ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 2 novembre 2019

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La venerazione delle statuette di Pachamama
è oggettivamente un’idolatria





Che il Vaticano l’accetti o no, l’affare del “rito” amazzonico svoltosi il 4 ottobre scorso nei giardini vaticani alla presenza di Papa Francesco, e l’affare delle «statuette» di Pachamama che ne è derivato, sono lungi dall’essere chiuse. Quanto meno, esse necessitano di una messa a punto e di un mea culpa.
Il culto secondo la teologia cattolica

Il culto è una venerazione manifesta di un essere, in ragione della eccellenza o in ragione del suo legame con un essere degno di onore, per esempio una immagine che lo rappresenta. Nel primo caso – quello della sua propria eccellenza – si tratta di culto detto assoluto, nel secondo caso di culto relativo.

San Tommaso ricorda che l’onore è dovuto alla sola natura razionale (Summa theologia, III, 25, 3-4). Con questa definizione, esso ingloba la persona in generale e non solo la natura umana. Ed egli aggiunge un secondo principio secondo cui può esserci onore dovuto alle creature sensibili, agli oggetti, solo in rapporto alla natura razionale. Non si tratta mai di culto reso a creature sensibili non umane – piante o animali – per evitare accuratamente ogni pericolo di idolatria.

Quindi, solo una persona può ricevere un culto assoluto. Esso si divide in due specie: nei confronti di Dio, delle Persone divine, di Gesù Cristo, vero Dio, si tratta i culto di adorazione o latria, infatti, solo Dio può essere adorato; nei confronti di quelli che sono ripieni della gloria divina in Cielo, gli Angeli e i Santi che contemplano la faccia di Dio, si tratta di culto di venerazione o dulia. La Santissima Vergine, Regina degli Angeli e di tutti i Santi, riceve questo culto nella sua pienezza, al quale è dato il nome di iperdulia.

Il culto relativo è reso a degli oggetti in quanto sono in congiunzione con la persona che riceve un culto assoluto, ed è reso anche a delle immagini, in quanto esse la rappresentano. Così, Le reliquie della vera Croce ricevono un culto di latria relativa, che riguarda la Persona stessa di Gesù Cristo; lo stesso vale per le immagini che raffigurano Cristo. I resti dei Santi – chiamate reliquie – ricevono un culto di dulia relativa, al pari delle immagini che li raffigurano.

Da notare che i segni d’onore resi ai membri del clero nelle cerimonie liturgiche della Chiesa – inchini, genuflessioni, incensamenti – sono un colto relativo nei confronti di Cristo, che è sempre Colui che compie la liturgia in quanto è il solo Sommo Sacerdote del Nuovo Testamento, ed è rappresentato dal clero.

Infine, il culto – liturgico o no – si manifesta con dei gesti, delle attitudini, delle posture, delle preghiere, che sono destinate a manifestare il sentire interiore: adorazione, sottomissione, onore reso, che costituiscono la parte principale del culto.

Che cos’è la Pachamama?

I popoli amerindi della cordigliera elle Ande, in particolare gli Aymaras e i Quechuas, da millenni sono immersi in credenze animiste e insieme politeiste, che risalgono ad almeno una dozzina di secoli prima di Cristo. In modo particolare, due sono le divinità che dominano la cosmogonia andina: Viracocha, una sorta di creatura, e Inti, il sole. Ad esse si aggiunge un’altra divinità molto importante: Pachamama.

Questo termine deriva da Pacha – o spazio-tempo – nozioni che entrambe unite nella cosmologia andina; e Mama – madre -. Così, Pachamama rappresenta  la Terra-Madre, non solo il suolo o la terra dal punto di vista geologico, ma la terra che nutrisce e la natura nel suo insieme. Essa è la protettrice delle montagne, della vita selvaggia e dei viaggiatori. Per ottenere la sua protezione bosogna farle delle offerte specifiche al momento dei culti: foglie di coca, chicha (birra di mais), conchiglie. È comune sacrificarle delle camelidi: alpaca, guanacos, lama o vicuñas. Nelle popolazioni che vivono ancora dell’agricoltura e dell’allevamento, questo culto è rimasto molto vivido.

