Celibato, negare la dottrina confermandola
Nella Chiesa si è ormai diffusa l’idea che questo pontificato voglia cambiare molte cose dottrinali ribadendo però la dottrina. Siamo davanti ad una nuova evidente prova che nella Chiesa ci sono oggi due linguaggi teologici incompatibili.
Dopo le anticipazioni del libro sulla questione del celibato sacerdotale i giochi si fanno duri e il livello della tensione è molto alto. La posta in gioco e gli stessi protagonisti sono di vertice. I commentatori scavano in varie direzioni per capire cosa sta capitando nella Chiesa. Alle loro riflessioni vorrei aggiungere una mia osservazione non tanto sul contenuto (il celibato) quanto sul metodo. Siamo davanti ad una nuova evidente prova che nella Chiesa ci sono oggi due linguaggi teologici incompatibili. Sul piano del pensiero il terremoto in atto ormai da tempo si spiega così.
Papa Francesco ha più volte affermato che per lui la ricchezza del celibato è un dato certo e non si tocca. Perché, allora, esce un nuovo libro di Benedetto XVI e del cardinale Sarah a difesa strenua del celibato ecclesiastico? Esso non è in pericolo, il pontefice regnante afferma di considerarlo una ricchezza per la Chiesa. I suoi difensori hanno facile gioco nel sostenere che papa Francesco non dice niente di nuovo rispetto ai suoi predecessori, anche lui conferma la validità del celibato. Il che significa che il libro è da considerarsi pretestuoso e infondato. Però moltissimi hanno salutato il libro come una liberazione, segno che il timore che nella Chiesa si volesse cambiare qualcosa di importante sul celibato è molto diffuso. Ma perché mai questa impressione è così diffusa se papa Francesco ha affermato che il celibato è una ricchezza, confermando così la verità di sempre? Coloro che temono un cambiamento della norma su questo tema erano forse distratti quando papa Francesco esprimeva la sua conferma del celibato? Come si vede c’è un qualche circolo vizioso ed è questo che bisogna chiarire.
Nella Chiesa si è ormai diffusa l’idea che questo pontificato voglia cambiare molte cose dottrinali ribadendo però la dottrina. Molti pensano che sia solo una tattica, altri, andando più in profondità, pensano che sia un modo di pensare, teologicamente alimentato. Per questo motivo quando il papa afferma che il celibato è una ricchezza, per molti non significa che non ci saranno cambiamenti sul celibato e non si sentono rassicurati. Se il celibato è una ricchezza, perché il papa ha permesso che nei documenti del sinodo dell’Amazzonia si dicessero molte cose in contrasto con ciò? Perché ha permesso che fior di cardinali rivendicassero una universalizzazione di una eventuale approvazione dei preti sposati in area amazzonica? Perché ha iniziato un processo di discussione se non aveva la minima intenzione di cambiare le cose sul celibato? Simili osservazioni inducono molti a pensare che i cambiamenti verranno, nonostante il papa abbia detto che il celibato è una ricchezza e come tale non si tocca, e che questi cambiamenti si estenderanno a tutta la Chiesa.
Del resto, questi timori sul futuro del celibato nonostante le rassicurazioni del papa non avrebbero senso se non fossero indotti da altri casi precedenti, al punto da poter parlare di un nuovo modo di procedere da parte dell’autorità ecclesiastica. Il prototipo di questo modo di fare è stata Amoris laetitia. Anche in quel caso si è ribadito che quanto insegnato da Giovanni Paolo II è una ricchezza, non si è annunciata formalmente nessuna nuova dottrina, ma si è iniziato un processo che ha di fatto cambiato la dottrina, nel mentre questa veniva confermata. Antonio Livi aveva fatto osservare che questo modo di pensare e procedere è di stampo hegeliano: la tesi non viene annullata, ma mantenuta nella sintesi, la quale tuttavia nasce dalla sua negazione. Lo spunto interpretativo è interessante, ma manca una piccola aggiunta significativa. La sintesi non sarà una nuova dottrina ma una nuova prassi implicante, ma non esprimente, una nuova dottrina. In questo modo diventa possibile che ci sia una dottrina e molte prassi diverse tra loro e con la stessa dottrina, ossia una dottrina e molte sue eccezioni che di fatto educano ad una nuova dottrina, che a questo punto potremmo chiamare implicita.
