ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 21 febbraio 2020

Rossi di sempre

SPAGNA/IL MOSTRO ROSSO-ROSSO COME LA REPUBBLICA DEGLI ANNI '30?


https://www.corrispondenzaromana.it/wp-content/uploads/2020/02/podemos.jpg(immagine aggiunta)
Proseguiamo con il riepilogo di alcuni fatti per noi significativi che si sono verificati durante la pausa forzata di Rossoporpora.org: oggi ci si occupa della Spagna, in attesa – la settimana prossima – di dedicarci a Vaticano e Italia.
Dopo la Svizzera e la museruola lgbt che la maggior parte dell’elettorato ha voluto indossare ( vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/926-pensiero-unico-gli-svizzeri-si-mettono-la-museruola-lgbt.html ) eccoci alla Spagna. Dove eravamo rimasti? All’analisi del voto del 10 novembre e alle prospettive faticose di un nuovo governo (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/vaticano/911-voto-10-nov-contro-i-rossi-la-spagna-si-colora-di-verde-vox.html).

Il governo si è fatto - sotto forma di Mostro rosso-rosso - tra i socialisti di Pedro Sanchez e Podemos di Pablo Iglesias: mancando i numeri sufficienti per una maggioranza nel Congreso de los Diputados, Sanchez si è dato molto (ma molto) da fare per convincere (immaginiamo a suon di promesse concrete) l’uno o l’altro degli eletti in alcune liste regionali: l’esempio più clamoroso è stato quello di Tomás Guitarte, unico deputato di Teruel existe, eletto da una base anti-socialista che, fulminato sulla via delle Cortes, ha ignorato le migliaia di appelli anche vigorosi dei suoi elettori ed è risultato determinante per il via libera al duo Sanchez-Iglesias.
Infatti martedì 7 gennaio il Congreso ha dato la fiducia al Mostro rosso-rosso con 167 sì, 165 no e 18 astensioni. Ricordiamo che per ottenerla bastava un voto in più dell’opposizione (gli astenuti non contano). Resta il fatto che il nuovo governo è secondo i numeri minoritario e avrà davanti a sé una non facile navigazione.

MANUEL AZANA, IL NUME TUTELARE DEL GOVERNO SANCHEZ-IGLESIAS
A dispetto di ciò Sanchez-Iglesias hanno subito spinto sull’acceleratore. E Pedro Sanchez ha indicato senza perder tempo qual è la stella polare del suo governo, citando in conclusione del suo discorso di investitura (tra gli applausi insistiti e compatti della sinistra…voce dal sen fuggita, più richiamar non vale…) un nome particolarmente significativo per tutti i nostalgici della Spagna rossa: quello di Manuel Azaña (“un compatriota in cui credo che possiamo riconoscerci tutti noi che aspiriamo alla convivenza democratica”).
Chi è Azaña? Negli Anni Trenta due volte Presidente del Consiglio (già dalla nascita della Seconda Repubblica nell’aprile 1931) e due volte Presidente della Repubblica (anche nel periodo maggio 1936-marzo 1939). Politico e intellettuale, fondatore della Izquierda Republicana e poi promotore del Frente popular, intese tra l’altro con una politica dai forti connotati laicisti colpire da ogni punto di vista la Chiesa cattolica.
Già nel maggio 1931 (dunque 5 anni prima della Guerra civile) osserva lo storico monsignor Vicente Carcel Ortì (vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/84-intervista-sulla-guerra-di-spagna-a-carcel-orti.html ), “a Madrid incominciano incendi, distruzioni, saccheggi di chiese, conventi, proprietà, succede di tutto. Da Madrid la furia si estende a diverse città, Malaga e Siviglia in prima fila. Viene distrutto un patrimonio storico, artistico, documentale, che non avremmo più potuto ammirare. (…) La Repubblica iniziò bruciando chiese e conventi, distruggendo il patrimonio artistico nazionale: finirà poi ammazzando sacerdoti, religiosi, suore, laici cattolici”.
Il bilancio degli assassinati cattolici si fisserà in 13 vescovi, 4184 fra sacerdoti e seminaristi, 2365 religiosi, 283 suore e molte migliaia di laici. Con Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, Francesco circa duemila di loro sono già saliti alla gloria degli altari.
Si potrà dire che Azaña era più moderato di alcuni suoi compagni: certo è che la sua presidenza fu caratterizzata da tale violenza contro uomini e proprietà che la logica conseguenza fu l’Alzamiento del 18 luglio 1936, promosso da los cuatros generales tra i quali emerse di lì a breve Francisco Franco. E la Chiesa spagnola si schierò dalla parte dei rivoltosi, i ‘nazionali’. Osservava a tale proposito ancora mons. Carcel Ortì:. “Può la vittima mettersi dalla parte del carnefice? Arriva uno a casa, dicendo che ti porta democrazia e libertà e ti ammazza il papà, la mamma, il fratello: puoi forse metterti dalla sua parte?” (sull’Alzamiento segnaliamo anche i ricordi ben vivi di monsignor Pablo Colino, vedi https://www.rossoporpora.org/rubriche/interviste-a-personalita/85-pablo-colino-ricorda-l-alzamiento-del-1936.html ).
E’ evidente che l’applauso viscerale con cui è stato salutato dai banchi della sinistra il nome di Manuel Azaña (volontariamente posto da Pedro Sanchez a suggello del suo discorso d’investitura) ha svelato il sogno del Mostro rosso-rosso: una Spagna che, in un contesto storico in buona parte diverso, ripercorra sostanzialmente le orme della Seconda Repubblica degli Anni Trenta.
Il che significa rottura (o almeno voglia robusta di rompere) del compromesso costituzionale e istituzionale cui si era faticosamente addivenuti alla fine della transizione dopo la morte di Franco. Con prevedibili gravi conseguenze sulla coesione spagnola.

