Matteo Salvini, parlando domenica al Palazzo dei Congressi dell’Eur a Roma, alla manifestazione della Lega «Roma torna capitale», ha detto:
“Ci sono immigrati che hanno scambiato il pronto soccorso per un bancomat sanitario per farsi gli affari loro senza pagare una lira. È ora di smetterla che ci siano migliaia di cittadini non italiani che hanno preso il pronto soccorso come l’anticamera di casa loro. Io dico che la terza volta che ti presenti paghi”, ha continuato il leader della Lega.
Poi ha continuato, tra gli applausi: “Non entro nel merito di una scelta che compete solo alla donna. Non è compito mio né dello Stato dare lezioni di morale o di etica a chiunque, è giusto che sia la donna a scegliere per sé e per la sua vita. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020”.
Conclusa la manifestazione, mentre lasciava il Palazzo dei Congressi di Roma, Salvini ha sentito il bisogno di precisare: “Se ritengo che le donne che abortiscono siano incivili? Se si arriva alla settima interruzione di gravidanza significa che si sbaglia stile di vita”.
Salvini, poi, è intervenuto di nuovo sul social network dicendo: «Figurati se Salvini si mette contro l’aborto o contro il divorzio, sono l’ultimo che può dare lezioni. Semplicemente raccolgo il grido di allarme che arriva da tanti pronto soccorso, consultori e centri aiuto alla vita che chiedono di fare il possibile per tutelare la vita. A fronte di certi eccessi e abusi di chi, mi segnalano, di interruzioni di gravidanza per la quinta, sesta volta, ritengo che una comunità non possa far finta di niente, sembra così strano?».
Queste parole hanno suscitato un’immediata levata di scudi.
Nicola Zingaretti, segretario del Partito Democratico, commentando su Facebook le parole del leader della Lega, ha detto: “Salvini la spara ogni giorno più grossa perché è in difficoltà. Con offese, teorie stravaganti e numeri a casaccio. Per fortuna nei pronto soccorso italiani non ascoltano le sue provocazioni. Giù le mani dalle donne. Giù le mani dalla sanità italiana”.
A loro volta, i parlamentari del Movimento 5 stelle del gruppo Pari opportunità affermano: “Con le sue parole sull’aborto, Salvini dimostra ancora una volta di voler portare l’italia indietro di decenni rispetto ai diritti delle donne conquistati con fatica e grandi battaglie. Dalle sue dichiarazioni emerge infatti la volontà di delegittimare un diritto, quello all’autodeterminazione, che non possiamo accettare venga messo in discussione.
Non poteva mancare la ciliegina sulla torta: il problema è la misoginia di Salvini! Infatti, scrive Nadia Somma su Il Fatto Quotidiano: “Non è certo il primo attacco contro le donne che ricorrono all’interruzione volontaria di gravidanza o alle legge 194, e non sarà l’ultimo. Sono convinta che quando la tecnologia metterà a disposizione degli uomini un utero e due ovaie artificiali per gravidanze al maschile, finalmente cesserà il braccio di ferro sui corpi delle donne. Fino a quel giorno dovremo difenderci dai numerosi tentativi di ridurci ad essere un utero e due ovaie a disposizione di un uomo, della famiglia o dello Stato e dovremo rispondere per le rime con le parole di Elisabetta Canitano, ginecologa e presidente dell’associazione Vita di Donna, a coloro che ci mostrificano quando rivendichiamo il diritto di scegliere se essere madri….”
Già, “il diritto di scegliere se essere madri”, il diritto della donna di disporre del proprio corpo, il diritto di disporre della propria libertà, il diritto all’autodeterminazione, il diritto di disporre delle proprie ovaie, il diritto di avere il proprio stile di vita, “l’utero è mio e lo gestisco io”, indietro non si torna, il diritto bla bla bla bla bla bla……..che mai nessuno avesse citato per errore, ma proprio per errore, l’essere umano indifeso che con l’aborto viene soppresso, la vita umana che viene spezzata, il bambino che mai vedrà la luce, il figlio che ha IL DIRITTO DI VIVERE!!!
Sì, il figlio che ha il diritto di vivere. Cari signori, questo è il dramma del nostro tempo!
Salvini parla dell’aborto come il ricorso ad un bancomat, a causa di uno “stile di vita” definito incivile. Zingaretti parla della sanità: “giù le mani dalla sanità!”, si strappa i capelli. La Somma spera addirittura che la tecnologia un giorno impianti un utero e due ovaie artificiali nell’uomo, così che l’aborto se lo faccia anche lui, e ponga fine al braccio di ferro uomo-donna.
