Il Papa: "Maria è madre e meticcia, ha reso meticcio anche Dio"
Il Papa, in occasione della festa per la Madonna di Guadalupe, ha parlato del ruolo svolto dalla Vergine per rendere Dio "meticcio"
Il Papa, in occasione della festa per la Madonna di Guadalupe, ha parlato del ruolo svolto dalla Vergine per rendere Dio "meticcio"
Le frasi rilasciate oggi dal Papa durante la celebrazione della Madonna di Guadalupe, che è la patrona del continente sudamericano, sono destinate a far discutere.
Oggi, Jorge Mario Bergoglio, ha detto quanto segue: "Si è meticciata per essere tutt'uno con l'umanità, Maria madre che riesce a fare questo meticciato con Dio, vero Dio e vero uomo". Il riferimento è appunto alla Vergine Maria, per cui il vescovo di Roma ha individuato tre caratteristiche utili alla definizione: "donna", "madre" e appunto "meticcia". L'ex arcivescovo di Buenos Aires ha anche fatto intendere come non siano necessari nuovi dogmi dottrinali. Ma non è tutto.
Sempre il Santo Padre, durante le ritualità del caso, ha detto - stando all'Adnkronos - che la madre di Dio ha reso suo figlio meticcio. Un aggettivo - "meticcio" - che il Papa utilizza spesso per prendere posizione in favore del multiculturalismo e dell'accoglienza dei migranti. Qualche Natale fa, aveva fatto discutere l'asserzione secondo cui Gesù Cristo sarebbe stato figlio di migranti. Questo, secondo Vatican News, è il virgolettato completo: "Ha voluto essere meticcia, si è mescolata ma non solo con Juan Diego, è diventata meticcia per essere madre di tutti, si è meticciata con l'umanità. Perché lo ha fatto? Perché lei ha ‘meticciato’ Dio e questo è il grande mistero: Maria madre meticcia, che ha fatto Dio, vero Dio e vero uomo, in suo Figlio Gesù".
Con le considerazioni odierne, è possibile che nasca una nuova bufera teologico-mediatica. Perché non tutti sono d'accordo con questi aspetti della pastorale di Bergoglio. Poi il riferimento al ruolo che le donne occupano all'interno della Chiesa odierna: "Quando cerchiamo il ruolo della donna nella Chiesa possiamo seguire la strada della funzionalità ma quello ci porterebbe solo a metà strada. La donna nella Chiesa va oltre, con questo principio mariano che maternalizza la Chiesa e la trasforma nella Santa Madre Chiesa. Maria donna, Maria madre. Senza altro titolo essenziale".
In seguito alle dichiarazioni del pontefice, è arrivato un commento proveniente dal cardinal Marc Oulett, prefetto della Congregazione per i vescovi: "Non tutti capiscono le sue decisioni (del Papa, ndr) - ha detto il canadese - ma il popolo di Dio è incoraggiato".
GUADALUPE: la "Donna" che schiaccia il serpente e la PRODIGIOSA “TILMA” che fa impazzire gli scienziati
La Beatissima Vergine Maria, apparendo in terra d’America 5 secoli fa, volle consacrare con un intervento magistrale quell’inizio della battaglia delle forze del bene contro quelle del male in epoca moderna proprio in quella terra dove il regno di satana doveva essere colpito da Colei di cui la rivelazione biblica vaticina la vittoria sul serpente e su tutte le forze demoniache che si oppongono a Cristo e al suo regno di grazia.
Una mariofania, quella di Guadalupe, da considerarsi come l’“evento primordiale” che si pone al principio di quella drammatica fase storica – che qualche secolo più tardi avrebbe visto l’inizio ufficiale – della battaglia della Donna contro il drago infernale inaugurata a Rue di Bac (Parigi 1830) e nella quale siamo pienamente coinvolti.
Ed è proprio il nome di “Nostra Signora di Guadalupe” a legittimare questa interpretazione: si è cercato, infatti, numerose volte di rendere con esattezza la parola nàhuatl (lingua dei nativi del luogo delle apparizioni) originariamente tradotta come “Guadalupe” ma la risposta più probabile è che si sia trattato del tentativo dell’interprete di tradurre dal nàhuatl in lingua spagnola il titolo di Maria Coatlaxopeuh, parola che significa “Colei che spezza, calpesta o schiaccia il serpente”.
