Vaticano, spuntano dossier: dal default alla lettera di Ratzinger
"Giudizio Universale", nuovo libro di Gianluigi Nuzzi, svela la complessa situazione dei conti in Vaticano. Ma c'è anche un retroscena su Benedetto XVI
"Giudizio Universale", nuovo libro di Gianluigi Nuzzi, svela la complessa situazione dei conti in Vaticano. Ma c'è anche un retroscena su Benedetto XVI
La situazione economica del Vaticano continua a tenere banco: da una parte gli scandali finanziari che possono travolgere la Curia romana, con l'indagine in corso e le sospensioni che ne sono conseguite, dall'altra la sensazione che i conti interni debbano essere sistemati.
Non è un caso che, periodicamente, si parli di come Papa Francesco voglia operare mediante una sorta di tagli lineari. Dalla spending review al compito affidato di recente al cardinale Reinhard Marx: in Santa Sede sembra essere arrivato il tempo di stringere la cinghia. Pure perché il rischio ventilato non è di portata relativa.
Stando a quanto riportato questa mattina da Repubblica, per esempio, la parola "default" può essere eliminata dall'insieme dei tabù. C'è una novità libraria, soprattutto, che può contribuire a definire meglio il quadro: le anticipazioni raccontano di come il giornalista Gianluigi Nuzzi, nella sua ultima fatica inchiestistica, che verrà presentata a Roma nella giornata odierna, abbia fotografato un "orlo del precipizio finanziario". "Giudizio Universale", che è il titolo di questo libro, presenta una serie di dossier in grado di svelare più di qualche retroscena su quello che sta accadendo o è accaduto dalle parti di piazza San Pietro. C'è l'immagine plastica dello stato di salute delle casse, che non sarebbe dunque positiva pure per via di una "morosità" abbastanza pronunciata, ma ci sono anche passaggi riguardanti alcune notizie che abbiamo avuto modo di approfondire nel corso di questo pontificato.
Come quello sulla nota "lettera tagliata" di Benedetto XVI. Quando a Ratzinger venne domandato di commentare una raccolta teologica su Papa Francesco, il papa emerito rispose con una missiva, che venne però letta pubblicamente solo in parte da mons. Dario Edoardo Viganò, poi dimessosi dal suo incarico, pare pure per via delle critiche successive all'episodio in questione. Ricorderete come l'emerito avesse sollevato una serie di perplessità su alcuni autori selezionati per l'iniziativa editoriale. Nuzzi è riuscito a rintracciare una dialogo avvenuto via messaggi tra mons. Georg Gaenswein, prefetto della Casa Pontificia da sempre vicino al teologo tedesco, e proprio Viganò. I toni della dialettica non sembrano essere troppo distesi. E questo può coadiuvare chi ritiene che i "ratzingeriani" abbiano una visione diversa dai "bergogliani".
Tornando al fattore finanziario, invece, Nuzzi ha annotato ancora una volta come il Santo Padre stia combattendo una difficile battaglia per la trasparenza. E anche in questo caso l'elencazione dei problemi affrontati è piuttosto lunga: dai "depositi sospetti" ai "conti dei porporati", dalla "ragnatela di clienti" , che sarebbe stata rintracciata grazie alla disamina dei registri dell'Apsa, ai "fondi personali", che sulla fonte sopracitata vengono associati pure ad ipotetiche operazioni di copertura. Ma c'è anche dell'altro.
Jorge Mario Bergoglio ha iniziato sul soglio di Pietro chiedendosi se la Chiesa cattolica avesse bisogno di una "banca". C'è insomma anche qualche considerazione fattuale sullo Ior. La spinta riformista del Santo Padre non ha cessato d'imprimere un cambiamento su quell'ente, ma sembra che delle vere e proprie "resistenze" non consentano al vescovo di Roma di dare vita ad una riforma strutturale del sistema costituito tempo fa in Vaticano. E anche questo è un argomento caro al filone di Gianlugi Nuzzi.
Giuseppe Aloisi
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/vaticano-spuntano-dossier-default-lettera-ratzinger-1772550.html
MOROSITÀ MILIONARIA
Papa Francesco, la giornata drammatica: Vaticano a un passo dal default, i documento che lo tormentano
La crisi finanziaria del Vaticano è arrivata al punto di non ritorno: il default. A raccontare i disperati conti in rosso è Gianluigi Nuzzi, che nel suo nuovo libro parla di un Vaticano arrivato all'orlo del precipizio. L'ultimo atto è a fine maggio quando Bergoglio - spiega Repubblica - riceve i dati di bilancio dell'Apsa, la banca centrale della Santa Sede e scopre che "per la prima volta nella storia" l'esercizio 2018 è in negativo. Il motivo? Una gestione clientelare e senza regole del patrimonio.
