ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 26 febbraio 2020

Spadaruchina

CORONAVIRUS. SPADARO, L’AMUCHINA E I CASTIGHI DI DIO.


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, purtroppo siamo obbligati ad occuparci ancora del Direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, per la sua indefessa attività sui social, e su twitter in particolare. Come sa chi ha seguito nei giorni scorsi Stilum Curiae, il gesuita che –ahimè – sussurra al Pontefice ha usato la crisi del Coronavirus fra l’altro per attaccare non solo una parte politica che gli sta antipatica, ma anche per trattare da lupi travestiti da pastori quanti suggerivano che questa epidemia potesse essere in qualche modo una punizione verso i peccati umani. E anche ieri ha continuato – citando Vatican News – in questa operazione, come potete vedere.

Abbiamo chiesto il parere di un esperto teologo, che ci ha risposto in buona sostanza così, come abbiamo capito: Spadaro confonde la condanna col castigo.Le piaghe d’Egitto cos’erano? Il castigo è ad ammonimento del peccatore. È una pena da sopportare per espiare il peccato e convertirsi finché siamo nel mondo. La penitenza è appunto questo. Gesù ne ha fatto un sacramento. Perciò condanna il peccato, ma dice al peccatore di aggiustare la sua posizione finché vive, perché non gli accada dopo la morte poi di entrare nella prigione temporanea – il purgatorio – donde ne uscirà solo dopo aver pagato fino all’ultimo spicciolo. Per non parlare delle tante volte in cui mette in guardia dal castigo della Geenna che è eterno. In questo mondo il Signore punisce la colpa dei padri nei figli, fino alla terza e quarta generazione. Per questo è diffusa l’espressione: è un castigo di Dio. Egli procura la ferita, cioè il castigo, ma anche la fascia, cioè la cura. Spadaro finge di non conoscere le Scritture, ovvero le manipola.

Eh sì, perché la Bibbia non è un libro di fantasia – almeno per i cristiani – e un paio di castighi seri li riporta, attribuendo ai peccati degli uomini la colpa. Con buona pace dei Galantino, secondo cui Sodoma alla fine si salva…E qui sotto giusto per farsi una risata vi postiamo un altro paio di screenshot del Direttore de La Civiltà Cattolica. Sempre relativi alla crisi che sta mettendo in ginocchio città e regioni d’Italia, oltre a qualche morto, tanto per farvi capire in quali serie mani sia quella che era una prestigiosa rivista, le cui bozze vengono lette prima della pubblicazione in Segreteria di Stato. Non è così per i tweet del suo Direttore, temo…E non siamo i soli ad avere notato queste singolari esternazioni del padre gesuita. Chi fosse interessato può leggere questo articolo

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Marco Tosatti
26 Febbraio 2020 Pubblicato da  9 Commenti --
https://www.marcotosatti.com/2020/02/26/coronavirus-spadaro-lamuchina-e-i-castighi-di-dio/


Una Messa Funebre "per parenti stretti"

di Marco Crevani
Niente Messe… Con sollecitudine le Diocesi del Nord, anche ben lontane dalle zone “rosse e gialle” sospendono la celebrazione dell’Eucarestia, talvolta seguendo di pochi minuti decreti governativi, regionali e prefettizi, talvolta lasciando finire almeno la Domenica. Stemmi episcopali a suggellare comunicazioni poco più che burocratiche o vere lettere pastorali, che ricordano almeno ai sacerdoti di celebrare comunque il Sacrificio dell’Altare e ai fedeli di pregare con più fervore.

Voglio però raccontare come è il Signore stesso a venire incontro alla sua Chiesa, quando il dolore per quanto imposto è sincero. Voglio raccontare di una mattina di febbraio un po’ surreale, il giorno che concluderebbe il Carnevale Romano, poche singole “principesse” con un pugno di coriandoli per le strade, per mano ai nonni, bar pieni fino al “coprifuoco” delle 18, supermercati aperti e Messe sospese.