Colei “che schiaccia il serpente”, dunque, si presentava con regale maestà sul terreno della storia all’alba dell’epoca moderna per sostenere la Chiesa del suo Figlio nella lotta contro satana e i suoi agenti che avevano già “cominciato i lavori ufficiali” per corrompere e rovinare il mondo. Tale epoca moderna, infatti, non è certo iniziata un secolo fa… Piuttosto essa era cominciata già un secolo prima dell’apparizione della celeste Messaggera con il fenomeno dell’Umanesimo-Rinascimento; ma era più che giusto che il Cielo facesse vedere in azione la sua Provvidenza nella storia degli uomini qualche decennio più tardi, nel momento cioè in cui il Protestantesimo spaccava la Cristianità in Europa e la scoperta di nuove terre al di là del Pacifico doveva segnare una nuova epoca ed inaugurare una nuova stagione di grande evangelizzazione di quelle popolazioni che non sarebbe mai avvenuta senza il provvidenziale intervento di Maria, Stella dell’evangelizzazione (1).
Già al suo giungere, perché non ci fossero dubbi sullo scopo ultimo del suo intervento, Ella si presentava come “la perfetta sempre vergine Maria, la Madre del verissimo e unico Dio”. In questa espressione è racchiuso il grande annuncio che ogni missionario vuole e deve portare fino agli estremi confini della terra, a tutti i popoli, in tutti i continenti perché raggiunga ogni uomo ed ogni donna. C’è l’essenziale della fede cattolica: l’Incarnazione, la perpetua verginità di Maria Immacolata, l’unicità del Dio cristiano.
È esattamente il grande messaggio del Natale, un messaggio che fa trasalire di gioia perché abbiamo veduto con gli occhi della carne il Dio Grande che si è fatto Piccolo, non disdegnando tutto ciò che alla natura umana ripugna pur di salvarci: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc 2, 10-11).
E non poteva non essere questa la principale preoccupazione della “Madre del verissimo ed unico Dio”: portare a quei popoli immersi ancora nelle tenebre del paganesimo la vera e salvifica Gioia che si è fatta carne anche per loro, per strapparli dal domino e dalla schiavitù dei demoni ai quali fino ad allora erano stati asserviti.
Raccontiamo, allora, questa affascinante storia che cambiò radicalmente il corso degli eventi in America non senza un dolce influsso, nei secoli a venire, sul mondo cattolico in generale. Sabato 9 dicembre 1531, solo dieci anni dopo la conquista del Messico, l'indio Cuauhtlatòhuac (ribattezzato cinquant'anni dopo la nascita Juan Diego), di professione coltivatore, si stava recando alla chiesa francescana di Santiago. Era l’alba. All'improvviso una voce dolcissima lo chiamò sul colle Tepeyac: “Juantzin, Juan Diegotzin” (cioè il diminutivo di Juan Diego in lingua nàhuatl). Veniva da una bellissima donna che si presentava, come dicevamo,“la perfetta sempre vergine Maria, la Madre del verissimo e unico Dio”, la quale gli ordinò di recarsi dal vescovo del luogo chiedendo la costruzione di una chiesa ai piedi del colle.
Per un paio di volte il vescovo, comprensibilmente dubbioso, non volle credere al racconto dell’indio. Tre giorni dopo la prima apparizione, Juan Diego fu chiamato al capezzale di uno zio (Juan Bernardino) gravemente ammalato. Alla ricerca di un sacerdote che assistesse l’infermo negli ultimi momenti della vita terrena, aggirò la collina su cui era apparsa la “Morenita” per evitare di incontrarla nuovamente. Ma Ella lo intercettò apparendogli lungo la strada, rassicurandolo sulla salute dello zio e domandandogli di salire nuovamente sulla collina per raccogliere dei fiori. Juan Diego eseguì gli ordini e trovò la cima del colle ricoperta di bellissime rose di Castiglia, cosa assolutamente straordinaria per le circostanze: si era in pieno inverno e il luogo era una desolata pietraia. Juan Diego, raccoltene, le depose nella sua tilma (mantello fatto di fibra d’agave) per portarle a mons. Juan de Zumarraga.
