ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 16 gennaio 2020

“Maladetto sia tu che tacesti”

IL "LIBRO-GATE"
Chi guida il rullo compressore contro Benedetto e Sarah

Ora che il libro di Benedetto XVi e il cardinale Sarah ha iniziato a circolare risulta ancora più evidente che si tratta di un'opera a quattro mani. Che però disturba i disegni degli architetti della "nuova Chiesa". E una lettera del cardinale Hummes a tutti i vescovi, in cui annuncia la prossima pubblicazione dell'esortazione post-sinodale, aiuta a capire....

                            Il cardinale Hummes a fianco di papa Francesco

Ora che il libro del papa emerito Benedetto XVI e del cardinal Robert Sarah, Des profondeurs de nos coeurs, comincia a circolare, la tempesta mediatica sulla questione delle firme sembrerebbe ancor più incomprensibile. Già il titolo, di cui Benedetto XVI era perfettamente a conoscenza, contiene quel «dal nostro cuore» che non dovrebbe dare adito a dubbi; poi, i due saggi scritti personalmente da Benedetto XVI e da Sarah sono complementari; inoltre l’introduzione e la conclusione (scritta da Sarah e letta e approvata da Benedetto XVI, e su questo anche monsignor Georg Ganswein è d’accordo) è tutta scritta in prima persona plurale: noi. Dunque il ritiro della firma di Benedetto XVI come coautore per un più neutrale “con la collaborazione di…”, ma confermando ogni virgola del testo, ha il sapore della farsa. O della tempesta creata ad arte per distogliere lo sguardo da ciò che conta.


Come già dicevamo due giorni fa, la tesi del libro, firmato dal papa emerito, mette in grande difficoltà papa Francesco, che tutti si attendono conceda la possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati, nell’esortazione apostolica post-sinodale. Come uscirne? Spingendo Benedetto XVI a sfilarsi dal progetto editoriale. Non ci vuole molta fantasia per capire che lunedì 13, all’indomani delle anticipazioni pubblicate da Le Figaro, ha visto una linea telefonica rovente tra Santa Marta (residenza di papa Francesco) e Mater Ecclesiae (dimora del papa emerito), cosa poi confermata da fonti citate da La Croix.
Era l’unica carta per costringere il papa emerito a quella mossa. Che poi sia avvenuto con le buone o con le cattive è secondario, l’effetto è stato quello voluto. In questi giorni, i “guardiani della rivoluzione” hanno scatenato una campagna contro il cardinale Sarah, dipinto come imbroglione e manipolatore quando in tutta questa vicenda è l’unico ad aver agito secondo verità e ad averla difesa fino in fondo, dimostrando una dignità certamente sconosciuta ai suoi critici.

C’era comunque una grande urgenza di disinnescare la bomba del libro a quattro mani, e ieri se ne è compreso meglio il motivo. È trapelata infatti la lettera che proprio il 13 gennaio il cardinale Claudio Hummes, relatore generale del Sinodo sull’Amazzonia, ha inviato dal Vaticano a tutti i vescovi annunciando la prossima uscita dell’esortazione post-sinodale: “entro la fine di questo mese o l’inizio di febbraio”. Ma non è una semplice lettera di cortesia per informare di un evento, è una “chiamata alle armi” di tutti i vescovi per diffondere in ogni angolo della Chiesa il “verbo” del Sinodo amazzonico.

Ovviamente i toni della lettera sono suadenti, “l’intento” è quello “di favorire una adeguata preparazione” per un evento “molto atteso”; ma poi si passa alle azioni che ci si aspetta che ogni vescovo faccia, se non vuole dispiacere al papa. Suggerimenti che sono come quelle offerte che, si diceva in un famoso film, “non si possono rifiutare”. “Un modo utile di prepararsi – scrive Hummes – sarebbe quello di leggere alcuni dei documenti precedenti attinenti al tema”. Non c’è bisogno di andare a cercare, li elenca in appendice lo stesso cardinale: il documento finale del Sinodo, il discorso di papa Francesco ai popoli dell’Amazzonia, relazione introduttiva del cardinale Hummes e discorso finale di papa Francesco al Sinodo, l’enciclica Laudato Si’.