Che tristezza!
Caro Salvini, mi pare da subito giusto precisare che se parliamo di un figlio, allora la scelta di abortire non compete solo alla donna, ma coinvolge anche l’uomo, perché un figlio ha sempre un padre ed una madre. Di certo il figlio è nel grembo materno, e dunque è la donna che rischia sulla sua pelle, ma non dimentichiamoci del padre.
Inoltre, non si è incivili perché si arriva alla settima interruzione di gravidanza, come se il problema fosse nel numero di aborti per donna. L’inciviltà è nella società quando crede di essere civile proprio quando legalizza la soppressione di una vita umana. E gongolando di gioia, arriva al settimo cielo perché ha garantito ad un essere umano, la donna, il diritto di sopprimere un altro essere umano, suo figlio.
Infine, caro Salvini, le tue parole mi sono sembrate un colpo alla botte ed uno al cerchio. Da una parte dici “figuriamoci se Salvini si mette contro l’aborto” e, dall’altra, di stare a raccogliere il grido d’allarme dei “centri di aiuto alla vita che chiedono di fare il possibile per tutelare la vita”. Permettimi, mi sembra che in questa delicata faccenda della vita umana occorra una posizione più netta, come quella che ha assunto Donald Trump, quando poco più di due settimane fa, nel suo discorso conclusivo alla Marcia per la vita americana, la prima volta di un Presidente degli Stati Uniti d’America, ha detto:
“Siamo qui per un motivo molto semplice: difendere il diritto di ogni bambino, nato e non nato, a realizzare il potenziale che Dio gli ha dato. (…) Tutti noi qui comprendiamo una verità eterna: ogni bambino è un dono prezioso e sacro di Dio. Insieme, dobbiamo proteggere, custodire e difendere la dignità e la santità di ogni vita umana.Quando vediamo l’immagine di un bambino nel grembo materno, intravediamo la maestà della creazione di Dio. Quando teniamo un neonato tra le braccia, conosciamo l’amore infinito che ogni bambino porta alla famiglia. Quando guardiamo un bambino crescere, vediamo lo splendore che irradia da ogni anima umana. Una vita cambia il mondo – dalla mia famiglia, e posso dirvi, vi mando amore, e vi mando un grande, grande amore – e fin dal primo giorno in carica, ho intrapreso un’azione storica per sostenere le famiglie americane e per proteggere i nascituri.”
Caro Matteo, queste sono le parole, franche, chiare, luminose, che vorremmo sentire da un nostro leader.
Perché un leader, o è un leader di tutti, nati e non ancora nati, o non lo è!
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Ecco la risonanza magnetica di un bambino non ancora nato.
A sole 20 settimane, si muove, gira la testa e scalcia.
Si vede anche il suo cuore che batte.
La vita umana è un miracolo!!!
di Sabino Paciolla
L’Italia si sta restringendo. A dircelo gli indicatori demografici annuali dell’Istat: per il quinto anno consecutivo il nostro Paese fa registrare un calo di popolazione di 116mila unità in meno rispetto al 2018. L’istituto nazionale di statistica mette in evidenza anche un altro dato importante: per ogni 100 persone che muoiono in Italia ne nascono solo 67, dieci anni fa erano 96. Il tasso di ricambio naturale tra nascite e decessi è il più basso mai espresso dal paese da 102 anni. Dato ancora più preoccupante è la spaccatura dell’Italia, con un Mezzogiorno, tradizionalmente prolifico, dove si concentra il calo della popolazione, mentre a crescere è la popolazione del Nord, in modo particolare nelle province autonome di Trento e Bolzano, in Lombardia ed Emilia Romagna.
I numeri non danno scampo: secondo una costante universale il valore di sostituzione, ovvero il numero di figli necessari a garantire una bilancia demografica in pareggio, è di 2,1. Se un Paese lo supera la popolazione ha tendenze espansive, se non lo raggiunge si va verso una contrazione demografica. Le statistiche dell’Italia mostrano che il Paese è sceso sotto il tasso di sostituzione nel 1977, e dal 1984 è stabilmente sotto il valore di 1,5, un livello che non solo non evita il declino demografico, ma annuncia quasi certamente che la caduta sarà traumatica.
