ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 23 dicembre 2019

Veritatis Lapsus

BERGOGLIO, UNA NUOVA RIVELAZIONE

Qual è stato il peccato di Sodoma, per cui  l’antica città venne incenerita? Finalmente la Pontificia Commissione  Biblica ci chiarisce ogni dubbio,  in uno studio che è stato commissionato dal “Santo Padre”: – ” un peccato che consiste nella mancanza di ospitalità, con ostilità e violenza nei confronti del forestiero, comportamento giudicato gravissimo e meritevole perciò di essere sanzionato con la massima severità, perché il rifiuto del diverso, dello straniero bisognoso e indifeso, è principio di disgregazione sociale, avendo in se stesso una violenza mortifera che merita una pena adeguata”.

Finalmente corretti duemila anni  di fraintendimenti,  per cui addirittura “sodomia” è diventato, tra il  popolino, sinonimo del peccato impuro contro natura. Un errore condiviso persino da “Giuda fratello di Giacomo” , palesemente un contemporaneo di Cristo,  di cui c è stata tramandata una lettera canonica: “Così Sòdoma e Gomorra e le città vicine, che alla stessa maniera si abbandonarono all’immoralità e seguirono vizi contro natura, stanno subendo esemplarmente le pene di un fuoco eterno” (Giuda 7).
Ma che dico, duemila anni di errori, tramandati dai discepoli stesso di Gesù? Sono 2500  anni, di errori! Ezechiele,  che fu uno dei deportati di Babilonia, nel 597 a. C., anche lui pensava a quel  peccato “là”:  : “Ecco, questa fu l’iniquità di […]  Sodoma: lei e le sue figlie vivevano nell’orgoglio, nell’abbondanza del pane e in una grande indolenza, ma non sostenevano la mano dell’afflitto e del povero. Erano altezzose e commettevano abominazioni davanti a me” (16,  49-50). Dove “abominazioni” è termine costante (per es.  Levitico 18: 22)  indicare  l’omosessualità.

“Sodomita” è Salvini e chi lo approva

Ora è  finalmente chiaro: la Sodomia è il peccato di “mancanza di ospitalità nei confronti del forestiero”. Peccato “gravissimo e meritevole di essere sanzionato con la massima severità”.
Ora sappiamo come regolarci: possiamo  partecipare ai gay pride e alle loro feste ed orge  dove si “conoscono”,  purché non cadiamo nel peccato dei peccati, “la mancanza di accoglienza  e ostilità”  verso il clandestino. Il delitto “abominevole” è solo quello.
(/Qui per esempio la  rivalutazione della coppia omosex: https://www.avvenire.it/chiesa/pagine/rileggere-il-paradisma-della-sessualita-cristiana)
Tutto ciò è  molto consolante. E  non è la sola grande, consolante  novità dottrinale e morale  varata nei giorni scorsi.  Danilo Quinto ha richiamato l’attenzione sull’appassionata difesa che Bergoglio ha fatto di Giuda, quello che tradì il Maestro. Più volte ha chiamato Giuda “povero uomo pentito”
Per esempio “un’omelia del 10 aprile 2016, riportata nel resoconto che ne diede “L’Osservatore Romano” in un articolo dal titolo significativo, “Aggrappati alla lettera“.  Bergoglio disse in quell’occasione: “Mi fa male quando leggo quel passo piccolo del Vangelo di Matteo, quando Giuda pentito va dai sacerdoti e dice: ‘ho peccato”, e vuol dare… e dà le monete. Ma loro gli rispondono: ‘Che ci importa! Te la vedrai tu!’. Hanno un cuore chiuso davanti a questo povero uomo pentito che non sapeva cosa fare. Gli dicono: ‘Te la vedrai tu’. E così Giuda andò ad impiccarsi”. Ma “cosa fanno loro quando Giuda va ad impiccarsi? Parlano e dicono: ‘ma povero uomo…’.  […]  A loro, ha ribadito il papa, “non importa la vita di una persona, non importa il pentimento di Giuda: il Vangelo dice che è tornato pentito”. A loro “importa soltanto il loro schema di leggi e tante parole e tante cose che hanno costruito”.