Il vescovo voleva una prova tangibile per sapere se colei che appariva all’indio fosse davvero la Vergine Maria. La “Morenita” si piegò benevolmente alla richiesta. Già le rose di Castiglia miracolosamente apparse sul Tepyac nel freddo inverno di dicembre erano un segno sufficientemente prodigioso per autenticarne le apparizioni.
Eppure una prova più meravigliosa volle offrire, una prova “inossidabile” e che, nel tempo, sarebbe rimasta non solo a conferma della veridicità delle apparizioni ma anche a testimonianza della grandezza di Dio: catechesi e teologia, ricettacolo di meraviglie tali e tante che ancora oggi lascia commosso e meravigliato il mondo intero: è la tilma di Nostra Signora di Guadalupe. Di cosa si tratta? Ritorniamo un istante al racconto. Appena Juan Diego, giunto al cospetto del vescovo, spiegò il mantello facendo cadere i fiori raccolti davanti al prelato e ai circostanti, avvenne uno straordinario prodigio: sul mantello si formò istantaneamente l'immagine dell’Apparsa!
La tilma con l'immagine effigiata si conserva intatta ancora oggi, a distanza di oltre quattro secoli e mezzo e si può ammirare e venerare nella grandiosa basilica di Guadalupe, costruita ai piedi del colle Tepeyac, secondo i desideri della Vergine. Tutte le numerosissime ricerche scientifiche condotte fino ad oggi sull’immagine permettono di giungere ad una inoppugnabile conclusione: essa non è stata prodotta da mano d’uomo ma è stata forgiata dalla potenza di Dio, consegnando al mondo un inestimabile dono di grazia nonché un attestato della sua sapienza e della sua provvidenza.
L’immagine della “Morenita” di Guadalupe che si è formata in maniera inspiegabile sul mantello di Juan Diego, infatti, può e deve essere interpretata come un kérygma (annuncio) codificato; in questa immagine prodigiosa si trova, infatti, l’annuncio dell’unico Dio, della sua Incarnazione e della divina maternità di Maria Santissima.
Notiamo innanzitutto come, nell’immagine, la Vergine appaia rivestita di sole come la Donna dell’Apocalisse il quale emana in qualche modo proprio da Lei. Questa indicazione dovette apparire sconvolgente nel contesto della religiosità azteca, incentrata com’era sui sacrifici umani a Huitzilopochtli, dio del sole e della guerra. La Donna raffigurata sul manto presentava, così, una significativa relazione con questo dio che, secondo la mitologia, sarebbe nato da una donna, Coatlicue, fecondata non da un uomo ma da una piuma. Coatlicue sarebbe stata perseguitata a morte ma la nascita improvvisa di Huitzilopochtli l’avrebbe, facendo strage dei suoi persecutori.
Ebbene, nell’immagine impressa sulla tilma la Vergine è incinta, a motivo della cintura scura intorno ai fianchi che veniva portata dalle donne messicane in gravidanza. Colui che è racchiuso nel suo grembo viene indicato da un fiore particolare che si trova sul suo abito, proprio all’altezza del ventre: si tratta di un fiore che rappresenta il globo dell’universo, caratterizzato da un cerchio centrale e da quattro petali rappresentanti i quattro punti cardinali. Il messaggio è, dunque, chiaro sebbene sorprendente: la figura femminile della tilma porta in sé il Signore dell’universo e lo irradia; eppure questa misteriosa Donna non è solo gravida, ma anche vergine, come indicano i capelli neri sciolti che si scorgono sotto il velo, secondo l’uso delle donne indios non sposate.
