ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 9 febbraio 2020

Cinque gli scenari possibili?

Cinque scenari per “Querida Amazonia”


L’esortazione post-sinodale Querida Amazonia di papa Francesco sarà presentata mercoledì prossimo, 12 febbraio, alle ore 13 nell’aula Giovanni Paolo II della sala stampa della Santa Sede. 

Frutto dell’assemblea speciale del sinodo dei vescovi per la regione panamazzonica (Amazzonia: nuovi cammini per la Chiesa e per una ecologia integrale) verrà illustrata alla stampa dal cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del sinodo dei vescovi; dal cardinale Michael Czerny, sotto-segretario della sezione migranti e rifugiati del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale; da padre Adelson Araújo dos Santos, teologo e docente di Spiritualità alla Pontificia Università Gregoriana; da suor Augusta de Oliveira, vicaria generale delle Serve di Maria Riparatrici, e dal professor Carlos Nobre, Premio Nobel 2007. Con un contributo video interverrà anche monsignor David Martínez de Aguirre Guinea, vescovo del Vicariato di Puerto Maldonado e segretario speciale del sinodo.
Ma la domanda è: che cosa dirà il documento del papa a proposito del celibato sacerdotale? Davvero attraverso Querida Amazonia (Amata Amazzonia) Francesco apporterà una modifica storica alla regola obbligatoria del celibato per i sacerdoti cattolici di rito latino?
Come ricorda Edward Pentin sul National Catholic Register, la maggior parte dei padri sinodali ha votato a favore di un’eccezione per consentire l’ordinazione di diaconi permanenti sposati, così da far fronte alla carenza di accesso ai sacramenti nelle remote regioni amazzoniche. Ma i critici avvertono che un tale provvedimento, se portato avanti, equivarrebbe all’abolizione, o per lo meno all’indebolimento, della disciplina del celibato sacerdotale, perché la Chiesa nei paesi alle prese  con la crisi vocazionale (come la Germania, i cui vescovi stanno sostenendo tale cambiamento) potrebbe invocare lo stesso principio.
Nelle ultime settimane sono circolate voci con diverse ipotesi sul contenuto dell’esortazione. Quel che si sa è che il documento è stato consegnato al papa il 27 dicembre e da allora non ha subito alcun cambiamento nei contenuti a parte gli adattamenti resi necessari dalle traduzioni nelle diverse lingue. Il testo definitivo è stato completato il 2 febbraio.
A questo punto, secondo Pentin, sono cinque gli scenari possibili.
Il primo potrebbe essere che l’esortazione apostolica post-sinodale in realtà non contiene alcun riferimento ai viri probati, e quindi il documento non presenta alcun pericolo per la regola sul celibato. Anche l’intervento del papa emerito Benedetto XVI a difesa del celibato, nel libro scritto con il cardinale Sarah, potrebbe consigliare questa linea. Alcuni però dicono: perché aprire un vaso di Pandora mettendo in discussione il celibato e poi lasciare tutto com’è? Sembra poco plausibile.
Il secondo scenario è che il documento riafferma la disciplina della Chiesa consentendo però un’eccezione per l’Amazzonia. In tal caso i difensori del celibato avrebbero buon gioco a dimostrare che se l’eccezione viene consentita una volta, nulla vieta di consentirla altre volte. Esistono numerosi esempi postconciliari di eccezioni diventate la regola, come l’uso del volgare, la Comunione sulla mano, l’ampio uso di ministri straordinari. Per tali critici, l’eccezione sarebbe quindi equivalente a una subdola abolizione della regola.
Un terzo scenario è che il documento non contiene riferimenti ai viri probati e la regola del celibato sembra essere conservata. Ma in realtà, piuttosto che essere accantonata, la questione verrebbe trasferita alla nuova costituzione per la curia romana e alle conferenze episcopali. Ciò sarebbe possibile dato il progetto di cambiamento della costituzione rivelato l’anno scorso, che ha conferito maggiore autorità alle conferenze episcopali, in linea con i piani di papa Francesco delineati nella sua prima esortazione apostolica Evangelii gaudium. Quindi, piuttosto che decidere autonomamente sulla questione, Francesco delegherebbe la responsabilità ai vescovi, i quali potrebbero decidere in base alle situazioni locali.
Una possibile ragione a favore di questo terzo scenario, dice Pentin, potrebbe essere data dal fatto che il cambiamento della regola del celibato sacerdotale costituirebbe un onere costoso per le finanze diocesane, a causa dell’assistenza materiale aggiuntiva che le diocesi dovrebbero provvedere alle famiglie dei sacerdoti, e così Francesco potrebbe passare la responsabilità di decidere ai vescovi, in base allo stato di salute delle casse diocesane.
Un quarto scenario è che il papa afferma che l’esortazione deve essere letta alla luce del documento finale, consentendogli di non fare alcun riferimento alla questione dei viri probati e quindi di evitare l’accusa che egli stesso abbia causato l’abolizione del celibato. Il cambiamento, tuttavia, verrebbe comunque attuato, basandosi sulla costituzione apostolica di papa Francesco Episcopalis Communio, secondo la quale il documento finale, se è espressamente approvato dal romano pontefice, partecipa al magistero ordinario del successore di Pietro. Potremmo avere dunque una situazione analoga a quella di Amoris laetitia, dove una nota a piè di pagina permette ad alcuni divorziati cattolici risposati di ricevere la Santa Comunione sebbene il testo principale possa essere letto anche in modo diverso.
Una quinta possibilità è che non si faccia riferimento ai viri probati e che tutto sia rinviato a una modifica alla regola sul celibato sacerdotale. La questione sarebbe dunque affrontata in una commissione di studio o magari nel prossimo sinodo dei vescovi, che probabilmente sarà sulla sinodalità. Quel sinodo potrebbe benissimo creare un nuovo quadro istituzionale e canonico, prefigurando un “sinodo permanente” analogo a una rivoluzione permanente. Ciò potrebbe andare in due possibili direzioni: o come esperimento sinodale a livello locale, simile all’attuale percorso sinodale in Germania, oppure, proprio come “sinodo permanente”, potrebbe essere istituito a livello universale, diventando una sorta di “parlamento sinodale” in cui i vescovi sarebbero in grado di garantire sempre più eccezioni.
Staremo a vedere.
A.M.V.

