Una vulgata falsa e grossolana vorrebbe il cristiano, sul modello del San Francesco d’Assisi edulcorato, un giullare – un buontempone, cioè, che sprizza allegria e intrattiene le folle con balli e danze. Si dimentica che San Francesco si ammalò agli occhi a causa del continuo piangere.
San Francesco piangente
San Francesco
Durante l’ultima omelia a Santa Marta, Papa Francesco se l’è presa con gli «evangelizzatori noiosi, amareggiati». Con simili premesse – ha detto – la «Chiesa non andrà avanti, il Vangelo non andrà avanti». Andrà avanti solo «con evangelizzatori gioiosi, pieni di vita».

L’autentico evangelizzatore dovrebbe prendere esempio dal re Davide, il quale «è felice» ed «esprime questa felicità, questa gioia, ballando» e cantando «sicuramente come tutto il popolo». Insomma, «quando manca la gioia in un cristiano, quel cristiano non è fecondo; quando manca la gioia nel nostro cuore, non c’è fecondità».
Le cose stanno proprio così? A leggere la vita di San Francesco d’Assisi – un semplice caso tra molti – non si direbbe. È vero che al perdono segue la gioia. È anche vero che il convertito è già nella beatitudine, che trasmette agli altri, mediante frutti di pace e consolazione. Ma non è affatto vero che, per un’evangelizzazione efficace, il cristiano debba sempre essere gioioso e pieno di vita. Quanto afferma Bergoglio può essere equivocato.
San Francesco pianse molto. Di seguito alcuni passi, tratti dalla Legenda Maior di San Bonaventura da Bagnoregio, che ci restituiscono un San Francesco ben diverso dal giullare ridanciano, tanto caro alla teologia modernista:
«Ci spinge ad abbracciare, con fede e pietà, questa convinzione il fatto che egli [San Francesco] ebbe dal cielo la missione di chiamare gli uomini a piangere, a lamentarsi, a radersi la testa e a cingere il sacco, e di imprimere, col segno della croce penitenziale e con un abito fatto in forma di croce, il Tau, sulla fronte di coloro che gemono e piangono».
«Cercava luoghi solitari, amici al pianto; là, abbandonandosi a lunghe e insistenti preghiere, fra gemiti inenarrabili, meritò di essere esaudito dal Signore».
«Ormai il padre santo, come la donna sterile, semplice e poverella della Bibbia, aveva partorito sette volte, e desiderava partorire a Cristo tutto quanto il popolo dei fedeli, chiamandolo al pianto e alla penitenza».
«Infatti, in conseguenza del continuo piangere, aveva contratto una gravissima malattia agli occhi. Perciò il medico cercava di persuaderlo a desistere dal piangere, se voleva sfuggire alla cecità».
«Spesso richiamava alla mente, piangendo, la povertà di Gesù Cristo e della Madre sua, e affermava che questa è la regina delle virtù, perché la si vede brillare così fulgidamente, più di tutte le altre, nel Re dei Re e nella Regina sua Madre».
«Là pure, dai frati che piamente lo osservavano, fu udito interpellare con grida e gemiti la Bontà divina a favore dei peccatori; piangere, anche, ad alta voce la passione del Signore, come se l’avesse davanti agli occhi».
«Il ricordo della passione di Cristo si impresse così vivamente nelle più intime viscere del suo cuore, che, da quel momento, quando gli veniva alla mente la crocifissione di Cristo, a stento poteva trattenersi, anche esteriormente, dalle lacrime e dai sospiri, come egli stesso riferì in confidenza più tardi, quando si stava avvicinando alla morte».
«Pregando inginocchiato davanti all’immagine del Crocifisso, si sentì invadere da una grande consolazione spirituale e, mentre fissava gli occhi pieni di lacrime nella croce del Signore, udì con gli orecchi del corpo una voce scendere verso di lui dalla croce e dirgli per tre volte: “Francesco, va’ e ripara la mia chiesa che, come vedi, è tutta in rovina!”».
«Ma Francesco […] si nascose in una fossa segreta. Vi rimase nascosto per alcuni giorni, e intanto supplicava incessantemente, tra fiumi di lacrime, il Signore, che lo liberasse dalle mani dei persecutori».
«L’uomo di Dio, insieme con gli altri compagni, andò ad abitare in un tugurio abbandonato, vicino ad Assisi: là essi vivevano di molto lavoro e fra gli stenti, secondo la forma della santa povertà, preoccupati di rifocillarsi più con il pane delle lacrime che con il pane dell’abbondanza».
«Perciò quanti attendono alla perfezione devono purificarsi ogni giorno col lavacro delle lacrime. E ne dava lui stesso la dimostrazione.
Benché avesse già raggiunto una meravigliosa purezza di cuore e di corpo, non cessava di purificare gli occhi del suo spirito con un profluvio di lacrime, senza badare al danno che ne subivano gli occhi del corpo».
«Preferiva, evidentemente, perdere la luce degli occhi, piuttosto che soffocare la devozione dello spirito, frenando le lacrime, che mondano l’occhio interiore e lo rendono capace di vedere Dio».
«E l’uomo di Dio, restandosene tutto solo e in pace, riempiva i boschi di gemiti, cospargeva la terra di lacrime, si percuoteva il petto e, quasi avesse trovato un più intimo santuario, discorreva col suo Signore».
«L’uomo di Dio stava davanti alla mangiatoia, ricolmo di pietà, cosparso di lacrime, traboccante di gioia.
Il santo sacrificio viene celebrato sopra la mangiatoia e Francesco, levita di Cristo, canta il santo Vangelo».
A parte questi esempi, nella sola Legenda Maior (le fonti francescane sono, infatti, un corpus ben più ampio) ci sono più di venti richiami alle lacrime e una quarantina relativi al pianto e al piangere. È, quindi, da rigettare quell’esegesi che fa del Poverello un saltimbanco.
La gioia, in San Francesco, nasce dalla pratica ascetica e penitenziale, dalle mortificazioni, dalla preghiera raccolta e commossa, dalle privazioni materiali, dalle vicende della vita condivise con i fratelli. Non si può saltare subito alla gioia e imporla come modello di predicazione. Gesù Cristo stesso pianse.
Non va dimenticato che nella predicazione concorrono tutte le capacità spirituali umane: ardore, lamento, estasi, ammonizione, gioia, affetto, entusiasmo, impeto, biasimo, edificazione, pietà, tremore, nostalgia, gratitudine. E con questi predicatori la Chiesa è andata avanti, eccome.