Questa la fotografia della realtà, oggettivamente disarmante anche per le conseguenze della crisi demografica, che avranno – sempre di più – un peso determinante sul sistema pensionistico (con la diminuzione della massa dei contribuenti e l’aumento dei beneficiari), sul sistema sanitario (sostenuto da una popolazione attiva ridotta), sulle dinamiche socio-economiche nel loro complesso (sempre più “frenate”) e sulle relazioni tra le diverse aree del mondo (con un’evidente sproporzione delle nascite tra il nord ed il sud del pianeta).
Sul “che fare” le indicazioni appaiono decisamente poco aggressive. Scontati i richiami alle politiche sulla famiglia, alla precarietà lavorativa ed esistenziale, ai servizi insufficienti, al welfare inaccessibile e al disatteso, da decenni, “Quoziente Famiglia”, cioè il calcolo delle tasse basato sul numero dei figli. Oltre non si va. Soprattutto per “aggredire” le cause “strutturali” del crollo delle nascite. Il tema infatti, ancor più che relativo alle politiche sociali, è antropologico e culturale.
Il primo dato è la “percezione” della maternità tra le giovani generazioni, figlie del relativismo etico e dell’edonismo, nel nome del “child-free”, che ormai ha contaminato ampi strati della popolazione, facendosi cultura diffusa, luogo comune condiviso. Secondo una ricerca dell’Eurispes, pubblicata nel 2019 (“Soprattutto io. Coppie millenians tra stereotipi, nuovi valori e libertà”), per sette italiani su dieci i figli non sono una condicio sine qua non per essere felici nella vita.
Oltre i numeri, oggettivamente allarmanti, ancora più allarmante è che nessuno sembra volersi fare carico del problema. Pochi ne parlano. I mass media ne fanno appena cenno. Nessun talk show dedica attenzione alla crisi demografica. Quando va bene si possono ascoltare le solite, spesso stanche e ripetitive critiche sulla mancanza di politiche per la famiglia e sulla crisi economica: troppo poco per trasformare in un caso il crollo delle nascite, creando il necessario allarme nazionale sulle ricadute socio-economiche di tale crollo.
L’invecchiamento italiano (con un’età media che si aggira intorno ai 44 anni) condiziona infatti le stesse dinamiche sociali, come confermano gli ultimi cinquant’anni della nostra storia.
Pensiamo all’Italia degli Sessanta del ‘900 (dove, non a caso il tasso di natalità era doppio rispetto a quello attuale) espressione di un un’energia sociale ed economica, in cui la spinta demografica era un fattore essenziale, una sorta di “investimento” sul futuro che, oggi, purtroppo non si riesce neppure ad immaginare.
A vincere è l’interesse particolare, il soggettivismo, l’egoismo individuale. A crescere sono le diseguaglianze, con una caduta della coesione sociale e delle strutture intermedie di rappresentanza che l’hanno nel tempo garantita. Siamo insomma al “letargo esistenziale collettivo”. In discussione c’è l’esistenza stessa del nostro Paese: linea piatta per l’Italia senza figli e senza domani. Decisamente una brutta prospettiva. A meno che non si cominci a invertire la tendenza, favorendo la crescita di una nuova cultura dell’accoglienza alla vita e delle politiche in grado di favorirla.
Di questo bisogna trovare il coraggio di discutere, prendendo consapevolezza delle conseguenze della crisi demografica ed invitando le forze politiche e le istituzioni a una forte assunzione di responsabilità. Consapevolezza e responsabilità: di questo, alla prova dei fatti, c’è un gran bisogno, ancora prima che degli asili, degli assegni familiari e degli incentivi per le famiglie. Che pure servono, ma non bastano.
Mario Bozzi Sentieri 18 Febbraio, 2020
Quando si pensa al mondo Lgbt, sorge immediata l’immagine di minoranze discriminate, bullizzate, e per questo carenti di diritti civili. Strano però che i cosiddetti diritti civili delle famiglie “arcobaleno” siano poi sponsorizzati proprio da alcune delle lobby più potenti del pianeta, che lungi dall’essere deboli e discriminate, finiscono per disporre di una potenza mediatica capace di condizionare la politica e la società civile. Su questo bisognerebbe riflettere…
Ad esempio George Soros, oltre a finanziare Ong e migrazioni di massa, con la sua Open Society Foundation, ha foraggiato associazioni per la promozione dei diritti Lgbt in tutto il mondo, compresa l’Arcigay italiana.