Giuda è salvo, si è pentito

Con questo, Bergoglio corregge financo Gesù  e i Vangeli: Giovanni 17,12 che nell’evocare  la preghiera di Gesù al padre: “Quand’ero con loro, io conservavo nel tuo nome coloro che mi hai dato e li ho custoditi; nessuno di loro è andato perduto, tranne il figlio della perdizioneperché si adempisse la Scrittura» .   O  Matteo 26, 24: …” ma guai a colui dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito; sarebbe meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». Con questa addolorata esclamazione, s’è sempre ritenuto che Gesù di Nazaret alludesse alla dannazione eterna del personaggio. Il  solo, coi insegnavano al catechismo, di cui possiamo dire con ragionevole certezza che egli sta “nelle  tenebre esteriori”.
Ma evidentemente Gesù non era  ancora buono quanto Bergoglio e i suoi discepoli.
Eretico chi dice che Giuda è dannato”,  ha dichiarato mons. Vincenzo Paglia, Presidente della Pontifica Accademia per la vita”. Si porta sempre un po’ avanti  nella teologia papalina, il Paglia
Addirittura eretico..Dunque Gesù  è eretico. Buono a sapersi.
Come ben nota  Danilo Quinto,  la riabilitazione di Giuda  ha uno scopo: “ che chi dice di Giuda il “povero uomo pentito” (Bergoglio) e chi accusa di eresia coloro che pensano che Giuda sia dannato (mons. Paglia), ha un sottile e diverso obiettivo: la difesa di una posizione – questa sì – anticristica. Vuole negare l’esistenza del peccato e quella dell’Inferno. Una posizione indifendibile per chi crede nella Chiesa, Una, Santa, Cattolica e Apostolica. Gesù è sceso sulla terra per salvarci dai nostri peccati, se li riconosciamo e se ci pentiamo. Altrimenti, il nostro destino sarà inesorabilmente quello toccato a Giuda. Usare arbitrariamente la Parola di Dio, senza attribuirle il giusto significato, è un fatto che non è permesso al Presidente della Pontificia Accademia per la Vita, né tanto meno a chi dovrebbe custodire e tramandare la fede”.
Attenzione perché la riabilitazione di Giuda è non solo la più grave delle espettorazioni ereticali  dette da El Papa. E’  palesemente la sua intenzione negare l’inferno, e coerente con la sua stravolta “lettura” delle cose ultime che ha confidato al suo vero evangelista, Eugenio Scalfari:
“Lei mi ha parlato  di anime buone e ammesse alla contemplazione di Dio. Ma le anime cattive? Dove vengono punite?
Risposta: Non vengono punite, quelle che si pentono ottengono il perdono di Dio e vanno tra le fila delle anime che lo contemplano, ma quelle che non si pentono e non possono quindi essere perdonate scompaiono. Non esiste un inferno, esiste la scomparsa delle anime peccatrici”.
(28 marzo 2018).
Ora,  tutto ciò configura una “nuova rivelazione”  di cui Bergoglio  è  al corrente,  lui solo, e che confida  a pezzi  e bocconi agli amici suoi come Scalfari e Paglia. Ci limitiamo a chiosare che questa nuova rivelazione, che si pretende amica del mondo,buona, buonista,ecologica ed eurpeista, non sta eliminando i peccati:  li sta sotituendo con altri.  Oggi sono “sodomiti”,  poniamo, Salvini e quelli che lo votano perché perplessi di fronte  all’invasione di clandestini africani,  l’incenerimento che colpì l’antica città. Mentre i salvati sono  coloro che si macchiano della lussuria contro natura, a cui va  la simpatia dellla  rivelazione bergogliana.

