Chiesa, cattolici in aumento: ma è crollo delle vocazioni
I cattolici aumentano di numero nel mondo: 0.6% in più rispetto allo scorso anno. Ma la Chiesa vive una crisi numerica apparentemente senza uscita
I cattolici aumentano di numero nel mondo: 0.6% in più rispetto allo scorso anno. Ma la Chiesa vive una crisi numerica apparentemente senza uscita
Non sono solo le realtà tradizionaliste a poter registrare un certo incremento in termini di appartenenza religiosa, ma tutto l'universo dei cattolici può vantare una risalita degna di considerazione.
Si è spesso raccontato di come Papa Francesco avesse spostato in basso o altrove, almeno rispetto all'Europa, il baricentro della partecipazione dei fedeli. Il Brasile, soprattutto, era stato elevato al ruolo di nuova Roma, nel senso di centro del cattolicesimo.
Così come si era parlato del continente sudamericano e dell'Asia quale unici due luoghi buoni per il futuro. Quelli in cui l'evangelizzazione può attecchire. Un fattore, questo, che era stato annotato anche in alcune analisi del recente passato. Adesso i dati emergenti sembrano aver suggerito una solida smentita. C'è tuttavia qualche "però", che riguarda soprattutto il risvolto istituzionale e vocazionale, ossia lo stato di salute della Chiesa cattolica. E la prova provata, per entrambe le fattispecie, è fornita dal meno sindacabile degli strumenti: la rilevazione statistica.
La fotografia su cui si basa questa interpretazione è infatti quella fornita dalla Agenzia Fides, che è stata riportata anche sull'edizione odierna di Libero. La costante è appunto dettata da un'analisi di semplice interpretazione: i cattolici, banalmente, sono di più rispetto all'anno scorso, per una percentuale complessiva pari allo 0.6. Vuol dire che, nonostante nella contemporaneità imperi quello che il papa emerito Joseph Ratzinger chiama relativismo e quello che il cardinal Sarah ritiene essere "ateismo liquido", le persone continuano a professare una delle due religioni centrali per la storia e l'identità della civiltà occidentale. E questo avviene senza distinguo geografico. Il fatto che la Chiesa africana continui a primeggiare per numero di fedeli aderenti di anno in anno rappresenta un valore, ma non basta a cristallizzare l'intera situazione. Pure nel Vecchio Continente è possibile annotare un segno +. Sono quasi 300 mila i "nuovi cattolici" europei. E non era affatto scontato: la traiettoria sembrava dirigersi da tutt'altra parte, cioè verso l'ormai nota proiezione sulla "Europa a maggioranza islamica".
Attenzione però perché questo ampliamento non è circoscritto a casa nostra. Sulla fonte sopracitata si legge quanto segue: "Gli aumenti più consistenti ancora una volta, sono in Africa (+33.572.000) e in Asia (+11.975.000), seguite da America (+8.738.000), Europa (+1.059.000) e Oceania (+741.000)". C'è un generale ritorno al sacro. Ma la Chiesa si sta interrogando sul da farsi. Il Sinodo panamazzonico ha aperto le porte alla possibilità che alcuni laici possano svolgere funzioni sacerdotali. Il "concilio interno" dell'episcopato tedesco ha addirittura mosso qualche passo in più. Perché c'è una crisi vocazionale da cui l'Ecclesia vuole venire fuori.
La calata annuale riguarda tutti i gradi della consacrazione, tranne i diaconi. E in relazione a questa seconda statistica, il crollo europeo diviene evidente: quasi tremila sacerdoti in meno. Segno di come la gestione laicale delle realtà ecclesiastiche possa davvero costituire una soluzione utile. Ma non tutti pensano che la Chiesa possa snaturarsi sino a questo punto. "Protestantizzare" non è un indirizzo accettato senza rimostranze dottrinali. Certo è che si può prevedere come qualche novità debba essere messa in campo.