Nel corso dell’evangelizzazione dei paesi andini, le divinità indigene si mischiarono ai Santi cristiani. Così, Pachamama prese i tratti della Vergine Maria e il “dio sole” divenne Cristo. Come si sa, il politeismo porta volentieri al sincretismo. Sono state necessarie tutto l’ardore la pazienza dei missionari per evitare questo pericolo, che tuttavia non è sempre stato sradicato. Si pensi al numero dei secoli occorsi per estirpare il paganesimo in Europa.

Cosa rappresentano le famose statuette della discordia?

Su questo punto vo sono alcuni  equivoci. Secondo quanto riporta il sito vaticano Vaticamews, lo stesso Papa, all’apertura della 15ma congregazione generale del Sinodo, ha confermato che queste statuette rappresentano Pachamama, ed ha aggiunto che esse sono state poste nella chiesa di Santa Maria in Traspontina «senza intenzioni idolatrice».

Francamente, questa interpretazione è insufficiente: che il Papa voglia o no, Pachamama è un idolo, un idolo con tutto quello che ha di attuale e non un idolo «antico», come ha cercato di relativizzare il sito Zenit.

Il Prefetto del dicastero della Comunicazione, Paolo Ruffini, per far fronte alla difficoltà, ha cercato di spiegare che «Noi abbiamo ripetuto a più riprese che queste statue rappresentano la vita, la fertilità e la “madre-terra”». In altre parole, sarebbero delle astrazioni, dei concetti.

Zero spiegazioni

Questa spiegazione non regge: basta considerare le cerimonie compiute intorno a queste statuette, in presenza del Papa, per capire che si tratta di azioni di culto: una vera processione per portare questi oggetti in diversi posti, una prostrazione a ginocchia piegate, una installazione nel santuario e una veglia di preghiera.
Se questi non sono gesti di culto, cosa sono allora?

In più, mai la Chiesa ha venerato in modo alcuno delle astrazioni, come che le presenta Paolo Ruffini. E soprattutto rappresentate da una immagine o da una statua, nuda per sovrappiù.
Se si può raffigurare una virtù con una immagine o una statua – cosa che si chiama allegoria -  questo non è in alcun caso per renderle culto. Al contrario, la Bibbia contiene degli avvertimenti divini contro le raffigurazioni abusive, che rischiano sempre di essere fonte di idolatria. Così, la fecondità, sotto i tratti di Astarte, è costantemente condannata nel Vecchio Testamento; come è il caso di Diana efesina nel Nuovo.


Conclusione

Quello che si può concludere è che queste cerimonie sono state oggettivamente idolatriche, quali che siano state le intenzioni dei partecipanti. In oiù, esse hanno un marcato sapore sincretista che può solo confondere il senso della fede dei popoli amazzonici che vivono in mezzo ai veneratori della dea Pachamama.

Quanto alla “madre-terra”, che rimanderebbe alla creazione, la sua adorazione non è altro che del paganesimo del più grossolano, condannato in tutte le pagine della Sacra Scrittura.

Quello che ne deriva è che le autorità della Chiesa devono compiere un mea culpa, che si impone perché questo peccato attiene in maniera particolarmente grave al primo Comandamento. Si tratta del peccato più grave che si possa commettere.

E per i veri fedeli, resta solo di espiare questo terribile peccato, come ha invitato a fare Don Pagliarani, il Superiore Generale della Fraternità San Pio X.


Articolo pubblicato il 29 ottobre 2019 da sito informazioni della Fraternità San Pio X
FSSPX NEWS



IL CONFRONTO
Pachamama vs Morenita: è Maria a condurre al vero Dio
Di fronte alle statuette indigene portate in processione in Vaticano e oggetto di un rito con tanto di persone prostrate, la scusa dell’inculturazione non regge. A ribadirlo è la storia della Madonna di Guadalupe, che non apparì in Messico per confermare gli indigeni nei loro falsi culti, ma domandò la costruzione di una chiesa e servendosi del loro linguaggio simbolico annunciò loro Gesù Cristo. Esortandoli a convertirsi all’unica e vera fede.



