Come il Cristianesimo sconfisse il paganesimo
In giorni come questi, in cui in occasione del Sinodo dell'Amazzonia si è assistito ad aberranti strizzatine d'occhio al paganesimo ed ai suoi riti, è bene risalire alle origini del Cristianesimo, per ricordare quanto è radicale l'opposizione che vi era fra Cristianesimo e paganesimo, e quali sacrifici dovettero sostenere i primi cristiani per rimanere fedeli alla loro fede.
Questa conferenza si è tenuta il 25 Luglio 2019 a Subiaco, come parte del corso di formazione "Università d'estate" organizzato dall'associazione Lepanto: è un appuntamento regolare e chi volesse saperne di più piò visitare il sito www.fondazionelepanto.org
Matteo D'Amico
https://www.youtube.com/watch?v=XQ7xB-hW9Dg
La parabola dell’abbattuto Cattolico e del vittorioso gesuita
La parabola dell’abbattuto Cattolico e del vittorioso gesuita
“Il Papa non è un sovrano assoluto, il cui pensare e volere sono legge. Al contrario: il ministero del Papa è garanzia dell’obbedienza verso Cristo e verso la Sua Parola. Egli non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo. (..) Il Papa è consapevole di essere, nelle sue grandi decisioni, legato alla grande comunità della fede di tutti i tempi, alle interpretazioni vincolanti cresciute lungo il cammino pellegrinante della Chiesa. Così, il suo potere non sta al di sopra, ma è al servizio della Parola di Dio, e su di lui incombe la responsabilità di far sì che questa Parola continui a rimanere presente nella sua grandezza e a risuonare nella sua purezza, così che non venga fatta a pezzi dai continui cambiamenti delle mode…” (Benedetto XVI – Omelia dalla Cattedra 7.5.2005)
Ricordiamo la “riflessione” precedente che troverete qui: La parabola del “buon Giorgio Mario…“
La parabola dell’abbattuto Cattolico e del vittorioso gesuita
C’era un gesuita ambizioso, nonché inneggiato da certa gerarchia conciliare, che si appropriò con l’inganno della Casa del Cattolico, costringendo quest’ultimo a vivere per strada e ad essere disprezzato e dileggiato dai passanti.
Un giorno il Cattolico morì e fu accolto in Paradiso con tutti gli onori da San Pietro. Morì anche quel gesuita. Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide in alto San Pietro e il Cattolico accanto a lui.
Allora, gridando, disse: “Santità, abbiate pietà di me e mandate il Cattolico a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura”.
Ma San Pietro rispose: “Figliolo, ricorda che in vita hai defraudato ciò che non era tuo e hai negato che vi fosse condanna eterna per il suo peccato. Invece il Cattolico, nonostante l’inganno e la frode, è rimasto fedele a ciò che ha ricevuto. Per cui al Cattolico è stato ridato non solo ciò che gli era stato affidato, ma gli è stato dato molto di più. Parimenti, a te non solo è stato tolto ciò che avevi defraudato, ma ti è stato levato anche quel poco che avevi. Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi”.
Il gesuita, dunque, replicò: “Allora, Santità, mandate il Cattolico ad ammonire mio fratello Giorgio Mario, affinché non venga anch’esso in questo luogo di tormento”. Ma San Pietro rispose: “No, non ne ha bisogno. Ha la Dottrina e i Sacramenti: sia fedele custode della prima e degno amministratore dei secondi”.
Il gesuita però insistette: “No, Santità, mio fratello Giorgio Mario non si convertirà se qualcuno dai morti non lo ammonirà, poiché la Trascendenza gli è indifferente”.
San Pietro concluse: “Se non sarà fedele alla Dottrina e ai Sacramenti, non si convertirà neanche se qualcuno risuscitasse dai morti”.
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