ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 21 marzo 2020

Domanda politicamente scorrettissima

RIFLESSIONE
Epidemie e peccato, una triplice relazione

Peccato originale, espiazione, responsabilità personali nella diffusione delle epidemie. Certo che c'è una connessione tra epidemie e peccato. Vuol dire questo che il coronavirus è un castigo, direttamente o indirettamente voluto da Dio? Nessuno lo può dire con certezza, ma neanche lo si può escludere.


                            Adamo ed Eva


Domanda politicamente scorrettissima e assai urticante in questi giorni: è legittimo predicare una relazione tra epidemie e peccato? Sì, almeno in un triplice senso, un triplice senso che – dal momento che stiamo parlando di peccati – si articola in una prospettiva teologica. In primo luogo ogni epidemia, compresa la presente che ormai è diventata pandemia, trova la sua origine nel peccato originale. Ovviamente – lo ripetiamo – stiamo individuando una causa di natura teologica, non empirica/sanitaria: una causa non esclude l’altra, ma marciano parallele su piani diversi, dipendendo però la seconda, in ultima istanza, dalla prima.

Il peccato originale non solo ha reso l’uomo mortale, ma tutte le malattie, comprese quindi le epidemie, e tutte le imperfezioni fisiche e psicologiche in ultima istanza derivano da esso. Il Catechismo della Chiesa cattolica ci ricorda che a causa del peccato originale «la creazione è soggetta alla schiavitù della corruzione» (400) e aggiunge che «in conseguenza del peccato originale, la natura umana è indebolita nelle sue forze, sottoposta all'ignoranza, alla sofferenza, al potere della morte» (418). Certamente quindi possiamo dire che anche la presente pandemia deriva in ultima istanza dal peccato originale: in Paradiso il numero di contagiati è stato e sempre sarà pari a zero.

Esiste poi un altro legame tra peccato ed epidemia. Le sofferenze fisiche e psicologiche patite dalle persone possono diventare strumento di espiazione per i peccati, dunque possono avere valenza riparatoria per i propri peccati e/o per i peccati altrui. Dunque una epidemia può avere carattere di pena. Tale pena può essere espressione diretta della volontà di Dio. Gli esempi nella Bibbia sono molteplici. Pensiamo alle piaghe di Egitto o alla distruzione di Sodoma e Gomorra. Una sottolineatura: una patologia come il coronavirus è un danno di carattere fisico. Non tutti i danni sono espressione di mali morali. Dunque Dio non può mai volere direttamente un male morale, ossia essere lui l’autore di un male morale (semmai può tollerare un male morale compiuto da terzi per un bene maggiore), ma può volere un male fisico, rectius un danno fisico per un fine buono. Così come un chirurgo quando amputa una gamba per salvare la vita del paziente.

Oppure l’epidemia può essere non direttamente voluta da Dio, ma solo permessa (ricordando però che anche la permissione è espressione della volontà di Dio). Dio dunque tollera un male/danno fisico per un bene maggiore, che può essere appunto permettere ad intere popolazioni di fare penitenza per i propri peccati. Naturalmente Dio può direttamente infliggere un male fisico oppure permetterlo non solo per finalità punitive, ma anche perfettive: potrebbe essere una prova per crescere nelle virtù. Pensiamo a tutte le virtù cardinali e teologali e alle virtù ad esse connesse. Le moltissime iniziative di volontariato che ha generato questa emergenza possono esserne una prova. Un’altra finalità plausibile potrebbe essere quella di indurre alla conversione morale e/o di fede (naturalmente tutte queste finalità possono sommarsi, anche in gradi diversi, nella medesima persona).