Muore un sacerdote. Un uomo ancora vigoroso, non fosse per il male che in pochi anni gli ha tolto prima la voce e poi tutto il resto; finché ha potuto ha celebrato e poi concelebrato. Le chiese senza Messa espongono il manifesto funebre; alle 11 del mattino, i “parenti stretti” (come dicono le comunicazioni sulla sospensione delle Messe) si radunano in una chiesa appena fuori dal centro storico. In effetti il sacerdote non aveva più “parenti stretti”, se non i confratelli della Diocesi, presenti nella quasi totalità, e i membri del movimento di cui faceva parte. La chiesa, non piccola, si riempie. Una sola mascherina sull’altare, un flacone di amuchina all’ingresso, il comunicato appeso sul portone che parla dell’epidemia, per stamattina inutile… Il Signore scrive diritto sulle nostre righe storte. Anche accogliendo nella sua Casa chi ha sofferto e offerto.

CORONAVIRUS: parroco celebrerà messa disubbidendo all’Arcivescovo di Milano

Ad Airuno (provincia di Lecco), don Ruggero Fabris ha annunciato che non seguirà le indicazioni dell’Arcivescovo di Milano Mario Delpini che ha sospeso le celebrazioni delle funzioni religiose per evitare i possibili contagi da Coronavirus.
Don Ruggero Fabris per questo ha inviato una lettera al segretario dello stesso arcivescovo di Milano e anche al vicario episcopale della zona pastorale III di Lecco, monsignor Maurizio Rolla, annunciando ad entrambi che disobbedirà e presiederà una funzione al giorno presso la parrocchia dei Santi Cosma e Damiano di Airuno.
Don Ruggero Fabris, 58 anni, ha detto di non avere paura né del Coronavirus e nemmeno di monsignor Mario Delpini che ha proibito la celebrazione delle funzioni religiose per evitare i possibili contagi.
“Se ci togliete l’Eucaristia non ci resta più speranza”, ha spiegato il sacerdote.
“Non lo fece neppure San Carlo Borromeo durante la peste né il cardinale Ildefonso Schuster durante la Seconda guerra mondiale. Invece di invitare a pregare e dar coraggio ci fate alzare bandiera bianca” ha detto sconsolato a Il Giorno il sacerdote.
Il parroco terrà però chiuso l’oratorio.

I cattolici al tempo del coronavirus / 2

Cari amici di Duc in altum, vi propongo qui il mio contributo per la rubrica La trave e la pagliuzza di Radio Roma Libera. Dato però che si parla della singolare situazione che stiamo vivendo in questi giorni, ho pensato che potesse andar bene anche per lo spazio I cattolici al tempo del coronavirus. Spazio a disposizione, lo ricordo, di tutti voi che vorrete scrivermi, alla pagina Facebook, per raccontare che cosa sta succedendo lì dove vivete. 
A.M.V.