Un passaggio importante in questo tipo di percorso è che la situazione esistenziale, che dovrebbe essere letta alla luce della dottrina, invece diventa punto di partenza per la rilettura della dottrina, dapprima come attenuante e poi come eccezione. Se il celibato è una ricchezza per la Chiesa in quanto tale, perché non lo è anche per la Chiesa in Amazzonia? La situazione in Amazzonia è chiamata in causa per attenuare la dottrina, ma poi diventa una eccezione e molti temono che, una volta generalizzata, diventi una nuova dottrina, se non formulata almeno vissuta. Lo stesso è accaduto per i divorziati risposati dopo Amoris laetitia: dapprima la loro situazione doveva spiegare l’attenuazione della norma derivante appunto dalle attenuanti legate alla specifica storia di vita degli interessati, ma poi la situazione da attenuante è diventata eccezione e, in molte parti della Chiesa, ormai è diventata norma di fatto.
Questo modo di fare procura gravi danni alla Chiesa. Il papa dovrebbe confermare la dottrina, ed egli anche lo fa, ma queste sua conferme non rassicurano, perché del rapporto tra dottrina e prassi egli sembra avere una concezione nuova e diversa. Sicché ormai molti fedeli temono l’apertura di processi non confortati a monte dalla dottrina, sebbene questa risulti formalmente confermata, e intravedono il pericolo di una dottrina confermata e negata nello stesso tempo, seppure su piani diversi. I due diversi approcci sembrano entrati ormai in conflitto ai vertici della Chiesa.
Stefano Fontana
https://lanuovabq.it/it/celibato-negare-la-dottrina-confermandola
Ratzinger e Sarah hanno toccato il nervo scoperto dell’”ideologia bergogliana”
di Eugenio Capozzi.
Dopo giorni di polemiche roventi sul volume in difesa del celibato sacerdotale firmato dal papa emerito Benedetto XVI e dal cardinale Robert Sarah, Des profondeurs de nos coeurs, e alla luce dei contenuti effettivi del libro stesso, si può affermare che la contesa sorta in questa occasione rappresenta una svolta epocale, un punto di non ritorno per la dialettica interna alla Chiesa e al mondo cattolico.
La gigantesca macchina messa in moto dall’establishment ecclesiastico e mediatico vicino a papa Francesco per svalutare la presa di posizione di Ratzinger e Sarah, e per far passare l’idea che l’operazione sia stata il frutto di una manipolazione messa in opera dal prefetto della Congregazione per il culto divino, ha avuto un clamoroso effetto boomerang. Essa ha evidenziato, infatti, maggiormente il peso simbolico ed effettivo del pronunciamento dei due. Ha mostrato chiaramente quanto quest’ultimo abbia creato scompiglio nello schieramento “progressista” nella Chiesa. E, dunque, ha ulteriormente sottolineato tanto la persistente autorità del pontefice emerito quanto quella del porporato africano, suggellando agli occhi del mondo il legame spirituale e culturale forte che esiste tra loro.
Le pesanti pressioni poste in opera su Ratzinger per fargli ritirare la firma dal volume – concluse con il compromesso di un “declassamento” della partecipazione dalla doppia intestazione al “contributo” – hanno cambiato ben poco nella sostanza della questione, ed anzi ne hanno amplificato la valenza. Alla luce della documentazione fornita da Sarah, traspare inequivocabilmente come il volume sia stato il frutto di un progetto comune, come la sua stesura sia stata puntualmente seguita dal papa emerito in tutte le sue tappe, fino alla correzione delle bozze, e come Ratzinger avesse autorizzato Sarah a usare il suo saggio secondo i suoi progetti.
Ma la lettura del libro – che da ieri è stato messo ufficialmente in commercio, balzando immediatamente in testa alle classifiche di vendita on line – rafforza ulteriormente la convinzione che vi sia stata, fin dall’inizio, una stretta comunanza tra i due autori nel progetto. Esso è infatti articolato su una netta divisione di compiti, tenuta insieme da un assunto concettuale pienamente condiviso.