IL MOSTRO ROSSO-ROSSO PREFERISCE INTERLOQUIRE CON LA SANTA SEDE, DECLASSANDO LA CONFERENZA EPISCOPALE SPAGNOLA
A tale proposito può essere interessante constatare come il Mostro rosso-rosso  sta agendo a livello diplomatico nelle relazioni con la Santa Sede. Per certi versi si ripete la situazione del 1931: sebbene la Seconda Repubblica sia stata in effetti, come fa notare ancora mons. Carcel Ortì, “il prodotto di un colpo di Stato ‘bianco’ (…) dato che “si è cambiato radicalmente il sistema politico monarchico, instaurandone uno repubblicano, senza una consultazione popolare”, papa Pio XI invitò al realismo, considerando che la Spagna era in mano a quel Governo. Ne seguirono negoziati molto complessi, intesi a salvare il salvabile.
Anche oggi il Mostro rosso-rosso ‘corteggia’ la Santa Sede, aggirando e declassando de facto i rapporti con i vescovi spagnoli in parte consistente a lui ostili. Perciò la prima vicepresidente Carmen Calvo ha voluto incontrare l’anno scorso in Vaticano il Segretario di Stato cardinale Pietro Parolin (l’ha poi visto una seconda volta a Madrid per il Cop 25), presentandogli i desiderata dell’allora governo Sanchez in materia di Chiesa cattolica e anche di memoria storica. Nell’occasione Parolin aveva assicurato la neutralità della Santa Sede per quanto atteneva alla grottesca esumazione e all’allucinante trasferimento dal Mausoleo di Valle de los Caídos delle spoglie di Francisco Franco (Carmen Calvo, dopo il colloquio, aveva euforicamente parlato di un assenso, ma era stata corretta subito ufficialmente da Parolin).
L’atteggiamento disponibile della Santa Sede verso il Mostro rosso-rosso in qualche modo può essere compreso se si pensa che, come è accaduto e come accade anche in altre contingenze, la priorità – confrontati a governi laicisti della peggior specie  -  è quella di evitare una rottura con l’obiettivo di salvare il salvabile. Con la Repubblica spagnola degli Anni Trenta non funzionò, con il Mostro rosso-rosso si spera che vada diversamente. Ma non è per niente garantito: la Spagna rossa e la Spagna azzurra (popolare) e verde (Vox) sono nel profondo due pianeti da sempre ostili tra loro.
Intanto il nuovo nunzio apostolico Bernadito Auza (della stessa nidiata di Pietro Parolin, Giordano Caccia, Luciano Suriani) ha presentato il 16 gennaio le credenziali al Re Felipe VI, cappa magna e carrozza d’epoca, scortata da uno squadrone della Guardia Reale a cavallo. Nel solco della tradizione, ma anche per evocare negli interlocutori l’idea, pure visiva, di una Chiesa tutt’altro che remissiva. E il 22 lo stesso arcivescovo filippino (già Osservatore permanente presso l’ONU a New York) ha incontrato Carmen Calvo, cui sono stati delegati gli affari religiosi e la memoria storica. Nel colloquio, come già accaduto in quello con Parolin, la vicepresidente ha messo le carte in tavola, illustrando la tabella di marcia del Mostro rosso-rosso. Dall’incontro sono emersi i temi cari al Governo: tra gli altri la fiscalità della Chiesa (Ici-Imu e trasparenza nei conti) e la riforma della legge educativa con il declassamento dell’ora di religione cattolica. Nel colloquio con Auza Carmen Calvo ha lodato ancora una volta Pietro Parolin, di cui ha apprezzato – ha detto - la disponibilità in materia di rapporti tra Chiesa e fisco.
Dalla Chiesa spagnola, che si sente a disagio per essere stata esclusa dal rapporto preferenziale Governo-Segreteria di Stato, sono partite intanto bordate significative contro il Mostro rosso-rosso e le sue prime mosse laiciste. Per il cardinale Antonio Cañizares Llovera (che è anche vicepresidente della Conferenza episcopale spagnola) “il comunismo, che sembrava essere morto con la caduta del Muro di Berlino, è tornato e ora governa la Spagna. Il senso della democrazia viene così sostituito dall’imposizione del pensiero unico e da un autoritarismo e assolutismo incompatibili con la democrazia”. Lo stesso arcivescovo di Valencia teme anche che la voluta divisione della Spagna rischi di farla tornare ai tempi della Guerra civile. L’arcivescovo di Oviedo ha parlato di un “momento grave” nella storia della Spagna, quello di Castellon ha annunciato mobilitazioni contro “iniziative politiche e legislative chiaramente contrarie alla antropologia e alla morale cristiana”. A marzo si eleggerà il nuovo presidente della Conferenza e la battaglia è ormai aperta tra chi preferisce un atteggiamento morbido verso il Governo e chi invece rivendica la fedeltà al cattolicesimo, che è anche battaglia quotidiana.