Non sono solo le realtà tradizionaliste a poter registrare un certo incremento in termini di appartenenza religiosa, ma tutto l'universo dei cattolici può vantare una risalita degna di considerazione.
Si è spesso raccontato di come Papa Francesco avesse spostato in basso o altrove, almeno rispetto all'Europa, il baricentro della partecipazione dei fedeli. Il Brasile, soprattutto, era stato elevato al ruolo di nuova Roma, nel senso di centro del cattolicesimo.
Così come si era parlato del continente sudamericano e dell'Asia quale unici due luoghi buoni per il futuro. Quelli in cui l'evangelizzazione può attecchire. Un fattore, questo, che era stato annotato anche in alcune analisi del recente passato. Adesso i dati emergenti sembrano aver suggerito una solida smentita. C'è tuttavia qualche "però", che riguarda soprattutto il risvolto istituzionale e vocazionale, ossia lo stato di salute della Chiesa cattolica. E la prova provata, per entrambe le fattispecie, è fornita dal meno sindacabile degli strumenti: la rilevazione statistica.
La fotografia su cui si basa questa interpretazione è infatti quella fornita dalla Agenzia Fides, che è stata riportata anche sull'edizione odierna di Libero. La costante è appunto dettata da un'analisi di semplice interpretazione: i cattolici, banalmente, sono di più rispetto all'anno scorso, per una percentuale complessiva pari allo 0.6. Vuol dire che, nonostante nella contemporaneità imperi quello che il papa emerito Joseph Ratzinger chiama relativismo e quello che il cardinal Sarah ritiene essere "ateismo liquido", le persone continuano a professare una delle due religioni centrali per la storia e l'identità della civiltà occidentale. E questo avviene senza distinguo geografico. Il fatto che la Chiesa africana continui a primeggiare per numero di fedeli aderenti di anno in anno rappresenta un valore, ma non basta a cristallizzare l'intera situazione. Pure nel Vecchio Continente è possibile annotare un segno +. Sono quasi 300 mila i "nuovi cattolici" europei. E non era affatto scontato: la traiettoria sembrava dirigersi da tutt'altra parte, cioè verso l'ormai nota proiezione sulla "Europa a maggioranza islamica".
Attenzione però perché questo ampliamento non è circoscritto a casa nostra. Sulla fonte sopracitata si legge quanto segue: "Gli aumenti più consistenti ancora una volta, sono in Africa (+33.572.000) e in Asia (+11.975.000), seguite da America (+8.738.000), Europa (+1.059.000) e Oceania (+741.000)". C'è un generale ritorno al sacro. Ma la Chiesa si sta interrogando sul da farsi. Il Sinodo panamazzonico ha aperto le porte alla possibilità che alcuni laici possano svolgere funzioni sacerdotali. Il "concilio interno" dell'episcopato tedesco ha addirittura mosso qualche passo in più. Perché c'è una crisi vocazionale da cui l'Ecclesia vuole venire fuori.
La calata annuale riguarda tutti i gradi della consacrazione, tranne i diaconi. E in relazione a questa seconda statistica, il crollo europeo diviene evidente: quasi tremila sacerdoti in meno. Segno di come la gestione laicale delle realtà ecclesiastiche possa davvero costituire una soluzione utile. Ma non tutti pensano che la Chiesa possa snaturarsi sino a questo punto. "Protestantizzare" non è un indirizzo accettato senza rimostranze dottrinali. Certo è che si può prevedere come qualche novità debba essere messa in campo.
Ma l'Europa è ancora cristiana? Non per molto
Nel dibattito sulle radici cristiane dell'Europa c'è una domanda che resta sempre in sospeso. La pone Olivier Roy come titolo del suo nuovo saggio edito da Feltrinelli: L'Europa è ancora cristiana? I numeri, abbondantemente citati dal sociologo francese, non lasciano spazio a troppi dubbi: no, l'Europa non è più cristiana.
