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martedì 3 dicembre 2019

Predicando ai vivi..

Suicidio e funerale cattolico. Una vicenda americana e tante domande


    Un giovane di diciotto anni muore suicida. Si celebra il funerale e durante l’omelia il sacerdote, raccontando  le circostanze della morte, afferma che per la Chiesa cattolica il suicidio non è ammissibile, perché, come ricorda il Catechismo “siamo amministratori, non proprietari della vita che Dio ci ha affidato”. La famiglia del giovane però si sente offesa e fa causa al sacerdote per danni morali, chiedendo un risarcimento di venticinquemila dollari.
Succede negli Stati Uniti, nella diocesi di Detroit. Il prete sotto accusa è padre Don LaCuesta e i fatti sono avvenuti durante le esequie di Maison Hullibarger, diciottenne morto, appunto, suicida.
Secondo i familiari del ragazzo, l’accordo con il celebrante era che nell’omelia non si facesse cenno alle circostanze della morte, anche perché alcune persone non ne erano a conoscenza. Tuttavia padre LaCuesta non avrebbe rispettato i patti e durante l’omelia ha detto non solo che la morte di Maison era avvenuta per suicidio, ma che togliersi la vita è un atto contrario alla volontà di Dio, sebbene Dio sappia essere misericordioso.
La vicenda ha suscitato scalpore. Premesso che, in caso di suicidio, la Chiesa valuta caso per caso se consentire le esequie religiose oppure no, come si deve comportare il celebrante durante la Messa?
“Nessun genitore, nessun fratello, nessun membro della famiglia dovrebbe mai passare attraverso ciò che noi abbiamo passato”, ha detto la mamma di Maison in una dichiarazione resa nota dagli avvocati.
Nell’omelia, il cui testo è stato diffuso dalla diocesi di Detroit, il sacerdote ha sostenuto: “Dal momento che siamo cristiani, dobbiamo dire la verità: togliersi la vita è contro Dio, che ci ha creati, e contro tutti coloro che ci amano. Le vita non è nostra, non ne possiamo disporre a  piacimento. È Dio che ci ha dato la vita e noi dobbiamo essere buoni amministratori di questo dono finché Dio lo permetterà”. Tuttavia, ha aggiunto, “Dio ci aspetta a braccia sempre aperte, con la sua misericordia. Può dunque perdonare anche questo gesto e guarire. Dio non vuole altro che la nostra salvezza, ma non si imporrà mai su di noi, non ci salverà senza di noi. È così che ci ama. Grazie al sacrificio onnicomprensivo di Cristo sulla croce, Dio può avere misericordia di qualsiasi peccato. Sì, grazie alla sua misericordia, Dio può perdonare anche il suicidio e guarire ciò che è stato ferito”.
Secondo i genitori del giovane, l’accordo con il sacerdote prevedeva che si tacesse sul suicidio e che la funzione fosse una celebrazione della vita e della bontà del ragazzo. Quando si è accorto che i patti non venivano rispettati, il padre di Maison si è avvicinato al prete chiedendogli di interrompersi immediatamente, ma padre LaCuesta ha proseguito la sua omelia fino al termine.
Dunque, come regolarsi in questi casi?
“Il contenuto dell’omelia per una Messa funebre è di esclusiva responsabilità dell’omelista”, spiega monsignor Robert Dempsey, pastore a Lake Forest, Illinois, e docente di liturgia al seminario di Mundelein. “Ma l’omelista ha il dovere di essere  attento e rispettoso nei confronti del dolore dei presenti”.
“Colui che tiene l’omelia – precisa ancora il monsignore – dovrebbe soffermarsi sull’amore compassionevole di Dio e sul mistero pasquale del Signore, così come proclamato nelle letture. Dovrebbe anche aiutare i membri dell’assemblea a capire che il mistero dell’amore di Dio e il mistero della vittoriosa morte e risurrezione di Gesù erano presenti nella vita e nella morte del defunto e che quei misteri sono attivi nella vita di tutti”.
“Le richieste ragionevoli di una famiglia circa la privacy e la sensibilità dovrebbero essere rispettate, ma non quelle contrarie alla fede o alla disciplina liturgica della Chiesa. Nessuno ha il diritto di ascoltare solo quegli aspetti della parola di Dio con cui si trova d’accordo o di ricevere i sacramenti secondo le proprie preferenze o comprensioni”.
Nel caso specifico, “un minimo di buon senso e di umana compassione avrebbe potuto evitare tanti guai per tutti gli interessati. Così come i matrimoni non sono il momento opportuno per predicare sull’immoralità della pillola contraccettiva, i funerali non sono un’occasione adatta per predicare sull’immoralità oggettiva del suicidio o sull’incertezza sulla perseveranza finale”.
“Inoltre – prosegue monsignor Dempsey –  la giustizia naturale e la carità pastorale suggeriscono che il sacerdote dovrebbe rispettare i desideri di riservatezza della famiglia su fatti specifici riguardanti la vita e la morte del defunto. In caso di suicidio, morte per overdose e dipendenze, tanto meno si dice e meglio è, anche se la famiglia non richiede specificamente la riservatezza”.
Non completamente d’accordo è il padre domenicano Pius Pietrzyk, responsabile degli studi pastorali presso il seminario San Patrizio a Menlo Park, in California.
“Contrariamente alla corrente del pensiero dominante – dice padre Pietrzyk – tendo a ritenere che noi non predichiamo abbastanza sull’immoralità del suicidio. Non è misericordioso dire a qualcuno che suicidarsi va bene. Eppure penso che lo facciamo indirettamente ogni volta che non predichiamo con il dovuto vigore e non ricordiamo con chiarezza la grave immoralità insita nel suicidio e la colpevolezza che può essere associata ad esso”.
“Un sacerdote a un funerale – dice padre Pietrzyk – non sta predicando ai morti, ma ai vivi”. Di qui il dovere di dire le cose come stanno. Però anche il padre domenicano riconosce che se i familiari chiedono riservatezza il celebrante dovrebbe rispettare questa richiesta.
Resta il fatto che il celebrante “non predica ciò che la famiglia chiede, ma la verità della Chiesa”. Non va dunque bene, sostiene padre Pietrzyk, l’atteggiamento di quei sacerdoti, e persino di alcuni vescovi, che sembrano incoraggiare i laici a controllare la liturgia, specie durante matrimoni e funerali. “La Messa non appartiene al popolo, ma alla Chiesa”.
A questo proposito monsignor Dempsey sottolinea che le norme della Chiesa proibiscono la pratica di trasformare la Messa funebre in un elogio del defunto. Certo, a un familiare o a un amico può essere data la possibilità di un ricordo, ma “il funerale cattolico non è una celebrazione della vita del defunto”, bensì “una celebrazione della partecipazione del credente battezzato alla vita e alla risurrezione di Gesù Cristo”.
Se consentito dal celebrante, l’intervento di un amico o di un familiare dovrebbe essere non un elogio, ma un ricordo di come il defunto ha reso testimonianza della fede nella sua vita.
La diocesi di Detroit intanto ha fatto sapere che per un certo periodo padre LaCuesta non predicherà più ai funerali e che i testi di tutte le sue omelie saranno rivisti da un altro sacerdote.
A.M.V.
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Fonte: CNA

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