ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 11 ottobre 2019

Chi é contro..

ECCLES: COME ESSERE UN PAPA ATEO (IL PAPA E SCALFARI…)

Quanto è facile far piangere, scrivendo, e quanto è arte più difficile far ridere, o sorridere! Ecco, nella situazione che siamo vivendo, nella Chiesa, nel Paese e nel Mondo, trovare qualcuno che riesca a strapparti uno o più sorrisi è davvero una benedizione! Questo ultimo articolo di Eccles, un nome che voi conoscete già, ieri ci è riuscito, e allora voglio rendervene partecipi. Grazie Eccles…

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ECCLES
Molti degli articoli su questo blog hanno dato consigli su “Come essere un buon papa”, ma uno o due miei lettori (cioè circa la metà di loro) si sono lamentati del fatto che, essendo atei, non hanno trovato i consigli molto utili . Ovviamente, essere donne non è un impedimento per occupare la sedia di Pietro (o come dice padre James Martin, la sedia di Maria Maddalena), soprattutto dal momento che ora abbiamo bisogno di creare papi femminili per soddisfare le tribù indigene dell’Amazzonia (Spero di aver capito bene). Ma l’ateismo è un impedimento?
 Il papato – ora aperto a donne e atei!
Chiedi a qualsiasi prete e ti dirà che il lavoro è davvero abbastanza tranquillo. La maggior parte delle settimane lavori solo la domenica e se devi predicare un’omelia, allora ci sono molti buoni libri da cui puoi prendere in prestito, con titoli come The Reverend Ebenezer Drone’s Victorian Sermons on Habakkuk, The Jesuit Book of LGBT-friendly Omelie e l’ultima epopea del cardinale Sarah, “Perché non state zitti TUTTI?”.*
* Sottotitolato E questo include te, Francesco.
Cercate di non menzionare le fate del cielo e gli amici invisibili, dato che è un po  tradirsi e far capire alla gente che non sei così devoto come la gente pensava.
Il negozio Eccles ti fornirà anche abiti alla moda da indossare.
 Quindi, puoi ascoltare le confessioni, e questo deve sicuramente essere più divertente che guardare la televisione: ogni tanto avrai un assassino con accetta o un ladro di tombe, anche se il più delle volte è “Ho preso l’ultimo cioccolato dalla scatola” o “Gemetti quando lessi gli ultimi commenti di Austen Ivereigh”.
Ma devi credere? Beh, tecnicamente no, se non ti importa dire bugie. Se non credi nell’Inferno, o se pensi che Gesù non fosse Dio quando era sulla Terra, allora non è necessario dirlo a nessuno, poiché potrebbe influenzare le tue possibilità di promozione (beh, così era di solito, fino a quando Il Vaticano II ci ha portato l’Età dell’Acquario, ecc.)
Rubare trattori fa  tutto parte della giornata di lavoro per il cardinale ateo cardinale Marx.

Molti sacerdoti, vescovi e cardinali hanno capito di avere un lavoro per tutta la vita e se vogliono una carriera in cui possano parlare con le persone senza essere interrotti, allora entrare nella Chiesa è più facile che diventare un politico o un attore. Non c’è bisogno di elezioni, non ci sono momenti in cui “ti riposi” tra un lavoro e l’altro.
L’aspetto negativo di tutto ciò è che potresti sentire di essere un po’ disonesto, dicendo “Credo …” quando non lo fai. Inoltre, se pensi che l’ultimo libro di Richard Dawkins “La mia testa è più grande di quello di Dio” è un miracolo di brillantezza teologica, allora non leggere il libro quando pensi che qualcuno potrebbe guardare.


Cosa potrebbe andare storto?
Supponiamo quindi che la promozione sia arrivata, e tu ora sei il Papa. Potresti ancora sentire il bisogno di confidarti con qualcuno, di dire loro che non ci credi davvero. Dovresti infallibilmente ed ex cathedra dichiarare: “NON C’È DIO?”. No, questo potrebbe causare problemi e persino i papi possono essere licenziati perché troppo sciocchi. No, scegli un giornalista amichevole, preferibilmente che abbia 105 anni, sordo, cieco, incapace di lfar funzionare un registratore e noto per avere una vivida immaginazione. Diglielo. Quindi, se lui lo racconta in giro, puoi convincere i tuoi amici a negare tutto.

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Marco Tosatti
11 Ottobre 2019 Pubblicato da  9 Commenti --


PADRE CAVALCOLI COMMENTA E SPIEGA L’INTERVISTA DEL CARD. SARAH.


Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, padre Giovanni Cavalcoli ci ha inviato una sua riflessione-commento sull’intervista che il card. Robert Sarah ha rilasciato nei giorni scorsi, e di cui abbiamo già parlato su Stilum Curiae. Buona lettura.

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Caro Tosatti,
che cosa ha inteso dire il card. Sarah con quella frase lapidaria «chi è contro il Papa è fuori della Chiesa»? Se prendiamo questa preposizione «contro» in senso assoluto, come mi pare qui la si debba intendere, il significato mi sembra evidente: chi è contro il Papa innanzitutto in ciò che lo riguarda in quanto Papa, ossia come Pastore della Chiesa, ma anche – se pensiamo al dovere della carità – come uomo. Si può essere col Papa, se lo si disprezza come uomo?
Tuttavia occorre precisare che propriamente e formalmente è contro il Papa e quindi fuori della Chiesa non tanto chi lo critica nei suoi lati umani, ma chi nega maliziosamente la sua autorità soprannaturale, chi gli si ribella come a maestro della fede e come guida della Chiesa, chi non è in comunione con lui, chi lo odia, gli nutre rancore, gli è nemico o lo disprezza in quanto Papa. Chi lo offende nella sua umanità non va direttamente contro la Chiesa, se non di riflesso, in quanto quell’uomo è il Papa.
Ora è chiaro che per essere in comunione con la Chiesa, per amare la Chiesa, occorre amare il Papa, obbedire al Papa, essere in comunione con lui: dalla nostra comunione col Papa dipende  la nostra comunione con la Chiesa. Peccare contro il Papa nella carità ed obbedienza verso di lui, è peccato contro la Chiesa: è peccato di scisma. Se poi gli si disobbedisce nella dottrina della fede, è eresia.
Il Papa, che è la «roccia» sulla quale è edificata la Chiesa,  ha ricevuto da Cristo le chiavi del regno dei cieli e l’incarico di confermare i fratelli nella fede della Chiesa, è il custode del mistero della Chiesa. Egli ci insegna che cosa è la Chiesa, come si ama la Chiesa, come si entra e si vive nella Chiesa, come le si appartiene e come si esce dalla Chiesa. Egli fonda la comunione ecclesiale, si prende cura del bene dei fedeli, li difende dai pericoli, comunica loro la grazia  della Chiesa e scomunica gli indegni e i ribelli, gli scismatici e gli eretici.
Queste sono le prerogative del Papa, queste sono le sue funzioni, questi i suoi doveri. Sorge però in molti questa domanda: Papa Francesco assolve a questi doveri? Occorre distinguere doveri ai quali ogni Papa non può non assolvere in quanto assistito dallo Spirito Santo e doveri invece ai quali può venir meno per vari motivi volontari o involontari.
I primi riguardano l’insegnamento delle verità di fede e la cura essenziale dei fedeli, che riguardano la sussistenza e la permanenza dell’essenza stessa indistruttibile della Chiesa. I secondi curano il miglioramento della Chiesa, il suo progresso, la sua santificazione, la sua vivacità, la sua espansione, il suo rigoglio, la sua fecondità.
Sul primo punto nessun Papa può mai venir meno e di fatto mai è venuto meno; invece nel secondo punto il Papa può sbagliare, può cedere, può mancare, può deflettere, può tradire, può peccare, può dare scandalo, può creare confusione, può causare divisioni, può gettare la Chiesa nello sconforto e nella sofferenza.
Assegnare le responsabilità in una situazione ecclesiale disastrata come la presente,  così complessa, confusa ed intricata, influenzata sia da forze moderniste che da forze reazionarie, non è impossibile, è cosa doverosa o almeno da tentare, se vogliamo venirne fuori, ma è cosa ardua, dove facilmente ci si può sbagliare e occorrono speciali criteri di giudizio e metodi pratici, che riassumerò brevemente sotto.
Il card. Sarah è molto franco nel denunciare i mali della Chiesa e questo per noi è cosa assai utile ed illuminante, dato anche il prestigio morale di  questo Porporato, la sua sapienza, l’ottima fama, la sua pietà e l’altissima carica che riveste.
Infatti, il parere dei modernisti è significativamente del tutto opposto a quello del Cardinale: per loro la Chiesa «non è mai andata così bene come oggi». E si capisce perché: perché comandano loro. È peraltro cosa assai significativa che questa frase sia scappata pochi mesi prima della morte a uno dei membri del mafia di S. Gallo, il card. Martini, ne Il Corriere della sera, dove egli precisò che «la Chiesa di Benedetto XVI è rimasta indietro di due secoli» aggiungendo una lode a Rahner.
