«Lo chiamavano Santità»: dallo schiaffo di Anagni ai “paccheri del Papa”. Usi ameni sulla figura del Sommo Pontefice, per una lettura trasversale dei fatti
Visto però che già da qualche tempo seguiamo un nuovo catechismo da esponenti atei e laicisti che fanno di Gesù Cristo solamente un uomo e della Vergine Maria una sciacquetta senza arte né parte, ora è arrivata la volta di ridimensionare e incasellare per bene anche la augusta persona del Romano Pontefice. E così, come le leggi della fama, della satira e della visibilità si dimostrano impietose nei confronti di Donald Trump, Vladimir Putin, Emmanuel Macron … adesso sembra giunto il turno di Jorge Mario Bergoglio. E utilizzo il nome di battesimo del Sommo Pontefice proprio per sottolineare il fatto che tali avvocati delle cause perse, intendono volontariamente vederlo solo e soltanto come uomo, non come Successore di San Pietro, scelto e posto da Gesù Cristo a capo del Collegio degli Apostoli.
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Con la fine dell’anno 2019 e l’inizio del nuovo, ci è stato regalato un siparietto finora mai visto in Piazza San Pietro. Una fedele cristiana, ha stretto con foga la mano del Sommo Pontefice Francesco I che — forse infastidito da tale gesto e per le sue ragioni — ha reagito con altrettanta foga per divincolarsi dalla vigorosa stretta della signora asiatica, assestando qualche “pacchero” ben misurato.
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A partire dal primo gennaio 2020, questo gesto ha superato in fama l’ambìto e tradizionale concerto di Capodanno, tanto da divulgarsi sui social network in modo virale e intasare i messaggi WhatsApp di molte persone — noi preti compresi — e forse della maggioranza tra i fedeli laici.
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Come capita in questi casi, l’ironia bonaria tutta italiana ha subito prodotto vignette ad hoc che accostavano il gesto del Pontefice a quello di personaggi famosi del cinema: da Bud Spencer, Terence Hill, Chuck Norris fino al romanissimo Mario Brega, ed altri …
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Quando la satira italiana si esprime come da tradizione, nella versione pizza e mandolino, dobbiamo essere sinceri e precisare che in essa non c’è cattiveria, solo bonario desiderio di ridimensionare il tutto con una risata. Diverso il discorso legato invece a casi molto gravi, come quello che ha portato alla notorietà il periodico francese Charlie Hebdo con la sua dissacrante e blasfema satira anti-religiosa.
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Come invece capita solo in Italia, il gesto del Santo Padre si è trasformato in una ennesima occasione per tirare per la veste il pontefice verso una linea di pensiero che si ammanta di buonismo e di politicamente corretto, tanto da attribuire al gesto significati diversi, variopinti e contrastanti. Sicché non sono mancati i moltissimi difensori d’ufficio, anche di una certa età e caratura sociale; gli stessi che mai, ai tempi di Benedetto XVI, Giovanni Paolo II, Giovanni Paolo I o Paolo VI avrebbero avuto l’ardire di parlare e di fare i leoni da tastiera su stampa e web. Oggi invece, chissà perché, si sono sentiti investiti del sacro fuoco della difesa e dell’onorabilità pontificia e dei suoi gesti. Casualità? Io non credo. Anzi, è sempre più marcata la tendenza a ridurre il Sommo Pontefice a un rappresentante autorevole del mondo dei potenti, anziché vedere e riconoscere in lui un’autorità morale e spirituale che rimanda al Dio trascendente.
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Visto però che già da qualche tempo seguiamo un nuovo catechismo da esponenti atei e laicisti che fanno di Gesù Cristo solamente un uomo e della Vergine Maria una sciacquetta senza arte né parte, ora è arrivata la volta di ridimensionare e incasellare per bene anche la augusta persona del Romano Pontefice. E così, come le leggi della fama, della satira e della visibilità si dimostrano impietose nei confronti di Donald Trump, Vladimir Putin, Emmanuel Macron … adesso sembra giunto il turno di Jorge Mario Bergoglio. E utilizzo il nome di battesimo del Sommo Pontefice proprio per sottolineare il fatto che tali avvocati delle cause perse, intendono volontariamente vederlo solo e soltanto come uomo, non come Successore di San Pietro, scelto e posto da Gesù Cristo a capo del Collegio degli Apostoli.
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Per tali personaggi — alcuni dei quali si sono ibridati come cristiani cattolici solo negli ultimi sei anni — il Pontefice non è il Vescovo di Roma, Vicario di Gesù Cristo, Successore del Principe degli Apostoli, Sommo Pontefice della Chiesa universale, Primate d’Italia e Arcivescovo metropolita della Provincia Romana, Sovrano dello Stato della Città del Vaticano, Servo dei servi di Dio, Capo del Collegio dei Vescovi, ma, in modo più prosaico, egli è il leader di una corrente di pensiero e di un messaggio politico che è possibile rimodellare a buon bisogno.