Ma proprio nel mondo governato dal finanzcapitalismo a schierarsi a favore delle nozze gay è una lista sterminata di 379 aziende, tra cui: Amazon, Apple, AT&T, Cablevision, Cisco, Cloudflare, Comcast, Cox, DirecTV, Dropbox, eBay, EA, Facebook, Google, Groupon, HP, Intel, Intuit, Microsoft, Orbitz, Pandora, Qualcomm, Twitter, Verizon e Zynga. Imprese grandi e piccole che hanno stilato un documento comune e l’hanno inviato ai nove «saggi» della Corte Suprema. La richiesta: le coppie gay e lesbiche devono avere il diritto di sposarsi, non solo per una questione di giustizia, dicono, ma anche perché questo riconoscimento non potrà che apportare benefici al mondo delle imprese.
Gender e non più gender dunque… sembra essere il tema del giorno anche in Italia.
Ha iniziato Elly Schlein, il nuovo volto della new left, diventata vicepresidente della regione ER, quando ha detto: «Ho amato uomini e donne. Ora sto con una ragazza». Non c’interessa granché conoscere la vita sessuale della “sardina”, quello che appare strano è che interessi a lei divulgarla urbi et orbi. Pubblicità progresso??
Promettente icona della politica radical chic, ha tutti i requisiti per appartenere alla sinistra che difende i diritti cosmetici, dimenticandosi di quelli sociali, uno a caso il lavoro. Giovane, ambientalista, immigrazionista, globalista. Già parlamentare europea dal 2014, a Bruxelles si inserisce nella lista ambita degli amici di George Soros, il potente speculatore fondatore della Open Society, condividendo in toto il pacchetto completo del nuovo umanesimo filantropico.
Poi si festeggia San Valentino al Liceo “Laura Bassi” di Bologna, nel segno di Drag Queen e preservativi, dove viene proposta un’assemblea di istituto dedicata all’amore e alla sessualità nel 2020, con una serie di incontri per “sfatare” alcuni “miti, tabù e tanta disinformazione” e in cui non poteva mancare, ovviamente, la “gay sex education”.
Il programma della giornata era stato divulgato da giorni. “La partecipazione ad almeno una delle attività è obbligatoria”, e gli studenti avevano diverse scelte a disposizione, in palestra si poteva seguire la storia e l’esibizione delle Drag Queen; in Aula Magna invece è andata in scena l’educazione sessuale “dalla teoria al preservativo” a cura della Croce Rossa, con consegna finale dei contraccettivi gratuiti. Per chi preferiva approfondire l’identità di genere e sessuale, invece, era sufficiente andare all’Aula 3A. Mentre la “Gay sex education” su “ruoli di genere, identità e safer sex” era tenuta in aula 1A dal Cassero Scuola Lgbtq+ Center (la lettera Q per chi si identifica come queer, “strano”, che sta cercando la propria identità). Per non farsi mancare nulla, infine, anche un’attività sul “Pride, Noi dell’Arcobaleno”.
Sui muri sono stati appesi dei cartelli di “sensibilizzazione” ideati dal comitato Lgbtq+ del Liceo. Un foglio sul “gender fluid” biasimava alcuni “stereotipi”, tra cui quello di chiedere a qualcuno se è maschio o femmina, quando si può anche essere “entrambi” o “nessuno dei due”. Un altro invece descriveva la “pansessualità” di chi è attratto da persone “indipendentemente dal loro genere”, anche chi non appartiene a quello “binario”.
Bisogna ammettere che ci siamo addormentati in un mondo in cui esistevano solo due generi sessuali, e ci siamo ritrovati in un mondo in cui ne esistono almeno tre, con tutte le sfumature del caso: maschile, femminile, neutro…
Gli adulti dovrebbero essere in grado di identificarsi con qualsiasi genere desiderino, la scienza moderna ci dice che possono persino cambiare sesso. Ma il meme culturale che attribuisce libertà di scelta sessuale per i bambini è a dir poco ambiguo.
La sessualità infantile infatti si manifesta secondo l’evoluzione dei processi pulsionali della libido, ma è del tutto diversa da quella adulta.
Sigmund Freud definisce il bambino un “perverso polimorfo”, perverso (senza alcun negativismo etico) in quanto ricerca il piacere in assenza di finalità riproduttiva… polimorfo poiché ricerca il piacere attraverso diverse zone erogene, e riceve gratificazione edonistica sia dal contatto col padre che con la madre, facilitato in questo dall’assenza di un Super Io e senza l’imposizione morale prodotta dall’educazione.
Però a causa dell’aumento dei messaggi subliminali, dell’esposizione dei media e dell’indottrinamento nelle scuole, i bambini stanno diventando sempre più confusi. In Gran Bretagna, c’è stato un marcato aumento dei bambini che frequentano cliniche di identità di genere.