I nuovi divieti: proselitismo, farsi il segno della Croce

Le eresie non sono  più di moda? Ma no, provate a dire che Giuda è all’inferno,  mons. Paglia vi dice eretico.
Chi propone la dottrina della correndenzione di Maria, dice “una tonteria”.  Di  Maria, nella nuova rivelazione,bisogna credere , «si meticciò con l’umanità… e meticciò Dio stesso».
Così, nella nuova dottrina rivelata a Bergoglio ci sono nuovi divieti:
Vietato dire «a un ragazzo a una ragazza ‘tu sei ebreo, tu sei musulmana, vieni e convertiti’: non si può!»:  così  ha prescritto  Papa Francesco dialogando con gli studenti del liceo classico Albertelli è stato chiaro e ha messo in guardia dal rischio di fare proselitismo. “ Tu sii accogliente con la tua fede, e quella coerenza ti farà maturare. Non siamo nei tempi delle crociate», ha detto il Papa.
Abbiamo appreso dall’allenatore Mancini, devoto di Medjugorje, che El Papa gli ha detto, irritato: ma perché vi fate il segno della Croce? E lui, in campo, ha smesso “per non fare arrabbiare il papa”.
Ecco tutta  una serie di nuovi divieti della nuova rivelazione.
Ché poi, come nota  Baronio, guarda che strano caso:  tutte le novità della nuova  dottrina di El Papa  coincidono con “le istanze”  del globalismo  e  quelle che la UE chiama i nostri valori: “dall’accoglienza dei profughi, nell’apertura all’agenda GLBT alla frode dell’allarmismo ambientalista”  all’”ecologismo malthusiano – che considera l’umanità una sorta di cancro del Pianeta e punta a ridurre drasticamente la popolazione tramite la contraccezione, l’aborto, la sterilizzazione, l’eutanasia, la diffusione di malattie, la promozione dell’omosessualismo”,  non c’è una solo cosa su  cui El Papa abbia preso qualche distanza; nessuna riserva sul trattamento della Grecia,  sulla disoccupazione giovanile di massa in Italia, Spagna. Sulle nozze gay.  Mai una volta che  una sua frase  abbia irritato i poteri che ci dominano.
Niente. Gli vanno bene.  E lo ha detto persino con il discorso pre-natalizio alla Curia
Non siamo più nella cristianità, la riforma è fondamentale
Lo lascio leggere a  voi, il suo programma. Che non siamo più  nella cristianità è una banalità:  ma  è chiaro, come nella nuova interpretazione di Sodoma  ha di mira Salvini, o i “populisti”, qui  Bergoglio  ha di mira i “tradizionalisti”.  Praticamente tutto ciò che Bergoglio dice, lo dice per colpire qualche nemico suo, o che sente nemico. Dice che la Chiesa oggi “non è la sola che produce cultura, è la sola né la più ascoltata”: e certo, perché lui non ne ha  e non vuole che ce ne sia.
Luogo  comune dopo frase fatta  (“Noi dobbiamo avviare processi e non occupare spazi””,ripetuta mille volte)  annuncia non so che riforma,  vacua e imprecisa:  e giù  il cammino di Abramo  e giù migranti “che sono oggi sono il simbolo di tutti gli scartati della società globalizzata”; la solfa di “la Chiesa è chiamata a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo alla luce del Vangelo» ,  il tutto  per dar  ragione al “cardinale  Martini, che disse parole che devono farci interrogare: «La Chiesa è rimasta indietro di duecento anni. Come mai non si scuote? Abbiamo paura? Paura invece di coraggio? Comunque la fede è il fondamento della Chiesa. La fede, la fiducia, il coraggio. […] Solo l’amore vince la stanchezza».
La farse più vieta e rozza che un  prelato progressista abbia potuto dire. Un  concetto da agit  prop leninista anni ’80. Essere “indietro”  in fatti di fede e spiritualità  è  l’accusa ideologica di rara  stupidità . Perché  non “indietro di mille anni?”. O di duemila, magari?  No,  Martini come Bergoglio o i suoi adepti, hanno ancora sul gozzo il “rifiuto della modernità” di  Pio Nono e Pio decimo.
Ed  ecco che  sono ancora lì a inseguire la modernità,  abbracciarla mentre è diventata satanica: ma  loro  confondono la globalizzazione e “l’Europa” come  la mistica unità del genere umano, e non nuovi modi di oppressione; vedono delle sue aberrazioni  esibite  svergognate  nuove forme “d’amore”,  ovviamente in Pachamama l’inculturazione.  E forse ci viene risparmiata “la  nuova cultura, marcata da fattori di convergenza e multimedialità, ha bisogno di una risposta adeguata da parte della Sede Apostolica nell’ambito della comunicazione”.
Che vecchiumi, questa modernità. Perche tutto sfocia nella riduzione storicistica delle   fede che deve “andare incontro ai segni dei tempi”: accettando i più aberranti e anti-umani, perché tanto se anche Giuda è salvo, che volete che male faccia la pornografia accessibile sul “mezzo multimediale”  ai bambini, o la mafia nigeriana che fa a pezzi le donne, o una intera gioventù che si suicida  con droghe e discoteche senza prospettive, nel vuoto mentale prima che morale; nulla da dire sui sintomi di una umanità in estinzione terminale perché  la si è privata della “sola cosa necessari” .
Complice di questa privazione, la Chiesa “accogliente” della nuova  Sodoma (sovranista) e di Giuda salvato:
L’uscita esasperata di monsignor Viganò dice il necessario:
«A poche settimane dall’epilogo dell’evento sinodale che ha segnato l’investitura di pachamama nel cuore della Cattolicità, abbiamo appreso che il disastro conciliare del Novus Ordo Missae subisce ulteriori ammodernamenti, tra i quali l’introduzione della “Rugiada” nel Canone eucaristico al posto della menzione dello Spirito Santo, terza Persona della Santissima Trinità. Si tratta di un ulteriore passo nel senso della regressione verso la naturalizzazione e l’immanentizzazione del Culto Cattolico, verso un Novissimus Ordo panteistico ed idolatra». E ancora: «È da ormai più di sei anni che siamo avvelenati da un falso magistero, sorta di sintesi estrema di tutte le equivoche formulazioni conciliari e degli errori post-conciliari che si sono inarrestabilmente propagati, senza che la maggior parte di noi se ne accorgesse. Sì, perché il Vaticano Secondo ha aperto, oltre che il Vaso di Pandora, anche la Finestra di Overton, ed in maniera così graduale che non ci si è resi conto degli stravolgimenti messi in atto, dell’autentica natura delle riforme, delle loro drammatiche conseguenze, e neppure ci è venuto il sospetto di chi realmente si trovasse alla regia di quella gigantesca operazione sovversiva, che il modernista cardinale Suenens definì “il 1789 della Chiesa Cattolica”».
Chi? Colui che ispira a Bergoglio  la  “nuova rivelazione” che non ha basi nella Scrittura e  ne rovescia il senso.
(La lettura integrale  di mons. Viganò)