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È per questo motivo che, davanti alla satira bonaria dell’italianità più genuina, si sono sentiti in dovere di esercitare la difesa d’ufficio. Nello stesso modo in cui si comportano i corifei dei partiti quando viene toccato il loro capo. E, come nella tradizione politica, si cerca di eliminare l’avversario e l’oppositore screditandolo e danneggiandolo con giudizi personali sulla moralità e dignità, così coloro che hanno abbozzato un sorriso davanti alle simpatiche vignette riguardanti il Papa o le hanno condivise sui social si sono visti puntare il dito e biasimati pubblicamente.
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Riporto alcuni esempi tratti dal web di alcune difese d’ufficio:
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«Cioè, fatemi capire. Un uomo di più di 80 anni viene strattonato malamente, perde per un attimo la pazienza e dà uno schiaffetto sulla mano di quella che lo stava tirando a sé come se fosse un pupazzo vinto al Luna Park. Poi chiede pubblicamente scusa (ripeto: il Papa-chiede-scusa- il Papa) e voialtri lo trattate come se fosse un mostro? Non sarà che questo Papa ha la sola colpa di ricordarvi costantemente, con estrema efficacia, quello che dice la religione che voi sostenete di praticare? Non sarà che lo detestate perché vi mette di fronte al dato di fatto che la maggior parte di voi non è affatto diversa da quelli che il Vangelo definisce “Sepolcri imbiancati”? La verità è che oggi come oggi, se il Gesù Cristo del Vangelo camminasse in mezzo a voi, lo chiamereste “zekka buonista”, nella migliore delle ipotesi. E Papa Francesco ve lo sbatte in faccia ogni santo giorno, per questo lo odiate tanto» (da Facebook).
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Non ci sono commenti da fare, almeno da parte di cattolici ben formati e quindi consapevoli di chi sia veramente il Sommo Pontefice e che sappiano per ciò distinguere tra rispetto filiale e venerazione alla sua persona e al suo ufficio e critica costruttiva. Ovviamente non mancano i riferimenti all’odio, diventato ormai come il colesterolo, a seconda da quale parte o fazione provenga, esso diventa buono o cattivo.
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Il secondo caso è apparso sulla mia bacheca Twitter, sono stato strigliato per aver condiviso un post molto simpatico che paragonava il Santo Padre al personaggio western di Trinità alias Terence Hill:
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«Dalla sua “bio” leggo che è un parroco … quindi, ben radicato nella Chiesa Cattolica Romana; considerato che promuove satira su Bergoglio suo “capo”, non le sembra leggermente contraddittoria questa sua condotta? Abbandoni l’abito talare e conduca una vita sacerdotale in Cristo» (da Twitter).
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Anche davanti a questo post ci sono ben poche parole, da parte mia ho risposto per educazione, in quanto non mi sottraggo mai a una certa critica quando viene fatta con educazione e con modo. Tuttavia, si possono evincere molte cose sulla formazione cristiana di questo utente social e sul suo modo di percepire la Chiesa, il papato e la figura stessa dei sacerdoti. Mi spiacerà deludere questo leone da tastiera che si trincera dietro un nickname, al contrario del sottoscritto che mette non solo il nome ma anche la faccia, sapendo di essere non solo fedele al Romano Pontefice e in comunione con lui, ma consapevole del fatto che anche io posso essere utile alla persona del Successore di Pietro nella misura in cui agisco con senso ecclesiale, anche se con l’ironia affettuosa. Volendo posso riassumere il tutto con un esempio legato alle cronache storiche di due Santi: il grande pedagogo, nonché santo molto venerato, Padre Filippo Neri, ed un suo grande “compar di brigata”, il frate cappuccino cercatore San Felice da Cantalice, al quale era legato da grande affetto e amicizia fraterna, ed a vicenda si scambiavano spesso lazzi e scherzi. Un giorno, tra le risa di tutti i presenti, Padre Filippo dimostrò quanto Fra Felice avesse la testa dura rompendo sulla sua testa un fiasco di vino vuoto, poi, tutti e due, incominciarono a ridere sottobraccio in mezzo alla gente. Cosa dire poi delle battute tra i due? Una in particolare, proprio rivolta al Pontefice all’epoca regnante, merita di essere ricordata, perché a proposito di chi sedeva sulla Cattedra di Pietro, il Padre Filippo disse in modo ironico: «Eh, er Papa Sisto, er Papa Sisto, che nun le perdona nemmanco a Cristo!».
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Non lascerò il saio cappuccino, perché sono consapevole che la Chiesa non è il Parlamento, che il suo Capo non è un leader politico e che proprio perché sono peccatore e contraddittorio ho vitale bisogno dello Spirito Santo per convertirmi, proprio come accadde agli Apostoli nel giorno di Pentecoste.