EUTANASIA, PROPAGANDA LGBT E PIN PARENTAL DI VOX (CON LE REAZIONI SCOMPOSTE DELLA MINISTRA DELL’EDUCAZIONE)
Il Mostro rosso-rosso, si diceva, non ha perso tempo per concretizzare il suo programma laicista. L’11 febbraio il Congreso ha approvato una proposta di legge eutanasica di impronta socialista (contrari solo i popolari, Vox e i due deputati della lista di Navarra) Si teme che possa diventare definitivamente legge già a giugno.
Nelle scuole di ogni ordine e grado prosegue intensificata la propaganda lgbt (anche in Italia non si scherza, vedi ad esempio quanto successo l’11 febbraio al Liceo Laura Bassi di Bologna, contenuto in https://www.rossoporpora.org/rubriche/svizzera/926-pensiero-unico-gli-svizzeri-si-mettono-la-museruola-lgbt.html ). Come è noto le elezioni nazionali del 10 novembre hanno decretato il grande successo di Vox, partito di destra di forte impronta cattolica, che ha conquistato 52 seggi al Congreso.
Tra gli ambiti in cui Vox è maggiormente attivo si evidenzia quello dell’educazione. E’ così che nelle comunità autonome della Murcia (dove appoggia il governo popolari-Ciudadanos) e di Madrid il partito di Santiago Abascal ha presentato la proposta di un pin parental. Che cos’è? Richiamando nel nome il dispositivo che viene usato dai genitori per impedire ai figli di vedere programmi inadatti alla tv o sul computer, il pin parental di Vox consiste nel richiedere che la direzione di ogni istituto scolastico sottoponga preventivamente ai genitori il programma, in modo che questi ultimi possano negare l’autorizzazione a che i loro figli partecipino a lezioni, corsi, attività svolte dalle numerose associazioni legbt e simili che pullulano nell’intera Spagna. Il pin parental è già stato approvato nella Murcia, mentre che nella comunità autonoma di Madrid i negoziati tra popolari da una parte e Vox dall’altra sono ancora in corso: Vox ha subordinato l’approvazione del preventivo della Giunta all’inclusione del pin parental. Da notare che in Italia qualcosa di analogo è stato chiesto insistentemente dal mondo del Family Day ed è stato accolto dall’allora Ministero dell’Istruzione, Ricerca e Università, pur se de facto l’offensiva della nota lobby continua senza pudore. 
La questione del pin parental mette, ça va sans dire, in grave fibrillazione il Mostro rosso-rosso, che vorrebbe educare i cittadini dalla culla (a meno che non abbiano gravi problemi di salute) all’età anziana (a meno che, ritenuti solo un carico per la comunità, non li si possa eliminare). Particolarmente significativa la reazione della ministra dell’Educazione Isabel Celaá che il 17 gennaio ha dichiarato che “non si può pensare in nessun modo che i figli siano di proprietà dei genitori” (NdR: ma ancor meno dello Stato!) e che “questo pin parental intacca il diritto fondamentale, costituzionale, della educazione di ogni bambino”. Bum bum bum. Minaccia la Celaá, da perfetta burocratica sovietica: “Non tollereremo il pin e questo Ministero adirà in tribunale”. Alla Murcia è stato dato un termine per ritirare il pin: se così non fosse, il Governo impugnerebbe la decisione davanti alla giustizia spagnola. A dar manforte alla Celaá vaneggia anche Save the Children (gemellata per questo tipo di reazioni con Amnesty International): “Il pin parental è una ferita al diritto di ogni bambino o bambina a una formazione integrale”.

