Il 3 dicembre “New Bloom”, magazine on line di Taiwan, ha pubblicato un’ampia intervista con il cardinale Giuseppe Zen Zekiun, 87 anni, vescovo emerito di Hong Kong.
L’intervista è avvenuta a Hong Kong ed è firmata da Nicholas Haggerty. Può essere letta integralmente in inglese in questa pagina di “New Bloom”:
Il cardinale ripercorre con ricchezza di particolari la politica della Santa Sede verso la Cina durante gli ultimi tre pontificati. E individua i maggiori responsabili del cedimento al regime comunista, sancito con l’accordo segreto del 22 settembre 2018, nel cardinale indiano Ivan Dias, penultimo prefetto di “Propaganda Fide”, e soprattutto nel cardinale segretario di Stato Pietro Parolin, in precedenza sottosegretario incaricato del dossier cinese.
Questa che segue è la parte dell’intervista che riguarda il pontificato di Francesco.
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ZEN: Francesco ha poco rispetto per i suoi predecessori. Sta cancellando tutto ciò che è stato fatto da Giovanni Paolo II e da papa Benedetto. E naturalmente quelli che stanno appesi alle sue labbra dicono sempre: “In continuità…”, ma questo è un insulto. Un insulto. Non c’è nessuna continuità.
Nel 2010, Parolin e Dias concordarono con la controparte cinese una bozza. E così tutti cominciarono a dire: "Oh, ora sta arrivando un accordo, sta arrivando, sta arrivando..." Poi all'improvviso, silenzio.
Non ho prove, ma credo che sia stato papa Benedetto a dire di no. Non poteva firmare quell'accordo. E sono convinto che l’accordo firmato ora sia esattamente lo stesso che papa Benedetto ha rifiutato di firmare.
HAGGERTY: Non ha visto questo accordo, non glielo hanno mostrato?
ZEN: No! Mi dica lei se è giusto. Sono uno dei due cardinali cinesi viventi e non posso prendere visione di tale accordo. E sono stato tre volte a Roma!
HAGGERTY: Com'è stato il suo rapporto con Francesco all'inizio del suo pontificato? È sempre stato teso?
ZEN: Con Francesco, ottime relazioni personali. Anche adesso. All'inizio di luglio di quest'anno ho cenato con il papa. Ma non risponde alle mie lettere. E tutto ciò che è accaduto è contro ciò che ho suggerito.
Ci sono tre cose Un accordo segreto che è così segreto che non se ne può dire nulla. Non sappiamo cosa ci sia dentro. Quindi la legittimazione dei sette vescovi scomunicati. È incredibile, semplicemente incredibile. Ma ancor più incredibile è l'ultimo atto: l'uccisione della [Chiesa] sotterranea.
Ora hanno completato il loro lavoro. Il 28 giugno è uscito un documento da parte della Santa Sede. Dico: la Santa Sede. Mai un documento è fatto uscire dalla Santa Sede, sempre da un determinato dipartimento, con le firme. Questo invece non ha alcun dipartimento specificato e nessuna firma. Dalla Santa Sede. Incredibile. Incredibile. Qualcuno non osa assumersi la responsabilità.
Mi sono recato di nuovo a Roma. Per la terza volta: nel gennaio dell'anno scorso, nell’ottobre dell'anno scorso e poi nel giugno di quest'anno. Inviai una lettera alla residenza papale, dicendo: “Santo Padre, sono qui a Roma. Vorrei sapere chi ha scritto quel documento, i cosiddetti ‘Orientamenti pastorali’. E voglio discutere con lui su quel documento in sua presenza. Sono qui a Roma per quattro giorni, può chiamarmi in qualsiasi momento, di giorno o di notte”.
Dopo un giorno, niente. Quindi inviai un altro appunto, ma questa volta con tutte le mie obiezioni al documento. Dissi: “Sono ancora qui che aspetto”. Così dopo un altro giorno venne uno a dirmi: “Il Santo Padre ha detto che qualunque cosa lei abbia da dire, la dica al segretario di Stato, il cardinale Parolin”. Ero furioso.
Ho detto: “No! Non sprecherei mai del tempo con quell’individuo”. Un vero spreco di tempo, perché né io lo convincerei mai, né lui convincerebbe me. Vorrei che il Santo Padre sia presente. Ma dal momento che pare impossibile, okay, tornerò a casa a mani vuote.
L'ultimo giorno sono andato in giro a pregare in qualche basilica e a trovare alcuni amici. […] Sono tornato in residenza alle cinque. Mi dissero: "Oh, il Santo Padre la invita a cena assieme a Parolin”.
Sono andato là per la cena. Molto semplice, noi tre. Pensavo che la cena non fosse il momento adatto per litigare, quindi durante la cena dovevo essere gentile. Così parlai di Hong Kong e Parolin non disse una parola. Quindi alla fine ho detto: "Santo Padre, che mi dice delle mie obiezioni a quel documento?”. Rispose: "Oh, oh, esaminerò la questione". Mi accompagnò alla porta.
