ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 7 marzo 2020

La devozione di chi crede

L'Assurdo virale



Nosocomio Italia a reti unificate. Non si sfugge, tutte le reti sono sintonizzate sul Tema Unico: Coronavirus. I processi sono bloccati a parte quelli importanti (bisogna vedere quali vengono considerati tali) che necessitano di una corsia preferenziale: c'è il coronavirus. Molti di noi  si sorprendono già a pensare: magari si contagiasse tutta una magistratura già infett di suo. Ma non si può dire. Le scuole sono chiuse e gli studenti li si incontra i in giro a spassarsela in gruppi : c'è il coronavirus e bisogna giustamente stare allegri. Li si vede ai chioschi dei bar, alla paninoteca ecc.  Se sono bimbi delle materne, vengono parcheggiati da nonni non sempre così arzilli e pazienti.  In molti caso i genitori dovranno  assumere una baby sitter, e... pagare.

La cosa che più mi ha colpito  di questi "strani giorni" sono queste passeggiate forzose. Intendiamoci, mi piace passeggiare per boschi, lungolago, lungomare, piste ciclabili. Ma vedere un mucchio di gente in giro a passeggio obbligatorio, a causa delle palestre chiuse, piscine chiuse, scuole di yoga, di danza, di canto o altro, chiuse, mi fa pensare che ci hanno reso "esiliati" da noi stessi, Esiliati dalle nostre abitudini, dalla nostra vita, dal nostro tran-tran che magari prima maledivamo pure, ma faceva parte delle nostre certezze. A proposito, anche le riunioni condominiali di pochi condomini, sono saltate: c'è il virus. Ora invece durante questi "quarti d'ora dell'aria" più prolungati del solito, ci sentiamo quasi smarriti  da tanta falsa libertà, come se avessimo voglia di rientrare. Sì, ma rientrare dove? A casa occorre evitare la TV a programma unico e a reti unificate sul virus. Con Conte che fa proclami da dittatore-iettatore di una  Banana Republic agli italiani e Mattarella che pontifica come all'ultimo dell'anno. Ma quel discorso retorico e vescovile, a differenza del 31 dicembre scorso, non si può evitare: lo rivediamo sul web, lo sentiamo ripreso in tutte le salse.  Eppoi andare dove?  I Tour Operator se la passano molto male, e sono costretti a disdire i viaggi organizzati. Navi di Costa Crociere, vengono precettate e al personale e ai passeggeri viene impedito di scendere. Vengono annullate perfino le gitarelle fuori porta della domenica, andata e ritorno in giornata, per pensionati e zitelle.
Intanto quel che sorprende sono i Club calcistici che continuano imperterriti con partite "a porte chiuse". Partite di pallone con tornei giocati a stadi vuoti, ma che devono produrre alti indici di audience ai grandi network mondiali. Ma soprattutto, devono recare sollazzo ai contagiati: in metafora, i nuovi “appestati” del XXI secolo, seduti  comodamente sui divani durante le loro quarantene forzose. E qui viene in mente lo scrittore dell’Assurdo Samuel Beckett nella sua pièce teatrale “Finale di partita” dove  in realtà non c'è partita, perché nessuno si muove. Partita immaginaria con giocatori che minano i gesti come nel finale della partita di tennis in "Blow Up" di Antonioni. Nell'epilogo, si vede una partita di tennis giocata da una compagnia di mimi senza palle né racchette, e il fotografo  protagonista, ormai persuaso di aver immaginato tutto, segue con gli occhi la traiettoria dell'invisibile pallina bianca mentre si sente il tipico rumore della palla percossa dalle inesistenti racchette.


