Coronavirus: dalla Chiesa in uscita alle chiese vuote
Le città del Nord Italia stanno vivendo da due giorni un clima surreale, da Stato di Guerra. Il focolaio dell’epidemia di paura e di panico sono le Istituzioni, che di fronte all’apparire di casi di polmonite da Coronavirus hanno reagito in maniera draconiana, con la chiusura di scuole, uffici pubblici, esercizi pubblici, con la proibizione di tutte le manifestazioni pubbliche. Tra queste non erano esplicitamente citate le Messe, ma evidentemente i titolari di quasi tutte le diocesi del Nord hanno pensato bene di applicare incondizionatamente le direttive governative.
Prima di giungere alla serrata, alcuni Pastori avevano già preso diverse decisioni di carattere igienico-sanitario: chi aveva disposto di non usare le acquasantiere, altri di prendere la comunione esclusivamente sulla mano. La sospensione delle Messe, è un fatto che non si era mai verificato, nemmeno durante le due Guerre Mondiali, nemmeno nelle ore più terribili della storia di questo Paese, in occasione di disastri, inondazioni, terremoti. La Chiesa è sempre stata vicina alla gente, a chi soffriva, a chi aveva bisogno di un conforto. Magari non c’era la retorica della “Chiesa in uscita”, ma la Chiesa, i sacerdoti, le religiose, era sempre lì, china sulle ferite delle persone.
Adesso invece l’“ospedale da campo”, come qualcuno ha voluto ridefinire la Chiesa, è deserto. Chiuso per profilassi igienico-sanitaria. Eppure la Sposa di Cristo non ha mai avuto paura di virus e batteri: molti grandi santi del passato si prodigarono nell’assistere i malati, compresi quelli con malattie infettive molto più terribili di un virus polmonare che uccide il 2% dei contagiati, e per lo più persone molto anziane e già malate. Per non parlare di san Francesco che baciava il lebbroso. Non se lo ricordano i “francescofili” che lo citano a ogni piè sospinto per i suoi afflati ecologisti? E che dire poi di Lourdes? Lourdes è da 150 anni una sfida continua alle norme igienico-profilattiche: i numerosi malati sono vicini l’uno all’altro, e nell’acqua della miracolosa piscina vi vengono bagnati, con le loro piaghe, con la loro pelle segnata dalle malattie. Lourdes dovrebbe essere un focolaio continuo di infezione, ma non lo è mai stato, e non lo è nemmeno ora.
La ritirata prudenziale dei Vescovi è un brutto segnale, appena mitigato dalle parole di quei Pastori (pochi) che perlomeno hanno invitato alla preghiera personale, alla meditazione, anche a qualche gesto di penitenza e riparazione. Oppure qualcuno ha speso parole di conforto, garantendo ai propri fedeli la personale preghiera, assicurando la celebrazione privata che ogni sacerdote può e deve continuare a fare come impetrazione di Grazia presso il Signore. Altri hanno semplicemente fatto i passacarte delle Prefetture. Uno scenario triste, quello della Chiesa in ritirata, una Chiesa che sembra non aver fiducia nella forza potente della preghiera, e sembra preferire l’amuchina all’acqua benedetta. Accondiscendente e rispettosa di tutte le regole della burocrazia sanitaria, ma con poca fiducia nella potenza salvifica della preghiera.
E siccome al peggio non c’è mai fine, speriamo che una volta passata la buriana del Coronavirus, quando saranno cessati allarmi e quarantene, non residuino nella “prassi pastorale” misure igienico-sanitarie mediate dall’OMS anziché dal Vangelo, come l’obbligo della Comunione in mano (in realtà sappiamo che sono proprio le mani la maggior fonte di contagi microbici) , il prosciugamento delle acquasantiere, l’abolizione del segno della pace (ci può anche stare) o qualche altra pensata per rendere le Messe asettiche e a prova di virus, ma anche vuote della presenza del Signore.
Paolo Gulisano 24 Febbraio, 2020
di Nicoletta Latteri
Mentre la gente combatte contro il coronavirus continuano a piovere insulti tra accuse di razzismo, populismo e sciacallaggio nei confronti di chi aveva chiesto più che giustamente, come aveva fatto anche l’OMS, la quarantena per chi veniva dalla Cina e adesso, sempre come l’OMS, chiede la chiusura dei porti poiché la prevenzione viene fatta in tutto il mondo e non ha niente a che vedere col razzismo.
Accuse di razzismo che sarebbero state giustificate qualora vi fossero seri stati controlli ai confini e quarantena per chi viene dalla Cina, ma come tutti hanno sempre saputo, così non è stato, non in Italia.
È altresì molto indicativo che a fronte dell’ossessivo ripetere degli insulti non venga spesa una parola per i nostri morti, per la sofferenza dei contagiati e le loro famiglie che aumentano di ora in ora.
Ciò che stupisce maggiormente, e ferisce al contempo, è che questi attacchi vengano da chi dovrebbe conoscere a menadito la storia e dovrebbe pertanto essere in grado di distinguere tra le strumentalizzazioni nazionaliste attuate in passato e le giuste istanze di salvaguardia della collettività attuali applicate a livello mondiale da tutte le nazioni.
