume Tempi,una rivista vicina alla parte di Comunione e Liberazione che ha deciso di rimanere fedele a don Giussani e a Cristo, senza seguire le giravolte religiose e politiche di don Carron e del camaleonte Vittadini: per il clima, promuoviamo l’aborto! Sì, da tempo Greta, Sanders ecc. tornando a coniugare l’ambientalismo alla maniera dei nazisti, o dei radicali sostenitori del “rientro dolce”. Il clto dell’ambiente, della Dea Natura, diventa odio per l’uomo, chje inquina, sporca, mangia carne. Evviva, allora, l’aborto.
Una curiosità: forse il massimo diffusore del mito del “fungo dell’eplosione demografica”, fu, alla fine degli Sessanta, Aurelio Peccei, fondatore del Club di Roma.
Nella sua vita ebbe modo di passare anche per l’Argentina. Lo ricorda wikipedia: “Nel 1949 accettò di trasferirsi in America Latina per conto della Fiat, la quale intratteneva già relazioni commerciali con il Sud America che si erano interrotte, tuttavia, durante la guerra. Si stabilì in Argentina dove visse con la sua famiglia una decina di anni all’incirca. Grazie al suo ingegno capì le grandi potenzialità del luogo dove si trovava e riuscì ad aprire una filiale argentina della FIAT, la Fiat-Concord, che si occupava di produrre automobili e trattori. La filiale presto divenne una delle prime linee di produzione di grande successo in America Latina”.
Che Bergy abbia studiato, oltre che sui testi dei teologi della liberazione e della professoressa marxista, anche le idee di Peccei?
Forse sì, forse no, certamente l’ambientalismo di Greta e Sanders, che egli stima ed elogia, sono la riedizione delle sue appassionate requisitorie contro l’homo inquinans e i suoi presunti delitti!
8 Settembre 2019 6 Commenti --Marco Tosatti
Sanders e i verdi: l'ideologia dell'estinzione volontaria
Bernie Sanders, candidato alle primarie democratiche anche per le prossime elezioni presidenziali americane, ha detto esplicitamente di voler incoraggiare gli aborti per combattere i cambiamenti climatici. Un'idea che punta all'estinzione volontaria dell'uomo, tutt'altro che nuova e sempre più diffusa negli ambienti accademici e nella società
Bernie Sanders, candidato alle primarie democratiche anche per le prossime elezioni presidenziali americane (si terranno nel novembre 2020), in un dibattito televisivo ha dato ragione a un’insegnante su una delle questioni più controverse legate ai cambiamenti climatici: fare meno figli per salvare il pianeta Terra. La sua risposta ha fatto scandalo e ha dato il destro ai conservatori per lanciare critiche al vetriolo, contro la retorica anti-umana del senatore democratico. Ma Sanders non è un caso isolato. E’ solo l’ultimo anello di una catena di teorie, consenso accademico, opinione mediatica e infine anche movimenti della società civile che chiedono all’uomo precisamente questo: di ridursi, di farsi da parte, per “salvare il mondo”. Con un ribaltamento di prospettive senza precedenti.
Bernie Sanders, di suo, ha detto poco o nulla di nuovo. E’ invece interessante rileggere la domanda che gli è stata rivolta dalla professoressa Martha Readyoff: “Conferire più diritti alle donne ed educare tutti alla necessità di frenare la crescita della popolazione pare un programma ragionevole da applicare. Lei sarebbe abbastanza coraggioso da discutere su tale questione e renderla un punto fondamentale dei prossimi piani per la lotta alla catastrofe climatica?”. Il candidato democratico alle presidenziali Usa ha risposto essenzialmente: “sono d’accordo”. Ed ha attaccato la Mexico City Policy (introdotta per la prima volta da Reagan nel 1984 e ripristinata dai suoi successori repubblicani, incluso Trump), in base alla quale gli Usa non finanziano attività di promozione dell’aborto all’estero. Sanders l’ha definita “assurda”. Di suo proporrebbe di ripristinare gli aiuti, con fondi pubblici alle attività abortiste “specialmente nei Paesi poveri di tutto il mondo, dove le donne non necessariamente vorrebbero avere un gran numero di figli e dove possono avere l’opportunità, tramite una politica di controllo delle nascite, di contenere il numero dei figli”.
Il senatore repubblicano Ted Cruz, ironizzando sulla disinvoltura con cui Sanders ha, di fatto, perorato la causa di chi vorrebbe ridurre il numero di esseri umani sulla Terra, cita Thanos, il cattivo degli Avangers che, nel fumetto e nel film che ne è tratto, dimezza l’umanità con uno schiocco di dita. “Con una mossa a sorpresa, Sanders ha nominato Thanos suo vice”, ha twittato Cruz. Ancor più forte il commento del deputato Steve Scalise, che sottolinea l’implicita natura obbligatoria della politica voluta dal Democratico: “Bernie Sanders ha detto che i vostri dollari pagati in tasse dovrebbero essere usati per finanziare gli aborti all’estero, per ridurre la popolazione mondiale”. Ben Shapiro, uno dei più seguiti commentatori repubblicani, evidenzia invece la natura implicitamente razzista del ragionamento di Sanders: incoraggerebbe l’aborto di “bambini a gran maggioranza neri”, in Paesi in via di sviluppo.