E dunque non sono tornato a mani vuote. Ho la netta impressione che Parolin stia manipolando il Santo Padre.
HAGGERTY: Che cosa vuole Parolin?
ZEN: Oh, nessuno può esserne sicuro, perché è un vero mistero come un uomo di Chiesa, con tutta la sua conoscenza della Cina, dei comunisti, possa fare una cosa come quella che sta facendo ora. L'unica spiegazione non è la fede. È il successo diplomatico. Vanagloria.
Quest'ultimo atto è semplicemente incredibile. Il documento dice: "Per esercitare il ministero apertamente, devi registrarti col governo". E poi devi firmare. Firmare qualcosa in cui è detto che devi sostenere la chiesa indipendente. […] Il documento contiene qualcosa che va contro la nostra ortodossia, eppure sono incoraggiati a firmarlo. Non puoi ingannare te stesso. Non puoi ingannare i comunisti. Stai ingannando il mondo intero. Stai ingannando i fedeli. Firmare il documento non è firmare una semplice dichiarazione. Quando firmi, accetti di essere un membro di quella chiesa che è sotto la guida del partito comunista. È terribile, terribile.
Di recente ho appreso che il Santo Padre, su un volo di ritorno da non ricordo dove, ha detto: "Certo, non voglio vedere uno scisma. Ma non ho paura di uno scisma”. Io gli direi: ”Sta lei incoraggiando uno scisma. Sta legittimando la chiesa scismatica in Cina”. Incredibile.
Settimo Cielo
di Sandro Magister 06 dic
AURELIO PORFIRI DA HONG KONG: C’È UNA CALMA APPARENTE…
Marco Tosatti
Cari Stilumcuriali, il Maestro Aurelio Porfiri in questi giorni si trova a Hong Kong, e ci ha inviato i suoi Dispacci dalla Cina. Uno sguardo fresco e particolarmente interessante sulla situazione nell’ex colonia britannica, dopo le manifestazioni delle settimane passate e le votazioni recenti. Buona lettura.
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Una calma apparente
In questi miei ultimi giorni a Hong Kong, c’è una calma apparente. In realtà, il mio soggiorno qui è stato tranquillo. Non mi sono trovato in mezzo a proteste, manifestazioni, eventi traumatici. Ho soltanto potuto testimoniare le elezioni di qualche giorno fa, che hanno visto una schiacciante vittoria del fronte democratico contro le forze governative. Mi è capitato pochi giorni fa di traversare la strada con la polizia in assetto antisommossa, il che mi ha un poco sorpreso, in quanto era la prima volta che mi trovavo ad un metro di distanza da coloro che avevo visto in filmati su internet e che sono stati esecrati per il loro comportamento. Devo dire, come molti che hanno esperienza di questa città, che il risentimento verso la polizia mi ha molto sorpreso. La polizia era vista, prima delle proteste, molto positivamente, si vedevano spesso poliziotti in giro per la strada e la loro convivenza con la popolazione locale era del tutto pacifica. Quindi, questo cambiamento è stato certamente molto significativo, e non so come si potrà tornare indietro.
Ho detto che il mio soggiorno qui è stato del tutto tranquillo, ed è vero. Questo non significa che non ci siano state comunque delle proteste; esse ci sono state ma non sono state così forti e traumatiche come nelle prime due settimane di novembre. Comunque, ieri mi sono trovato in mezzo a un blocco del traffico, mentre mi trovavo su Nathan road, una delle arterie principali nella penisola di Kowloon. Poi, mi è stato detto, che questo ingorgo di traffico era proprio dovuto ad una manifestazione.
God bless America
La popolazione di Hong Kong, in questo momento, fa molto affidamento sul ruolo degli Stati Uniti in modalità anticinese. Sembra strano che una popolazione per la stragrande maggioranza cinese, debba tifare per una potenza straniera contro il proprio paese. Questo, ci dice molto sulla tensione che si vive da questa parte del mondo, ci dice molto sul problema di identità locali, ci fa capire che le persone certamente non possono negare di essere cinesi, ma non si sentono parte di una certa storia della Cina, non sentono che devono pagare il prezzo per quella storia. Questo in fondo è il nodo della questione qui a Hong Kong. Le persone di Hong Kong non vogliono l’indipendenza, come dal governo centrale si sente ripetere; vogliono soltanto non essere coinvolte in un modo di vivere che non può essere il loro.
Gli USA non mollano la presa
Gli Stati Uniti, come prevedibile, ci provano gusto a fare i cowboys. Dopo la legge su Hong Kong, ecco ora quella sulla repressione degli Uiguri, popolazioni musulmane della regione cinese dello Xinjiang, come ci informa un articolo di “La Repubblica”.