"Il deficit che affligge la Santa Sede ha raggiunto livelli preoccupanti, a rischio di condurre al default". Questa la drammatica notizia arrivata dai membri del Consiglio per l'Economia, alla quale si aggiunge che "mancano le informazioni fondamentali per determinare in modo esatto e corretto il deficit". La struttura vaticana resiste, ma senza mai riprendersi dalla batosta e così Francesco chiede di analizzare il gigantesco patrimonio immobiliare della Santa Sede: mezzo milione di metri quadrati del valore di 2,7 miliardi. Da qui emerge un quadro sconfortante.
Il "tesoro" è composto da case per il 41 per cento, uffici per il 26, negozi per l'8 per cento, con un totale di 4.421 asset, ma 800 proprietà sono sfitte, dei 3.200 beni in locazione il 15 per cento è a canone zero, metà ad affitto di favore. Il valore medio del canone è tra i 7,47 e gli 8,18 euro mensili per metro quadrato, con una riduzione rispetto al mercato che va dal 20 al 70 per cento. Le morosità arrivano a 2,7 milioni di euro. Ed ecco scoperto il perché le entrate crollano, mentre le spese sono in continua crescita.
https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13518154/papa-francesco-vaticano-default-conti-rosso-morosita-milioni-scandalo.html
Ira di Dio: il Vaticano pagano di Francesco a rischio bancarotta
Dopo sei anni con Francesco, la situazione finanziaria in Vaticano è molto peggiore di quando Benedetto XVI aveva abbandonato la barca, ha scritto il giornalista Gianluigi Nuzzi nel suo nuovo libro, “Giudizio Universale.”
“Tutti i parametri sono precipitati, per esempio all'Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) i parametri dei risultati operativi presentano crolli anche oltre il 60 per cento".
La presente "non è una ferita, ma un'emorragia", sempre secondo Nuzzi.
La situazione è "preoccupante". "Siamo di fronte a un collasso del management" in Vaticano. "Mancano informazioni fondamentali". Il cinismo regna e nasconde abusi, privilegi e conti fantasma.
Le donazioni sono crollate. "L'Obolo di San Pietro in dieci anni è dimezzato, e solo 2 euro su 10 vanno davvero ai bisognosi" (2006: 101 milioni di Euro, 2018: 51 milioni di Euro). Il 58% dell'Obolo di San Pietro serva a ripianare i buchi della Curia Romana.
"È evidente dalle carte l'inefficienza della gestione del patrimonio immobiliare". Il 40% dei beni non genera ricavi. 800 edifici su 4421 gestiti dall'APSA sono vuoti. Di quelli affittati, "il 15% è a canone zero."
Foto: Gianluigi Nuzzi, © International Journalism Festival. , CC BY-SA, #newsHovvgpiliz
MOROSITÀ MILIONARIA
Papa Francesco, la giornata drammatica: Vaticano a un passo dal default, i documento che lo tormentano
La crisi finanziaria del Vaticano è arrivata al punto di non ritorno: il default. A raccontare i disperati conti in rosso è Gianluigi Nuzzi, che nel suo nuovo libro parla di un Vaticano arrivato all'orlo del precipizio. L'ultimo atto è a fine maggio quando Bergoglio - spiega Repubblica - riceve i dati di bilancio dell'Apsa, la banca centrale della Santa Sede e scopre che "per la prima volta nella storia" l'esercizio 2018 è in negativo. Il motivo? Una gestione clientelare e senza regole del patrimonio.
"Il deficit che affligge la Santa Sede ha raggiunto livelli preoccupanti, a rischio di condurre al default". Questa la drammatica notizia arrivata dai membri del Consiglio per l'Economia, alla quale si aggiunge che "mancano le informazioni fondamentali per determinare in modo esatto e corretto il deficit". La struttura vaticana resiste, ma senza mai riprendersi dalla batosta e così Francesco chiede di analizzare il gigantesco patrimonio immobiliare della Santa Sede: mezzo milione di metri quadrati del valore di 2,7 miliardi. Da qui emerge un quadro sconfortante.