BUX: CHE COSA ATTENDERCI DALL’ESORTAZIONE APOSTOLICA…



Cari amici e nemici di Stilum Curiae, si parla molto in questi giorni dell’Esortazione Apostolica post sinodale relativa all’Amazzonia. Come sapete, sarà presentata mercoledì 12 febbraio; e finalmente sarà sciolto il mistero che circonda il problema dei Viri Probati. Perché sembra, in base ad anticipazioni e notizie, che esistano, o siano esistite più versioni del documento. Ci sembra interessante proporvi una riflessione-intervista concessa da don Nicola Bux a Vito Palmiotti, e pubblicata sul sito web “Scuola Ecclesia Mater”. Ci sembra una riflessione di notevole serenità ed equilibrio, in un momento in cui sia l’una che l’altra sembra difettino non poco, specialmente fra i Pasdaran della Nuova Chiesa Riformante. Buona lettura.

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Intervista a Don Nicola Bux a cura di Vito Palmiotti.
In vista dell’ imminente pubblicazione dell’Esortazione Apostolica che seguirà il sinodo sull’Amazzonia, stiamo assistendo ad una radicalizzazione di posizioni stile ultrà al punto che, ad esempio, se Ratzinger e Sarah scrivono delle riflessioni si urla al successo da una parte e lo scandalo dall’altra, si assiste a una sorta di standing ovation di una fazione alla sola ipotesi di ritiro della firma di Benedetto, salvo poi sdegnarsi quando questa di fatto rimane in qualche modo sulla copertina. Quindi nuovamente si assiste ad una serie di epiteti tesi a descrivere Benedetto “lucido solo mezz’ora al giorno” (e magari è proprio la mezz’ora in cui ha scritto poi tornerebbe in uno stato soporifero per ventitré ore e mezza) e se così non fosse allora diventa una grave ingerenza nei confronti di qualcosa che nessuno conosce ma che è tirato per la giacca di qua e di là, interpretando i pensieri di colui – il papa- che deve dare una indicazione, si spera chiara, tra le altre cose, su un tema delicato quale la possibilità di aprire al clero uxorato, in alcune “situazioni particolari” come chiedono i padri sinodali nel documento finale del controverso e discusso Sinodo sull’Amazzonia.
L’impressione che se ne ricava è che manchi uno sguardo cattolico e il senso della realtà. Che farà il papa? Il cardinal Charles Journet, insigne patrologo, diceva: «Quanto all’assioma “Dove è il Papa, lì è la Chiesa” vale quando il Papa si comporta come Papa e capo della Chiesa; nel caso contrario, né la Chiesa è in lui, né lui nella Chiesa». Don Nicola Bux ha partecipato, da esperto invitato da Ratzinger cardinale e poi papa, al Sinodo sull’Eucaristia del 2005 e a quello sul Medioriente del 2010: quindi sa come vanno le cose. Certo, se continua questo can can, altro che Sinodo: il papa potrebbe risentirsi e mutare qualcosa.
VP: Cosa vuol dire sinodalità, parola di cui tutti si riempiono la bocca?