LA LEGGE ZAPATERICA SULLA MEMORIA STORICA NON BASTA PIU’… CE NE VUOLE UNA SULLA MEMORIA DEMOCRATICA…
Ci si ricorderà che nel 2007 l’allora noto presidente del Consiglio José Luis Rodriguez Zapatero (di cui per molti versi Pedro Sanchez è l’erede, addirittura in edizione peggiorata… e ce ne vuole!) aveva promosso una legge sulla Memoria storica, che già aveva diviso gli spagnoli e che ha portato poi Sanchez a imporre l’esumazione delle spoglie di Francisco Franco.
Ma il Mostro rosso-rosso non è mai sazio ed allora ecco l’annuncio (10 febbraio) che sarà presentata una proposta di legge sulla “Memoria democratica”, con la quale – ha dichiarato il 12 febbraio la prima vicepresidente del Governo Carmen Calvo – si esumeranno salme, si rimuoveranno tutti i simboli franchisti ancora esistenti, si trasformerà la Valle de los Caídos in un luogo di Memoria democratica, si ritireranno onorificenze e prebende. Con la modifica del Codice penale saranno invece messe fuorilegge le manifestazioni di nostalgici come quelle del 20 novembre (anniversario della morte di Franco) e sarà vietata l’apologia del franchismo, anche tramite canti e slogan. Insomma il Mostro rosso-rosso è ben incamminato sulla via del totalitarismo a costo di far retrocedere la Spagna alle gravi tensioni degli Anni Trenta.
In tema di Memoria (anche per rinfrescare quella – vacillante – di non pochi ecclesiastici e laici cattolici dei nostri giorni) vale allora la pena per concludere di ricordare quanto disse papa Pio XII nel Radiomessaggio ai Cattolici di Spagna del 16 aprile 1939, due settimane dopo la fine della Guerra civile: “Con immensa gioia Ci rivolgiamo a voi, figli direttissimi della Cattolica Spagna, per esprimervi la Nostra paterna felicitazione per il dono della pace e della vittoria con il quale Dio si è degnato di coronare l’eroismo cristiano della vostra fede e carità, provato da tante e così generose sofferenze” (…) La Nazione eletta da Dio come principale strumento di evangelizzazione del Nuovo Mondo e come baluardo inespugnabile della fede cattolica, ha testé dato ai proseliti dell’ateismo materialista del nostro secolo la più elevata prova che al di sopra di ogni cosa stanno i valori eterni della religione e dello spirito. (…) Il sano popolo spagnolo, con quella generosità e franchezza che costituiscono le due caratteristiche del nobilissimo suo spirito, insorse deciso in difesa degli ideali della fede e della civiltà cristiana, profondamente radicati nel suolo fecondo di Spagna; ed aiutato da Dio che non abbandona quelli che in Lui sperano seppe resistere all’attacco di coloro che, ingannati da quello che essi credevano un ideale umanitario di elevazione dell’umile, in realtà combattevano a favore dell’ateismo".
SPAGNA/ IL MOSTRO ROSSO ROSSO COME LA REPUBBLICA DEGLI ANNI ’30? – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 21 febbraio 2020
(Mauro Faverzani) L’ideologia comunista avanza in Europa. L’allarme è partito dalla Spagna con la svolta autoritaria assunta dalla Sinistra al potere: il patto di governo Psoe-Podemos ha subito attaccato la Chiesa; fatto “saltare” gli accordi vigenti con la Santa Sede; declassato l’ora di religione nelle scuole, privandola della possibilità di fare media; imposto agli alunni l’educazione «affettivo-sessuale», cavallo di Troia di una mentalità contraccettiva, abortista e Lgbt-friendly; negato ai genitori il diritto di scegliere la scuola per i figli e di indirizzare la loro educazione religiosa.