Indubbiamente, però, alla denuncia del card. Sarah segue la domanda: ma chi sono i maggiori responsabili di questo disastro? Si possono immaginare certi teologi o alcune guide della Chiesa e qualcuno pensa addirittura al Papa. Ma il Cardinale non fa nomi e invece pronuncia la frase che ho riportato all’inizio.
Il che ha provocato l’intervento indignato o deluso di alcuni lettori, i quali hanno forse maliziosamente sospettato che Sarah tema di perdere la poltrona. Effettivamente non sarebbe il primo caso. Papa Francesco è piuttosto suscettibile; ma non dobbiamo pensare male di lui. Francesco ha capito benissimo a chi si riferisce Sarah e questo basta. Occorre pertanto fare un atto di fiducia soprannaturale nell’autorità del Papa e nella sua saggezza, da buoni cattolici.
Al riguardo mi permetto di suggerire il metodo che sto applicando con successo nei blog da sei anni. Ho lavorato in Segreteria di Stato dal 1982 al 1990 e so come ci si deve rivolgere al Papa. Anche come accademico pontificio e docente emerito di teologia, con molte pubblicazioni alle spalle, so fin dove posso spingermi e qual è il confine che non devo valicare per non cadere nel torto, nello scisma o nella ribellione.
Bisogna avere ben chiaro cosa vuol dire essere «contro» il Papa, per non scambiare la fedeltà con la piaggeria e l’insulto con la critica. Forse che S. Pier Damiani, S. Brigida, S. Caterna da Siena, S. Bernardo, Savonarola, la Beata Caterina Emmerick o i veggenti della Madonna della Salette, nonostante le loro forti parole, erano «contro» il Papa o non hanno piuttosto accettato di essere odiati o ammazzati dai falsi amici del Papa per amore del Papa?
Chi segue le mie pubblicazioni sa benissimo che io non risparmio critiche a Francesco, ma con tutto ciò mi si lascia libero di esprimere il mio pensiero perché sono io il vero amico del Papa, al servizio della Chiesa e delle anime. I miei Superiori sanno che se disturbo modernisti e reazionari è un buon segno, perché, forte dell’esperienza da me fatta in Segreteria di Stato, difendo il Papa dai suoi nemici, i primi, finti amici, e i secondi, nemici dichiarati.
Inoltre il mio metodo non è tanto quello di attaccare il Papa, anzi cerco sempre di evidenziare i lati buoni, soprattutto nelle omelie della Messa, quanto piuttosto è quello di attaccare i nemici della verità e della Chiesa, i veri nemici del Papa, cosa che faccio da 40 anni, soprattutto martellando senza tregua le posizioni rahneriane. Qui non si devono risparmiare colpi. Il fatto che non si siano mai fatti vivi con me, vuol dire che non sanno contrattaccare. Se mi ignorano, la mia voce suona ancora più forte per chi sa ascoltare.
Nel mio blog mi dedico in modo particolare a tutte quelle questioni che riguardano il problema dell’atteggiamento che occorre mantenere nei confronti del Papa e di come valutare il suo comportamento e il suo insegnamento. A parte i messaggi che ricevo dai cattolici normali, che trattengono un normale rapporto col Pontefice e non offrono problemi, considerando la tendenza  modernista e quella preconciliare, abbondano molto di più i messaggi di quest’ultima che della prima. I modernisti per lo più mi snobbano prendendomi per un reazionario.
La riverenza di fede che io ho per Francesco è ben diversa dallo stolto fanatismo e dall’uso strumentale che essi fanno della sua figura. Io venero il Papa come Vicario di Cristo dotato del dono dell’infallibilità dottrinale. A loro non interessa affatto l’infallibilità del Papa e non ci credono per nulla, perché da buoni storicisti ed evoluzionisti non credono neanche nell’immutabilità e nell’oggettività della verità, ma lo ammirano solo perchè lo prendono per un modernista o per un capopopolo o per un leader politico, pronti ad abbandonarlo un domani che non soddisfa più le loro brame e i loro complotti.
Invece tra i tradizionalisti vi sono alcune anime oneste ma smarrite o scandalizzate, che mi ascoltano, quando mostro a loro che il Papa non smentisce affatto la Tradizione, ma che semmai difetta nella pastorale o nella condotta morale; mentre vi sono altri spiriti rancorosi, ostinati e presuntuosi, che, visto che faccio critiche al Papa, vorrebbero trascinarmi con loro nel loro estremismo o vorrebbero che io acconsentissi ai loro insulti al Papa, al che rispondo con rimproveri, fino ad interrompere, se necessario, la conversazione.