Finito di leggere, e in fretta, i vescovi si devono mobilitare per fare in modo che in ogni diocesi si accolga nel modo dovuto l’esortazione: “Ella potrebbe anche iniziare a pianificare una conferenza stampa o un altro evento il prima possibile (…) Ad esempio, potrebbe essere opportuno che Ella presentasse l’Esortazione insieme a un rappresentante indigeno, se praticabile nella vostra zona, un responsabile pastorale esperto (ordinato o religioso, laico o laica), un esperto su questioni ecologiche, e un giovane impegnato nella pastorale giovanile”.  A breve i vescovi riceveranno “una seconda lettera con ulteriori suggerimenti”.

Con tipico stile sovietico, insomma, tutto è pronto per il grande evento, quello dopo il quale “niente sarà più come prima”, come profetizzò  il vescovo tedesco Franz-Josef Overbeck. Figurarsi se si poteva tollerare che la preparazione fosse rovinata da un papa emerito e da un cardinale. Il rullo compressore della “nuova Chiesa” schiaccia tutto quello che trova sul suo cammino.

La lettera di Hummes conferma peraltro la volontà che il Sinodo di una Chiesa locale, come quella amazzonica, diventi il paradigma per la Chiesa universale, perché quello è il laboratorio di novità che, presentate come eccezioni, si vuole imporre a tutta la Chiesa. Non c'è solo il celibato, ma anche l'ecologia, il rapporto con il Creato che il Sinodo amazzonico ha fatto virare verso il panteismo. È comunque il celibato oggi il tema attorno a cui si combatte la guerra per la Verità. C’è chi ha notato come negli ultimi discorsi relativi al Sinodo, il Papa non abbia mai accennato al tema dell’ordinazione di uomini sposati, lasciando prevedere che nell’esortazione questo tema venga accantonato.

Ma l’entusiasmo con cui il cardinale Hummes ha messo in moto la macchina della propaganda lascia invece prevedere il contrario. Non bisogna infatti dimenticare che la relativizzazione del celibato è un pallino fisso di Hummes, grande elettore di papa Francesco e colui che lo ha accompagnato al balcone di San Pietro per il primo saluto. A lui è stata affidata dal papa la relazione di apertura del Sinodo sull’Amazzonia, in cui è risuonata chiara la proposta di ordinare preti uomini sposati e di cercare “un ministero adatto” per le donne “dirigenti di comunità” (anche questo l’inizio di un processo, ovviamente). È lo stesso schema usato nel primo Sinodo sulla famiglia con la relazione affidata al cardinale Walter Kasper.
Ma di Hummes ricordiamo anche la gaffe (se così si può chiamare) del dicembre 2006, quando fu nominato da papa Benedetto XVI prefetto della Congregazione per il clero. Appena messo piede a Roma rilasciò una dichiarazione che apriva al superamento del celibato. Fu costretto a ritrattare, ma dove voleva arrivare era chiaro. E ora sta assaporando la sua vittoria, frutto anche – dicono i bene informati – di un patto con papa Francesco.

Peccato solo non si possa proprio impedire di far circolare quel libro di Sarah e Benedetto XVI che, dopo due giorni in libreria, in Francia è già al primo posto nelle vendite.

