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domenica 3 novembre 2019

L’ombra della Papamama

Müller: i riti Pachamama non sono inculturazione

Nell'omelia di una messa celebrata a Denver (Usa) in occasione di un suo tour negli Stati Uniti, il cardinale Müller ha attaccato sul caso Scalfaro e sui riti animistici in Vaticano.


Nei giorni scorsi il cardinale Gerhard Müller, già prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, era negli Stati Uniti, dove ha partecipato a una conferenza per sacerdoti organizzata a Denver, Colorado, e dove ha concelebrato una messa insieme a decine di sacerdoti e al cardinale Raymond Burke. L’omelia della messa è stata pronunciata da Müller, senza un testo scritto in precedenza, e neanche delle note di appoggio. Uno dei sacerdoti presenti, Brian WQ. Harrison ne ha scritto una memoria, pubblicata da LifeSiteNews, con i punti principali toccati dal porporato. 


È stata, a quanto pare, un’omelia piuttosto severa verso gli ultimi avvenimenti romani. Il cardinale ha iniziato criticando la “tiepida risposta” del Vaticano al recente articolo di Eugenio Scalfari sulla Repubblica, in cui come ricorderete (clicca qui), il 94enne fondatore del quotidiano romano affermava che papa Francesco gli aveva detto durante alcune conversazioni, di ritenere che Gesù, durante il suo tempo sulla terra, fosse solo un grande uomo e non il Figlio di Dio. Il Vaticano alla fine ha smentito l’affermazione di Scalfari, dicendo che papa Francesco non lo aveva mai detto. Ma Müller, ricordando le immortali parole del primo Papa a nostro Signore - "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente" - disse che in questa situazione avremmo dovuto sentire quella professione di fede che veniva immediatamente e direttamente dalle labbra del successore di Pietro in persona, non solo dalle labbra di un addetto stampa del Vaticano.

Müller ha poi continuato condannando in maniera tagliente i recenti eventi in Vaticano e dintorni,  incentrati sulle statuette di Pachamama (una divinità della "Madre Terra" venerata nelle Ande, in realtà, più che dagli amazzonici). Questi rituali si sono svolti nei giardini vaticani alla presenza di papa Francesco e di altri dignitari vaticani, e successivamente, durante il Sinodo, sono continuati nella chiesa romana di Santa Maria in Traspontina. Sua Eminenza ha affermato che si tratta di un grave abuso il fatto che tali riti animistici siano stati permessi in questi luoghi, e li ha denunciati applicando loro la tonante denuncia biblica degli dei pagani come demoni (cfr Dt 32:17; Sal 95: 5, 10, 105: 37; I Cor. 10:20). Il cardinale ha sottolineato che l'unico Sposo della Chiesa è Cristo, e che la Chiesa non guarda a divinità o spiriti di altro genere per ulteriore illuminazione.

Il cardinale Müller ha aggiunto che le attività di culto come i recenti rituali Pachamama non hanno "nulla a che fare con l'autentica inculturazione" del Vangelo. Perché rappresentano una regressione ai miti pagani invece di purificare ed elevare la cultura indigena tradizionale alla luce del messaggio di Cristo. Müller ha ricordato che quando il cristianesimo si è gradualmente incorporato nelle antiche culture greche e romane, la Chiesa non ha tentato di continuare a tenere in vita o rianimare nessuna adorazione delle divinità maschili e femminili del pantheon classico, né di mescolarle in qualche modo al culto cattolico. Piuttosto, ha detto, riferendosi all'enciclica Fides et Ratio di Papa Giovanni Paolo II, che la Chiesa ha preso i migliori elementi di queste culture - specialmente le intuizioni profonde della ragione umana elaborate da grandi filosofi come Platone e Aristotele - e li ha usati per spiegare e promuovere più efficacemente la suprema rivelazione di Dio in Cristo.

Il cardinale Müller ha concluso la sua potente omelia sottolineando che il pilastro centrale di ogni cultura che è autenticamente formata dal Vangelo non è l'assimilazione degli umani in una "interconnessione" esagerata con animali, piante, fiumi e terra, ma piuttosto un riconoscimento della singolare dignità della persona umana come creata a immagine di Dio e sollevata dall'Incarnazione di Cristo e dalla Redenzione del sacrificio alla dignità soprannaturale dei figli e delle figlie adottati da Dio.