Tuttavia, Sanders fa suo quel che sta già diventando di dominio comune. L’aspetto della popolazione è ancora considerato controverso ed è il meno dibattuto nel cambiamento climatico (meno delle rinnovabili e delle tasse sull’energia). Tuttavia sta per essere sdoganato del tutto. E’ implicito nel calcolo dell’impronta ecologica, l’indice elaborato dal WWF nel 1999 per calcolare quanto gli uomini (individualmente e collettivamente) consumino risorse, in proporzione a quanto il pianeta può sostenere. Questi calcoli si fanno in relazione al pianeta, non all’uomo che lo abita. Il numero degli abitanti in sé, infatti, si è rivelato non essere un problema insolubile. Ai tempi in cui Paul R. Ehrlich scriveva il catastrofista La bomba demografica (1968) si prevedeva che negli anni in cui stiamo vivendo ora non ci sarebbero già state più risorse. Al contrario, la popolazione è cresciuta da 3 a 7,5 miliardi di persone da allora e la fame nel mondo, anche se tutt’altro che sconfitta, si è notevolmente ridotta, sia in proporzione alla popolazione totale, sia in termini assoluti: da 1 miliardo di sotto-nutriti nel 1991 agli 800 milioni attuali, secondo le statistiche della Fao. Anche in termini di povertà, pur essendo aumentata la popolazione, la Banca Mondiale registra un “calo da record” nel numero dei poveri che vivono con meno di 1,9 dollari al giorno: dal 42,1% nel 1981 al 9,9% del 2015. In estrema sintesi: anche se siamo di più, non viviamo peggio. Ma non è più questo aspetto che interessa: non ci si chiede come stiamo noi (umani), ma come sta il pianeta.
Il nome più evocativo di questa mentalità è quello della comunità internazionale Vhemt, acronimo anglosassone di “Movimento per l’estinzione umana volontaria”. Chi ne fa parte promuove attivamente la sterilizzazione per evitare di fare figli, onde evitare di pesare di più sul pianeta. Il quotidiano Linkiesta, uno dei più attivi sul fronte ecologista in Italia, titolava un suo editoriale del 2017: “Il modo migliore per salvare il clima? Fare meno figli”. “Altro che problema: la crisi demografica è, in realtà, una benedizione. Lo dice uno studio scientifico della svedese Università di Lund (che, per chi non lo sapesse, è molto prestigiosa) che ha monitorato i vari effetti delle attività umane sul cambiamento climatico. Risultato? Meglio fare meno figli. Per essere precisi, uno di meno”. L’articolo de Linkiesta, sempre citando il parere degli accademici svedesi, misura quante "sofferenze" possiamo risparmiare al pianeta: “Secondo gli scienziati per l’ambiente è otto volte meglio adottare «una dieta vegetariana piuttosto che usare lampadine a risparmio energetico». E quattro volte meglio piuttosto che «riciclare». Tanti miti distrutti in poche frasi. E se poi, anziché fare due figli se ne fa uno solo, per l’ambiente è «60 volte meglio piuttosto che essere vegetariani». Addio emissioni”. Sì, e addio umanità aggiungerebbe una qualunque persona dotata di buon senso.
L’attenzione esclusiva alle esigenze del pianeta, invece che a quelle dell’uomo, può cambiare (e in parte sta già cambiando) la formulazione degli stessi diritti umani. Michelle Bachelet, attuale Commissaria per i Diritti umani all’Onu, prima della conferenza sui cambiamenti climatici di Katowice, l’anno scorso, inviava una lettera aperta ai capi di Stato e di governo, ritenendoli responsabili legalmente “nel quadro dei diritti umani per prevenire il cambiamento climatico”. La visione della Bachelet è sostanzialmente la stessa di Greta Thunberg, la giovane testimonial della lotta ai cambiamenti climatici: siamo in emergenza, bisogna agire di conseguenza. La libertà di azione dei governi viene limitata nel nome della causa comune. Bachelet nella sua lettera rende noto che milioni di persone affrontano il pericolo del cambiamento climatico e ha invitato i paesi partecipanti a prendere le misure “più efficaci, appassionate, urgenti e basate sui diritti umani contro i cambiamenti climatici”. Queste misure, inevitabilmente, limitano la libertà economica in diversi suoi aspetti: nella produzione energetica, nel trasporto, nella produzione di beni di consumo. Ma anche gli aspetti della nostra vita quotidiana, a partire dalla nostra dieta, saranno sempre meno liberi.
Come abbiamo già visto nello studio dell’Università di Lund “è otto volte meglio adottare «una dieta vegetariana piuttosto che usare lampadine a risparmio energetico»”. In uno sviluppo grottesco di questa logica, in un simposio a Stoccolma sull’alimentazione, il Gastro Summit, ci si chiede “Il cannibalismo potrebbe essere una soluzione per la sostenibilità ambientale nel futuro?” Invitato a parlare alla conferenza, Magnus Söderlund, ricercatore, esperto di comportamento dei consumatori e marketing, non lo esclude. Fra il serio e il faceto, alla domanda se lui personalmente possa provare a mangiare carne umana, risponde: “sono un po’ in dubbio, ma per non apparire apertamente conservatore… devo dire… sarei disponibile almeno ad assaggiarla”. Perché, dal suo punto di vista, è solo, in sostanza, una questione di abitudini e di tabù. Ma comunque, nel nome della sostenibilità, si dovrebbero sperimentare altre strade. Oggi il cannibalismo sostenibile è solo una provocazione. Un domani, una volta sdoganato anche questo concetto...
Stefano Magni
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