Il cardinal Ruini contro il multiculturalismo: "Non è valore in sé"
Dalla critica al multiculturalismo alla difesa dei valori non negoziabili, passando per la non necessità di un "partito dei cattolici": il cardinal Camillo Ruini e il senatore Gaetano Quagliariello scendono in campo per la difesa del cattolicesimo conservatore
Dalla critica al multiculturalismo alla difesa dei valori non negoziabili, passando per la non necessità di un "partito dei cattolici": il cardinal Camillo Ruini e il senatore Gaetano Quagliariello scendono in campo per la difesa del cattolicesimo conservatore
Il cardinal Camillo Ruini e il "ruinismo" sono riapparsi sulla scena politico-culturale del Belpaese. Dopo l'intervista rilasciata a Il Corriere della Sera, quella in cui l'ex vertice della Cei ha domandato alla Chiesa cattolica di non chiudere le porte al dialogo con la Lega di Matteo Salvini, il porporato italiano è tornato a dire la sua mediante "Un'altra libertà - Contro i nuovi profeti del paradiso in terra".
L'obiettivo non è quello di ridare vita a "vecchie collateralità" - come le ha chiamate di recente l'ex segretario della Conferenza episcopale italiana, mons. Nunzio Galantino - bensì quello di lanciare un "grido di dolore per la condizione della civiltà occidentale". Per quanto le argomentazioni proprie della politica, almeno nel senso alto dell'espressione, abbiano trovato dimora nello scambio tra l'ecclesiastico ed il senatore.
Il cardinal Camillo Ruini, per esempio, ha sin da subito annotato, proprio nel primo capitolo del libro, come il "multiculturalismo" non possa essere considerato un valore a se stante. L'alto prelato, in materia d'immigrazione e di gestione dei fenomeni migratori, ha riportato alla luce le posizioni del cardinal Carlo Caffarra: l'ex arcivescovo di Bologna, che è deceduto nel 2017, aveva svelato di preferire una modalità d' accoglienza rivolta soprattutto a "persone conosciute" o "identificate". La linea dei "porti aperti" a tutti, in chiave "emergenziale", non è percepita come giocoforza dogmatica da una parte della Chiesa cattolica. E questo libro lo conferma. La bioetica poi - com'è naturale che sia - trova molto spazio all'interno di "Un'altra libertà". Il cardinal Camillo Ruini, tenendo in considerazione la visione del mondo di Benedetto XVI, si scaglia contro il relativismo: "Su queste basi - si legge - viene costruito il ben noto argomento: lasciamo ciascuno libero di abortire, o di scegliere l’eutanasia, mentre al tempo stesso viene escluso il diritto di pensare che l’aborto e l’eutanasia siano un male in se stessi e di agire di conseguenza". La rilessioni presentate da Ruini e Quagliarello si interessano persino del "post-umano". Ma a tenere banco nel testo librario è il rapporto che deve intercorrere tra i cattolici e la politica.
Se le politiche sul "fine vita" proposte dagli ambienti progressisti sono equiparabili alla "eutanasia di una civiltà", infatti, il "Parlamento", per il duo conservator-liberale, non è affatto esente da "responsabilità". E questo aspetto viene rimarcato in relazione al pendio scivoloso intrapreso anche nel corso di questa legislatura. Dal "falso laicismo" alla "falsa realizzione dei diritti civili": gli avversari ideologici del cattolicesimo conservatore, e dell'uomo per com'è concepito dal cristianesimo, vengono chiamati per nome e cognome. Qual è, dunque, il ruolo che i cattolici sono chiamati ad esercitare, considerato l'humus della società contemporanea? Il cardinal Camillo Ruini grossi dubbi non ne ha. Anzi, il porporato si dice certo di come la "rilevanza pubblica" possa passare solo attraverso "la convergenza dei cattolici sui valori fondamentali". E non è affatto necessario dare vita ad un "partito dei cattolici", su cui tanto Ruini quanto Quagliariello appaiono molto più che dubbiosi. Quella della creazione di un partito confessionale, semmai, è sempre stata e rimarrà una "suggestione".
Lo spartiacque, in sintesi, diviene l'atteggiamento che le varie formazioni partitiche mettono in campo nei confronti dei "valori non negoziabili". La "questione antropologica" è la base cui guardare per operare una scelta. Ruini, a titolo esemplificativo, cita la cosidetta "teoria gender". Uno dei temi delimitati ed utili a stabilire una linea di demarcazione.
Identità nazionale e unità europea, è questo il rapporto oggetto di riflessione in questo articolo a partire da alcuni pensieri del Card. Robert Sarah, in cui una parte importante della questione è rappresentata anche dalla migrazione.
Ce ne parla Jerry Salyer in questo suo articolo pubblicato su Catholic World Report.
Eccolo nella mia traduzione.