Un’altra caratteristica davvero degna di nota e visibile sul prodigioso mantello è la disposizione delle stelle che trapuntano il manto della Vergine Madre. Esse si trovano nella collacazione che avevano il giorno 12 dicembre 1531 ma non come se le vedesse un osservatore terrestre, bensì come le avrebbe potute osservare qualcuno posto al di sopra della volta celeste: in pratica dal punto di vista di Dio…
La luna, poi, è posta sotto i piedi della Vergine, ancora una volta con riferimento al capitolo 12 dell’Apocalisse di San Giovanni. Alcuni pensano che questo dettaglio stia a significare che questa Donna è regina del Messico (Mexico, significa infatti “ombelico della luna” o “centro della luna”); secondo altri è, invece, il segno del dominio sulla divinità lunare, sempre pronta a insidiare Huitzilopochtli, il dio del sole. In ogni caso la divinità delle tenebre è definitivamente dominata, e così non c’è più bisogno di nutrire il dio del sole e della guerra con continui sacrifici umani. Le potenze naturali venerate come divinità vanivano così detronizzate, i miti purificati e il vero Dio annunciato per mezzo di Maria Santissima, Madre del Verbo e Regina del mondo. Le tenebre dell’antica idolatria venivano illuminate dalla potente rivelazione del “Sole che sorge”, Gesù Cristo. La “strategia” pastorale della Vergine di Guadalupe fu sì quella di adottare il linguaggio simbolico e mitologico autoctono ma non perché quei popoli continuassero a venerare gli elementi della natura ma piuttosto perché adorassero l’unico vero Dio che ha rivelato il suo volto nell’Incarnazione. “Quel Dio che voi non conoscete, io ve lo annuncio e ve lo porto”: è questo il messaggio codificato sulla tilma. La Vergine Santissima, dunque, non è apparsa in Messico per confermare il popolo indigeno nei suoi falsi culti ma per chiamarli ad abbracciare l’unica vera fede.
Un ultimo dettaglio ma non di poca importanza: il volto di Nostra Signora di Guadalupe non è un volto indigeno né tantomeno spagnolo ma meticcio, un volto non ancora presente nel Messico del Cinquecento o almeno non in modo diffuso. La “Virgen Morenita” poteva esprimere, in tal modo, l’incontro di due mondi da cui sarebbe nato quel nuovo popolo generato dalla fusione dei popoli messicani indigeni con i “conquistatori” spagnoli e che avrebbe avuto il suo centro di unità nella fede cattolica. La Madonna non portò un messaggio di rivendicazione sociale. Non invitò il popolo messicano alla rivolta contro l’invasore presuntamente reo di voler imporre una religione e una cultura diversa da quella indigena. Al contrario, si è posta a fianco dell’opera evangelizzatrice della Chiesa e ha accompagnato gli amerindi ad entrare nell’unica vera Chiesa, fondata da Gesù Cristo, dove i due sarebbero divenuti un solo popolo “col volto di Maria”.
Note
(1) «Dal momento che le apparizioni della Madonna di Guadalupe ebbero luogo durante il periodo della Riforma, possiamo comprenderne realmente il vero significato solo in rapporto con questo evento storico. In quest’ottica, emerge con chiarezza che non è fantasioso considerare Guadalupe una parte della risposta di Dio alla frattura prodottasi nella cristianità e formalizzata dalla rivolta di Martin Lutero. E, infatti, fu solo diciotto mesi prima dell’arrivo dei conquistadores in Messico che Lutero, il 31 ottobre 1517, affisse le sue celebri novantacinque tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg, scatenando quella grande rivoluzione religiosa, sociale e politica. Ora, Cortés e i suoi seguaci con le loro armi mortali di nuova concezione stavano facendo un’affissione su un portale molto diverso, la soglia dell’impero azteco, e il feroce attacco mosso a questo impero avrebbe spalancato un mondo completamente nuovo all’Occidente. Mentre la Riforma procedeva e si affermava, in tutti i possedimenti spagnoli di Carlo V venne profuso uno spirito di crociata cattolico destinato all’opera da svolgere sia ai fini della Riforma cattolica in Europa sia a quelli dell’evangelizzazione nelle Americhe»: Donald Anthony Foley, Il libro delle apparizioni mariane. Influenza e significato nella storia della Chiesa, Gribaudi, Milano 2004, pp. 19-20.
Una mariofania, quella di Guadalupe, da considerarsi come l’“evento primordiale” che si pone al principio di quella drammatica fase storica – che qualche secolo più tardi avrebbe visto l’inizio ufficiale – della battaglia della Donna contro il drago infernale inaugurata a Rue di Bac (Parigi 1830) e nella quale siamo pienamente coinvolti.