Nell’articolo viene anche detto: “Il disegno di legge “Uighur Human Rights Policy Act 2019”, che nomina esplicitamente il segretario del Partito comunista nella regione autonoma dello Xinjiang Chen Quanguo, è stato approvato alla Camera dei rappresentanti, a maggioranza democratica, con 407 voti a favore e uno soltanto contrario, quello del repubblicano Thomas Massie, del Kentucky. John Sudworth della Bbc ha avvertito che, se entrasse in vigore, la legge “segnerebbe il più significativo tentativo internazionale di fare pressione sulla Cina per la detenzione di massa degli uiguri”. Il disegno di legge accusa la Cina di “discriminare sistematicamente” gli uiguri “negando loro una serie di diritti civili e politici, comprese le libertà di espressione, religione, movimento e un processo equo”. Gli uiguri sono una minoranza musulmana che abita nella regione cinese-occidentale dello Xinjiang. Da anni la minoranza subisce violenze, abusi e tentativi di assimilazione forzata da parte di Pechino”. La Cina oggi deve difendersi su più fronti ed interrogarsi sulla strategia migliore per avere il ruolo, che certo merita per storia e importanza, sulla scena mondiale.
Guerre digitali
La guerra commerciale che vede contrapposte Cina e Stati Uniti, non si gioca soltanto nei rapporti diplomatici fra i due paesi, ma si gioca soprattutto nell’ambito digitale. Sappiamo come viene vissuto con apprensione nella comunità internazionale il ruolo che la Cina sta prendendo nello sviluppo tecnologico. Certamente in questo sviluppo non ci sarebbe nulla di male, anzi dovrebbe essere visto con grande favore. Ma esiste la paura che ci possano essere dei secondi fini nelle tecnologie messe a disposizione dalla potenza asiatica. Pensiamo a tutta la diatriba intorno a Huawei e al 5G, ma anche alle polemiche che circondano il social network TikTok, popolarissimo fra i giovani, di proprietà cinese, accusato trasferire i dati privati degli utenti in Cina.
Ho detto molte volte, con grande rispetto per la Cina, che ci si dovrebbe interrogare su questa diffidenza che esiste fra il mondo occidentale e il mondo cinese. Questo non è il frutto soltanto di una campagna di disinformazione, ma di problemi culturali che sono certamente in profondità. Ricordiamo, per essere pienamente onesti, che questa diffidenza esiste anche nell’altro verso, cioè dal mondo cinese verso quello occidentale. Questa può essere fosse frutto di una mancata conoscenza, di differenze culturali profonde, un modo di vedere il mondo molto diverso. Però, invece di fare proclami o proteste, bisognerebbe capire cosa è alla radice di questo disagio, di questa paura. Da occidentale con una buona esperienza del mondo cinese, devo dire che le paure da entrambi le parti possono essere anche fondate, ma che vanno affrontate, non eluse, per cercare una soluzione che possa beneficiare entrambi le parti.
Aurelio Porfiri
Una importante intervista rilasciata dal cardinale Joseph Zen al giornalista Nicholas Haggerty del New Bloom Magazine. È una intervista molto interessante da cui riprendo ampi stralci. Eccoli nella mia traduzione.
Nicholas Haggerty: Lei è nato a Shanghai. I suoi genitori erano cattolici?
Il cardinale Joseph Zen: Sì. Erano cattolici di prima generazione; io ero la seconda generazione. Ho lasciato Shanghai nel 1948, avevo 16 anni.
NH: Dove è andato? È andato dritto a Hong Kong quando aveva 16 anni?
CZ: Sono venuto qui per unirmi ai salesiani. Questa casa.
NH: Si definirebbe cinese?
CZ: Certo. Quindi, quando si parla dell’indipendenza di Hong Kong, ho detto “No. Cosa intendi?” Dicono: “Non vogliamo essere mischiati con la Cina. Non ci interessa la Cina, vogliamo Hong Kong -“ ho detto “No, mi importa della Cina. Anche la Cina appartiene a me. La rivoglio dalle mani dei comunisti. Non mi accontenterò mai di essere solo cittadino di Hong Kong. No, no, no, sono cinese”.
NH: Quale battaglia sta richiedendo più tempo ora? È più preoccupato per gli sviluppi nella Chiesa – con papa Francesco e l’accordo segreto con Pechino – o è più occupato con Hong Kong in questo momento?
CZ: Molto di più con la Cina. L’intera Chiesa in Cina: terribile, terribile, terribile. Terribile..
Purtroppo, la mia esperienza del mio rapporto con il Vaticano è semplicemente disastroso.
Sono stato fatto vescovo da Giovanni Paolo II. Ma in realtà non è stata una sua decisione. Fu la decisione del suo collaboratore, il cardinale Tomko – capo della Congregazione per l’evangelizzazione di allora.