Da parte di chi ha ruoli di grande responsabilità politica e religiosa ci si sarebbe aspettati una maggiore capacità di discernimento ed empatia umana, a meno che non vi sia l’intento di strumentalizzare una normalissima paura dettata dall’istinto di sopravivenza al fine di poter costruire a tavolino un inesistente razzismo.
Pertanto, se la civiltà cattolica esiste ancora, smettete di offendere di fronte ai morti, alla disperazione delle famiglie, al personale medico sfinito, alle forze dell’ordine che devono mantenere calma una popolazione spaventata, al sacrificio della Protezione Civile.
Smettete, ma non per la pietà che si deve ai vinti, perché non siamo vinti, lottiamo in modo più civile di altre nazioni ma non per questo ci fermiamo.
È da millenni che lottiamo e moriamo per questo fazzoletto di terra nel cuore del Mediterraneo che a memoria d’uomo viene invaso un giorno sì e l’altro pure, alle volte abbiamo vinto, altre abbiamo perso e pagato con fiumi di sangue, altre ancora abbiamo “italianizzato” chi ci voleva colonizzare.
Abbiamo scritto le pagine più importanti per i diritti umani rinchiusi nelle buie celle delle galere, e conquistato la libertà di pensiero sui patiboli e roghi, la libertà religiosa sbranati dai leoni ed infine abbiamo scritto col nostro sangue una delle più belle Costituzioni delle nazioni libere.
Se avessimo smesso di lottare per il nostro pezzo di terra franoso e fossimo semplicemente andati da chi ci ha colonizzato pretendendo di essere mantenuti perché la nostra terra è stata derubata, come fanno in troppi oggi, saremmo ancora sulle palafitte e non ci sarebbero il diritto, la scienza, la filosofia, l’arte … non ci sarebbe l’Europa e, che piaccia o meno a chi ci insulta, non ci sarebbe nemmeno la civiltà Occidentale.
Adesso, se vi è rimasto un briciolo, non dico di umanità, ma di cristianità, smettete di attaccarci e insultarci, grazie alla vostra folle ideologia stiamo morendo, che altro volete da noi?
CRONACHE DALLA PESTE DI MONSIGNOR ICS. CORONAVIRUS.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, e troll vari – che come avrete visto però sono stati messi spesso in quarantena, mica siamo Giuseppe Conte e sodali vari, noi….- monsignor Ics come sa che segue Stilum è in viaggio nel Nord Italia. E ci ha inviato queste sue riflessioni e notizie dai luoghi della peste. Buona lettura.
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Cari lettori di StilumCuriae, ieri pomeriggio son stato a visitare la mamma anziana di un vecchio amico, residente nella zona basso lodigiana, presidiata dai bravi e gentili responsabili dell’ordine. La prima sensazione che ho provato è stata di sconcerto per la atmosfera surreale, da film catastrofico. La seconda è stata di pietà per le persone coinvolte, ho letto nei loro volti la paura, la paura del mistero di questo virus che potrebbe cambiare la loro vita. E mi sono chiesto quanto conforto spirituale necessitassero queste persone smarrite, e mi sono molto rammaricato nel saper che persino le chiese erano state chiuse dai vescovi locali, per prudenza.
Capisco, ma così si privano i fedeli bisognosi di conforto di fronte al Santissimo, così si ostacolano la direzione spirituale e la confessione.
La storia ci parla di ben due avvenimenti assimilabili, avvenuti sempre nella zona di Milano. La prima pestilenza del 1576, quando SanCarlo Borromeo era Arcivescovovo di Milano. Tutti fuggirono, anche, o per primi, i governanti spagnoli, solo SanCarlo restò per confortare la popolazione pregando con loro, diventando l’”unico refrigerio “ per i malati.
La seconda pestilenza è quella del 1630, quella narrata nei Promessi Sposi del Manzoni. Vescovo di Milano era il cugino di SanCarlo, Federico Borromeo, altro gigante della fede, che addirittura promosse processioni per invocare la intercessione di Maria e la grazia di Dio. Purtroppo dette processioni,cui parteciparono malati e non, aggravarono la pestilenza. Vede Tosatti, grazie all’avvenimento riferito a Federico Borromeo, oggi si chiudono le chiese spiegando che non si vuole che succeda quel che successe nel 1630. Comprendiamo con riserva.
Ma i medici negli ambulatori e negli ospedali son presenti e rischiano la vita continuamente. Molti di essi son stati messi in quarantena, molti son soggetti al “tampone”, molti son già caduti malati. I medici sono i veri eroi di questo evento –coronavirus –, come lo furono i famosi pompieri di NY nel 2001 salvando persone dopo l’attentato alle due torri.
Mentre leggiamo sui giornali che Presidente del consiglio e Presidente della regione Lombardia si buttano addosso responsabilità e litigano come i famosi “galli di Renzo” ( sempre nei Promessi Sposi di Manzoni). Ecco mentre i polli della politica italiana si beccano, i coraggiosi medici rischiano la vita.
MI permetta caro Tosatti, pertanto, di esprimere un ringraziamento ai medici ed alle forze dell’ordine. Mi permetta di esprimere riserve sull’operato dei colleghi vescovi. Mi permetta di esprimere un rimprovero ai politici che si preoccupano solo della loro immagine per le prossime elezioni.
Grazie signori medici!
Mons.ICS
Marco Tosatti
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