Ed è proprio il nome di “Nostra Signora di Guadalupe” a legittimare questa interpretazione: si è cercato, infatti, numerose volte di rendere con esattezza la parola nàhuatl (lingua dei nativi del luogo delle apparizioni) originariamente tradotta come “Guadalupe” ma la risposta più probabile è che si sia trattato del tentativo dell’interprete di tradurre dal nàhuatl in lingua spagnola il titolo di Maria Coatlaxopeuh, parola che significa “Colei che spezza, calpesta o schiaccia il serpente”.
Colei “che schiaccia il serpente”, dunque, si presentava con regale maestà sul terreno della storia all’alba dell’epoca moderna per sostenere la Chiesa del suo Figlio nella lotta contro satana e i suoi agenti che avevano già “cominciato i lavori ufficiali” per corrompere e rovinare il mondo. Tale epoca moderna, infatti, non è certo iniziata un secolo fa… Piuttosto essa era cominciata già un secolo prima dell’apparizione della celeste Messaggera con il fenomeno dell’Umanesimo-Rinascimento; ma era più che giusto che il Cielo facesse vedere in azione la sua Provvidenza nella storia degli uomini qualche decennio più tardi, nel momento cioè in cui il Protestantesimo spaccava la Cristianità in Europa e la scoperta di nuove terre al di là del Pacifico doveva segnare una nuova epoca ed inaugurare una nuova stagione di grande evangelizzazione di quelle popolazioni che non sarebbe mai avvenuta senza il provvidenziale intervento di Maria, Stella dell’evangelizzazione (1).
Già al suo giungere, perché non ci fossero dubbi sullo scopo ultimo del suo intervento, Ella si presentava come “la perfetta sempre vergine Maria, la Madre del verissimo e unico Dio”. In questa espressione è racchiuso il grande annuncio che ogni missionario vuole e deve portare fino agli estremi confini della terra, a tutti i popoli, in tutti i continenti perché raggiunga ogni uomo ed ogni donna. C’è l’essenziale della fede cattolica: l’Incarnazione, la perpetua verginità di Maria Immacolata, l’unicità del Dio cristiano.
È esattamente il grande messaggio del Natale, un messaggio che fa trasalire di gioia perché abbiamo veduto con gli occhi della carne il Dio Grande che si è fatto Piccolo, non disdegnando tutto ciò che alla natura umana ripugna pur di salvarci: «Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore» (Lc 2, 10-11).
E non poteva non essere questa la principale preoccupazione della “Madre del verissimo ed unico Dio”: portare a quei popoli immersi ancora nelle tenebre del paganesimo la vera e salvifica Gioia che si è fatta carne anche per loro, per strapparli dal domino e dalla schiavitù dei demoni ai quali fino ad allora erano stati asserviti.
Raccontiamo, allora, questa affascinante storia che cambiò radicalmente il corso degli eventi in America non senza un dolce influsso, nei secoli a venire, sul mondo cattolico in generale. Sabato 9 dicembre 1531, solo dieci anni dopo la conquista del Messico, l'indio Cuauhtlatòhuac (ribattezzato cinquant'anni dopo la nascita Juan Diego), di professione coltivatore, si stava recando alla chiesa francescana di Santiago. Era l’alba. All'improvviso una voce dolcissima lo chiamò sul colle Tepeyac: “Juantzin, Juan Diegotzin” (cioè il diminutivo di Juan Diego in lingua nàhuatl). Veniva da una bellissima donna che si presentava, come dicevamo,“la perfetta sempre vergine Maria, la Madre del verissimo e unico Dio”, la quale gli ordinò di recarsi dal vescovo del luogo chiedendo la costruzione di una chiesa ai piedi del colle.