 Ma non mimano  un gioco "assurdo e surreale" solo i giocatori. Tutti mimano e simulano.  Mimano gli alunni che fingono di apprendere da "aule virtuali". Simulano l'insegnamento i docenti lasciati a casa e che squadernano PDF e file didattici da scaricare sui loro allievi per far "recuperare i tempi morti".
Con madri e padri sempre più incazzati che oltre a lavorare ora devono improvvisarsi insegnanti. Oops il pc si è impallato, il file non si apre...E allora la mamma telefona, allarmata, alla vicina: " Ti si apre il file della scuola, di tuo figlio? "
Fingono di lavorare pure quelli dello smart-work da casa. Manager compiaciuti dichiarano nelle loro interviste che "work must go on".
Frattanto, chi ha programmato tutto questo sconquasso, si frega le mani (senza magari averle lavate) per la contentezza: si possono vendere software più efficaci. Senza contare che dall'alto, sulla torre di controllo, stanno monitorando la superfluità del "capitale umano". Un po' di "programmi, qualche robot...e oplà! In un battibaleno (meglio, in un battibalengo) uomini e donne  (quelli in carne e ossa) diventano "superflui". Anche i medici di base diventano "superflui". Ambulatori chiusi, telefonate in caso di bisogno, ricettina da scaricare on line. E il vecchietto che non ha il pc? Peggio per lui, non si è modernizzato . E chi ha la stampante guasta?
Beh, c'è la chiavetta: copia la ricetta,  lo fa scaricare e stampare altrove. Manicomio Italia prima e dopo la Legge 184.

Tutti simulano, verbo che in Inglese si dice "to pretend", particolarmente efficace nella lingua d'Albione, poiché dà il senso della "pretesa" e della pretenziosità. E' inaccettabile che gli Italiani si siano fatti prendere in ostaggio da questa blindatura forzosa, ridotti all'inerzia, all'inattività più supina. Si badi bene, non sto dicendo che il virus non esiste e che vada preso sottogamba, sto dicendo che lo si cura con tutta una serie di altri pericolosi virus, il primo dei quali è la sospensione  e sequestro della democrazia:  referendum rinviato, così si potrà rinviare ad libitum le elezioni, Mes passato nel silenzio assordante, legge sulla prescrizione, legge sulle intercettazioni con Trojan (un altro virus informatico che chiamano "soft") fatti passare a colpi di fiducia, tentativi di smantellare le realtà sanitarie locali, per accorparli e centralizzarle con Roma.
Ora si parla addirittura di chiudere il Parlamento e aprirlo solo una volta la settimana. Silenzio!  Non si parla né si dibatte: c'è il coronavirus. Servivano già a poco i parlamentari, ma ora è ufficiale: il virus è riuscito a fare quel che nemmeno Mussolini è riuscito, a effettuare un bel golpe virale.   Andiamoli a prendere con le mascherine e nodosi bastoni, obbligandoli con l'uso della forza a lavorare! E a rischiare il contagio. Ecchediamine!

L'Italia ebbe già l'Asiatica nel 1969 che fece 10.000 morti. Ma per sua fortuna non c'erano i me(r)dia così pervasivi e assordanti e poté guarire senza isterismi collettivi.
L'ultima Assurdità l'ho visto al bar. Chiedo un succo di frutto e aspetto. "No, signora, c'è l'ordinanza. Qui al banco non serviamo niente, deve andarsi a sedere". I tavoli naturalmente erano debitamente distanziati gli uni dagli altri e questo è un bene anche in tempi normali. Poi vado alla cassa e pago. In quel momento, altri clienti erano tutti  insieme davanti alla cassa per pagare. Così come ci sono code e assembramenti ai supermercati, mentre i musei, le gallerie d'arte, i cinema e i teatri, restano rigorosamente chiusi. Ma il vero virus, il vero contagio, lo si vede nelle attività commerciali: negozi deserti che sbancano merce al 70% che nessuno vuole manco fosse portatrice di peste, esercizi commerciali chiusi, bar che aprono dopo le 18 col cartellino delle nuove "misure",  disdette che fioccano per compleanni e anniversari presso i ristoranti  più chic ormai semi-deserti. Tutti a casa, a consumare pasti forzati. Possiamo invitare gli amici? Sì, ma non baciateli né abbracciateli. Demenziale!

