ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 8 settembre 2019

La sceneggiata post reale

"Il Nuovo Vangelo" di Rau (finanziato con soldi pubblici) dove Gesù è un africano

Il docufilm del regista Milo Rau stravolge la figura di Gesù Cristo per fini politici e sostituisce la fede con il buonismo più spicciolo

Il Nuovo Vangelo ha caratteristiche ben precise: Gesù Cristo è viene dall'Africa, i precetti delle sacre scritture sono capovolti in modo da giustificare l'accoglienza dei migranti e i profughi si piazzano al centro della predicazione rivoluzionaria del Figlio di Dio.
Fa discutere "Il Nuovo Vangelo" di Milo Rau, un'opera a metà strada tra uno spettacolo teatrale e un film in cui il protagonista principale, Gesù, è impersonato dall'attore camerunese Yvan Sagnet, noto attivista che da tempo si batte per i diritti dei cittadini stranieri in Italia.

Il progetto di Rau, tra l'altro sponsorizzato dal Mibac, il Ministero dei beni e delle attività culturali, è un chiaro manifesto politico che, per legittimare il proprio messaggio pro immigrazione, si affida alla religione cristiana.

"Il Nuovo Vangelo" che fa discutere

Il problema è che questo docufilm stravolge la figura di Gesù Cristo per fini politici e sostituisce la fede con il buonismo spicciolo.
Agli occhi del pubblico, il progetto viene presentato come un “manifesto di solidarietà”, composto da “un cast di rifugiati e contadini disoccupati” e con l'obiettivo di ricercare “una nuova scrittura del Vangelo”, in grado di rispondere alle domande scaturite dai problemi sociali del XXI secolo.
Chi sono gli emarginati di oggi? Risposta: i migranti. Cosa predicherebbe il Gesù Cristo nero de "Il Nuovo Vangelo"? Di accogliere i migranti senza se e senza ma.
Milo Rau, prosegue la presentazione dell'opera, “userà teatro e cinema per raccontare le ingiustizie umane”. E, ci sarebbe da aggiungere, stravolgendo completamente la realtà dei fatti a proprio piacimento.

Niente benedizione alla nuova ambulanza della Croce Rossa: "Non vogliamo offendere i musulmani"

Niente sacerdote a Moncalieri in occasione della presentazione della nuova ambulanza della Croce Rossa. Un fatto paradossale, le cui scuse appaiono ancora più assurde, ecco quanto accaduto in Piemonte

Niente segno della croce davanti la Croce Rossa: una scena da vero e proprio teatro dell’assurdo, emblema di una società post reale.
Ecco quello che accade nella cittadina piemontese di Moncalieri.
Succede infatti che nella locale sezione della Croce Rossa ci si dimentica di una tradizione da sempre in voga all’interno dell'istituzione vocata alla cura di feriti ed ammalati, ossia la benedizione di una nuova ambulanza.
Al momento della cerimonia, ci sono tutti ma manca il prete. I volontari si chiedono che fine abbia fatto, ma in realtà il sacerdote non arriva perché la benedizione è vietata: nessun segno della croce, nessuna liturgia, nessun gesto che possa ricondurre alla tradizione cattolica sia della Croce Rossa che del territorio.
Su La Stampa si riporta quella che, in un primo momento, è la spiegazione ufficiale: “Nessuna benedizione per non offendere la sensibilità di chi non è cattolico”. In poche parole, niente presenza di sacerdoti per non urtare chi cattolico non è: musulmani in primo luogo ed atei. Un ragionamento che cozza con la missione di un’istituzione come la Croce Rossa, cristiana sì ma, seguendo i proprio i precetti cristiani, pronta a non tirarsi indietro davanti alle necessità di ogni uomo, a prescindere dalla sua fede.
La Croce Rossa va in giro per il mondo proprio per portare questo primario ed importante principio cristiano, a Moncalieri invece si sceglie di relegare il simbolo della croce ad un mero addobbo rosso su sfondo bianco della nuova ambulanza. Del resto, ogni fede ed ogni paese ha le sue organizzazioni umanitarie storiche, tradizionali e religiose: nei paesi a maggioranza musulmana i cittadini confidano molto, in caso di bisogno, nell’arrivo di ambulanze con la mezzaluna rossa e nessun arabo, anche cristiano, si sognerebbe di togliere a quel simbolo il suo forte significato.
E poi a Moncalieri, tornando al caso locale accaduto lo scorso primo agosto, nessun imam ha mai chiesto ufficialmente di non effettuare la benedizione, nessun musulmano si è sentito offeso dalla eventuale presenza di un parroco.
La sceneggiata post reale accade invece, come scrive Libero, per un’altra motivazione forse ancora più assurda: il marito della donna che ha donato il mezzo da adibire ad ambulanza, non vuole alcuna benedizione. In poche parole, si dona il mezzo purché nessuna benedizione venisse impartita. Forse perché ateo, forse perché non praticante, fatto sta che la sezione locale di Moncalieri, forse a corto di mezzi, pur di avere una nuova ambulanza asseconda le velleità di un singolo contro il sentimento sia dei volontari che dei cittadini.
Questi ultimi risultano straniti da questa decisione, per nulla contenti di come la presentazione di una nuova ambulanza si sia trasformata nella più ridicola interpretazione che l’estremismo laicista potesse mettere in scena.
Si tratta di un singolo episodio accaduto all’interno di una cittadina piemontese, ma rischia di essere il paradigma e l’emblema di una società dove, sia il sentimento laicista che quello di un singolo, possano prevalere su tutto fino ad arrivare all’assurdo. Ma del resto, si vive in un periodo in cui i paesi del nord Europa nella migliore delle ipotesi dimenticano di avere delle croci nelle proprie bandiere e, nella peggiore, c’è chi propone di toglierle completamente.
Dunque nulla di nuovo e nulla di sorprendente, ma non per questo meno condannabile: una società che vive una post storia, difficilmente può vivere il futuro.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.