https://www.maurizioblondet.it/bergoglio-una-nuova-rivelazione/
INFLUSSO PROTESTANTE
Le distorsioni della Bibbia? Il problema è il biblicismo


L’ultimo libro della Pcb, Che cosa è l’uomo?, con le sue nuove interpretazioni su divorzio e Sodoma, risente di un problema di fondo. Un tempo, al vertice della teologia e del sapere naturale stavano la dogmatica e la metafisica. Oggi la preminenza è invece degli studi biblici, sempre più sganciati sia dalla prima che dalla seconda. E influenzati dalle scienze umane, incerte per natura. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI ci avevano già messo in guardia.


Il libro pubblicato dalla Pontificia Commissione Biblica (Pcb), Che cosa è l’uomo?, ha suscitato un dibattito animato da qualche perplessità e da fondati timori a cui ha dato voce anche la Nuova Bussola (vedi qui e qui). In modo particolare hanno fatto problema alcune nuove interpretazioni di passi della Bibbia.

Il quotidiano Avvenire del 19 dicembre scorso, presentando il lavoro dei biblisti vaticani, titolava “Divorzio, vietato scherzare”: però, alcune conclusioni interpretative contenute nel libro sicuramente destano stupore, proprio perché non scherzano. Ritengo che il confronto seguito a questa pubblicazione (che non è magistero, anche se Avvenire titolava anche così: “Testo sulla scia di Amoris laetitia”) dovrà sì occuparsi dei contenuti, come per esempio la nuova interpretazione del brano relativo alla distruzione di Sodoma, senza però perdere l’occasione di occuparsi di un problema più vasto, quello del posto dello studio della Scrittura nel quadro del sapere teologico ed ecclesiale che il biblicismo tende a scombinare.

Da molto tempo le discipline bibliche hanno assunto un ruolo di grande rilievo, si potrebbe dire addirittura un primato all’interno dei piani di studio delle facoltà teologiche e dei seminari. I biblisti influenzano notevolmente la vita della Chiesa e si propongono come i nuovi “esperti tuttologi”. Il ruolo che un tempo spettava alla teologia dogmatica, vertice del sapere ecclesiale, oggi viene svolto dagli studi biblici. Questi sono sempre più sganciati da un contesto e liberi di muoversi a piacimento, come fossero l’avanguardia che traccia la linea, anziché essere una componente di un tutto organico guidato dalla dogmatica.