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/chi-guida-il-rullo-compressore-contro-benedetto-e-sarah


“MALADETTO SIA TU CHE TACESTI!”. IL GRIDO DI BENEDETTO E DI SARAH

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, troll, infiltrati, disturbatori e compagnia cantante, questa mattina dal profondo del mio raffreddore ho trovato un regalo nella posta: i testi del libro di Benedetto XVI e del card. Sarah – sì, del libro scritto da entrambi –.
Una rapida lettura dell’introduzione, della conclusione (scritte a quattro mani dai due) e della divisione in pagine dell’opera ha messo a nudo tutta la quantità di menzogne che i colleghi, americani, inglesi, francesi spagnoli argentini italiani ecc. legati alla corte del Pontefice regnante hanno messo in piedi per cercare di sminuire l’importanza di questo testo, evidentemente pensato e scritto da entrambi. No, Benedetto non è un povero vecchietto rincitrullito, come le più basse forme di vita dello stagno giornalistico vaticano hanno cercato di far credere; il card. Sarah non ha carpito la buona fede di nessuno, circuendo un anziano rimbambito (non potrò mai dimenticare il tweet con cui Austen Ivereigh lanciava l’hashtag #elderabuse #abusodi anziani. È qualcosa che inquadra a vita una persona, una radiografia dell’anima).
Qui sotto trovate alcuni brani della presentazione, scritta da Nicolas Diat, dell’introduzione e della conclusione, scritte da ENTRAMBI gli autori. Nel libro la parte di Joseph Ratzinger va da pag. 21 a pag. 55. Difficile liquidarla come qualche cosa di trascurabile. La parte di Sarh è più ampia. Ma è evidente che il testo cammina su quelle due gambe.
Posso dire che cosa mi ha colpito? Il riferimento a San Paolo, nella conclusione firmata da entrambi: In questi tempi difficili l’unico timore che ciascuno dovrà avere sarà di sentirsi dire un giorno da Dio «quella dura parola con riprensione […]: “maladetto sia tu che tacesti”. Sono parole che possono rimbombare nelle orecchie di quanti di noi?
Vista la realtà del libro, la toppa imposta dal regime – ritirare da firma – assume contorni ridicoli, e appare sempre di più come una botta impotente di rabbia argentina, un travaso di bile non controllato. Il libro è lì, una testimonianza drammatica ed eloquente.
Nicolas Diat
“Per quale ragione il Papa emerito ha desiderato collaborare con il Cardinale Sarah? I due sono molto amici e intrattengono una regolare corrispondenza per condividere punti di vista, speranze e preoccupazioni.
Nell’ottobre 2019, il Sinodo per l’Amazzonia, un’assemblea di vescovi, religiosi e missionari, dedicato al futuro di questa immensa regione, ha rappresentato in seno alla Chiesa un’occasione di riflessione, nella quale è stato variamente messo a tema l’avvenire del sacerdozio cattolico. Da parte loro, Benedetto XVI e il Cardinale Sarah avevano iniziato a scambiarsi scritti, pensieri e proposte già sul finire dell’estate, per incontrarsi poi allo scopo di conferire la maggior chiarezza possibile alle pagine che ora seguiranno.
Il testo di Benedetto XVI s’intitola molto sobriamente: Il sacerdozio cattolico. Il Papa emerito precisa da subito la sua impostazione: «Alle radici della grave situazione in cui versa oggi il sacerdozio, si trova un difetto metodologico nell’accoglienza della Scrittura come Parola di Dio». L’affermazione è severa, inquietante, quasi incredibile.
Benedetto XVI non ha voluto affrontare da solo una questione così delicata. La collaborazione del Cardinale Sarah gli è parsa naturale e importante. Il Papa emerito conosce la profonda spiritualità del Cardinale, il suo spirito orante, la sua saggezza. Si fida di lui. Nella Prefazione a La forza del silenzio, durante la Settimana Santa 2017, Benedetto XVI scriveva: «Il Cardinale Sarah è un maestro dello spirito che parla a partire dal profondo rimanere in silenzio insieme al Signore, a partire dalla profonda unità con lui, e così ha veramente qualcosa da dire a ognuno di noi. Dobbiamo essere grati a Papa Francesco di avere posto un tale maestro dello spirito alla testa della Congregazione che è responsabile della celebrazione della Liturgia nella Chiesa».
L’intento degli Autori è perfettamente restituito in questa affermazione tratta dalla comune Introduzione al volume: «La vicinanza delle nostre preoccupazioni e la convergenza delle nostre conclusioni hanno fatto sì che prendessimo la decisione di mettere a disposizione di tutti i fedeli il frutto del nostro lavoro e della nostra amicizia spirituale, sull’esempio di sant’Agostino».
Il quadro è semplice. Due vescovi hanno voluto riflettere. Due vescovi hanno voluto rendere pubblico il frutto della loro eminente ricerca. Il testo di Benedetto XVI è di grande finezza teologica. Quello del Cardinale Sarah possiede un’indubitabile forza catechetica. Gli argomenti si incrociano, le affermazioni si completano, le intelligenze sono reciprocamente stimolate.