Perché? Perché all’epoca, quindici anni prima del 2000, in Cina c’era una nuova politica aperta. Il cardinale Tomko voleva essere coinvolto, e veniva dalla Cecoslovacchia. Conosceva i comunisti. Aveva una lunga esperienza in Vaticano. Era un buon amico di Giovanni Paolo II. È riuscito a lavorare molto bene.
All’epoca non c’era nessuna commissione sulla Cina, ma iniziò con la convocazione di riunioni segrete. Queste riunioni avevano sessioni ogni anno, o a volte anche due anni. Tomko mi disse: “Unisciti alle riunioni. Unisciti agli incontri con il Segretario di Stato vaticano e la Congregazione per l’evangelizzazione, i due dipartimenti che si occupano della Chiesa in Cina”. Incontri allargati – invitarono anche qualcuno da Hong Kong, Macao e Taiwan. Due o tre esperti, alcuni vescovi, alcune persone. Cinque o sei persone da qui.
Queste riunioni segrete sono state molto utili perché Tomko poté raccogliere molte informazioni. La Cina era aperta. Molte persone visitavano la Cina, portavano messaggi. Potevamo esaminare la situazione, dare consigli, persino prendere qualche contatto non ufficiale con il governo.
Tomko era un uomo molto equilibrato. Partì da una linea dura per difendere la Chiesa dalle persecuzioni. Ma quando gli portammo la notizia che in Cina, anche nella cosiddetta chiesa ufficiale (quella creata dal regime comunista, ndr), c’erano molte brave persone che si trovano proprio in quella chiesa.
Così Tomko iniziò una politica molto aperta. Partì da una linea dura ma era aperto alla ragione. E così è andata molto bene in tutti quegli anni.
Beh, per quanto possibile.
Era necessario fare qualche compromesso, ma ancora, fondamentalmente, per dire la giusta posizione della Chiesa.
La Santa Sede legittimò diversi vescovi illegittimi. Perché? Perché erano brave persone. Erano sotto una pressione molto forte. E il governo non ha osato scegliere le persone peggiori. Quindi queste erano brave persone, forse timide, così hanno accettato di essere ordinate illegittimamente. Ma poi hanno chiesto perdono, hanno promesso di fare bene, così il Papa li ha legittimati.
E poi c’erano i giovani, i sacerdoti, il governo ha scelto di farli essere vescovi. Anche in questo caso, erano brave persone, forse non erano necessariamente le migliori. E furono anche abbastanza coraggiosi da chiedere il permesso al Papa. Dissero: “Senza il permesso del Papa, non accetteremo di essere ordinati”.
Molto coraggiosi. Dopo qualche indagine, furono approvati.
NH: Cosa è cambiato?
CZ: Purtroppo, nella Chiesa c’è una legge che prevede un limite di età. Così, a 75 anni, Tomko ha dovuto ritirarsi. Poi il successore non era buono. E il successore del successore, anche peggio.
Quello che voglio dire è che c’è un gruppo nella Santa Sede. Queste persone hanno potere lì. Un tempo erano legittimamente al potere perché tutte le persone godevano della fiducia del Papa. Ma poi, sotto Giovanni Paolo II, la direzione fu già diversa. Ma a causa del Papa e del cardinale Tomko, queste altre persone non hanno avuto un vero potere per un po’ di tempo. Ma quando Tomko si ritirò, e Crescenzio Sepe fu nominato – Sepe non era buono. Queste erano le persone che avevano il potere. Così la Congregazione per l’evangelizzazione non fece quasi nulla. Hanno semplicemente portato avanti la strategia di Tomko, ma non proprio in quello spirito.
Immaginate: nel 2000, c’era in programma l’ordinazione di 12 vescovi a Pechino, lo stesso giorno in cui il papa ordinava dodici vescovi a Roma. In realtà, è stato un fallimento. Ne sono arrivati solo cinque. Altri rifiutarono di essere ordinati. In ogni caso, è stato un chiaro atto di sfida. E questo nuovo prefetto legittimò quasi tutti questi cinque molto rapidamente. Incredibile, incredibile.
Dopo Sepe è venuto Ivan Dias. Papa Benedetto XVI ha nominato Dias. Ora, tutti pensavano che fosse una scelta meravigliosa, perché Dias è un indiano che ha lavorato a lungo in Segreteria di Stato. Era nunzio in due o tre Paesi, e all’epoca era arcivescovo di Bombay, la diocesi più grande. Quindi chiamarlo in Vaticano significava essere il primo prefetto asiatico di una Congregazione allora, quindi una cosa molto buona.
Ma purtroppo, Dias era discepolo di Agostino Casaroli [Nota dell’editore: un funzionario vaticano famoso per la diplomazia della Guerra fredda con il blocco orientale comunista]. Quindi crede nell’Ostpolitik. Sia papa Benedetto che Tarcisio Bertone erano considerati estranei. Non appartengono al gruppo. Anche se Bertone è italiano.