di Silvio Brachetta



Cordes: così la Chiesa tedesca rischia lo scisma

«Con la “Via sinodale” la Conferenza Episcopale di Germania ha iniziato un processo ecclesiale molto rischioso. De facto si apre la possibilità a uno scisma». «La "scappatoia della Misericordia" indicata dal cardinale Kasper per i divorziati risposati sminuisce il Sacramento dell'Eucarestia». Il cardinale tedesco Paul Josef Cordes, già fidatissimo collaboratore di san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, attacca gli scopi dichiarati dei vescovi tedeschi che aprono oggi a Francoforte il "Cammino sinodale": Comunione ai divorziati risposati civilmente, la riapertura della discussione sull'ordinazione delle donne, la fine del celibato sacerdotale, la benedizione delle unioni omosessuali, il superamento dell'insegnamento di San Paolo VI sulla contraccezione.


                                     Il cardinale Cordes

Questo pomeriggio, nel Duomo di Francoforte, si apre la prima assemblea del “Cammino sinodale” della Chiesa tedesca. Al via i quattro forum di discussione su “potere, partecipazione e divisione dei poteri”, “morale sessuale”, “forma di vita sacerdotale” e “donne al servizio e impiegate della Chiesa”. L’episcopato tedesco (con poche eccezioni) e le organizzazioni laicali fanno sul serio e si apprestano ad iniziare un percorso lungo due anni e durante il quale potrebbero essere prese decisioni anche su questioni dottrinali, ‘sfidando’ Roma e quasi imboccando la strada dell’autocefalia. Il cardinale Reinhard Marx ed i suoi sembrano intenzionati ad imporre la loro agenda ‘progressista’ alla Chiesa tedesca: Comunione ai divorziati risposati civilmente, la riapertura della discussione sull'ordinazione delle donne, la fine del celibato sacerdotale, la benedizione delle unioni omosessuali, il superamento dell'insegnamento di San Paolo VI sulla contraccezione. Il percorso sinodale potrebbe concretizzare quel perentorio “non siamo una filiale di Roma” che Marx aveva pronunciato nel 2015. Delle possibili conseguenze di un processo che a partire dalla sponda orientale del Reno rischia di diventare un fattore di enorme divisione nella Chiesa universale ne abbiamo parlato con il cardinale Paul Josef Cordes, presidente emerito del Pontificio Consiglio "Cor Unum", già fidatissimo collaboratore di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, nonché una delle figure più autorevoli del cattolicesimo tedesco.