Marco Tosatti

https://lanuovabq.it/it/mueller-i-riti-pachamama-non-sono-inculturazione

Quell’incredibile “preghiera” alla Pachamama. E una lettera a chi di dovere

Cari amici di Duc in altum, il sinodo pan-amazzonico è finito ma l’ombra della Pachamama non s’è dissolta. Anzi, aleggia ancora su di noi, come dimostra quanto successo a Verona, dove nella parrocchia del Sacro Cuore il parroco, don Claudio Castellani, ha fatto celebrare una grottesca “preghiera” all’idolo.   
Ecco qua il testo: «Pachamama di questi luoghi, bevi e mangia a volontà questa offerta, affinché sia fruttuosa questa terra. Pachamama buona madre, sii propizia! Sii propizia! Fa’ che i buoi camminino bene e che non si stanchino. Fa’ che la semente spunti bene, che non succeda nulla di male, che il gelo non la distrugga, che produca buoni alimenti. A te lo chiediamo: donaci tutto. Sii propizia! Sii propizia».
Comprensibili le immediate proteste di numerosi fedeli, tra i quali un lettore di Duc in altum che ha scritto una lettera – la trovate qui sotto –  al vescovo di Verona e al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.
A.M.V.
***
Lettera aperta a sua eccellenza monsignor Giuseppe Zenti, vescovo di Verona, e a sua eminenza il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede
Buongiorno, sono un fedele cattolico, battezzato, sposato, insegnante.
Vi scrivo in merito alla preghiera a Pachamama recitata in una chiesa veronese il 25 ottobre: si tratta, come potete appurare dal volantino allegato, di un’invocazione apotropaica alla dea per ottenere prosperità e benessere.
Sono consapevole che un corretto approccio ermeneutico esigerebbe la dettagliata conoscenza delle circostanze per un’adeguata attribuzione di valore alla preghiera in questione (un testo senza un contesto è solo un pretesto, diceva qualcuno). Ma non ci si può fare sempre scudo con l’ermeneutica; si finisce infatti per giustificare qualsiasi cosa. La croce di Cristo ha squarciato non solo il velo del Tempio, ma anche il velo dell’ermeneutica.
Purtroppo questa preghiera rimanda, direttamente o velatamente, a un impianto teologico relativistico, riflesso di una più generale tendenza pastorale. In tale invocazione infatti − almeno nelle intenzioni di chi ne ha proposto la recita in chiesa − non è tanto importante l’«a chi» essa si rivolge, ma il «che cosa» essa dice. Si relativizza il destinatario e si assolutizza il contenuto. Da cattolico, questo non posso proprio accettarlo: la verità cristiana, infatti, non è originariamente un’idea, ma innanzitutto una persona (Gv 1,18; 14,6), e come tutte le persone ha anche un nome, Gesù Cristo, unica persona nella quale vi sia salvezza (At 4,12; Rm 10,9). Astrarre da quel nome significa spersonalizzare la verità cristiana e quindi negarla.
Ecco allora, caro signor vescovo e vostra eminenza, il punto in questione: se tutte le religioni fossero uguali, io personalmente non avrei più nessun motivo di essere e rimanere cattolico. Se le diverse religioni veicolassero tutte egualmente il senso originario (ex ante) e la salvezza escatologica (ex post) – ma io non lo credo – allora vi assicuro che, qualora me ne convincessi, non esiterei un solo istante ad abbracciare religioni meno impegnative del cattolicesimo. Perché quelle di Cristo, è vero, sono parole «dure» e purtuttavia sono le uniche «parole di vita eterna» (Gv 6).
Dico questo con fermezza, ma senza alcuna vena polemica, con l’intenzione e la speranza di rimanere saldo nella fede, nonostante la recente prassi ecclesiastica mi sia, da questo punto di vista, più d’ostacolo che d’aiuto.
Ringrazio per la vostra attenzione.
Preghiamo per la fede della Chiesa.
Cordiali saluti
Alberto Zago
Verona

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