Per un paio di volte il vescovo, comprensibilmente dubbioso, non volle credere al racconto dell’indio. Tre giorni dopo la prima apparizione, Juan Diego fu chiamato al capezzale di uno zio (Juan Bernardino) gravemente ammalato. Alla ricerca di un sacerdote che assistesse l’infermo negli ultimi momenti della vita terrena, aggirò la collina su cui era apparsa la “Morenita” per evitare di incontrarla nuovamente. Ma Ella lo intercettò apparendogli lungo la strada, rassicurandolo sulla salute dello zio e domandandogli di salire nuovamente sulla collina per raccogliere dei fiori. Juan Diego eseguì gli ordini e trovò la cima del colle ricoperta di bellissime rose di Castiglia, cosa assolutamente straordinaria per le circostanze: si era in pieno inverno e il luogo era una desolata pietraia. Juan Diego, raccoltene, le depose nella sua tilma (mantello fatto di fibra d’agave) per portarle a mons. Juan de Zumarraga.
Il vescovo voleva una prova tangibile per sapere se colei che appariva all’indio fosse davvero la Vergine Maria. La “Morenita” si piegò benevolmente alla richiesta. Già le rose di Castiglia miracolosamente apparse sul Tepyac nel freddo inverno di dicembre erano un segno sufficientemente prodigioso per autenticarne le apparizioni.
Eppure una prova più meravigliosa volle offrire, una prova “inossidabile” e che, nel tempo, sarebbe rimasta non solo a conferma della veridicità delle apparizioni ma anche a testimonianza della grandezza di Dio: catechesi e teologia, ricettacolo di meraviglie tali e tante che ancora oggi lascia commosso e meravigliato il mondo intero: è la tilma di Nostra Signora di Guadalupe. Di cosa si tratta? Ritorniamo un istante al racconto. Appena Juan Diego, giunto al cospetto del vescovo, spiegò il mantello facendo cadere i fiori raccolti davanti al prelato e ai circostanti, avvenne uno straordinario prodigio: sul mantello si formò istantaneamente l'immagine dell’Apparsa!
La tilma con l'immagine effigiata si conserva intatta ancora oggi, a distanza di oltre quattro secoli e mezzo e si può ammirare e venerare nella grandiosa basilica di Guadalupe, costruita ai piedi del colle Tepeyac, secondo i desideri della Vergine. Tutte le numerosissime ricerche scientifiche condotte fino ad oggi sull’immagine permettono di giungere ad una inoppugnabile conclusione: essa non è stata prodotta da mano d’uomo ma è stata forgiata dalla potenza di Dio, consegnando al mondo un inestimabile dono di grazia nonché un attestato della sua sapienza e della sua provvidenza.
L’immagine della “Morenita” di Guadalupe che si è formata in maniera inspiegabile sul mantello di Juan Diego, infatti, può e deve essere interpretata come un kérygma (annuncio) codificato; in questa immagine prodigiosa si trova, infatti, l’annuncio dell’unico Dio, della sua Incarnazione e della divina maternità di Maria Santissima.
Notiamo innanzitutto come, nell’immagine, la Vergine appaia rivestita di sole come la Donna dell’Apocalisse il quale emana in qualche modo proprio da Lei. Questa indicazione dovette apparire sconvolgente nel contesto della religiosità azteca, incentrata com’era sui sacrifici umani a Huitzilopochtli, dio del sole e della guerra. La Donna raffigurata sul manto presentava, così, una significativa relazione con questo dio che, secondo la mitologia, sarebbe nato da una donna, Coatlicue, fecondata non da un uomo ma da una piuma. Coatlicue sarebbe stata perseguitata a morte ma la nascita improvvisa di Huitzilopochtli l’avrebbe, facendo strage dei suoi persecutori.
Ebbene, nell’immagine impressa sulla tilma la Vergine è incinta, a motivo della cintura scura intorno ai fianchi che veniva portata dalle donne messicane in gravidanza. Colui che è racchiuso nel suo grembo viene indicato da un fiore particolare che si trova sul suo abito, proprio all’altezza del ventre: si tratta di un fiore che rappresenta il globo dell’universo, caratterizzato da un cerchio centrale e da quattro petali rappresentanti i quattro punti cardinali. Il messaggio è, dunque, chiaro sebbene sorprendente: la figura femminile della tilma porta in sé il Signore dell’universo e lo irradia; eppure questa misteriosa Donna non è solo gravida, ma anche vergine, come indicano i capelli neri sciolti che si scorgono sotto il velo, secondo l’uso delle donne indios non sposate.