Svincolati dal tradizionale contesto del sapere, molti biblisti si fanno influenzare da tutte le filosofie e dalle scienze umane, ne assorbono tutti i contenuti, anche quelli più problematici, e li trasferiscono agli altri ambiti della teologia. Dalla porta del biblicismo sono entrati in teologia il marxismo (ricordiamo tutti le “letture materialiste della Bibbia” degli anni Settanta del secolo scorso), l’esistenzialismo, lo storicismo, l’evoluzionismo, il freudismo. Molti biblisti sono diventati famosi per le avventate provocazioni da loro formulate.

Difficile non pensare a un’influenza del protestantesimo sul cattolicesimo in questo nuovo primato degli studi biblici, soprattutto perché il biblicismo, ponendosi all’inizio e a fondamento del sapere teologico, si sottrae al corretto rapporto tra fede e ragione.

Un tempo, come accennato, alla posizione di vertice della teologia stava la dogmatica, a cui corrispondeva la metafisica al vertice del sapere naturale. L’emergere del biblicismo ha generato l’abbandono dell’una e dell’altra. L’antropologia biblica (ricordo che il libro di cui stiamo parlando si occupa di cosa sia l’uomo) non viene più fatta sotto l’ombrello dell’antropologia metafisica e dell’antropologia teologica. Del resto l’antropologia teologica oggi ha sostituito la teologia della Creazione (il trattato de Deo creante) sicché le deviazioni bibliciste in questo campo diventano più facili. Può diventare così possibile parlare dell’omosessualità reinterpretando i passi biblici su Sodoma, indipendentemente da considerazioni di antropologia metafisica.

Alcune conclusioni delle scienze umane, conclusioni incerte per natura, hanno così la preminenza sulle conclusioni dell’antropologia metafisica; e la nuova interpretazione di quei passi biblici induce una revisione della stessa antropologia. In questo modo tutto il quadro ordinato del sapere filosofico e teologico viene scombinato. Non si pensi che queste siano problematiche di marginale rilevanza per la vita della Chiesa.

Nell’enciclica Fides et ratio (n. 55), Giovanni Paolo II aveva detto che le letture della Bibbia (le “ermeneutiche bibliche”) hanno sempre alle spalle delle filosofie che vanno valutate con discernimento prima di applicarle ai testi sacri. Ma questo diventa difficile, se l’esegesi biblica si pone all’inizio del sapere teologico. Benedetto XVI, nell’Esortazione apostolica post-sinodale Verbum Domini del 2010, ha ricordato questo avvertimento di Giovanni Paolo II, confermandolo (n. 36). Ratzinger dice che lo studio delle Sacre Scritture deve essere “l’anima dello studio teologico”, come anche insegnato dal Vaticano II, ma ciò non significa che non debba stare al suo posto come disciplina nel contesto del quadro delle discipline teologiche.

La Fides et ratio è chiara: il biblicismo “tende a fare della Scrittura o della sua esegesi l’unico punto di riferimento veritativo”, il che è una forma di fideismo, come “la poca considerazione che viene riservata alla teologia speculativa, come pure nel disprezzo della filosofia classica, alle cui nozioni sia l’intelligenza della fede sia le stesse formulazioni dogmatiche hanno attinto i loro termini”.

Di recente, papa Francesco ha pubblicato la Costituzione apostolica Veritatis gaudium (27 dicembre 2017) sull’ordinamento degli studi teologici, che però, a considerare i commenti pubblicati nelle varie riviste specializzate, non ha ricomposto il quadro né risolto i problemi. C’è infatti chi la legge alla luce di Fides et ratio e di altri documenti magisteriali precedenti, insistendo sul quadro del sapere con al vertice la dogmatica e la metafisica; c’è invece chi la legge in tutt’altra prospettiva, storicista e biblicista, nella cui scia sembra collocarsi anche il libro della Pontificia Commissione Biblica di cui ci siamo occupati.


Stefano Fontana

https://lanuovabq.it/it/le-distorsioni-della-bibbia-il-problema-e-il-biblicismo

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