Però le statistiche ci dicono anche che ben “il 98% dei ragazzi confusi sessualmente e l’88% delle ragazze alla fine accettano il loro sesso biologico dopo aver superato la pubertà”.
I fatti, non l’ideologia, dovrebbero determinare la realtà, e ed è un fatto biologico oggettivo che i marcatori genetici di maschio e femmina siano rispettivamente “XY” e “XX”.
Ognuno è nato con un sesso biologico, mentre il genere equivale alla consapevolezza di se stessi come maschio o femmina, quindi è un concetto antropologico, sociologico e psicologico, non è una valenza biologica. La consapevolezza di sé si sviluppa nel tempo e, come tutti i processi di sviluppo, può essere deragliata da percezioni soggettive, relazioni ed esperienze diverse.
Nel 2018 gli studenti della Clemson University hanno esplorato questo fenomeno, partecipando ad un seminario dal titolo “Crea la tua avventura di genere“.
Il Centro Multiculturale Harvey e Lucinda Gantt di Clemson ha ospitato l’evento, che ha visto protagonista Lara Americo, un’attivista transgender e fondatrice di Comic Girl Coffee , uno “spazio anticapitalista che utilizza il modello no-profit per sostenere la costruzione della comunità”, dice il suo sito web.
Alla presentazione dell’evento, Americo ha mescolato e abbinato abiti diversi per modellare “nuovi sessi”… “Creeremo qualcosa. Ci sono solo due generi? Sono solo maschi e femmine? O i generi sono infiniti, e possiamo creare generi infiniti in base alle nostre emozioni e ai nostri sentimenti di oggi?”
Mentre la Mattel lancia la nuova linea di bambole “Gender Neutral”, che maschera un progetto d’ingegneria sociale ber precisa. “I bambini possono personalizzare le nuove bambole con capelli lunghi o corti, pantaloni o gonne o entrambi. Le bambole sono disponibili in sei diverse tonalità di pelle”, riferisce Fox Business.
Kim Culmone, vice presidente senior di Mattel Fashion Doll Design, ha dichiarato che le bambole sarebbero state rilanciate perché “I bambini non vogliono che i loro giocattoli siano dettati dalle norme di genere”… “I giocattoli sono un riflesso della cultura e mentre il mondo continua a celebrare l’impatto positivo dell’inclusività, abbiamo sentito che era tempo di creare una linea di bambole priva di etichette”.
Una pubblicità per il nuovo prodotto presentava un ragazzo con i capelli viola e uno che indossava un orecchino. Alcuni interventi critici hanno accusato l’azienda di aver cercato di ingegnerizzare socialmente i bambini, contribuendo a renderli confusi riguardo al genere.
Anche il Parlamento europeo si è tuffato nel buco nero delle diversità con un nuovo mandato, incoraggiando gli eurodeputati a usare un linguaggio neutro rispetto al genere per non offendere gli stimati colleghi non maschi.
Funzionari e deputati al Parlamento Europeo hanno ricevuto una guida sulla necessità di utilizzare un linguaggio neutro nelle comunicazioni pubbliche.
L’obiettivo della guida sarebbe promuovere un linguaggio non sessista, inclusivo ed equo, che “mira ad evitare frasi pregiudizialmente interpretabili o discriminanti, commenti ambigui o peggio perentori riguardo al fatto che un determinato genere umano o sociale rappresenti la norma”.
Il London Times poi, altro punto di riferimento, suggerisce che abbracciare i ruoli di genere tradizionali è una forma di estremismo, tanto che le cosiddette “mogli commerciali” sarebbero simili a “spose ISIS“. “Una crescente comunità di donne sta rifiutando il femminismo inteso come sottomissione agli uomini. Le tecniche usate per radicalizzarle sono simili a quelle usate per governare le spose Isis”, scrive Julia Ebner.
In Scozia uno studente di 17 anni è stato espulso dalla sua classe dopo aver detto all’insegnante che ci sono solo “due sessi”. Lo studente ha registrato segretamente la reazione dell’insegnante e il suo video mostra l’insegnante della scuola secondaria di Aberdeenshire che gli dice che la sua opinione sul genere non è “molto inclusiva” e non è in linea con la “politica dell’autorità scolastica nazionale”. Lo studente ribatte che non è “molto inclusivo” impedirgli di esprimere la sua opinione, aggiungendo che le affermazioni che esistono più di due sessi “non sono affatto scientifiche”, al che l’insegnante ribatte che “non tutte le politiche sono scientifiche”.