Un’altra caratteristica davvero degna di nota e visibile sul prodigioso mantello è la disposizione delle stelle che trapuntano il manto della Vergine Madre. Esse si trovano nella collacazione che avevano il giorno 12 dicembre 1531 ma non come se le vedesse un osservatore terrestre, bensì come le avrebbe potute osservare qualcuno posto al di sopra della volta celeste: in pratica dal punto di vista di Dio…
La luna, poi, è posta sotto i piedi della Vergine, ancora una volta con riferimento al capitolo 12 dell’Apocalisse di San Giovanni. Alcuni pensano che questo dettaglio stia a significare che questa Donna è regina del Messico (Mexico, significa infatti “ombelico della luna” o “centro della luna”); secondo altri è, invece, il segno del dominio sulla divinità lunare, sempre pronta a insidiare Huitzilopochtli, il dio del sole. In ogni caso la divinità delle tenebre è definitivamente dominata, e così non c’è più bisogno di nutrire il dio del sole e della guerra con continui sacrifici umani. Le potenze naturali venerate come divinità vanivano così detronizzate, i miti purificati e il vero Dio annunciato per mezzo di Maria Santissima, Madre del Verbo e Regina del mondo. Le tenebre dell’antica idolatria venivano illuminate dalla potente rivelazione del “Sole che sorge”, Gesù Cristo. La “strategia” pastorale della Vergine di Guadalupe fu sì quella di adottare il linguaggio simbolico e mitologico autoctono ma non perché quei popoli continuassero a venerare gli elementi della natura ma piuttosto perché adorassero l’unico vero Dio che ha rivelato il suo volto nell’Incarnazione. “Quel Dio che voi non conoscete, io ve lo annuncio e ve lo porto”: è questo il messaggio codificato sulla tilma. La Vergine Santissima, dunque, non è apparsa in Messico per confermare il popolo indigeno nei suoi falsi culti ma per chiamarli ad abbracciare l’unica vera fede.
Un ultimo dettaglio ma non di poca importanza: il volto di Nostra Signora di Guadalupe non è un volto indigeno né tantomeno spagnolo ma meticcio, un volto non ancora presente nel Messico del Cinquecento o almeno non in modo diffuso. La “Virgen Morenita” poteva esprimere, in tal modo, l’incontro di due mondi da cui sarebbe nato quel nuovo popolo generato dalla fusione dei popoli messicani indigeni con i “conquistatori” spagnoli e che avrebbe avuto il suo centro di unità nella fede cattolica. La Madonna non portò un messaggio di rivendicazione sociale. Non invitò il popolo messicano alla rivolta contro l’invasore presuntamente reo di voler imporre una religione e una cultura diversa da quella indigena. Al contrario, si è posta a fianco dell’opera evangelizzatrice della Chiesa e ha accompagnato gli amerindi ad entrare nell’unica vera Chiesa, fondata da Gesù Cristo, dove i due sarebbero divenuti un solo popolo “col volto di Maria”.
Note
(1) «Dal momento che le apparizioni della Madonna di Guadalupe ebbero luogo durante il periodo della Riforma, possiamo comprenderne realmente il vero significato solo in rapporto con questo evento storico. In quest’ottica, emerge con chiarezza che non è fantasioso considerare Guadalupe una parte della risposta di Dio alla frattura prodottasi nella cristianità e formalizzata dalla rivolta di Martin Lutero. E, infatti, fu solo diciotto mesi prima dell’arrivo dei conquistadores in Messico che Lutero, il 31 ottobre 1517, affisse le sue celebri novantacinque tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg, scatenando quella grande rivoluzione religiosa, sociale e politica. Ora, Cortés e i suoi seguaci con le loro armi mortali di nuova concezione stavano facendo un’affissione su un portale molto diverso, la soglia dell’impero azteco, e il feroce attacco mosso a questo impero avrebbe spalancato un mondo completamente nuovo all’Occidente. Mentre la Riforma procedeva e si affermava, in tutti i possedimenti spagnoli di Carlo V venne profuso uno spirito di crociata cattolico destinato all’opera da svolgere sia ai fini della Riforma cattolica in Europa sia a quelli dell’evangelizzazione nelle Americhe»: Donald Anthony Foley, Il libro delle apparizioni mariane. Influenza e significato nella storia della Chiesa, Gribaudi, Milano 2004, pp. 19-20.