Benedetto XVI e il Cardinale Sarah hanno voluto aprire e chiudere questo libro con due testi composti a quattro mani. Nella loro Conclusione scrivono: «È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, non si facciano più impressionare dai cattivi consiglieri, dalle teatrali messe in scena, dalle diaboliche menzogne, dagli errori alla moda che mirano a svalutare il celibato sacerdotale».
Evidentemente, il Papa emerito e il Cardinale Sarah non hanno affatto voluto nascondere la propria inquietudine. Conoscono, però, fin troppo bene sant’Agostino, al quale fanno spesso riferimento, per non sapere che l’amore ha sempre l’ultima parola.

PERCHÉ AVETE PAURA? Introduzione degli Autori
Ci siamo incontrati in questi ultimi mesi, mentre il mondo rimbombava del frastuono provocato da uno strano sinodo dei media che aveva preso il sopravvento sul Sinodo reale. Ci siamo confidati le nostre idee e le nostre preoccupazioni. Abbiamo pregato e me- ditato in silenzio. Ogni nostro incontro ci ha reciprocamente confortati e pacificati. Sviluppate attraverso sentieri differenti, le nostre riflessioni ci hanno quindi portato a scambiarci alcune lettere. La prossimità delle nostre preoccupazioni e la convergenza delle nostre conclusioni hanno fatto sì che, sull’esempio di sant’Agostino, prendessimo la decisione di mettere a disposizione di tutti i fedeli il frutto del nostro lavoro e della nostra amicizia spirituale.
Anche noi, come lui, possiamo dire: «Silere non possum! Non posso tacere! […]. So quanto mi sarebbe pernicioso il silenzio! Non penso, infatti, di passare il tempo nelle cariche ecclesiastiche soddisfacendo la mia vanità, penso invece che, delle pecore che mi sono state affidate, renderò conto al principe di tutti i Pastori».
In quanto vescovi, portiamo in noi la sollecitudine verso tutte le Chiese. Con un grande desiderio di pace e unità, offriamo dunque a tutti i nostri fratelli vescovi, sacerdoti e fedeli laici di tutto il mondo il frutto dei nostri colloqui.
Lo facciamo con uno spirito d’amore per l’unità della Chiesa. Se l’ideologia divide, la verità unisce i cuori. Interrogare la dottrina della salvezza non può che unire la Chiesa attorno al proprio divino Maestro.
Lo facciamo con uno spirito di carità. Ci è parso utile e necessario pubblicare questo lavoro in un momento in cui gli animi sembrano essersi placati. Ciascuno potrà completarlo o criticarlo. La ricerca della verità non può compiersi se non a cuore aperto.
Presentiamo, quindi, fraternamente queste riflessioni al popolo di Dio e, naturalmente, in atteggiamento di filiale obbedienza, a Papa Francesco.
Signore, salvaci! Periamo! Il Signore dorme mentre infuria la tempesta. Sembra abbandonarci ai flutti del dubbio e dell’errore. Siamo tentati di arrenderci alla disperazione. I flutti del relativismo sommergono da ogni lato la barca della Chiesa. Gli Apostoli hanno avuto paura. La loro fede si è raffreddata. Anche la Chiesa talvolta sembra vacillare. Nel cuore della tempesta, la fiducia degli Apostoli nella potenza di Gesù sembra venire meno. Viviamo anche noi questo mi- stero. Sentiamo, tuttavia, di trovarci in una pace profonda, perché sappiamo che colui che governa la barca è Gesù. Siamo consapevoli che essa non potrà mai affondare, che essa soltanto potrà condurci al porto della salvezza eterna.