In Segreteria di Stato, coloro che avevano il vero potere non erano i più alti funzionari, ma quelli sotto di loro. Soprattutto [coloro che] trattavano con la Cina.
Pietro Parolin all’epoca era il sottosegretario. Questo significa il capo negoziatore. Non c’era una commissione, ma solo un membro del segretario di Stato, in realtà il sottosegretario, che aveva qualche contatto non ufficiale con la Cina, riferiva, ragguagliava le riunioni segrete su tutto. Noi potevamo dare i nostri consigli, ecc.
Ora, sotto la guida di papa Benedetto, egli fece due cose molto importanti. Una fu quella di scrivere una lettera alla Chiesa sulla Cina continentale dodici anni fa. Una lettera meravigliosa. Ma potete immaginare la Congregazione per l’evangelizzazione sotto Dias; hanno manipolato la traduzione cinese?!
E poi il Papa ha istituito anche una commissione. Ora, tra Dias e Parolin, fecero quella commissione perché non funzionasse affatto. In primo luogo, manipolarono il funzionamento della commissione. Poi la commissione non ha preso decisioni. E così, il papa ha solo loro da ascoltare perché la nostra voce non può raggiungerlo. Come si può costringere il Papa a leggere i verbali, sono voluminosi. Tre giorni di conversazione.
Così un giorno mi sono lamentato con il Papa. Ho detto: “Lei mi ha fatto cardinale. Lei ha detto che dovrei aiutarla con la Chiesa in Cina. Ma cosa posso fare? Niente! Niente. Hanno il potere. E Lei non dice nulla. Lei non mi aiuta, come posso aiutarla?”.
Sono stato molto scortese con il Santo Padre, ma lui era troppo buono, troppo gentile. E così sia la lettera che soprattutto la commissione – la commissione non solo difese la traduzione sbagliata, ma difese l’interpretazione sbagliata. L’interpretazione sbagliata circolò per tutta la Cina. È terribile.
Ma cosa sta succedendo ora? Francesco è arrivato. Ora mi dispiace dire che penso che si possa essere d’accordo sul fatto che egli abbia una bassa stima per i suoi predecessori. Sta chiudendo tutto quello che è stato fatto da Giovanni Paolo II e da papa Benedetto. E ovviamente fanno sempre il servizio a parole, dicono sempre “Nella continuità…..” ma questo è un insulto [batte sul tavolo]. Un insulto. Non nella continuità.
Nel 2010, Parolin e Dias, hanno concordato con la parte cinese su una bozza. E così tutti cominciarono a dire: “Oh, ora un accordo sta arrivando, sta arrivando, sta arrivando” All’improvviso, non si è sentito più nulla.
Non ho prove, ma credo che sia stato papa Benedetto che ha detto di no. Non poteva firmare quell’accordo. E penso che l’accordo che è stato firmato ora deve essere esattamente quello che papa Benedetto si è rifiutato di firmare.
NH: Lei non ha visto questo accordo, non glielo hanno mostrato?
CZ: No! Le chiedo, se è giusto.
Sono uno dei due cardinali cinesi viventi e non posso avere una visione di quell’accordo, e sono stato tre volte a Roma.
NH: Come è stato il suo rapporto con Francesco all’inizio del suo pontificato? È sempre stato teso?
CZ: Con Francesco, rapporti personali meravigliosi. Anche adesso. All’inizio di luglio di quest’anno, ho cenato con il Papa. Ma lui non risponde alle mie lettere. E tutto quello che è successo è contro quello che ho suggerito.
Ci sono tre cose. Un accordo segreto, essendo così segreto non si può dire nulla. Non sappiamo cosa ci sia dentro. Poi la legittimazione dei sette vescovi scomunicati. È incredibile, semplicemente incredibile. Ma ancora più incredibile è l’ultimo atto: l’uccisione della [Chiesa] sotterranea (cioè quella fedele alla Santa Sede e non riconosciuta, anzi perseguitata, dal governo cinese, ndr).
Ora hanno finito il loro lavoro. Il 28 giugno è uscito un documento dalla Santa Sede, la Santa Sede. Non è mai uscito un documento dalla Santa Sede, sempre da un particolare dicastero, con le due firme. Questo non aveva nessun dipartimento specificato e nessuna firma – dalla Santa Sede. Incredibile. Incredibile. Qualcuno non osa assumersi le sue responsabilità.
Sono andato di nuovo a Roma. Per la terza volta. Ci sono andato nel gennaio dello scorso anno, nell’ottobre dello scorso anno, e poi nel giugno di quest’anno. Ho inviato una lettera alla residenza papale, dicendo: “Santo Padre, sono qui a Roma. Vorrei sapere chi ha redatto quel documento. Il cosiddetto orientamento pastorale. E vorrei discutere con lui di quel documento in sua presenza. Sono qui a Roma per quattro giorni, può chiamarmi in qualsiasi momento, giorno e notte”.