A proposito, anche le chiese sono chiuse e Bergoglio non aspettava altro che l'emergenza virus per dare il colpo di grazia definitivo  a una cristianità che se la passa già male. I suoi vescovi soldatini hanno subito accettato l'ordinanza dello stato. Come mai la religione cristiana si è subito appiattita sulle esigenze "basse" del mondo, invece di rivendicare (magari negoziando, tenuto conto che c'è il Concordato) il primato di quelle "alte" dello Spirito?

Si ribella solo qualche preticello di campagna che tiene aperta qualche cappelletta, dove per fortuna ho potuto penetrare di soppiatto per accendere una preghiera e per una candelina accesa. Nessuno (se non tra i commentatori di questo blog)  ha ricordato che durante le grandi pestilenze ben più letali di questo virus, le chiese rimanevano aperte per dare conforto attraverso la preghiera. Pestilenze, siccità, carestie...Le comunità parrocchiali si riunivano e tutto ciò, oltre a costituire un conforto spirituale, era anche una forma di aggregazione contro la paura comune della Morte.
Non sfugge inoltre il fatto che mentre un'Italia in ginocchio conta i suoi morti, Bergoglio in modo autistico e catatonico continua a ripetere il suo mantra delirante e compulsivo, pro migranti, flagellando perfino i nostri morti, affinché resuscitino per confortare i passeggeri dei barconi dall'Africa. Per loro non c'è coronavirus che tenga. Ci fosse anche la peste bubbonica, la lebbra o il colera, sbarcano, sbarcano, sbarcano. E nessuno fa loro il "tampone" o li mette in vera quarantena in mezzo al mare. A ribellarsi alle "bergogliate" sulla serrata dei battenti delle chiese, ci sono fedeli del comasco, del varesotto, della zone transfrontaliera  con la Svizzera. Vanno a Chiasso per una Messa, un po' come gli "spalloni" che portavano le merci di contrabbando oltre frontiera. (La Verità del 6 marzo. articolo di Giorgio Gandola). C'è un piccolo mondo, una piccola comunità devota che si organizza mediante WhasApp per condividere gli orari parrocchiali delle messe ticinesi. "Sono alla ricerca di ciò che non è replicabile su uno schermo: la devozione di chi crede".



Concludo questo mio collegamento da una Terra Desolata con la frase di Veneziani.
"Se per salvarci dal virus, dobbiamo rovinarci la vita, rinunciare all'umanità, vegetare da dementi impauriti sotto vetro, arridatece il rischio di vivere".

E aggiungo io, anche quello di morire.

 Giorno delle SS. Felicita e Perpetua

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Chiose e postille di padre Giocondo / 7

Confidenze in tempi di virus
Caro dottor Valli, i tre confratelli con i quali vivo, avendo letto i miei precedenti pezzi che lei ha avuto la bontà di pubblicare, mi hanno chiesto espressamente di scrivere qualcosa sulla nostra comunità religiosa. Essendo un loro desiderio, lo faccio ben volentieri.
E visto l’argomento, forse mi lascerò andare a qualche confidenza.