D. BUX: I variegati fan di san Francesco ignorano forse che egli si definiva uomo cattolico ed apostolico: la prima è ormai parola rara da udire, eppure indica lo sguardo alla realtà ‘secondo la totalità dei suoi fattori’. Dal greco katà olòn. Purtroppo, la morale del ‘caso per caso’ e l’enfasi sulla ‘Chiesa locale’, hanno contribuito all’oblio. Infatti, si ritiene che, dare la Comunione a una coppia di divorziati risposati in un paesino sperduto, e non darla in una parrocchia di città, possa farsi senza pregiudicare l’unità del tutto, che è poi la Chiesa cattolica. Proprio su questo bisogna soffermarsi. L’unità è il bene più prezioso, dice san Giovanni Crisostomo, purché le diversità non siano avverse tra loro, ma convergano verso l’unità, siano cioè uni-versus, universali. Ecco la Chiesa universale o cattolica. Il Papa dovrebbe essere segno e vincolo di ciò. Dobbiamo sperare che l’Esortazione serva a questo: per essere cattolica, dovrebbe non rifarsi al Documento finale del Sinodo. Se così sarà, non poco lo si dovrà anche al contributo di Benedetto XVI e del cardinal Sarah con il loro libro sul celibato sacerdotale, e di quanti nella Chiesa non hanno smesso di dire la verità senza venir meno alla carità, senza cedere alla tentazione di separarsi, che è soprattutto dovuta alla mancanza della pazienza dell’amore. Dietro quel libro c’è una parte non piccola della Chiesa, di cui il papa, da pater patruum, non può non tener conto; non solo: ci sono duemila anni di traditio di Gesù Cristo e degli Apostoli, che, con la Scrittura, è fonte della rivelazione. La pazienza è la prima caratteristica dell’amore indicata da san Paolo: la carità è paziente. In conclusione, la sinodalità può essere sinonimo di cammino e di sguardo comune (sempre stando all’etimo greco) e in tal senso, ciascun cristiano e la Chiesa devono usarla. Ma la Chiesa non è un Sinodo e nemmeno un Concilio permanenti, ma una comunità gerarchicamente ordinata. Se il Documento finale ha espresso la parola dei vescovi e degli altri padri sinodali, l’Esortazione comunicherà la parola del papa, che non necessariamente deve concordare con quella. Si ricordi la nota praevia fatta apporre da Paolo VI alla costituzione Lumen Gentium. Il Sinodo è rappresentativo e non sostitutivo dell’intero episcopato cattolico.
VP: Il Papa è infallibile, sempre?
D.BUX: Il magistero c’è quando il papa e tutti i vescovi concordano (Compendio CCC 185) – sottolineo ‘concordano’ – nel proporre un insegnamento definitivo sulla fede e sulla morale. Che vuol dire definitivo? Deve essere – come le foto ad alta definizione – dai contorni nitidi. Infatti, come negli atti dommatici straordinari, il papa usa tre verbi: pronunziamo, dichiariamo e definiamo, così nell’insegnamento ordinario, se dovesse permanere la discordia non ci sarebbe il magistero. Oggi succede che molti vescovi non concordino ma siano discordi persino su una dottrina già creduta per fede: la discordanza significa che non c’è infallibilità, ma non per questo i fedeli non sono tenuti ad obbedirvi, salvo che quell’insegnamento contrasti con il depositum fidei. Se un padre dicesse una cosa e la madre l’opposto, i figli a chi dovrebbero obbedire? Abbiamo ragione di sperare e pregare che l’Esortazione sia chiara e senza eccezioni. Se non fosse così, si favorirebbe l’avvicinarsi della ‘grande apostasia’ che asservirebbe la Chiesa; la prova che scuoterà la Chiesa(CCC 675-677) ben oltre l’attuale crisi di fede: la persecuzione.
Marco Tosatti
9 Febbraio 2020 Pubblicato da  2 Commenti --

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