Benedetto XVI Robert Cardinale Sarah
Città del Vaticano, settembre 2019
 Conclusione degli autori
Al termine della nostra riflessione, avvertiamo la necessità di confessare il nostro amore per la Chiesa. Abbiamo voluto donarle la nostra vita come Cristo le ha offerto la propria. Non l’abbandoneremo mai! Sulla mano destra indossiamo l’anello che ci ricorda che le siamo legati con un’alleanza definitiva.
È unicamente il nostro amore per la Chiesa che ci ha spinti a impugnare la penna per voi.
Viviamo con tristezza e sofferenza questi tempi difficili e travagliati. Era nostro preciso dovere richiamare la verità sul sacerdozio cattolico. Con esso, infatti, si trova messa in discussione tutta la bellezza della Chiesa. La Chiesa non è soltanto un’istituzione umana. È un mistero. È la Sposa mistica di Cristo. È quanto il nostro celibato sacerdotale non cessa di rammentare al mondo.
È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, non si facciano più impressionare dai cattivi consiglieri, dalle teatrali messe in scena, dalle diaboliche menzogne, dagli errori alla moda che mirano a svalutare il celibato sacerdotale.
È urgente, necessario, che tutti, vescovi, sacerdoti e laici, ritrovino uno sguardo di fede sulla Chiesa e sul celibato sacerdotale che protegge il suo mistero.
Tale sguardo sarà il miglior baluardo contro lo spirito di divisione, contro lo spirito partitico, ma anche contro l’indifferenza e il relativismo.
In questi tempi difficili l’unico timore che ciascuno dovrà avere sarà di sentirsi dire un giorno da Dio «quella dura parola con riprensione […]: “maladetto sia tu che tacesti”. Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perché gli è succhiato il sangue da dosso, cioè […] il sangue di Cristo, che è dato per grazia […]. Non dormite più in negligenzia; adoperate nel tempo presente ciò che si può».
Marco Tosatti

16 Gennaio 2020 Pubblicato da  14 Commenti --


LA BUSSOLA HA LETTO IL LIBRO
Benedetto XVI: il celibato è nella natura del prete

Abbiamo letto la parte di Benedetto XVI nel libro Des profondeurs de nos coeurs scritto col cardinale Sarah. Parte dalle Scritture per dimostrare la necessità del celibato sacerdotale e arriva alla Nuova alleanza. Il celibato ha a che fare con il dogma, perché si pone al cuore dell’interpretazione delle Scritture. «L’astinenza sessuale era funzionale, si è trasformata da se stessa in un’astinenza ontologica».




Dopo aver letto il contributo offerto da Benedetto XVI nel libro Des profondeurs de nos coeurs, si può comprendere perché la Sala Stampa vaticana abbia fatto di tutto per minimizzarne il contenuto e soprattutto per spostare l’attenzione sulla questione ridicola se il Papa emerito sia o non il coautore; che un autore che scrive la metà di un libro, che condivide e firma l’introduzione e la conclusione non debba poi esserne considerato il coautore è una delle ultime follie di chi da tempo ha perso il senso della realtà. Lasciamo ad altri queste questioni di lana caprina, montate ad arte proprio per evitare di parlare del contenuto, punto di riferimento luminoso in questa lunga notte della Chiesa.