Un’obiezione abbastanza comune e assai comprensibile rivolta alla riflessione sin qui articolata potrebbe essere la seguente: nel caso di epidemie come la presente, il virus infetta anche persone innocenti. Si può rispondere almeno in due modi. In primo luogo nessuno di noi è perfettamente innocente agli occhi di Dio. Ciò non toglie che – se parliamo di epidemia come pena – per molti di tali “innocenti” questa sofferenza sarebbe spropositata rispetto alle loro colpe. E qui arriviamo alla seconda risposta all’obiezione prima indicata, risposta che richiama quanto detto poco prima: per gli innocenti la sofferenza imposta può avere valore riparatorio/retributivo di peccati altrui e/o valore perfettivo o indurre alla conversione.

Un nota bene importantissimo, per evitare facili fraintendimenti relativi a quanto sin qui scritto. Nessuno, dicasi nessuno, è in grado di dire che certamente il covid 19 è solo un castigo voluto, direttamente o indirettamente, da Dio. Non lo si può escludere, ma sarebbe errato assegnare ad esso questo esclusivo significato. Quindi può rappresentare solo una pena con finalità riparative, può essere solo una prova di carattere perfettivo o una occasione di conversione oppure può assumere parte o la totalità di questi significati.

Ciò che è certo sta nel fatto che, voluto direttamente o tollerato da Dio, anche questo drammatico avvenimento non esce dal piano provvidenziale di Dio e quindi ha una valenza, nella sua oggettiva tragicità, positiva, perché tutto ciò che accade, voluto direttamente da Lui o solo permesso, accade per il nostro bene perché il piano provvidenziale di Dio è sempre un piano di bontà (va da sé che le occasioni di bene interrogano la nostra coscienza e possono essere liberamente rifiutate). Ad esempio questa pandemia ha permesso a molti di discernere l’essenziale dal superfluo, di riscoprire il valore del rimanere in famiglia, della preghiera, della intimità con Cristo, dell’Eucarestia a fronte della impossibilità di partecipare alla Santa Messa, di scoprire o riscoprire Dio.

Un terzo rapporto tra pandemia e peccato si riferisce alle condotte dei singoli in riferimento proprio al virus in quanto tale ed è un rapporto possibile, ma non certo, seppur, nel caso specifico che stiamo vivendo, assai probabile. In prima battuta non si può escludere che il primo contagio sia avvenuto per inavvertenza, mancanza di prudenza, etc.. Ma è mera ipotesi teorica. Parimenti non si può escludere – ed anzi pare probabile (clicca qui) – che la sua diffusione, sia stata favorita anche da inadempienze ed errori non solo colposi, ma anche dolosi (ad esempio: voler minimizzare il fenomeno pur avendo consapevolezza della sua gravità), commessi prima in Cina e poi anche negli altri Paesi sia dai governanti che dai cittadini. Gli atti contrari al bene come, ad esempio, condotte poco diligenti, inadempienze, errori di valutazione, tentativi di coprire le curve di contagio agli occhi dei media e dell’OMS, etc. prendono il nome, sotto la prospettiva teologica, di peccati.

Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/epidemie-e-peccato-una-triplice-relazione

Devi prima piangere i tuoi peccati

Devi prima piangere i tuoi peccati - Quaresima Vocogno 11.
Nell'impossibilità di fare gli incontri ci teniamo in collegamento così.
Don Alberto Secci. Vocogno 21 Marzo 2020.
Buona Quaresima.
03:40

Meglio un morso di serpente o un’infezione da coronavirus?