Il crollo dei praticanti è netto quasi dappertutto: presto il numero dei praticanti, nell'Europa occidentale, sarà inferiore al 10 per cento della popolazione. Il 73 per cento dei francesi tra i 25 e i 34 anni giudica la religione irrilevante per la propria vita. C'è ancora una discreta percentuale di cittadini che si dichiarano cristiani senza partecipare ai sacramenti, senza avere alcuna nozione e soprattutto senza credere. Il cristianesimo dunque è diventato un riferimento identitario e per nulla religioso. Al posto della fede, abbiamo la fiducia in un gruppo di valori che discendono (dovrebbero discendere) dal cristianesimo. Ma è davvero così o quei valori sono usciti dal perimetro culturale del cristianesimo? Roy ha pochi dubbi. La secolarizzazione dell'Europa procede in parallelo alla nascita dello Stato-nazione. Lo Stato prende il sopravvento sulla Chiesa, la separazione dei poteri diventa una regola, la religione è progressivamente confinata alla sfera privata. Gli anni Sessanta sono il punto di svolta che conduce alla scristianizzazione. Per due fatti: il Concilio Vaticano II, che va incontro alla secolarizzazione; il Sessantotto, che passa come un rullo compressore sui valori tradizionali e inaugura, forse senza volerlo, l'era dell'individualismo, della soddisfazione dei desideri, del relativismo incontrastato, della fine di ogni gerarchia (nella cultura, in famiglia e ovunque), del materialismo a tutto spiano. Tutta roba inconciliabile col Vangelo ma accettata, completamente o in parte, sia da molti credenti sia da chi sventola i rosari sotto il naso degli elettori.
L'immigrazione di massa dai Paesi islamici è il secondo choc culturale. Arriva in Europa una religione con una visione totalmente diversa della vita pubblica, una religione che chiede di essere riconosciuta e ascoltata. Il terrorismo islamista complica la situazione. Si aprono problemi abissali. A esempio, come si può ribadire la centralità del cristianesimo dopo aver sposato il relativismo? Che ruolo devono assumere lo Stato e l'Unione europea: arbitri imparziali o tutori della cristianità? Domande alle quali per ora nessuno ha risposto in modo organico. Nello spazio lasciato libero dalla politica si inserisce la magistratura, a partire dalla questione del velo esplosa in Francia nel 1989. Chiuso il libro resta un brutto presagio: quanto sopravvivono le civiltà che hanno perso la dimensione religiosa, nel nostro caso il cristianesimo? Cediamo la parola ad Alexis de Tocqueville, uno che distingueva bene il potere temporale da quello spirituale: «La libertà vede nella religione la compagna delle sue lotte e dei suoi trionfi; la culla della sua infanzia, la fonte divina dei suoi diritti. Essa considera la religione come salvaguardia dei costumi; i costumi come la garanzia delle leggi e il pegno della sua durata» (La democrazia in America).
Il vaticanista britannico Edward Pentin su Twitter: "Una Via Crucis per i popoli e i martiri amazzonici, durante la quale i fedeli" hanno ricordato la violenza e la repressione delle popolazioni indigene dell'Amazzonia ".
La statua della dea incinta, nuda, che si dice essere un simbolo di vita, fertilità
era portata in processione da vescovi "cattolici" ormai divenuti pagani.
Non è la prima volta che la dea pagana viene adorata da alte sfere cattoliche:
Il cardinale Gianfranco Ravasi partecipa al culto della dea pagana "Pacha Mama"
La statua della dea incinta, nuda, che si dice essere un simbolo di vita, fertilità
era portata in processione da vescovi "cattolici" ormai divenuti pagani.
Non è la prima volta che la dea pagana viene adorata da alte sfere cattoliche:
Il cardinale Gianfranco Ravasi partecipa al culto della dea pagana "Pacha Mama"
https://gloria.tv/video/hSiUTLaM6KDc1ACUnddRwE8PZ
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