Nel giugno 2017 l’Ufficio per gli Affari Multiculturali della “Virginia Commonwealth University” ha deciso di pubblicare una “Guida Terminologica LBGTQQIAAPP “(Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer, Questioning, Intersex, Asexual, Allies e Pansexual, con tutti gli altri che giacciono sotto l’ombrello di Queer), molto utile per aiutare gli studenti confusi nella determinazione del proprio genere. La guida osserva che quanto al genere “il linguaggio è in continua evoluzione e queste definizioni non sono affatto complete”, prima di avvertire che “i termini di autoidentificazione non dovrebbero essere usati per etichettare gli altri senza il loro consenso”.
Fortunatamente, la guida ha anche alcune illustrazioni molto facili da comprendere per aiutare gli studenti a sfatare il mito di un genere per tutta la vita ed evitare la disgrazia che il genere sia irrevocabilmente binario.
Fino ad ora, le carte di identità o licenze di ogni tipo avevano riportato designazioni di genere troppo restrittive e limitate a “maschio” e “femmina”, perché, disgrazia della sorte, la scienza biologica ci ha detto che quelle sono state finora le uniche due opzioni. Ma quell’odiosa violenza perpetrata per millenni contro di noi dal nostro codice genetico non sarà più tollerata nello stato della California, che si tratti di un fatto scientificamente provato o meno.
Quindi nel 2017 la legislazione della California ha preso in considerazione l’SB 179 che ha aggiunto una nuova denominazione di genere “Gender X” alle carte di identità dello stato.
Poi nel 2018 anche il sindaco di New York Bill De Blasio si è adeguato, assicurando la presenza del terzo genere “X” su certificati di nascita e altri documenti identificativi, per salvaguardare i diritti delle persone transgender. Addirittura anche i minori di età inferiore ai 18 anni ora possono apportare modifiche ai loro documenti senza il consenso dei genitori.
L’attuale affermazione della sessualità fluida condanna gli “etero” come fossero arcaici, preistorici, addirittura colpevoli, mentre dichiararsi per lo più “queer” è ormai considerato quasi un valore aggiunto, per una buona fetta di popolazione, che sostituisce i diritti cosmetici a quelli sociali. Film e serie tv hanno sdoganato da tempo il terzo genere “X”.
Peccato che dietro le favole belle dei diritti negati ci sia il turbocapitalismo, il cui unico obiettivo è proprio quello di fare soldi, quindi di reificare l’individuo e tutta la sua specie, attraverso la creazione dell’homo unisex, lo schiavo perfetto, l’essere cui si può vendere qualsiasi cosa, anche una gravidanza surrogata e la nascita di un bambino, come fosse una Barbie, con tutti i gadget annessi.
18.02.2020
Le parole del leader leghista sull'aborto come contraccezione hanno scatenato l'ira della Sinistra sebbene siano deboli: se la donna, come sostiene, ha diritto di scegliere, non si vede perché in alcuni casi non possa farlo. Non si comprende il perché di questa ambiguità ma se il problema è l'elettorato basta guardare a Trump. Se si vuole difendere la fede del Paese non si può farlo senza la ragione e la verità. Come ricorda la Madonna, che lui ama citare.
"Non è compito mio dare lezioni di morale, è giusto che sia la donna a scegliere. Però non puoi arrivare a prendere il pronto soccorso come la soluzione a uno stile di vita incivile per il 2020”. Sono parole contraddittorie quelle del segretario della Lega. Come si può infatti dire che la donna deve essere libera di scegliere per poi affermare che quello che sceglie è incivile? Perché o l’aborto non è un omicidio, oppure lo è. O è un diritto della donna, oppure non lo è. Perciò, o va pagato sempre dallo Stato, oppure mai. Perché, in sintesi, se la donna ha diritto di sceglierlo una volta, non può farlo tutte le volte che vuole? Certo l’ex ministro degli Interni fa la differenza fra l’aborto come “extrema ratio” e l’aborto come contraccezione. Ma è proprio la bugia dell’omicidio come un “rimedio estremo” possibile ad aver generato il nichilismo per cui si sbarazza dei bambini come fossero oggetti, tanto che le recidive sono migliaia: il ministero della Sanità parla di uno 0,9% di donne che hanno abortito nel 2017 (80.733) che avevano avuto 4 o più aborti.