di Carloalberto Rossi e Giorgio Saibene
Le televisioni di tutto il mondo ci bombardano di notizie di morti illustri, o di giovani fulminati dal COVID-19, o di continue contabilità di contagiati, ricoverati, guariti, morti, quarantenati o intubati, con un drammatico count-down dei pochi letti di terapia intensiva rimasti disponibili o, infine, ci informano del decesso di una ultraottuagenaria australiana da poco contagiata dallo spietato virus.
Nel tempo beato dei nostri padri un morto nella città vicina veniva risaputo dopo parecchi mesi, mentre la notizia della morte di un emigrante in Australia poteva essere risaputa anche dopo anni. Oggi no, oggi tra social e televisioni prive di altre notizie, ci tocca deprimerci ancora di più contabilizzando nella nostra mente anche la dipartita di una quasi novantenne ospite di un ospizio per anziani di religione cristiano-battista da qualche parte nel Nuovo Galles del Sud.
Se non sapete dov’è il Nuovo Galles del Sud, non preoccupatevi, probabilmente non lo sapeva piu’ nemmeno la vecchietta teste’ deceduta, e questo non e’ servito a prolungare la sua ormai precaria esistenza e non servirà a voi per vivere più sereni.
Nel mondo di oggi, popolato da 7,7 miliardi di persone (World Health Organization 2020), muoiono ogni anno circa 60 milioni di persone, delle quali oltre il 90% dei casi per morti non accidentali, ma causate da varie patologie. Per comprenderci meglio, è come se ogni anno morisse tutta la popolazione italiana. Oppure per avere un paragone più semplice, ogni anno in Italia muoiono tante persone quante ne vivono in tutta Torino: una vera strage.
Ma un discorso fastidioso e delicato come quello della morte non si può affrontare solo da un punto di vista quantitativo, se muore un tuo caro amico, o un tuo parente, il fatto che il suo destino sia comune a quello di molte altre persone non è per niente consolatorio, e allora occorre una analisi qualitativa: andiamo a vedere come muoiono tutti questi disgraziati, perchè diverso è morire di Coronavirus in un letto di ospedale senza nemmeno i tuoi cari vicini, e diverso è morire soffocati facendo sesso estremo come nel film “L’impero dei sensi”, cosa che però capita ogni anno a circa 1.200 cittadini americani.
In Italia, come in tutti i paesi altamente sviluppati, gli incidenti domestici rappresentano un caso emblematico con i 3 milioni di incidenti domestici ogni anno, che interessano 3,5 milioni di persone (Istat 2019 e Inail 2018), e che causano ben 8.000 morti l’anno sui quali nessuno si interroga, anche se stiamo parlando di una strage di persone morte scivolando nella doccia, o cadendo dalle scale, o bevendo per errore la soda caustica. Morte ingloriosa, ma sempre morte. Anche in questo caso, come con il Coronavirus, la maggior parte delle vittime, tre su quattro, sono persone che hanno già passato i 65 anni di età, ma per loro, a differenza della vecchietta australiana, nemmeno una citazione, nemmeno sul Facebook dei vicini.
In Europa gli incidenti stradali contano circa 27.000 morti all’anno nell’area Schengen mentre quasi 40.000 considerando l’allargamento ai Paesi dell’Europa dell’est; nel mondo il numero delle persone morte in auto sale a 1,24 milioni l’anno (World Health Organization, 2017); come se ogni anno morisse tutta la popolazione residente a Milano, ma ci siamo abituati e se capita ad un parente ci diciamo sconcertati, ma non ci fermiamo più di un momento a meditare sulla cosa. Morire in un incidente d’auto non solo è un rischio accettato nella nostra società, ma addirittura è come se fosse un onore conquistato del progresso tecnologico ed economico che sostituisce la cavalleresca morte in battaglia del grande guerriero. Una storia di coraggio, o di incoscienza, che produce poco sdegno e poche correzioni del nostro stile di vita.
Le morti sul lavoro sono 50.000 l’anno nella sola Unione Europea, mentre nel mondo se ne contano 794.000 dai dati ufficiali dell’International Labor Organization del 2017. In Italia sono morte 1.400 persone sul lavoro nel 2017, quasi 4 al giorno. Certo, morire sul lavoro, magari cadendo da una impalcatura in un cantiere edile, non è glorioso come schiantarsi con la Mercedes a 200 all’ora, però qualcuno potrebbe fare qualcosa anche per ridurre questa causa di morte, e infatti in molti paesi ci sono appositi istituti pubblici che dovrebbero emanare regolamenti in proposito e poi farli rispettare, ma quando ci scappa il morto era sempre tutto in regola . . . e nessuno si indigna più di tanto.