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I parroci che ci piacciono
“L’ho fatto perché l’Eucarestia è la cosa più importante che abbiamo nella vita”.
Don Gabriele, il parroco di Castiglione d’Adda, risponde così a chi gli chiede ragione del suo gesto, cioè benedire con il Santissimo sul sagrato deserto, suonare le campane e non rinunciare alla Messa, anche se celebrata senza la presenza fisica di fedeli.
Castiglione d’Adda, in provincia di Lodi, si trova nel pieno del focolaio del coronavirus. Anche qui, dunque, sante Messe vietate, per evitare assembramenti e contatti fra le persone. Ma don Gabriele non si è limitato ad applicare burocraticamente le direttive delle autorità civili.  Ha invece voluto celebrare la Messa in unione spirituale, spiegando che “questa privazione ci aiuterà a desiderarla ancora di più”.
Quando ha saputo del contagio, don Gabriele era a Lodi, dalle monache carmelitane, per le confessioni. “Ma ho capito – racconta – che dovevo rientrare immediatamente dalla mia gente”.
Quando poi è arrivato il comunicato del vescovo, con il divieto di celebrare le Messe comunitarie, don Gabriele ha provato un profondo dolore. “Ho immaginato la gente che vede la vita cristiana azzerata, così mi sono detto: devo raggiungerli in un qualche modo per dire loro che la Messa ci sarebbe comunque stata e sarebbe stata per loro”. E lo ha fatto con un semplice messaggio su Whatsapp che ha raggiunto tutti i fedeli e ha suscitato grande commozione.
“Nessuno potrà mai chiedermi di non celebrare Messa”, dice il parroco, che poi spiega così l’idea della benedizione eucaristica: “Ho fatto più considerazioni. Anzitutto non bisogna dimenticare che da noi non c’è solo paura, ma c’è lo sconforto di vedere che il virus è entrato nelle nostre case. E in questi casi al panico si aggiunge la sensazione di essere stati abbandonati da Dio. Ma abbiamo l’Eucarestia che è il bene più grande che c’è sulla terra ed è conforto e benedizione. Così ho voluto dire loro: guardate che non siamo stati dimenticati da Dio, Lui vi benedice. Bisogna aiutare i miei parrocchiani a superare questo momento di scoraggiamento e di dubbio, perché ci è capitata questa cosa. Dio non ci maledice, ma ci benedice”.
E l’altro motivo, spiega ancora don Gabriele, “è che noi purtroppo consideriamo l’Eucarestia come una cosa. Invece quel che mi ha sempre colpito è che Gesù non ha dato all’Eucarestia una forza d’inerzia, che va avanti per conto suo, ma, quando la celebriamo, Gesù è lì con il suo amore palpitante e il suo dolore, la sua Passione. Per cui nell’Eucarestia dove c’è Gesù risorto c’è anche il suo dolore. Nell’Eucarestia c’è tutto, anche la guarigione. La benedizione ci restituisce questo Tutto, questo dolore, con l’amore della nostra vita”.
“Credo che questa lontananza dal Santo Sacrificio – dice don Gabriele – servirà a far crescere in noi la fame dell’Eucarestia. Diciamo la verità: oggi ci si è abituati alla Messa in maniera meccanica”.
Don Gabriele ricorda che Benedetto XVI, quando era ancora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, raccomandò di dare un valore spirituale a una privazione temporanea, per condividerla con chi non può averla. Una sorta di solidarietà eucaristica.
Il parroco riconosce che si è sentito un po’ nei panni di don Camillo che celebra Messa da solo, con la chiesa allagata e i fedeli fuggiti sull’argine.
Un’immagine che torna alla mente anche leggendo l’avviso che un altro parroco, questa volta del Ferrarese, ha voluto diffondere tra i suoi fedeli.
Il parroco si chiama don Tommaso e la chiesa è quella di San Biagio a Villanova. Ed ecco il testo dell’avviso sacro: “In riferimento all’emergenza sanitaria legata al coronavirus, come richiestoci dalle varie autorità competenti, si avvisa che non si possono svolgere Messe pubbliche, per evitare l’assembramento di più persone nello stesso luogo. Quindi le funzioni sono sospese. Cari fratelli e sorelle, so bene che si tratta di misure gravi e clamorose, alle quali vi invito a sottostare con pazienza e fede. Sebbene la vostra partecipazione sia interdetta, non significa che sia impedito a me di celebrare. Il Santo Sacrificio di Gesù, ovvero la Santa Messa, ha sempre un valore infinito che non dipende dal numero di persone e i cui benefici prometto di chiedere sempre per la nostra comunità. Vi invito allora a unirvi a me, nelle ore previste e al suono delle campane, con le vostre preghiere, magari recitando l’unica corona che ci piace, quella del Santo Rosario, per non spezzare la catena che ci lega al Cielo e continuare a chiedere a Dio, tutti insieme, protezione e salvezza. Al termine della Messa di mercoledì – conclude il comunicato di don Tommaso – uscirò sul sagrato parrocchiale, benedicendo con il Santissimo Sacramento tutto il Paese.  Vi abbraccio e per intercessione di san Biagio e della Madonna di Fatima vi benedico”.
Ecco, questi sono i parroci che ci piacciono. Non burocrati della religione, ma uomini di fede.
A.M.V.

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