Il "tesoro" è composto da case per il 41 per cento, uffici per il 26, negozi per l'8 per cento, con un totale di 4.421 asset, ma 800 proprietà sono sfitte, dei 3.200 beni in locazione il 15 per cento è a canone zero, metà ad affitto di favore. Il valore medio del canone è tra i 7,47 e gli 8,18 euro mensili per metro quadrato, con una riduzione rispetto al mercato che va dal 20 al 70 per cento. Le morosità arrivano a 2,7 milioni di euro. Ed ecco scoperto il perché le entrate crollano, mentre le spese sono in continua crescita.
https://www.liberoquotidiano.it/news/italia/13518154/papa-francesco-vaticano-default-conti-rosso-morosita-milioni-scandalo.html
Ira di Dio: il Vaticano pagano di Francesco a rischio bancarotta
“Tutti i parametri sono precipitati, per esempio all'Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) i parametri dei risultati operativi presentano crolli anche oltre il 60 per cento".
La presente "non è una ferita, ma un'emorragia", sempre secondo Nuzzi.
La situazione è "preoccupante". "Siamo di fronte a un collasso del management" in Vaticano. "Mancano informazioni fondamentali". Il cinismo regna e nasconde abusi, privilegi e conti fantasma.
Le donazioni sono crollate. "L'Obolo di San Pietro in dieci anni è dimezzato, e solo 2 euro su 10 vanno davvero ai bisognosi" (2006: 101 milioni di Euro, 2018: 51 milioni di Euro). Il 58% dell'Obolo di San Pietro serva a ripianare i buchi della Curia Romana.
"È evidente dalle carte l'inefficienza della gestione del patrimonio immobiliare". Il 40% dei beni non genera ricavi. 800 edifici su 4421 gestiti dall'APSA sono vuoti. Di quelli affittati, "il 15% è a canone zero."
Foto: Gianluigi Nuzzi, © International Journalism Festival. , CC BY-SA, #newsHovvgpiliz
it.news
https://gloria.tv/article/bGVKkestDaDZ2BBsPFbkv9NL9
La povertà nella Chiesa riguarda i preti, non il "povero" Francesco o i "poveri" Vescovi
Papa Francesco ha iniziato la moda di lodare la povertà e per chiedere una Chiesa più povera. Tuttavia, pochi sacerdoti italiani, il paese il cui primate è Francesco, avrebbero i soldi per vivere in un hotel di classe superiore come Francesco. Lo stipendio medio di un prete italiano è di 1100 euro mensili. Con questi soldi devono anche pagare molte spese della loro parrocchia, scrive il quotidiano italiano Corriere della Sera.
Dall'elezione di Francesco, la volontà di donare alla Chiesa si è drasticamente ridotta. Il numero di italiani che dirigono una parte delle loro tasse alla Chiesa è diminuito di due milioni. Il motivo è semplice: Francesco difende la sinistra politica radicale, respingendo le forze moderate che tradizionalmente hanno sostenuto la Chiesa.
Il www.corriere.it/…/quanto-guadagna… cita don Dino Pirri, parroco di Grottamare. Di recente si è rotta la marmitta catalitica della sua automobile. Don Pirri spiega: "Sono felice che a 47 anni ho ancora i miei genitori che mi aiutano con le mie spese".
Non avrebbe potuto pagare 1200 euro per la riparazione.Don Pirri confessa anche che a volte deve rinviare una visita medica perché non ha abbastanza soldi.
Durante l'ultima riunione del Consiglio della Conferenza episcopale italiana, è stata presa la decisione di aumentare lo stipendio dei sacerdoti dopo un congelamento di dieci anni. L'aumento ammonta a 20 euro al mese.
Il congelamento salariale era stato imposto dai vescovi ai sacerdoti come - citazione - "segno di partecipazione alla crisi economica". I vescovi che amano essere in prima linea quando chiedono "giustizia sociale", ma essi ricevono tra i 1.500 e i 1.600 euro a mese.
Dall'elezione di Francesco, la volontà di donare alla Chiesa si è drasticamente ridotta. Il numero di italiani che dirigono una parte delle loro tasse alla Chiesa è diminuito di due milioni. Il motivo è semplice: Francesco difende la sinistra politica radicale, respingendo le forze moderate che tradizionalmente hanno sostenuto la Chiesa.
Il www.corriere.it/…/quanto-guadagna… cita don Dino Pirri, parroco di Grottamare. Di recente si è rotta la marmitta catalitica della sua automobile. Don Pirri spiega: "Sono felice che a 47 anni ho ancora i miei genitori che mi aiutano con le mie spese".
Non avrebbe potuto pagare 1200 euro per la riparazione.Don Pirri confessa anche che a volte deve rinviare una visita medica perché non ha abbastanza soldi.