Dal punto di vista di coloro di noi che si preoccupano delle questioni di nazionalità, sovranità e radicamento, è logico che i più risoluti sostenitori della tradizione cattolica debbano essere anche tra i maggiori oppositori della globalizzazione. Infatti, a suo modo, il patriottismo che si oppone al globalismo è una parte critica della tradizione cattolica, come il beato Stefan Wcysynski ha ben compreso. “Dovremmo voler aiutare i nostri fratelli – disse una volta il cardinale ai suoi connazionali – a nutrire i bambini polacchi, a servirli qui e a fare il nostro dovere, piuttosto che cedere alla tentazione di ‘salvare il mondo’ a spese della nostra stessa patria”.
Il cardinale Robert Sarah della Guinea sembra essere d’accordo. Durante una conferenza del 2017, ospitata dalla stessa università polacca denominata in onore di Wycszinski, il cardinale Sarah ha insistito sulla necessità di rispettare sia le comunità che i singoli individui: “In che modo è possibile rimuovere il diritto della nazione di distinguere tra un rifugiato politico o religioso, che deve fuggire dalla sua patria, e il migrante economico, che vuole cambiare il suo indirizzo senza adattarsi, identificandosi e accettando la cultura del Paese in cui vivrà?” Come se stesse rispondendo direttamente allo slogan popolare “accogliete lo straniero”, il cardinale ha ammonito tutti coloro che “sfruttano la Parola di Dio per giustificare la promozione del multiculturalismo e approfittano allegramente della scusa dell’ospitalità per giustificare l’ammissione degli immigrati”.
In un’intervista del 2019 a un giornalista francese in seguito alla visita alla suddetta università del Cardinale Wyszyński, il Cardinale Sarah ha spiegato più dettagliatamente il suo punto di vista sulla questione patriottica:
Quando mi sono recato in Polonia, un Paese spesso criticato, ho incoraggiato i fedeli ad affermare la loro identità come avevano fatto nei secoli. Il mio messaggio era semplice: Voi siete prima polacchi, cattolici, e solo dopo europei. Non dovreste sacrificare i due primi tipi di identità sull’altare di un’Europa senza nazione e tecnocratica. La Commissione di Bruxelles non pensa ad altro che alla costruzione di un libero mercato al servizio delle grandi potenze finanziarie.
Come per dimostrare di non essere un sostenitore dell’ideologia del capitalismo democratico, Sua Eminenza continua a lamentare che “l’Unione europea non protegge più i popoli. Protegge le banche”. Il cardinale Sarah prosegue riassumendo il ruolo proprio della patria di San Giovanni Paolo II nel caos disordinato che è l’Europa del XXI secolo. Come parte della sua “missione unica nel piano di Dio”, dice il cardinale, la Polonia
è libera di dire all’Europa che ognuno è stato creato da Dio per essere collocato in un luogo particolare, con la sua cultura, le sue tradizioni, la sua storia. L’attuale spinta verso la globalizzazione del mondo attraverso l’eliminazione delle nazioni è pura follia. Il popolo ebraico ha sopportato l’esilio, ma Dio lo ha riportato nel suo Paese. Cristo fuggì da Erode ed entrò in Egitto, ma ritornò nel suo Paese alla morte di Erode. Ognuno dovrebbe vivere nel proprio paese. Come un albero, ognuno nella propria terra, il suo luogo dove fiorisce perfettamente. Sarebbe meglio aiutare le persone a prosperare nella loro cultura, piuttosto che incoraggiarle a venire in un’Europa piena di decadenza. È una falsa esegesi quella che usa la Parola di Dio per celebrare la migrazione. Dio non ha mai voluto che questo strappar via.
Se la Polonia seguirà la via eroica tracciata dal cardinale Sarah o se invece soccomberà alle “grandi potenze finanziarie”, solo il tempo lo dirà. Quello che è chiaro è che la posta in gioco è alta, e che l’autore di “Il potere del silenzio” e “Si fa sera e il giorno ormai volge al declino” espone temi che ricordano più Jean Raspail che la Conferenza Episcopale USA:
La Chiesa non può cooperare con questa nuova forma di schiavitù che è venuta dalla migrazione di massa. Se l’Occidente continua su questo percorso disastroso, c’è un grande rischio che, con il declino delle nascite, scompaia, invaso dagli stranieri, come Roma è stata invasa dai barbari. Parlo da africano, il mio Paese è per lo più musulmano. Credo di conoscere la realtà di cui parlo.
Da parte mia, tutto ciò che aggiungerei alle penetranti riflessioni di Sua Eminenza è l’osservazione che quei cattolici che dissentono dai precetti della Chiesa di un tempo sul sesso, sulla natura umana e sul primato del Magistero sono di solito i più favorevoli all’idea di un mondo senza confini. Questo a sua volta suggerisce che esiste un “quadro generale” socioculturale e persino spirituale che deve essere tenuto presente dai guerrieri della cultura che si battono contro problemi specifici come l’aborto, il transgenderismo e lo scientismo militante. Per quanto deplorevoli possano essere tali afflizioni, non andremo mai oltre a lamentarci in modo inefficace di esse a meno che non possiamo evocare il coraggio di collegarle con l’elefante globalista nella stanza.
Di Sabino Paciolla
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