Le statuine rappresentano la Pachamama, sì o no? Chissà se un giorno lo capiremo, viste le continue contraddizioni giunte dal Vaticano (clicca qui). Quello che è chiaro è che le tre “statuine” di certo non rappresentano la Vergine Maria, che porta in grembo il Figlio di Dio; almeno su questo punto convergono i balbettamenti della Sala Stampa vaticana, la dichiarazione di María del Mar Bosch (una responsabile dell’Equipe Itinerante) e le scuse presentate da papa Francesco. Ed è proprio questo il problema.

La presenza di statue indigene che rappresentano delle donne gravide, statue che vengono portate in processione, poste al centro di un rito e di fronte alle quali ci si prostra, statue che vengono poste in una chiesa cattolica e di fronte alle quali si prega, non possono essere giustificate con la scusa dell’inculturazione. Un conto è recuperare elementi di culture indigene per condurre i popoli all’adorazione del vero Dio, un Dio che non è sconosciuto, ma che si è rivelato e incarnato; e un altro è continuare a venerare ciò che questo Dio non è.

La direzione di ogni missione è stata riassunta da san Paolo, allorché ad Atene si imbatté in un’ara con l’iscrizione: “Al Dio ignoto”; «Quello che voi adorate senza conoscere, io ve lo annunzio» (At 17, 23): ciò che gli uomini non conoscono, o ciò che gli uomini conoscono in modo distorto, noi abbiamo il dovere di annunciarlo. Il culto verso le tre statuine della Pachamama va invece nella direzione opposta: noi non vi annunciamo un bel niente, ma vi lasciamo nella vostra ignoranza.

A dimostrare che non sia questa la vera strada missionaria, e a indicare, di converso, la giusta direzione, è un evento che ha segnato la storia della Chiesa: l’apparizione della Madonna di Guadalupe, nei giorni che vanno dal 9 al 12 dicembre del 1531.

La Santissima Vergine decide di apparire sulla collina del Tepeyac, dove in epoca precolombiana sorgeva un tempio dedicato alla dea azteca Tonantzin, nome che significa “nostra venerata madre” o, secondo altri, “nostra cara Terra”, una divinità femminile che sembra legata al parto, alla fecondità della terra (e forse anche alla guerra), come in tanti altri culti pagani. La Madonna apparve proprio lì, tant’è vero che molti indios finirono per chiamarla “Tonantzin Guadalupe”. Un’autorizzazione di sincretismo da parte del Cielo? Esattamente il contrario. La Madonna non chiese di rispettare il culto a Tonantzin o di ricostruire il tempio distrutto dagli spagnoli, ma domandò a Juan Diego che sul Tepeyac venisse costruita una chiesa.

Il segno che la Madonna decide di lasciare sulla tilma di Juan Diego e che il vescovo Juan de Zumárraga si trovò di fronte è un chiarissimo kerygma codificato; in questa immagine, che le analisi hanno mostrato non essere un dipinto (i tratti dell’immagine non provengono dall’esterno, come per un normale dipinto, ma appaiono come impresse, incorporate nella tela), abbiamo l’annuncio dell’unico Dio, della sua Incarnazione e della divina maternità di Maria Santissima.

Prima di tutto, nell’immagine la Vergine appare rivestita di Sole, come la Donna dell’Apocalisse, e il Sole emana in qualche modo proprio da Lei. Questa indicazione dovette apparire sconvolgente nel contesto della religiosità azteca, che era incentrata sui sacrifici umani a Huitzilopochtli, dio del Sole e della guerra. La Donna raffigurata sul manto aveva dunque una “stretta relazione” con questo dio, che, secondo la mitologia, sarebbe nato da una donna, Coatlicue, fecondata non da un uomo, ma da una piuma. Coatlicue venne perseguitata a morte, ma la nascita improvvisa di Huitzilopochtli la salvò, facendo strage dei suoi persecutori.