Occorre inoltre ricordare che se il Papa, ogni Papa è infallibile nella dottrina della fede, tutti gli altri fedeli, a cominciare dai Padri della Chiesa, ai Dottori, ai più grandi teologi come S. Tommaso d’Aquino e poi tutte le somme autorità della Chiesa, dal Segretario di Stato al Prefetto della CDF, non godono di quel carisma, per cui possono cadere nell’eresia,  e di fatto alcuni  vi sono caduti.
E se Papa Francesco non li ferma, può essere ingenuità, negligenza o rispetto umano, ma può essere anche perché, con tutta la buona volontà, non è capace di fermarli. Quanti Papi, anche santi e potenti, come un S. Gregorio Magno, un Innocenzo III o un S. Pio V o un S. Pio X, non sono riusciti a distruggere del tutto le forze dell’eresia! Anche un Papa santo come S. Paolo VI non è stato capace di fermare i rahneriani. E Gesù Cristo è forse riuscito a convertire i farisei? E perché non li ha fulminati?
Dunque, criticare o rimproverare o accusare un Papa di cattiva condotta o di malgoverno della Chiesa non significa necessariamente essere «contro» il Papa. Al contrario, lo si può fare proprio per amore del Papa e della Chiesa. Abbiamo in ciò l’esempio di molti santi riformatori, quali quelli che ho detto sopra. Cattivo esempio invece è Lutero o Calvino. Quale la differenza?
  1. Che i primi non vollero abolire il papato, ma che fosse come deve essere;
  2. Non attaccarono il Papa nella dottrina, ma solo nella pastorale e nei suoi costumi morali;
  3. Si mantennero umili, pazienti e docili al Papa, accettando umiliazioni ed evitando superbia e presunzione;
  4. Sapevano fin dove potevano spingersi nelle critiche e dove dovevano fermarsi. Un Papa può essere criticato, richiamato o corretto nella sua condotta personale o nel governo della Chiesa, ma non nell’insegnamento del Vangelo come Vicario di Cristo. Chi accusa un Papa di eresia è eretico egli stesso. Un Papa non può insegnare il falso o andare contro la Tradizione e la Scrittura in materia di fede. Se così può apparire, vuol dire che ci sbagliamo nel giudicare. I pochi casi storici sono stati risolti.
  5. I veri riformatori cominciarono col riformare se stessi e poi proposero al Papa quella condotta che essi stessi già praticavano;
  6. Proposero al Papa cambiamenti che partivano da una giusta analisi della situazione della Chiesa e del papato, da un giusto concetto di Chiesa e dei poteri e dei doveri del Papa, sicchè proponevano mutamenti doverosi e realizzabili, che non deformavano, non falsificavano, nè peggioravano, ma correggevano e riformavano, ossia mantenevano l’essenziale e lo miglioravano.
Bisogna sapere che cosa nella Chiesa può cambiare e che cosa non può cambiare. Il progresso deve avvenire nella continuità. Conservatorismo e modernismo sono la rovina della Chiesa.  La riforma dei santi migliora la Chiesa conservando l’essenziale; la falsa riforma degli eretici la peggiora, cambiandola nell’essenziale. Oggi la Chiesa è messa male perché invece di prendere esempio dai Papi santi e dai santi riformatori si prende esempio da Lutero e dai Papi mondani   e temporalisti.
  1. Sapevano soffrire per la Chiesa, portavano luce, conforto e speranza e non aumentavano la confusione e le sue sofferenze con una polemica estremista o sovversiva o fondamentalista o reazionaria o imprudente, menando colpi a destra e a manca, senza equilibrio e carità e mossi da spirito di vendetta o da inconfessata aspirazione al successo personale e al dominio sulle coscienze.
  2. I veri riformatori sono modesti e coraggiosi ad un tempo. Modesti perché sanno di poter sbagliare. Coraggiosi, perché non temono l’ira degli uomini. Rifuggono sia la piaggeria che la tracotanza. I loro giudizi sono sempre imparziali, spassionati, improntati alla carità ed all’amore per la verità e la giustizia. A volte sono ispirati direttamente dallo Spirito Santo con doni profetici; sempre fondati su solidi princìpi teologici, e in comunione con la Chiesa e col Papa, più spesso i loro pareri e consigli sono effetto di lunghi studi, verifiche, meditazioni, esperienze, confronti, consultazioni, preghiere, prove superate.   Giovanni Cavalcoli Fontanellato, 10 ottobre 2019.

11 Ottobre 2019
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