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Per noi sacerdoti, il citare il nome del Papa e del vescovo diocesano nel Canone della Santa Messa significa ribadire la comunione della cattolicità che non è merito umano personale o strategia sociologica, ma opera di Dio per mezzo del suo Spirito. Citando nella celebrazione eucaristica «una cum Papa nostro Francisco» io dimostro la mia venerazione a tutti coloro che hanno ricoperto l’ufficio petrino. Inoltre, da sacerdote e consacrato ribadisco la mia osservanza al magistero della Chiesa insegnato dai Sommi Pontefici, dall’apostolo Pietro fino a Francesco I.
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Se qualcuno pensa di volermi attirare nella tentazione di stilare una hit parade dei Papi più trendy si sbaglia di grosso, poiché capisco che certe storture non derivano dalle bislaccherie di questo o di quell’altro Pontefice ma da coloro che si ergono a difensori e compagni di merende e che incarnano perfettamente le parole profetiche del Salmo:
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«Se mi avesse insultato un nemico, l’avrei sopportato; se fosse insorto contro di me un avversario, da lui mi sarei nascosto. Ma sei tu, mio compagno, mio amico e confidente; ci legava una dolce amicizia, verso la casa di Dio camminavamo in festa» (cf. Sal 54,13-15).
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Forse è giunta l’ora di ascoltare meno quelli che hanno sempre in bocca il nome di un Papa abbinato a concetti quali «rivoluzionario», «di rottura», di «epocale svolta» … dando più ascolto a coloro che nel dolore e nella sofferenza tentano di salvarlo da manipolatori e adulatori, anche a costo di essere screditati in pubblico. Perché per noi «… pe’ grazia o pe’ disgrazia, ei sarà sempre lo veneratissimo et amatissimo Signor Papa Nostro Successor de lo Beato Apostol Principe Pietro», com’ebbe a dire in tempi non sospetti San Filippo Neri, quando nella Roma lasciata in pasto alla fame e alla miseria, dopo il terrificante sacco perpetrato dai Lanzichenecchi nel 1527 attraverso violenze, stupri e omicidi di ogni genere, al sacro soglio salì nel 1534 Alessandro dei Principi Farnese col nome di Paolo III, che incurante della situazione di fame e miseria in cui versava la popolazione, ciò malgrado viveva circondato dai fasti delle grandi corti rinascimentali. Eppure era chiamato «amatissimo et veneratissimo» da Padre Filippo Neri, passato poi alla storia con un titolo del tutto particolare: «Il Santo della gioia». E celebrando il Santo Sacrificio della Messa, Padre Filippo Neri, con devozione recitava: «… una cum Papa nostro Paulo» (ogni riferimento è puramente casuale … QUI).
Autore | Ivano Liguori, Ofm. Capp. |
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Laconi, 3 gennaio 2020
http://isoladipatmos.com/lo-chiamavano-santita-dallo-schiaffo-di-anagni-ai-paccheri-del-papa-usi-ameni-sulla-figura-del-sommo-pontefice-per-una-lettura-trasversale-dei-fatti/
Francesco e lo "schiaffo" in piazza Chi è davvero l'"uomo" Bergoglio?
Come dice la sua scrittura, papa Francesco è persona aperta e allo stesso tempo adattiva
Come dice la sua scrittura, papa Francesco è persona aperta e allo stesso tempo adattiva
Ma che diamine! Che cosa avrebbe fatto di così terribile e grave papa Francesco? Sappiamo benissimo tutti quanto egli soffra per una gamba che gli crea notevoli problemi di deambulazione.
Un giornalista che lo conosce bene mi disse un giorno che egli non dovrebbe neppure camminare tanto è il dolore che prova nei movimenti. Non dimentichiamo che papa Bergoglio, prima di essere un papa è un uomo e come tale soffre come tutti noi. Il gesto di reazione è stato senza dubbio occasionale e legato alla paura che rimanendo la pellegrina attaccata al suo braccio avrebbe potuto farlo cadere. Niente di più umano! Come dice la sua scrittura, papa Francesco è persona aperta e allo stesso tempo adattiva per cui il suo comportamento è sempre dettato dalla disponibilità specie per i bimbi e per le persone bisognose.
La dimensione ridotta delle lettere sta a significare la predisposizione all’approfondimento delle tematiche e la tendenza all’interiorizzazione, per cui difficilmente egli prende le cose sottogamba o con superficialità, anche se un errore può sempre scappare e lo rende più umano. Il suo comportamento estroverso, per la sua capacità di andare verso l’altro in modo sciolto e spontaneo, viene recuperato dai momenti di ascetismo: ama, infatti, la solitudine e il ritirarsi per trovare dentro di sé quella forza, non solo fisica, ma anche spirituale, che lo porta a donarsi gratuitamente a tutti. Forse nel ritirarsi a Santa Marta ha pensato che se Gesù, per caso, tornasse sulla terra metterebbe sotto sopra il Vaticano ripetendo il gesto nel tempio di Gerusalemme. Precognizione?
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