Una nuova bandierina “rossa” è stata ora conficcata in un altro Stato a forte tradizione cattolica, l’Irlanda. Qui i risultati delle elezioni parlamentari, svoltesi lo scorso 8 febbraio, hanno purtroppo registrato un significativo rafforzamento dell’estrema sinistra, rappresentata da ben cinque liste (Sinn Fein, Verdi, Solidarietà-Popolo prima del profitto, Indipendente per il cambiamento, Partito dei lavoratori). Insieme hanno totalizzato il 34,7% dei voti e rappresentano in questo momento la forza progressista più solida d’Europa (in Grecia Syrisa ha ottenuto “solo” il 31,5% dei consensi alle elezioni parlamentari dello scorso luglio), una presenza rafforzatasi peraltro proporzionalmente alla scristianizzazione del Paese.
I loro programmi non promettono alcunché di buono. Il Sinn Fein, che nel Parlamento europeo fa parte del Gue-Gruppo delle Sinistre Unite, ad esempio, è un partito fortemente filo-abortista e filo-Lgbt: si è distinto per la foga con cui, in occasione del referendum del 2018, si è battuto per l’abrogazione dell’ottavo emendamento costituzionale, quello che garantiva all’embrione la medesima tutela della madre. E non ha esitato, per lo stesso motivo, ad espellere l’unica voce contraria, quella di Peadar Toibin, che, una volta fuoriuscito, ha fondato una nuova lista totalmente pro-life, denominata Aontu: chiede che venga negata la possibilità di abortire a motivo della disabilità dell’embrione, invoca l’obiezione di coscienza per il personale medico, cure d’urgenza per i bimbi sopravvissuti all’aborto e l’ecografia del bambino, che portano in grembo, per le donne che abbiano deciso di abortire. Ma non è la sola formazione pro-life, questa, del panorama politico irlandese: anche un’altra lista, Renua Ireland, chiede, tra l’altro, una riduzione delle tasse per le famiglie, di fermare la propaganda abortista e filo-Lgbt nelle scuole, nonché di bloccare la pornografia su Internet, considerata qual è ovvero un abuso su minori.
Di contro, il governo progressista guidato in Irlanda da Leo Varadkar, primo premier dichiaratamente omosessuale ed anti-cattolico, si è distinto per aver introdotto le “nozze” gay, facilitato il divorzio e cancellato il reato di blasfemia, tutti provvedimenti approvati a colpi di referendum.
Come in America Latina, anche in Europa, laddove le forze di Sinistra non riescano a strappare il potere per via elettorale, ci provano con i tumulti di piazza. Così accade in Francia, ad esempio, dove anche quest’anno sono attese centinaia di anarchici a sfilare per le strade di Montpellier in occasione del Martedì Grasso per il cosiddetto «Karnaval dei Mendicanti», nonostante la manifestazione sia stata vietata da diversi anni per i danni e per il degrado provocati ogni volta: bidoni della spazzatura dati alle fiamme, vetrine in frantumi, negozi saccheggiati, scontri con la Polizia, il solito festival dell’eversione messo in scena ogniqualvolta vengano organizzate manifestazioni di questo tipo, insomma. Che vengano emanate disposizioni senza poi essere in grado di farle rispettare ricorda tristemente le «grida» manzoniane e denuncia tutta l’impotenza di un sistema politico privo di credito, di autorevolezza e disarmato di fronte alla violenza cieca ed all’arroganza delinquenziale dalla chiara matrice politica, quella di estrema Sinistra. L’anno scorso, ad esempio, tutto si risolse con soli 6 arresti a fronte del centinaio di criminali assiepati nel Boulevard de Strasbourg.
Questa recrudescenza comunista in Paesi-simbolo del Cattolicesimo europeo rappresenta un segnale da non sottovalutare, soprattutto perché frutto, in Spagna ed in Irlanda, di un consenso popolare espresso per via elettorale o referendaria, dunque sintomo di un mutato clima civile, politico e culturale, quanto mai pericoloso, specie in prospettiva… 

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