Tempi di Maria
https://gloria.tv/post/3zVQYUokfRQNBbopNC7DArXkh
Ecco tutti i "preti rossi" affascinati dalle "sardine"
I "preti di strada" iniziano ad aderire al "movimento delle sardine". Per questi ecclesiastici, la situazione è grave. Sono i soliti anti-Salvini
I "preti di strada" iniziano ad aderire al "movimento delle sardine". Per questi ecclesiastici, la situazione è grave. Sono i soliti anti-Salvini
Dal "digiuno a staffetta" per protestare contro i porti chiusi di Matteo Salvini alle "sardine" il passo è breve.
E infatti i "preti di strada" non si sono smentiti, manifestando prossimità agli anti-salviniani del movimento nato nelle piazze italiane e arrivando persino a condividere la strategia di fondo, che è anzitutto quella della rimostranza pubblica.
Nel corso di queste ore, gli appelli si sono moltiplicati. Prima di oggi c'era stata qualche adesione formale, come quella di Suor Giuliana Galli, che non si è limitata alla banale approvazione. Padre Bartolomeo Sorge, gesuita, aveva persino paragonato il simbolo dei primi cistiani con quello utilizzato dalle "sardine". Ieri, poi, è stato il turno della "simpatia" provata dall'ex segretario della Cei Nunzio Galantino. I virgolettati dell'ex vertice dei vescovi sono arrivati attraverso una trasmissione andata in onda su Radio Capital, Ma è in queste ore - magari proprio in virtù dello sdoganamento di Nunzio Galantino - che la questione sembra divenire sempre più seria e partecipata. Perché c'è una parte di Chiesa cattolica che non intende nascondere di condividere le preoccupazioni di chi - in queste settimane - continua a far parlare di sè, pur contestando un partito politico che siede all'opposizione.
Stando a quanto riportato dall'Adnkronos, è lecito raccontare di come padre Alex Zanotelli - da sempre considerato vicino a posizioni progressiste - abbia invitato le nuove generazioni ad alimentare una vera e propria azione "contro l'odio", rimarcando pure come sia necessario "più coraggio". La scorsa estate padre Alex Zanotelli si era fatto promotore, assieme ad altri "preti rossi", di quel "digiuno a staffetta" sopracitato. Bisognava garantire l'accoglienza dei migranti. Adesso il governo è cambiato, così come l'atteggiamento nei confronti di coloro che cercano rifugio sulle nostre coste, ma le istanze di Zanotelli sono sempre le stesse. E puntano comunque a contrastare l'ex ministro dell'Interno e la sua piattaforma ideologica.
Poi c'è il caso di Don Sigurani, che ha constatato come, dal suo punto di vista, la "situazione" sia "grave". Quindi le "sardine" e il loro modo di declinare sul pratico quel sentimento sono più che utili. Un altro di questi preti che ha già dato prova di vicinanza alle sardine è Don Biancalani, che è però finito in una sorta di bufera mediatica derivante dall'esecuzione di "Bella Ciao" nella chiesa in cui è incaricato. Le convinzioni sono comuni, mentre la novità - come premesso - è rappresentata dalla costanza con cui questi ecclesiastici distribuiscono giudizi positivi. In alcuni casi, sembra che i consacrati vogliano premiare solo la partecipazione politica dei giovani.
In questo senso, per esempio, possono essere interpretate le parole del segretario di Stato, il cardinal Pietro Parolin. In altri, invece, si può arrivare ad immaginare un'alleanza organica tra alcuni emisferi clericali e le "sardine". E le "sardine" incassano sostegno, nonostante la loro provenienza idealistica non appaia troppo compatibile con quello che la Chiesa cattolica ha, almeno negli anni passati, espresso in termini valoriali. Si pensi, per esempio, alle battaglie del cardinal Camillo Ruini per i "valori non negoziabili". Lotte che sembrano distanti anni luce dalle priorità del sardinismo, che guarda da tutt'altra parte.
La storia però è cambiata. E magari anche l'Ecclesia.
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http://www.ilgiornale.it/news/cronache/ecco-tutti-i-preti-rossi-affascinati-dalle-sardine-1798252.html
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