Occorre avere un po’ di pazienza e seguire Ratzinger nella sua argomentazione che può sembrare, in un primo momento, girare attorno al problema, ma che invece ne identifica la radice. Quella radice avvelenata che egli ritiene essere all’origine della crisi della liturgia, del sacerdozio e del celibato. Tre in uno. E la denuncia di Ratzinger fa scuotere le colonne su cui si è edificata la falsa chiesa, ritornando su quanto aveva già affermato nella premessa al primo volume della sua trilogia su Gesù di Nazareth e cioè che la vera interpretazione della Bibbia richiede non solo un approccio storico-critico, ma anche ed essenzialmente un approccio teologico, recuperando così i quattro sensi della Scrittura che sono stati al cuore dell’interpretazione dei Padri e della Chiesa intera. Almeno fino a quando non si è deciso di ritenere che l’approccio teologico fosse in contrasto con quello scientifico, l’unico ritenuto capace di restituire il senso vero del testo.

Lasciamo la parola a Benedetto XVI: «Alla base della grave situazione nella quale si trova oggi il sacerdozio, c’è un difetto metodologico nella recezione della Sacra Scrittura come Parola di Dio. L’abbandono dell’interpretazione cristologica dell’Antico Testamento ha portato numerosi esegeti contemporanei ad una carente teologia del culto. Non hanno compreso che Gesù, lungi dall’abolire il culto e l’adorazione dovute a Dio, le ha assunte e portate a compimento nell’atto d’amore del suo sacrificio». Gesù non è venuto ad abolire, ma a portare a compimento (cf. Mt. 5, 17): il nuovo culto in spirito e verità (cf. Gv. 4, 23) non comporta perciò l’abolizione del sacrificio e del rito, né del Tempio, ma la loro piena realizzazione nella persona di Gesù Cristo, nella sua preghiera, nella sua offerta.

Il sacerdozio, i sacramenti, la celebrazione dell’Eucaristia non sono un indebito ritorno alla mentalità veterotestamentaria, ma solo la forma nuova che perpetua l’unico sacerdozio e l’unico sacrificio, quello del Signore. Il senso del celibato si colloca nell’unione a questo sacrificio del Signore Gesù, della sua intera Persona, che oltrepassa l’alleanza del Sinai, «al centro della quale egli si pone ad un tempo come sacrificatore e come vittima». Nell’Ultima Cena, il Signore trasforma l’atto crudele della sua condanna a morte, in un sacrificio volontario gradito a Dio: «E' in questo modo che Gesù compie il fondamentale rinnovamento del culto che rimarrà per sempre valido e vincolante». Il sacerdozio levitico cessa e Gesù diviene il Sommo ed eterno sacerdote ed il nuovo tempio nel quale è dato «un nuovo spazio di adorazione di Dio». Richiamando la lettera ai Corinti di san Clemente Romano, Benedetto XVI fa notare che si instaura così un parallelo tra il sacerdozio del Sinai e quello della Chiesa: «episkopos indica il Sommo Sacerdote, presbyteros il sacerdote, diakonos il levita». Fin dall’inizio della Chiesa, abbiamo perciò una lettura cristologica dell’Antico Testamento, che non dev’essere intesa come un artificio letterario, ma come l’espressione «di una logica interna del testo»; una lettura che si è concretizzata in persone in carne ed ossa.

Il sacrificio della Nuova Alleanza accoglie pienamente la critica dei profeti al culto veterotestamentario, non abolendo il culto e il sacerdozio, ma unendo in sé amore e culto, liberando lo spirito che dà vita, dalla lettera dell’Antica Alleanza (cf. 2Cor. 3, 6). «Lutero, che si fondava su di una lettura completamente diversa dell’Antico Testamento, non era nelle condizioni di fare questo passaggio»; per questa ragione finì per «contrapporre radicalmente gli uffici ministeriali neotestamentari al sacerdozio in quanto tale». La ragione profonda dell’opposizione luterana tra sacerdozio ordinato e sacerdozio battesimale, che ha portato ad eliminare il primo, si trova dunque in una interpretazione insufficiente dell’Antico Testamento.