Eppure le parole di Salvini hanno fatto scalpore come se il leader leghista avesse messo in forse quello che per gli Stati occidentali è diventato il diritto dei diritti. C’è poco da scomporsi, però, se il capo dell’opposizione prova a combattere il finanziamento della pratica mentre lui stesso la fa passare come un diritto. Perché se il punto di partenza, come afferma lui, è la scelta della donna come sacra, allora non ci sono ragioni sufficienti per sostenere che questa vada limitata.
Peccato, perché con questi giri di parole Salvini accende l’ira dei suoi nemici, senza guadagnare molto fervore fra l’elettorato pro vita. Peccato anche perché basterebbe affermare la verità per sostenere fino in fondo quello a cui il leghista richiama: l’aborto è l’omicidio di un bambino, privato fin dal suo concepimento del diritto dei diritti, quello di vivere. È solo riconoscendo questo che si può dire che l'aborto è incivile (non che lo è fino ad un certo punto), e che mai e poi mai si può finanziare l’omicidio di un essere umano.
Quel che non si comprende fino in fondo è se questo atteggiamento nasca da una scarsa convinzione ad ingaggiare una battaglia sull’aborto, dal timore di perdere parte del suo elettorato laico o da una certa solitudine nel sostenere alcuni temi insieme alla mancanza di un forte movimento pro life alle sue spalle. In ogni caso Salvini starebbe facendo un grosso errore. Per quanto riguarda la sua convinzione sul tema è giusto ribadire che ad un giorno dal concepimento, o a dodici mesi, l’eliminazione di un feto è sempre un assasinio (quindi la lesione del diritto di un indifeso, prima ancora che la scelta di una madre adulta che dovrebbe comunque rispondere delle conseguenze dei suoi atti). Perciò il problema non è innanzitutto di natura economica o delle donne immigrate che intasano i pronto soccorso («ci sono - ha continuato il legista - immigrati che hanno scambiato i pronto soccorso per un bancomat sanitario per farsi gli affari suoi senza pagare una lira»).
Per quanto riguarda il problema dell’elettorato, Salvini dovrebbe invece guardare a Trump: sin dall’inizio della sua prima campagna elettorale, il presidente repubblicano fu combattuto da poteri molto più forti di quelli con cui ha a che fare lui solo per aver parlato della santità della vita e del fatto che nessuna persona, sana o malata che sia, va eliminata. Soprattutto Salvini dovrebbe imitare Trump, se davvero come lui vuole farsi portavoce della tradizione cristiana del proprio Paese (come ha detto più volte di voler fare con il rosario in mano). Il presidente americano, dopo quattro anni di politiche fortemente pro life (uno dei motivi per cui ha rischiato l'impeachment), ha risvegliato un elettorato religioso ormai stanco, che ora per lui sarebbe disposto a tutto. Non a caso il presidente ha affermato senza ambiguità che: «La nostra Nazione ribadisce con orgoglio e forza il suo impegno a proteggere il prezioso dono della vita in ogni fase, dal concepimento alla morte naturale». O ancora, partecipando come primo presidente Usa alla Marcia per la Vita, ha confermato: «Siamo qui per una semplice ragione: difendere il diritto di ogni bambino nato e non nato affinché realizzi il progetto di Dio su di lui…per promuovere la bellezza e la dignità di ogni vita umana lavorando per porre fine all'aborto».
È vero che il movimento pro vita italiano è molto più debole di quello americano, anche perché, a differenza del secondo, il primo si è subito politicizzato (vedi Family Day) perdendo la funzione di movimento di pressione e di piazza che avrebbe potuto assumere. Ma un popolo di fedeli, pur senza generali, esiste anche in Italia e chissà che non decida di ridiscendere nel campo politico-culturale, trovando un capitano davvero valido.
In ogni caso, caro Salvini, quel Rosario e quella Madonna (di Medjugorje) a cui anche noi siamo tanto affezionati, che portava al polso anche mentre parlava dell'aborto, e che lei mostra, giustamente, come il segno della cultura che vuole rappresentare, non sono oggetti sentimentali. Ma il segno di una visione della vita che viene da una fede profondamente ragionevole e rispettosa della realtà e di ogni persona. Quindi della verità. E in questo caso la verità cristallina è che l’aborto è l’omicidio di un figlio in grembo. Mentre la tradizione di cui lei si fa difensore si fonda su comandamenti necessari alla vita di ogni uomo e di ogni società (credente e non) per prosperare, fra cui c’è quello di non uccidere. Soprattutto se si tratta della carne della tua carne. A lei che ha coraggiosamente citato i messaggi della Madonna vogliamo allora ricordare anche questo: «Non abbiate però paura a testimoniare la verità, perché se voi non avete paura e testimoniate con coraggio, la verità miracolosamente vincerà».