Il saggio di Ratzinger, a partire dal dibattito teologico e storico-scritturale, illustra l’asserzione secondo cui il sacerdozio cattolico non costituisce un semplice servizio alla comunità dei fedeli, ma una consacrazione totale della vita a Dio, incompatibile con altri fini. Il suo assunto di fondo, molto severo con alcuni sviluppi della Chiesa contemporanea, è quello secondo cui “alle radici della grave situazione in cui versa oggi il sacerdozio, si trova un difetto metodologico nell’accoglienza della Scrittura come Parola di Dio”. Ad avviso di Benedetto XVI “L’abbandono dell’interpretazione cristologica dell’Antico Testamento ha portato molti esegeti contemporanei a una teologia senza il culto. Non hanno compreso che Gesù, al posto di abolire il culto e l’adorazione dovuti a Dio, li ha assunti e portati a compimento nell’atto d’amore del suo sacrificio”.
Queste non sono affermazioni episodiche, né semplici considerazioni “tecniche” sul tema del sacerdozio, ma elementi di una visione complessiva della storia della Chiesa, fondata sulla contrapposizione tra la salvaguardia di una funzione profetica della Chiesa stessa, “nel mondo ma non del mondo”, e una tendenza all’accentuata mondanizzazione della presenza cristiana nella realtà umana, sempre più schiacciata sulla dimensione sociale e politica.
Una riflessione che combacia coerentemente, completandola, con quella esposta da Ratzinger in quegli “appunti” sugli abusi sessuali nel clero, pubblicati l’anno scorso, in cui egli sosteneva appassionatamente – contro ogni lettura riduttiva del fenomeno in termini psicologici, sociologici o di abuso di potere – che la tendenza alla pedofilia tra i sacerdoti deriva innanzitutto dall’affievolirsi, all’interno della Chiesa, della nozione del bene e del male, e dall’influsso delle teorie della liberazione sessuale penetrate anche al suo interno a partire dagli anni Sessanta del Novecento. E che assume, come è inevitabile, nei fatti una valenza fortemente polemica contro le cospicue spinte oggi presenti in alcune Chiese nazionali europee – quella tedesca in primo luogo – verso una sostanziale “laicizzazione” dell’istituzione e dei suoi membri, mosse dalla convinzione che ciò serva ad avvicinare efficacemente la Chiesa alle società, rendendo più pervasivo e comprensibile l’evangelizzazione. Spinte che molti, in quelle Chiese, ritengono siano condivise da papa Bergoglio.
Lo scritto di Sarah presente nel volume rappresenta, allora, una chiosa alla lezione ratzingeriana, traendone le conclusioni “politiche”: se le cose stanno come Benedetto dice, ogni interpretazione del dibattito sorto nel Sinodo per l’Amazzonia come autorizzazione a derogare, in tutto o anche soltanto in parte, dall’obbligo del celibato per i sacerdoti è destituita di fondamento, e ogni passo in tal senso avrebbe effetti devastanti per il fondamento stesso del cattolicesimo.
La reazione immediata, in certi casi rabbiosa, degli ambienti cattolici progressisti al volume di Ratzinger e Sarah è il segno inequivocabile che i due autori hanno toccato un nervo scoperto nei progetti “rivoluzionari” portati avanti dai gruppi ecclesiali/teologici che sostengono l’attuale pontificato, e che il pronunciamento autorevole di Benedetto XVI rischia di porre un ostacolo concettuale insormontabile alla strategia che vede la Chiesa “ospedale da campo” come una istituzione sempre più integralmente secolarizzata, risolta quasi del tutto in un’azione sociale e politica.
Ma proprio con la veemenza della loro reazione, con la loro chiara spinta a delegittimare gli interlocutori, quei critici hanno contribuito in misura decisiva a porre il volume Des profondeurs de nos coeurs come il vero e proprio “manifesto” di un’opposizione e di un’alternativa “anti-bergogliana”, che il testo non intendeva essere. Evidenziando, per converso, come la volontà di rinnovamento incessantemente proclamata dal pontefice in carica come via per una rinnovata e più efficace evangelizzazione sia stata fino ad ora troppo spesso “sequestrata” da una minoranza di ideologi, abissalmente distanti dal sentire dei fedeli e del clero cattolico di gran parte del mondo.
Fonte: l’Occidentale
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