Ora, nell’immagine impressa sulla tilma, la Vergine appare incinta, caratteristica indicata dalla cintura scura intorno ai fianchi, che veniva portata dalle donne messicane mentre erano gravide. Colui che è racchiuso nel suo grembo viene indicato da un fiore particolare, che si trova sull’abito della Madonna, proprio all’altezza del ventre; si tratta di un fiore che rappresenta il globo dell’universo, caratterizzato da un cerchio centrale e da quattro petali, che rappresentano i quattro punti cardinali. Dunque, questa Donna porta in sé il Signore dell’universo e lo irradia. Ma ella non è solo gravida, ma anche vergine, come indicano i capelli neri sciolti, che si scorgono sotto il velo, come usavano le donne indios non sposate.

Un’altra caratteristica incredibile è la disposizione delle stelle che trapuntano il manto della Madonna. Esse sono collocate nella posizione che le stelle avevano nel giorno del 12 dicembre del 1531, ma non come se le vedesse un osservatore terrestre, bensì come le avrebbe potute osservare qualcuno posto al di sopra della volta celeste, insomma, dal punto di vista di Dio. Infine, la Luna è posta sotto i piedi della Vergine Madre, ancora una volta come espresso nell’Apocalisse. Alcuni interpretano questo dettaglio come l’espressione del fatto che questa Donna è regina del Messico (Mexico, significa infatti “ombelico della Luna” o “centro della Luna”); secondo altri, è invece il segno del dominio sulla divinità lunare, sempre pronta a insidiare Huitzilopochtli, il dio del Sole. Dunque questa divinità delle tenebre è definitivamente dominata, e così non c’è più bisogno di nutrire il dio del Sole e della guerra con continui sacrifici umani.

Le potenze naturali venerate come divinità venivano così detronizzate, i miti purificati e il vero Dio annunciato, per mezzo di Maria Santissima. Le tenebre dell’antica idolatria venivano illuminate dalla potente rivelazione del Sole che sorge, Gesù Cristo. La “strategia” pastorale della Vergine di Guadalupe fu sì quella di adottare il linguaggio simbolico e mitologico autoctono, ma non perché quei popoli continuassero a venerare gli elementi della natura, a rimanere nell’ignoranza o perfino a perpetuare i sacrifici umani, bensì perché adorassero l’unico vero Dio, che ha mostrato il suo volto proprio nell’Incarnazione. Quel Dio che voi non conoscete, io ve lo annuncio e ve lo porto: è questo il messaggio codificato sulla tilma.

La Madonna non è apparsa in Messico per confermare il popolo indigeno nei suoi falsi culti, ma per chiamarli ad abbracciare l’unica vera fede. Possiamo dire la stessa cosa delle tre statue portate nella Basilica di San Pietro e poi nella chiesa di Santa Maria in Transpontina, perché si potesse pregare al loro cospetto?

Un ultimo dettaglio: il volto della Madonna di Guadalupe non è un volto indigeno né tantomeno spagnolo, ma è un volto meticcio, un volto che ancora non era presente nel Messico del Cinquecento, o almeno non in modo diffuso. La Virgen Morenita vuole esprimere l’incontro di due mondi, quel nuovo popolo che sarebbe nato dalla fusione dei popoli messicani indigeni con i “conquistatori” spagnoli e che avrebbe avuto il suo centro di unità nella fede cattolica. La Madonna non aveva portato un messaggio di rivendicazione sociale; non ha invitato il popolo messicano alla rivolta contro l’invasore, reo di voler imporre una religione e una cultura diversa da quella indigena. Al contrario, essa si è posta a fianco dell’opera evangelizzatrice della Chiesa e ha condotto i popoli ad entrare nell’unica vera Chiesa, voluta da suo Figlio, dove i due diventeranno un solo popolo, col volto simile a quello della Morenita.