Eminenza, Lei ha dedicato di recente un libro al celibato ricordando la sua connessione con il sacerdozio per il bene del regno dei cieli. In una lettera dieci vicari generali di diocesi tedesche hanno detto di prevedere che "i risultati del percorso sinodale modificheranno in modo significativo la nostra pratica attuale". Teme che si possa effettivamente arrivare all'abolizione del celibato sacerdotale?
Nel corso della conferenza stampa aerea al ritorno da Panama (2019) Papa Francesco ha affermato: “Mi viene alla mente una frase di San Paolo VI: Preferisco dare la vita prima di cambiare la legge del celibato’’. Dopo invece il Sommo Pontefice ha segnalato delle eccezioni in casi di urgenze pastorali. In maniera più univoca scriveva il Santo Giovanni Paolo II nella sua prima lettera del Sabato Santo ai sacerdoti: “La Chiesa Latina ha voluto e continua a volere, riferendosi all'esempio dello stesso Cristo Signore, all'insegnamento apostolico e a tutta la tradizione che le è propria, che tutti coloro i quali ricevono il sacramento dell'Ordine abbraccino questa rinuncia per il regno dei cieli.”

Condivide i rilievi inviati dal cardinale Ouellet al presidente della Conferenza episcopale, il cardinale Marx, con i quali si contesta il fatto che una Chiesa particolare possa discutere e deliberare su temi che sono oggetto della Chiesa universale?
Con la “Via sinodale” la Conferenza Episcopale di Germania ha iniziato un processo ecclesiale molto rischioso. De facto si apre la possibilità a uno scisma. Anche se a parole i portavoce affermano sempre la loro cattolicità, i temi della discussione nelle diocesi e a livello nazionale sono in gran parte materia di competenza della Chiesa universale, dunque non sono a disposizione di una Chiesa locale. Al di là dell’oggetto della discussione, il soggetto di questa via non è legittimato. Nella Chiesa cattolica la responsabilità di decidere sulla dottrina e sulla morale si fonda sul sacramento d’Ordine; il coinvolgimento del “Comitato centrale dei Cattolici” (ZdK) rende dunque impossibile ogni decisione vincolante. Il gravissimo danno di questo “processo” sta nel voler suggerire – spinto dai mass media anticattolici o atei – l’idea di una “Nuova Chiesa”: un’istituzione per diffondere una filantropia intramondana avente come scopi; ecologia, giustizia e pace. L’avvertimento continuo di Joseph Ratzinger, “non dimenticate Dio!”, viene fatto svanire nel vento dai suoi connazionali.

Secondo la Commissione per il Matrimonio e la Famiglia della Conferenza episcopale tedesca, l'orientamento omosessuale è una normale forma di predisposizione sessuale alla pari di quello etero. E' conciliabile questa posizione con quanto affermato nel Catechismo, dove si dice che gli atti omosessuali "in nessun caso possono essere approvati"?
La dichiarazione di questa commissione episcopale ha provocato forti critiche in Germania . Eticamente l’affermazione contraddice non solo il CCC, ma nega la Sacra Scrittura stessa. Nella rivelazione di Dio la condanna dell’omosessualità praticata è più che evidente (cf. [ https://www.catholiceducation.org/en/religion-and-philosophy/apologetics/scripture-on-homosexuality.html | Robert A. Gagnon ] [ https://www.catholiceducation.org/en/religion-and-philosophy/apologetics/scripture-on-homosexuality.html | ,  ] Scripture on Homosexuality, Abingdon Press 2001). Un aiuto individuale della Chiesa per il singolo cristiano che si sente attirato da persone dello stesso sesso, è evidentemente necessario. Ma veramente deplorabile sono quelle iniziative ecclesiali pastorali (benedizione delle coppie omosessuali; Queer-Liturgy ), che sembrano trattare l’insieme dei gay come un qualsiasi gruppo ecclesiale - come gli scout, l’Azione cattolica o un nuovo Movimento Spirituale. Tali programmi ufficiali ecclesiali accolgono come “normalità” cattolica quello che San Paolo definisce “passioni infami” mediante cui commettono “azioni indegne” contro i quali “si rivela dal cielo l’ira di Dio” (Rom 1, 18.27s.). Che confusione!