Gli Stati Uniti registrano anche una forte quantità di decessi causati da abuso di sostanze stupefacenti e medicinali che producono 67.000 morti ogni anno, cui si aggiungono oltre 13.000 decessi direttamente collegati da abuso di bevande alcoliche, in totale 80.000 persone, come se ogni anno sparisse, solo per droga e alcool, una città grande come Como o Varese o Pozzuoli. Ma i grandi difensori dei diritti civili si oppongono a una vera proibizione delle droghe, e quegli 80.000 si aggiungono al milione di morti mondiali ogni anno per l’HIV, ma non fa più notizia, e ancora meno scandalo.
In Africa, popolata da oltre 1,3 miliardi di persone delle quali il 35% ha 29 anni o meno, oltre alle cause di malattie endemiche che producono milioni di morti, propagate per carenze infrastrutturali, igieniche e alimentari, ci sono decine di migliaia di casi di morti accidentali dovuti a ferite di animali. Anche gli insospettabili ippopotami fanno ogni anno 2.900 vittime registrate nella sola Africa equatoriale, a cui si aggiungono ogni anno mediamente 2.000 vittime di attacchi di coccodrilli.
In India, sulla stima congiunta del centro di ricerca di medicina veterinaria e del Ministero della Salute avvengono oltre 50.000 attacchi mortali all’uomo causati da serpenti, in media quasi uno ogni 10 minuti. Ma si sa, Africa e India sono posti dove la vita umana non vale niente, e in più sono posti lontani, e poi sono un po’ selvatici, chi si deve commuovere?
Ma anche gli animali domestici o da pascolo, compagni di giochi o fornitori di alimenti vitali per tutte le popolazioni del mondo, comportano un prezzo da pagare in vite umane, e cosi’ ogni anno nel mondo ci sono 30.000 morti sbranati dai cani e anche 20.000 morti scalciati dalle vacche e dai grandi bovini. Disgrazie, si dice, e non ci si pensa più.
Sono invece solo poche decine all’anno in tutto il mondo gli uomini sbranati dagli squali, ma grazie ai film e alla suggestione è considerato un pericolo vero, per il quale si spendono molti soldi per difese e protezioni, cosa che invece non avviene più di tanto per mosche e zanzare, che nel mondo intero, tra malaria, deng e tse-tse, ne ammazzano ogni anno quasi un milione. Invece gli animalisti italiani condannano Benito Mussolini che bonificando le aree paludose ha causato l’estinzione in Italia della zanzara anofele, quella che porta la malaria, che secondo loro aveva ed ha il diritto a vivere come ogni altra specie animale.
Ogni anno nel mondo muoiono circa 9 milioni di persone (di cui solo in Italia 45.000, come in Francia, mentre circa 80.000 in UK o in Germania) per malattie infettive o per malattie polmonari, tra i quali andranno conteggiati anche i morti del Coronavirus, molti dei quali sarebbero presto finiti nelle stesse statistiche, ma con meno clamore, meno spese e meno danni collaterali per l’economia e la società.
Invece per il Coronavirus, in un crescendo isterico e demagogico, stiamo uccidendo l’economia europea, con costi che richiederanno molti anni per essere recuperati e risultati che saranno impercettibili e, per fortuna di chi prende le decisioni, impossibili da dimostrare.
Nei soli Stati Uniti ci sono stati nel 2018, 1.8 milioni di interventi del pronto soccorso per ricoveri di persone cadute dal letto durante la notte, credete che qualcuno abbia fatto un decreto per accorciare i piedi dei letti? Forse i giapponesi avevano già capito tutto da secoli: dormendo sui tradizionali letti tatami e materassi futon distesi all’altezza del pavimento!
Però non fate gli stupidi e state a casa, che è meglio.
Non tocca a voi decidere anche per gli altri, se non siete d’accordo con la politica del vostro governo ricordatevelo quando andrete a votare. Adesso siate responsabili e disciplinati, se no avrete, anzi avremo, i costi e pure i danni.

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