Ora, questa interpretazione manchevole si è nuovamente imposta nei nostri tempi. Questa inquadratura che il Papa emerito ci offre costituisce lo sfondo imprescindibile per poter capire la grande crisi della liturgia e del sacerdozio che ci sta travolgendo dai tempi del Vaticano II, crisi che è nata e si è diffusa per il fatto che un approccio cristologico e pneumatologico all’Antico e al Nuovo Testamento «era divenuto incomprensibile». Come per Lutero. «Il decreto del concilio sul ministero e la vita dei sacerdoti praticamente non affronta questa questione. Pertanto, nel periodo che ne è seguito, essa ci ha assorbito con un’urgenza senza precedenti, e si è tramutata in una crisi del sacerdozio che continua fino ad oggi nella Chiesa».

Il celibato sta per essere risucchiato da questa crisi. Per questo, Benedetto XVI vuole mostrare che il celibato costituisce quella trasformazione interna che porta a compimento le prescrizioni dell’Alleanza del Sinai riguardo al sacerdozio. Il Papa emerito fa notare che i sacerdoti dell’Antica Alleanza erano tenuti all’astinenza sessuale quando dovevano «esercitare il culto ed erano dunque in contatto con il mistero divino. La relazione tra l’astinenza sessuale ed il culto divino era assolutamente chiara nella coscienza comune d’Israele». Ora, la compatibilità tra sacerdozio e matrimonio era possibile per il fatto che il sacerdozio era esercitato solo in alcuni periodi determinati. Ma i sacerdoti della Nuova Alleanza sono continuamente in contatto con il mistero divino; «questo esige da parte loro l’esclusività riguardo a Dio. Ed esclude di conseguenza gli altri legami che, come il matrimonio, abbracciano tutta la vita».

Non si tratta di un’interpretazione arbitraria: già Sant’Ambrogio, nel De Officiis ministrorum, riprendeva l’astinenza richiesta nell’Antica Alleanza, «tempo della prefigurazione», per indicare che molto più è richiesto dai ministri della Nuova. Papa Siricio, a sua volta, nella fondamentale Decretale Directa, nella quale la continenza del clero viene dichiarata «legge indissolubile», spiegava che i sacerdoti dell’Antico Testamento erano tenuti alla continenza solo temporanea, perché il loro servizio era temporaneo e per assicurarsi una discendenza, visto che il sacerdozio era ereditario; ed aggiunge: «Il Signore Gesù attestò formalmente nel Vangelo che non era venuto per abolire la Legge, ma per darvi compimento». Per questa ragione «tutti noi, presbiteri e diaconi, siamo vincolati dal giorno della nostra ordinazione, a mettere i nostri cuori e i nostri corpi al servizio della sobrietà e della purezza».

Dunque, anche per quanto riguarda l’astinenza sessuale, nel passaggio dall’Antica alla Nuova Alleanza è avvenuta la trasformazione che abbiamo visto in precedenza: «L’astinenza sessuale che era funzionale si è trasformata da se stessa in un’astinenza ontologica. E così, la sua motivazione ed il suo significato sono stati cambiati dall’interno ed in profondità». E’ qui che si radica, come già apparso nelle anticipazioni, l’affermazione dell’estraneità del celibato ad ogni disprezzo della corporeità e del matrimonio. Il senso del sacerdozio della Nuova Alleanza riposa su questa trasformazione dall’interno di ciò che era stato istituito nell’Antica; e così anche la continenza richiesta ai sacerdoti della Chiesa è un mutamento che non abolisce ma compie, porta a pienezza quella che era vissuta nell’Antica Alleanza. Questo era stato compreso chiaramente già nei primi secoli della Chiesa, quando si era stabilito che «gli uomini sposati non potevano ricevere il sacramento dell’Ordine se non si erano impegnati ad osservare l’astinenza sessuale». E’ interessante che il Papa emerito qui rimandi, nella nota 7, al libro di Stefan Heid sul celibato, che dimostra con abbondanti riferimenti che l’accettazione della continenza perpetua era condizione indispensabile per l’ordinazione di diaconi, presbiteri e vescovi, sia in Oriente che in Occidente.