L’ammissione dei divorziati risposati civilmente alla Santa Comunione è uno degli obiettivi dichiarati dai vertici del Zdk per questo processo sinodale. Continua a credere che per questi soggetti sia preferibile l'alternativa della comunione spirituale? Ci può spiegare perché?
Al Sinodo dei Vescovi nel 2014 il card. Kasper ha presentato una “scappatoia della misericordia”, perché vorrebbe consentire ai divorziati risposati di ricevere il Corpo di Cristo nella Santa Comunione. Dopo le sue due relazioni sono subito intervenuto per dichiarare la mia perplessità. Ho ricordato che il Signore stesso insegna nel Discorso della montagna: “Ma io vi dico: chiunque ripudia la propria moglie, eccetto il caso di unione illegittima, la espone all’adulterio, e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio. ” (Mt 5,32). In qualsiasi modo, una seppur condizionata ammissione a consumare il pane eucaristico aprirebbe il consumo dell’Eucaristia a delle persone che vivono in status di peccato grave. Durante il Sinodo ho citato davanti al Papa e ai vescovi l’esegeta protestante Ulrich Luz che conferma le conseguenze già tratte da tempo immemore dalla Chiesa cattolica da questo versetto, tanto che lo stesso autore osserva che, fino al V secolo, nelle comunità protocristiane, ai divorziati risposati era proibito ricevere la comunione. D’altra parte ho ricordato una pratica, per entrare in intima relazione con Gesù Cristo, che durante tanti secoli ha dato grandi frutti della pietà: la comunione spirituale o mentale che purtroppo non è indicata nel CCC e neanche nel documento postsinodale. La comunione spirituale come mossa interiore non è sottomessa a delle condizioni canoniche; perché il diritto canonico dice: “de internis non iudicat iudex – il giudice non giudica l'interno dell'animo”.

Sull'ordinazione delle donne, il cardinal Marx ha detto che la discussione è aperta mentre il suo confratello Woelki lo ha bacchettato ricordando la parola fine pronunciata dalla decisione magisteriale di San Giovanni Paolo II. Il processo sinodale tedesco può mettere in discussione il 'no' ribadito nel 1994 dal papa polacco?
Sull’ammissione delle donne al sacerdozio ordinato è stato detto tutto, quindi non c'è da ritenere aperta una discussione su quest’argomento. La pressione delle femministe e la testardaggine di alcune persone non indeboliscono l’argomentazione teologica presentata.

La questione abusi sembra comparire sul tavolo di discussione come base di partenza per chiedere di rivedere in toto la morale sessuale cattolica. Ma non pensa che è proprio il mancato rispetto di quest'ultima da parte di molti sacerdoti - quel 'collasso morale' di cui ha scritto Benedetto XVI nella sua lettera dello scorso aprile - all'origine dello scandalo abusi nella Chiesa?
Quello che dice il papa emerito è totalmente confermato dalla scienza empirica. Negli anni ‘60 si è registrata una trasformazione radicale del comportamento umano. In Germania il partito dei “Verdi” ha fatto in questi anni dei passi per chiedere di depenalizzare la pedofilia. In Francia una serie di intellettuali famosi – Sartre, de Beauvoir, ministro Lang ed altri – postulavano la stessa cosa. Qui troviamo le radici di quello scandalo doloroso ecclesiale che ci fa vergognare e ci rattrista.


Nico Spuntoni
https://lanuovabq.it/it/cordes-cosi-la-chiesa-tedesca-rischia-lo-scisma