Luisella Scrosati

ECCLES E AUSTEN FONDANO PAGAN VOICES. IL PAPA NON È ANCORA MEMBRO CONFERMATO, PERÒ.

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, ormai dovrebbe essere chiaro a tutti (anche a quelli che capiscono in fretta, ma a cui bisogna spiegare un po’ a lungo, come TrollRastello) che chi scrive ha una passione sconfinata per l’umorismo in generale, e per l’umorismo anglosassone in particolare. E ha una grande simpatia, anche se non ne conosce personalmente l’autore, per un sito, Eccles is saved, che consigliamo vivamente a chi legge l’inglese. E perciò non possiamo trattenerci dal tradurre e offrire alla lettura il più recente articolo di Eccles. Eccles prende di mira Austen Ivereigh, uno dei più accaniti corifanti (da corifeo e sicofante, neologismo di SC, N.d.R.) anglofoni della Bergoglio Press Gang che si è distinto nelle ultime settimane alla battaglia della Pachamama, o delle Splashamama, come altri scrivono. Ivereigh è co-fondatore di Catholic Voices, un’iniziativa ottima nata nel 2010 in UK, e da lì diffusa in altri Paesi, per contrastare stereotipi e cattiva informazione relativi alla Chiesa cattolica. Da qui lo spunto per Eccles…Buona lettura.
Benvenuti a Pagan Voices!
Il mio caro amico Austen Ivereigh ed io abbiamo deciso di avviare una nuova organizzazione, Pagan Voices. Lo scopo del nostro team sarà quello di migliorare la rappresentazione della Chiesa Pagana nei media, soprattutto nei programmi di notizie e nei dibattiti. Aspettatevi di vederci in molti programmi radiofonici e televisivi in ​​futuro, dove siamo sicuri di fare una grande impressione sia sui vescovi che sulle emittenti. La decisione di creare la nostra organizzazione è una risposta diretta alla cattiva pubblicità che il recente Sinodo di Pachamama ha ricevuto sui media cattolici – molte persone lo etichettano come “pagano” senza comprendere appieno il nutrimento spirituale ottenibile dalle credenze pagane. Austen e io ci incontriamo regolarmente per recitare preghiere alla grande Dea della Madre Terra, baciare il suolo e parlare agli alberi. Oggi il mio collega ha ricevuto un’offerta di £ 10 milioni da un nigeriano che vuole prendere in prestito il suo conto bancario. Se ciò non dimostra che Pachamama risponde alle nostre preghiere, allora sono solo un inutile pezzo di legno alla deriva lungo il Tevere!
Finora non abbiamo ancora ricevuto una risposta da papa Francesco alla nostra richiesta di diventare sponsor di Pagan Voics. Sebbene fosse presente quando Nostra Signora la  Pachamama è stata onorata, temiamo che possa usare la stessa scusa che ha fatto Jeremy Corbyn quando è stato visto partecipare a una cerimonia di deposizione di una corona per i terroristi: “Ero presente, ma non credo che in realtà fossi coinvolto.”
(Papa Francesco non è ancora un membro pienamente confermato della nostra Chiesa).

Tuttavia, Austen ha già iniziato a lavorare al terzo e ultimo volume della sua trilogia su Papa Francesco, “Papa Francesco, il grande pagano”, che dovrebbe uscire in tempo per Natale 2020.
È proprio così. Se qualcuno vuole diventare un portavoce di “Voci Pagane”, contatti Austen e lui vi includerà nelle sue lezioni, dove imparerete a parlare con una profonda voce mistica, e a diffondere tutti gli slogan standard su Madre Natura, Laudato Si ‘, e la Grande Dea della Terra Incinta che darà alla luce il nuovo Redentore (o almeno così mi dice Austen).

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Marco Tosatti
2 Novembre 2019 Pubblicato da  2 Commenti --

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