Dopo un giorno, niente. Così ho inviato un’altra nota, ma questa volta con tutte le mie obiezioni al documento. Ho detto: “Sono ancora qui ad aspettare”. Così, dopo un altro giorno, qualcuno è venuto a dire: “Il Santo Padre ha detto, qualunque cosa abbiate da dire, la dica al segretario di Stato, il cardinale Parolin”. Ero furioso.
Ho detto “No! Non avrei mai perso tempo con quel tipo”, ho detto. Una vera perdita di tempo, perché non lo convincerei mai, non mi convincerebbe mai. Vorrei che il Santo Padre fosse presente. Ma visto che sembra impossibile, va bene, tornerò a casa a mani vuote.
L’ultimo giorno sono andato in giro a pregare in qualche Basilica e a visitare alcuni amici, anche il cardinale Tomko, 95 anni ora, eh?
NH: Ancora in buona salute?
CZ: [Fa un cenno del capo] Ma apparentemente non è più molto attivo. Sono tornato a casa alle cinque in punto. Mihanno detto: “Oh, il Santo Padre vi invita a cena insieme a Parolin”.
Ci andai alla cena. Molto semplice, noi tre. Ho pensato che la cena non fosse un momento per litigare, così ho dovuto essere gentile durante la cena. Così ho parlato di Hong Kong, e Parolin non ha detto una parola. Così alla fine, dissi: “Santo Padre, e le mie obiezioni a quel documento?” Disse: “Oh, oh, guarderò la questione”. Mi ha visto uscire alla porta.
E poi, non sono tornato a mani vuote. Ho la chiara impressione che Parolin stia manipolando il Santo Padre.
NH: Cosa vuole Parolin?
CZ: Oh, nessuno può essere sicuro, perché è un vero mistero come un uomo di Chiesa, vista tutta la sua conoscenza della Cina, dei comunisti, possa fare una cosa come sta facendo ora? L’unica spiegazione non è la fede. È un successo diplomatico. Vana gloria.
Quest’ultimo atto è semplicemente incredibile. Il documento dice: “Per esercitare apertamente il ministero (sacerdotale, ndr), è necessario registrarsi presso il governo”. E poi devi firmare. Per firmare qualcosa in cui si dice che bisogna sostenere la Chiesa indipendente (la Chiesa ufficiale del Governo comunista mai riconosciuta dalla Santa Sede, ndr). Questo non è un bene, in realtà stiamo ancora discutendo su questo problema. E quindi il governo non è buono perché sta anticipando. Ma comunque, “Tu firmi”.
Il documento contiene qualcosa contro la nostra ortodossia e si è incoraggiati a firmare. Non puoi imbrogliare te stesso. Non si possono imbrogliare i comunisti. State imbrogliando il mondo intero. Stai imbrogliando i fedeli. Firmare il documento non significa firmare una dichiarazione. Quando firmi, accetti di essere membro di quella chiesa sotto la guida del partito comunista. Così terribile, terribile.
Di recente ho appreso che il Santo Padre, in volo di ritorno (non ricordo da dove) ha detto: “Certo, non voglio vedere uno scisma. Ma non ho paura di uno scisma”. E gli dirò: “Lei sta incoraggiando uno scisma. Sta legittimando la chiesa scismatica in Cina”. Incredibile.
NH: Secondo lei qual è la logica del Partito comunista cinese, il loro ragionamento per voler controllare la Chiesa cattolica, per gestire l’Associazione patriottica cattolica cinese (CPCA, cioè la Chiesa del regime comunista non riconosciuta del Vaticano)?
CZ: Certo, è il loro sistema. Hanno bisogno di controllare tutto. Poiché sanno che non possono distruggere, vogliono controllare. Ovviamente. Tutte le chiese. Vogliono distruggere dall’interno.
NH: Lei pensa che ci sia una contraddizione fondamentale tra avere una fede cattolica aperta in Cina e avere una Cina controllata dal Partito comunista. Può lei avere una chiesa cattolica in Cina con il Partito comunista?
CZ: Hanno tanta paura di quello che è successo in Polonia. L’hanno detto apertamente. Quando il Papa mi ha fatto cardinale, il signor Liu Bainian [NdR: il vicepresidente dell’CPCA] “Se tutti i vescovi in Cina sono come il cardinale Zen, allora diventeremo come la Polonia”. Ne hanno paura.
Non possono tollerarlo. Sai, il problema dei buddisti in Tibet, e dei musulmani nello Xinjiang è ancora più complicato perché è legato alla razza. E il nostro problema è che siamo una Chiesa universale. Quindi non c’è speranza, nessuna speranza. Nessuna speranza.