Il Papa emerito chiude il proprio saggio con la meditazione di tre testi dell’Antico Testamento, che sono divenuti spirito che dà vita nel sacerdozio cattolico. Accenniamo rapidamente ai primi due.

Il primo riguarda i versetti 5 e 6 del Salmo 16, un riferimento su cui Ratzinger si era soffermato altre volte: «Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi, la mia eredità è magnifica». Questi versetti, nel rito della tonsura antecedente alla riforma liturgica, indicavano l’ingresso nello stato clericale. Mentre tutte le tribù d’Israele avevano la propria porzione di eredità, ossia una parte della terra promessa, solo i leviti non ricevevano questa eredità, precisamente perché la loro parte di eredità era il Signore stesso, al quale si dedicavano nel culto. «Questa figura veterotestamentaria si realizza nei sacerdoti della Chiesa in modo nuovo e più profondo [...]. I sacerdoti, per il fatto che sono radicalmente consacrati a Dio, rinunciano al matrimonio ed alla famiglia. La Chiesa ha inteso la parola “clero” in questo senso».

Il secondo insieme di testi sono tratti dal libro del Deuteronomio 10, 8 e 18, 5-8, nei quali si indica la missione essenziale della tribù di Levi, ossia «stare alla presenza del Signore, servirlo e benedire il suo nome», espressione ripresa nel testo latino della Preghiera eucaristica II: «astare coram te e tibi ministrare». Benedetto XVI ripropone una tematica essenziale del suo pontificato, ossia «la celebrazione degna della liturgia e dei sacramenti, adempiuta con una partecipazione interiore». Egli esorta a ricomprendere in profondità il rito che si celebra e celebrarlo «in modo giusto, l’ars celebrandi», senza permettere che la familiarità che si ha con il mistero di Dio diventi abitudine, perché «così si indebolisce il timore reverenziale [...] Contro questa assuefazione ad una realtà straordinaria, contro l’indifferenza del cuore noi dobbiamo lottare senza tregua».

Benedetto XVI, con il proprio stile, si riaggancia così alla grande tradizione dei primi secoli della Chiesa. Il parallelo tra la sua posizione e quella di papa Siricio non deve sfuggire: per entrambi la piena continenza del sacerdote è naturale trasformazione interna di quella veterotestamentaria; e per tale ragione scritturistica, essa non è derogabile. Siricio la definì inequivocabilmente «legge indissolubile», mentre Benedetto XVI la riconosce come «astinenza ontologica».

Riconoscere questa verità richiede la disponibilità ad accostare la Rivelazione con la luce della fede, dentro la grande tradizione della Chiesa, che permette di penetrare le Scritture nel loro senso più profondo, più vero, come Parola di Dio e non come mera parola di uomini. Ratzinger riesce ancora una volta a ribaltare la prospettiva. Adesso la palla passa nel campo di Francesco, ma con la posta in gioco aumentata: il celibato ha a che fare – eccome – con il dogma, perché si pone al cuore dell’interpretazione delle Scritture. E’ bene tenerne conto.

Luisella Scrosati

- CHI GUIDA IL RULLO COMPRESSORE CONTRO BENEDETTO E SARAH, di Riccardo Cascioli
- IL GRAN PASTICCIO DI DON GEORG, di Riccardo Cascioli
- OBBEDIENZA E VERITÀ, QUEL CHE IGNORANO I CORTIGIANI, di Luisella Scrosati   

https://lanuovabq.it/it/benedetto-xvi-il-celibato-e-nella-natura-del-prete

I diritti dei fedeli in questa grande confusione


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