Durante l'ultima riunione del Consiglio della Conferenza episcopale italiana, è stata presa la decisione di aumentare lo stipendio dei sacerdoti dopo un congelamento di dieci anni. L'aumento ammonta a 20 euro al mese.
Il congelamento salariale era stato imposto dai vescovi ai sacerdoti come - citazione - "segno di partecipazione alla crisi economica". I vescovi che amano essere in prima linea quando chiedono "giustizia sociale", ma essi ricevono tra i 1.500 e i 1.600 euro a mese.
MONSIGNOR GANSWEIN: “BENEDETTO XVI SOFFRE PER LA CHIESA IN GERMANIA”
Benedetto XVI «soffre» per la chiesa in Germania
«Papa Benedetto ama la Chiesa in Germania, ma gran parte di ciò che esperimenta oggi lì lo addolora». Lo ha detto monsignor Georg Ganswein, prefetto della Casa pontificia e segretario personale del papa emerito, in un’intervista concessa al tedesco Die Tagespost mercoledì scorso. Ha anche ricordato di come Benedetto XVI ha già profeticamente messo in guardia su ciò che potrebbe accadere nella Chiesa del suo paese natale, ma non trova conforto nel confermare la sua visione profetica.
La sua unica consolazione, afferma l’arcivescovo, è la preghiera per la Chiesa in Germania. Sullo stesso tema monsignor Ganswein si era già espresso qualche mese fa: «Oggi la chiesa è per molti versi in una grande confusione, perché la maggior parte dei fedeli difficilmente prende sul serio il catechismo e non aderisce agli insegnamenti degli apostoli. La nuova evangelizzazione non può avvenire a spese della dottrina tradizionale. Con l’abbassamento dei preziosi beni di salvezza che la chiesa ha, una nuova evangelizzazione o un approfondimento della fede non avranno successo».
Ganswein è stato impegnato la settimana scorsa in Germania nella presentazione del suo ultimo libro, Vom Nine-Eleven of our Faith (L’11 settembre della fede), che riprende un suo celebre intervento tenuto a Roma nel settembre 2018 prendendo parte alla presentazione del libro L’Opzione benedetto del saggista statunitense Rod Dreher.
Da Il Timone 21 ottobre 2019
https://benedettoxviblog.wordpress.com/2019/10/21/monsignor-ganswein-benedetto-xvi-soffre-per-la-chiesa-in-germania/
Da figli di Dio a bacilli evoluti, ma inutili e dannosi
Cari amici di Duc in altum, Ettore Gotti Tedeschi mi ha inviato una riflessione che merita di essere condivisa. Sullo sfondo c’è il sinodo amazzonico, ma la questione è ben più ampia.
A.M.V.
***
Negli ultimi tempi mi sono domandato spesso se un cattolico, che in quanto tale deve avere il senso della vita e tradurlo in opere, in questo momento storico può restare indifferente e passivo.
Un fatto che io, per mia cultura e professione, trovo inquietante è che se fino a cinquant’anni fa la Chiesa doveva occuparsi solo di morale e coscienza personale, non di politica e di economia, oggi, al contrario, si vuole invece che essa si occupi solo di economia, ambiente, politica, e non di morale. Curioso e preoccupante.
È vero che dalla fine del Medioevo, con la scoperta dell’America e la nascita della dottrina economica mercantilista, la creatura umana si è occupa sempre più di materia e meno di spirito, ma fino a ieri la Chiesa, eroicamente, ha sempre cercato di proporre alla creatura umana il senso morale della vita e delle azioni. Soprattutto ricordando che è la miseria morale a provocare quella materiale. Si pensi al coraggio di Papa Leone XIII che a fine Ottocento, in piena rivoluzione industriale, promosse la dottrina sociale della Chiesa. Ma si ricordi anche la valorizzazione esplicita del mercato e del sano capitalismo, segno di contraddizione, da parte di san Giovanni Paolo II. E si rilegga Caritas in Veritate, nella quale Benedetto XVI spiega le regole per gestire la globalizzazione.
Oggi invece che alcune utopie economiche che nulla hanno a che fare con la visione cristiana vengono incorporate nel magistero stesso della Chiesa, con il rischio di trasformare le tante utopie in altrettante eresie.
È sempre più evidente che questo modello utopistico globale non può e non vuole farsi condizionare dal valore sacro della persona in quanto creatura di Dio, in possesso di una dignità inalienabile e di doveri che si scontrano frontalmente con quelli imposti dall’utopismo stesso. Così all’uomo è richiesto non di prendere consapevolezza della sua dignità unica, ma di trasformarsi, ridimensionarsi, dimenticare Dio, oppure ridurlo alla sola sfera emozionale e privata, e lasciare che altri valori (per esempio l’ecologismo) prendano il sopravvento, anche se sostenerli può voler dire andare contro l’uomo stesso.