Di Sabino Paciolla|
«Così il Vaticano fa fuori la Chiesa in Cina»
In una lunga intervista a un giornale online di Taiwan, il cardinale Joseph Zen torna sugli accordi segreti Vaticano-Cina e denuncia le manovre del Segretario di Stato, cardinale Parolin, per ottenere un successo diplomatico a spese dei cattolici cinesi. Con papa Francesco? "Un rapporto meraviglioso, però non risponde alle mie lettere. E tutto va nella direzione opposta ai miei suggerimenti".
Un gionale online di Taiwan ha pubblicato un’intervista al cardinale Joseph Zen, centrata sia su quello che sta accadendo a Hong Kong, sia sull’accordo e i rapporti fra Cina e Vaticano. L’intervistatore, Nicholas Haggerty, è partito da Hong Kong, e il card. Zen gli ha detto che il governo di Hong Kong e il governo centrale di Pechino sono astuti, quindi gli studenti devono essere pronti ad affrontarli. Il porporato ha sottolineato che "è tempo che le generazioni più anziane si uniscano ai più giovani". Zen ha partecipato alla marcia nei più grandi raduni di giugno, ma da allora ha svolto un ruolo di supporto, come uno dei cinque fiduciari responsabili di un grande fondo umanitario di assistenza per i feriti, per gli arrestati dalla polizia, per i perseguitati e anche per le famiglie colpite. Nella sua veste di cappellano ufficiale visita frequentemente la prigione e continua a scrivere sul suo blog personale.
Da Hong Kong Haggerty è passato all’accordo provvisorio Santa Sede-Cina. Zen ha ripercorso la storia dei rapporti sotto gli ultimi Prefetti di Propaganda Fide – Tomko, Sepe, Ivan Dias, e soprattutto ha parlato del ruolo giocato dall’attuale Segretario di Stato, Pietro Parolin, sin da tempi di Benedetto XVI.
“All'epoca Pietro Parolin era il sottosegretario. Ciò significa che era il principale negoziatore. Non c'era una commissione, ma solo un membro della Segreteria di stato, in realtà il sottosegretario, che aveva contatti non ufficiali con la Cina, riferiva, faceva briefing alle riunioni segrete su tutto. Potevamo dare il nostro consiglio, ecc.
Ora sotto papa Benedetto, ha fatto due cose molto importanti. Una è scrivere una lettera alla Chiesa sulla Cina continentale dodici anni fa. Una lettera meravigliosa. Ma si può immaginare una cosa del genere, che la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, sotto Ivan Dias, abbia manipolato la traduzione cinese?!”.
Ora sotto papa Benedetto, ha fatto due cose molto importanti. Una è scrivere una lettera alla Chiesa sulla Cina continentale dodici anni fa. Una lettera meravigliosa. Ma si può immaginare una cosa del genere, che la Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, sotto Ivan Dias, abbia manipolato la traduzione cinese?!”.
E poi il Papa ha istituito anche una commissione. “Ora, tra Dias e Parolin, hanno fatto in modo che la commissione non funzionasse affatto. In primo luogo, hanno manipolato il lavoro della commissione. Poi la commissione non poteva deliberare nulla. Il Papa aveva solo loro da ascoltare, perché la nostra voce non poteva raggiungerlo. Come puoi costringere il Papa a leggere i verbali? Sono lunghissimi. Tre giorni di chiacchiere”.
A quel punto Il card. Zen ha preso l’iniziativa: “Quindi un giorno mi sono lamentato con il Papa. Dissi: «Mi hai fatto cardinale. Hai detto che avrei dovuto aiutarti con la Chiesa in Cina. Ma cosa posso fare? Niente! Niente. Hanno il potere. E non dici niente. Non mi aiuti, come posso aiutarti?». Sono stato molto scortese con il Santo Padre, ma era troppo buono, troppo gentile. Ma la commissione non solo ha difeso la traduzione sbagliata, ha difeso anche l'interpretazione sbagliata. Un'interpretazione errata che è girata per l'intera Cina. È terribile”.
"Poi è arrivato Francesco - prosegue il cardinale Zen -. Ora, mi spiace doverlo dire ma potrete concordare con me che egli ha poco rispetto per i suoi predecessori. Sta negando tutto quanto fatto da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. E ovviamente sono tutti lì a dire 'in continuità, in continuità...'. Ma è un insulto, non c'è continuità".
Secondo Zen, “nel 2010, Parolin e Dias, hanno concordato con la parte cinese una bozza di accordo. E così tutti hanno iniziato a dire: 'Oh, ora sta arrivando un accordo, sta arrivando, sta arrivando'. All'improvviso, non si è più sentito niente. Non ho prove, ma credo che sia stato Papa Benedetto a dire di no. Non poteva firmare quell'accordo. E penso che quell’accordo firmato ora, debba essere esattamente quello che papa Benedetto ha rifiutato di firmare”.