Benedetta Frigerio
https://lanuovabq.it/it/caro-salvini-ci-dispiace-ma-sullaborto-si-sbaglia
Crollo delle nascite in Italia: le responsabilità dell’iniqua legge 194
(Alfredo De Matteo) Continua a decrescere la popolazione italiana, tanto che per il quinto anno consecutivo i decessi superano le nascite. Nel 2019 si registra un saldo naturale negativo di 212 mila unità, dovuto alla differenza tra 647 mila decessi e 435 mila nascite che è il dato più basso mai registrato nel nostro Paese. Il tasso di fecondità, 1.29 figli per donna, rimane costante ma è largamente insufficiente a garantire il necessario ricambio generazionale che è di 2.1 figli per donna.
Tutte le principali agenzie di stampa riportano con una certa preoccupazione i dati diffusi dall’Istat che certificano l’inesorabile declino della popolazione italiana. La politica si interroga su come cercare di risolvere il problema della denatalità. Lo stesso capo dello stato, Sergio Mattarella, ammette che è necessario e urgente combattere il calo demografico italiano: «Va assunta ogni iniziativa per contrastare questo fenomeno perché si rischia un indebolimento del nostro paese».
Eppure, la causa principale dell’inverno demografico, l’aborto di stato, non viene mai menzionato dalle Istituzioni né dalla politica in generale né tantomeno dai media, compresi quelli cattolici. Lo stesso quotidiano dei vescovi italiani, l’Avvenire, nei diversi articoli di approfondimento dedicati alla paurosa crisi demografica in atto, non riserva neppure una riga alla piaga dell’aborto volontario.
Ma i numeri parlano chiaro: oltre sei milioni di morti ammazzati dal 1978 ad oggi grazie alla legge 194 e un numero imprecisato di omicidi causati dagli aborti chimici, diretta conseguenza della 194. Dunque, anche volendo tralasciare il male morale causato dalla odiosa pratica dell’aborto volontario e volendo usare solo la logica ed il buon senso, non si può non prendere in considerazione l’ipotesi di abrogare una norma assassina che sta letteralmente decimando la popolazione italiana. Non solo, nessuno prende nemmeno in considerazione l’idea di abrogare almeno il finanziamento pubblico all’aborto.
Insomma, sono oltre quarant’anni che lo stato finanzia l’uccisione dei suoi cittadini, salvo poi lanciare l’allarme per una situazione demografica ormai insostenibile. Siamo all’assurdo.
Quando va bene, c’è qualcuno che osa spingersi un po’ più in là del politicamente corretto, ammettendo la necessità di innescare un cambio culturale: i figli non sono oggetti da comprare sul mercato della riproduzione, quando magari giunti ad una certa età si sente improvvisamente il bisogno di realizzarsi come genitore; i figli non sono nemmeno prodotti da scartare qualora risultino “difettosi”. I bambini sono un dono di Dio e rappresentano il futuro di un popolo. Belle parole, certamente condivisibili. Manca però sempre la condanna della principale causa della riduzione dell’essere umano ad un oggetto da manipolare e scartare a piacimento: l’aborto di stato, la sciagurata legge 194. E con essa tutte le norme inique che pretendono di legittimare pratiche disumane come la fecondazione assistita, l’eutanasia e la morte cerebrale.
L’opinione pubblica non si occupa più del tema dell’aborto, perché lo ritiene ormai un “diritto acquisito”. Come si può dunque operare quel cambio culturale che dovrebbe risollevare le sorti del nostro paese?
Non c’è altra strada che appropriarsi della piazza pubblica e manifestare per la difesa della vita innocente, senza compromessi e reticenze. L’occasione è partecipare alla Marcia per la Vita che quest’anno, sabato 23 maggio, giunge alla decima edizione. In questi ultimi dieci anni la marcia è cresciuta e da essa sono nate tante realtà, composte soprattutto da giovani pro life, che stanno lentamente ma inesorabilmente cambiando la mentalità degli Italiani. L’aborto è un crimine che spezza la vita di un essere umano e con essa la speranza di un intero popolo. E’ giunta l’ora di denunciare pubblicamente la legge che da oltre quarant’anni sta distruggendo l’Italia intera ed è anche giunta l’ora che la politica cominci ad occuparsi di una questione relegata da decenni nell’oblio del politically correct.
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