Tutto ciò è non solo curioso, ma inquietante.
Per riuscire nell’intento di portare l’uomo a rivolgersi contro se stesso sono state utilizzate, lo sappiamo, varie strategie “scientifiche”, ma anche teologiche, che negano ogni concetto di divino nell’uomo, giustificano la sua vocazione materialista e gli permettono ogni (falsa) libertà possibile, in aperta contraddizione con le Verità della fede cattolica.
Vorrei ricordare al lettore alcune di queste “teologie” chiedendogli di riconoscere se sono ancora vive o no.
La prima è una forma di “teologia illuministica” e “adogmatica” che avrebbe dovuto liberare l’uomo dall’incapacità di ragionare grazie ai dogmi di fede. La seconda, anch’essa attempata ma vivissima, è una “teologia rivoluzionaria” che vuole liberare l’uomo dal dispotismo dell’autorità. La terza, persino in ascesa, è una “teologia luterana” che si prefigge di liberare il cattolico dall’autorità della Chiesa e del Papa. La quarta, in forte ripresa negli ultimi sei anni, è una “teologia evoluzionista” che pretende di liberarci dalle leggi eterne, considerate ormai insostenibili in un a prospettiva scientifica. La quinta è la vecchia “teologia psicoanalitica” destinata a liberarci dal senso del peccato (originale soprattutto) e dalla necessità della confessione. Una sesta teologia, altrettanto attuale, se non dominante oggi, è la “teologia malthusiana e ambientalista” (tipo quella a cui è approdato Leonardo Boff, per intenderci), che si propone di liberarci dall’uomo considerato come avido cancro della natura, ma anche, o soprattutto, da interpretazioni errate della Genesi e dalla gerarchia di valori che ne consegue. E, per finire , eccoci alla settima, la sempre risorgente “teologia della liberazione”, la quale, convinta che il peggiore dei mali sia l’inequità nella ripartizione delle risorse, ha l’obiettivo di liberare l’uomo dal dispotismo economico.
Ebbene, ciò che osserviamo è che, grazie a questi innamoramenti teologici, l’uomo non sa neppure più difendere se stesso, la sua specie, la sua dignità. Anzi, ormai è indotto a pensare di essere di troppo, un nemico della natura, un intruso che va estromesso. Convinzione che ha radici lontane.
Già per Caino il fratello Abele era di troppo e inquinava l’ambiente con tutti quei sacrifici dei migliori agnelli del suo gregge immolati a Dio. Ma anche per Platone e Aristotele nel mondo dell’epoca c’era troppa gente e troppe poche risorse per sfamarla. Persino San Gerolamo, nel IV secolo, sostenne che il mondo era sovraffollato e propose come soluzione “celibato e monasteri” (celibato e monasteri: non sarebbe male se qualcuno lo ricordasse durante il sinodo amazzonico!).
E non dimentichiamo Malthus, che nel 1798 tentò di fare della decrescita della popolazione una scienza, della quale oggi si tiene adeguato conto alla Pontificia accademia delle scienze in Vaticano.
Conseguenza pratica, anche presso il mondo cattolicissimo, fu il concetto di “paternità responsabile” post Vaticano II, successivamente riconfermato e attribuito alla necessità di rispondere alla scarsità di mezzi economici. Ma ora siamo arrivati ai movimenti ecologisti malthusiani che gridano “No futuro! No figli!”. Oppure, ancor peggio, a movimenti che chiedono l’estinzione volontaria dell’uomo , un po’ come fece il catarismo tra il X e il XIII secolo.
Facile immaginare una successiva proposta di estinzione imposta per i vecchi e i malati, fino alla possibilità che, dopo il sinodo, gli indios amazzonici ci dichiarino guerra per tutto il male che abbiamo inferto loro.
Ora, che cosa è necessario fare?
Come scrisse Benedetto XVI, dobbiamo cercare di cambiare non gli strumenti, ma il cuore dell’uomo, estirpando il nichilismo di cui la nostra cultura è impregnata. Dobbiamo formare i giovani al senso delle virtù e della responsabilità personale, proponendo loro valori forti e assoluti, insegnando a distinguere i fini dai mezzi e mostrano che non si può dissociare la fede dalle opere, perché Dio è meritocratico. E se qualcuno pensa il contrario, tanto peggio per lui.
Ettore Gotti Tedeschi
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