Secondo Zen, “nel 2010, Parolin e Dias, hanno concordato con la parte cinese una bozza di accordo. E così tutti hanno iniziato a dire: 'Oh, ora sta arrivando un accordo, sta arrivando, sta arrivando'. All'improvviso, non si è più sentito niente. Non ho prove, ma credo che sia stato Papa Benedetto a dire di no. Non poteva firmare quell'accordo. E penso che quell’accordo firmato ora, debba essere esattamente quello che papa Benedetto ha rifiutato di firmare”.
Dal punto di vista personale, il cardinale Zen dice di avere con papa Francesco "una relazione meravigliosa, però non risponde alle mie lettere. E tutto quanto accade va in direzione contraria a quanto ho suggerito". Il porporato ricorda che in questo tempo ci sono stati tre eventi disastrosi: "Un accordo segreto, così segreto che non si può dire nulla. Non conosciamo il contenuto. Poi c'è stato il riconoscimento di sette vescovi scomunicati: incredibile, semplicemente incredibile. Ma ancora più incredibile è l'ultimo passaggio: l'eliminazione della Chiesa sotterranea".
"Ora hanno portato a termine il loro lavoro", dice amaramente Zen e si riferisce ai tanto discussi "Orientamenti pastorali circa la registrazione civile del clero in Cina" dello scorso 28 giugno. Si tratta di un documento inusuale, nota Zen, in quanto non è firmato da nessun dicastero o porporato, è semplicemente un documento della Santa Sede: 2Nessuno ha avuto il coraggio di prendersi la responsabilità".
Così il cardinale Zen è ripartito per Roma per poter incontrare il Papa: “Sono andato di nuovo a Roma. Per la terza volta. Sono andato a gennaio dell'anno scorso, ottobre dell'anno scorso e poi a giugno di quest'anno. Ho inviato una lettera alla residenza papale, dicendo: 'Santo Padre, sono qui a Roma. Vorrei sapere chi ha redatto quel documento. Il cosiddetto orientamento pastorale. E voglio discutere con lui su quel documento in tua presenza. Sono qui a Roma per quattro giorni, puoi chiamarmi in qualsiasi momento, giorno o notte'. Dopo un giorno, niente. Quindi ho inviato un'altra nota, ma questa volta con tutte le mie obiezioni al documento. Dissi: 'Sono ancora qui ad aspettare'. Quindi, dopo un altro giorno, qualcuno venne a dire: 'Il Santo Padre ha detto, qualunque cosa tu abbia da dire, dilla al Segretario di Stato, il Cardinale Parolin'. Ero furioso. Ho detto 'No! Non perderò tempo con quel tipo', dissi. Una vera perdita di tempo, perché non lo convincerei mai, e lui non mi convincerebbe mai. Vorrei che il Santo Padre fosse presente. Ma dal momento che sembra impossibile, va bene, andrò a casa a mani vuote. L'ultimo giorno sono andato in giro a pregare in qualche basilica e a visitare alcuni amici, anche il cardinale Tomko. Sono tornato a casa lì alle cinque. Dissero: 'Oh, il Santo Padre ti invita a cena insieme a Parolin'.
Sono andato lì per la cena. Molto semplice, noi tre. Pensavo che la cena non fosse il momento di litigare, quindi durante la cena dovevo essere gentile. Ho parlato di Hong Kong e Parolin non ha detto una parola. Quindi alla fine, ho detto: 'Santo Padre, che mi dici delle mie obiezioni a quel documento?'. Disse: 'Oh, oh, esaminerò la questione'. E mi ha accompagnato alla porta. E poi, non sono tornato a mani vuote. Ho la netta impressione che Parolin stia manipolando il Santo Padre".
Sono andato lì per la cena. Molto semplice, noi tre. Pensavo che la cena non fosse il momento di litigare, quindi durante la cena dovevo essere gentile. Ho parlato di Hong Kong e Parolin non ha detto una parola. Quindi alla fine, ho detto: 'Santo Padre, che mi dici delle mie obiezioni a quel documento?'. Disse: 'Oh, oh, esaminerò la questione'. E mi ha accompagnato alla porta. E poi, non sono tornato a mani vuote. Ho la netta impressione che Parolin stia manipolando il Santo Padre".
Nicholas Haggerty ha quindi chiesto cosa vuole Parolin. La risposta è stata: “Nessuno può esserne sicuro, perché è un vero mistero come un uomo di Chiesa, data tutta la sua conoscenza della Cina, dei comunisti, possa fare quel che sta facendo. L'unica spiegazione è che non si tratti di una scelta di fede, ma ricerca di un successo diplomatico. Vanagloria”.
Secondo il card. Zen la volontà di Pechino di controllare la Chiesa ha una ragione ben chiara: “Hanno molta paura di quello che è successo in Polonia. Lo dissero apertamente. Quando il Papa mi fece cardinale, il signor Liu Bainian [il vicepresidente dell'Associazione Patriottica, ndr) disse: 'Se tutti i vescovi in Cina sono come il cardinale Zen, diventeremo come la Polonia'. Hanno paura di quello”.
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