Il nostro convento è situato in una splendida posizione tra mare e monti. Non dico su quale isola, per non essere facilmente individuati da possibili inquisitori. Dicono infatti che il suo blog è tenuto costantemente sotto controllo dalla Civc-Sva (Congregazione per gli istituti di vita consacrata e le società di vita apostolica), per stanare e sanzionare possibili religiosi non del tutto allineati con l’attuale corso gesuitico-argentino. Dipenderà forse dal fatto che questi signori ancora non hanno digerito il suo aperto schieramento a difesa della vita contemplativa (espresso in particolare con il prezioso volumetto Claustrofobia)?  È assai probabile.
In comunità parliamo spesso dell’attuale situazione della Chiesa cattolica, contagiata quasi per completo dal virus mortale del neo-modernismo: la difficile convivenza tra i due papi, la crescente confusione dottrinale e pastorale, le oscure prospettive per il futuro… E inoltre: la Comunione eucaristica ai divorziati risposati, l’irenismo ecumenico e interreligioso, l’idolatria panteista ed ecologista, la legittimazione delle unioni gay, il superamento del celibato ecclesiastico, la pretesa di un diaconato femminile, il percorso sinodale in Germania, l’accordo segreto per la nomina dei vescovi in Cina…
E debbo dire che, tutto sommato, abbiamo una sostanziale sintonia di vedute nei confronti delle complesse e importanti problematiche che ho enumerato. E, di questi tempi, una simile sintonia di vedute la reputo un vero miracolo del Cielo!
Provi invece a immaginare, dottor Valli, come deve essere la vita di un religioso che si trovi all’interno di una comunità che non riesce ancora a rendersi conto del grande tradimento che si sta consumando ai massimi livelli della Chiesa; o che se ne rende conto, ma lo giustifica convintamente o anche solo supinamente!
Credo che dovrebbe trattarsi di una vera vita di inferno, da potersi sopportare solamente con il conforto della preghiera e l’aiuto della grazia divina, soprattutto se questa situazione dovesse durare ancora a lungo o dovesse inasprirsi ancora di più!
Ma torniamo al nostro tema di partenza: i miei tre confratelli locali, i loro nomi di fantasia (ripeto: di fantasia), i loro caratteri reali, le loro valutazioni ecclesiali…
Il primo confratello si chiama Padre Pacifico da Strangolagalli: [1] è il superiore del convento. Come fa capire il suo nome, egli riesce a placare tutti i conflitti, pure quelli più aspri, senza rinunciare però a imporsi, a tempo debito, anche con maniere forti e spicciative. Diciamo che sa usare bene sia la carota che il bastone: per questo è stimato e benvoluto tanto da noi quanto dai fedeli. In riferimento all’attuale situazione della Chiesa, egli ama ripetere: «Siamo in guerra: ma il Signore vede e provvede!».
Il secondo confratello si chiama Padre Secondo da Quintodecimo: [2] è l’economo della casa. Egli è di una precisione maniacale e ha una passione speciale per la matematica e per i diversi apparati tecnologici e informatici. Con lui mi ritrovo spesso a ragionare sulla questione dei due papi simultanei: alla fine, concordando con me quasi su tutto, egli chiude il discorso sentenziando: «Peggio della quadratura del cerchio!».
Il terzo confratello, infine, si chiama Padre Furio da Bastardo: [3] è la nostra punta di diamante, il predicatore di grido a livello popolare, il fustigatore di costumi pubblici e privati, una sorta di Giovanni Battista redivivo. Con lui parlo spesso della responsabilità morale di coloro che stanno cambiando il corso della Chiesa, con danni incalcolabili per i fedeli e non solo: e lui – sanguigno in volto e con voce strozzata da santo sdegno – agita in alto il dito indice e grida: «Il fuoco inestinguibile! Il fuoco inestinguibile!».   
Aggiungo che, fino a qualche tempo fa, era con noi anche un fratello laico di voti temporanei, Fra Gaudenzio da Belsedere: [4] egli era un accanito estimatore del famoso gesuita statunitense, padre James Martin, il paladino della causa Lgbt; ma poi, grazie al Cielo, è stato dimesso dal nostro ordine perché la vita religiosa non era per lui.
Ecco, dottor Valli, i miei bravi confratelli con i quali condivido l’infinita pena che ho nel cuore al vedere il grande stravolgimento che è in atto nella Chiesa: glieli ho presentati perché in seguito io li possa eventualmente nominare di nuovo nei miei interventi.
Ringrazio ancora il Signore per questa mia comunità concorde e solidale; e lo supplico in ginocchio per tanti altri consacrati emarginati e perseguitati dai propri superiori, su istigazione subdola e ricattatoria del succitato dicastero romano, i cui numerosi stipendiati – eminentissimi, eccellentissimi, reverendissimi… e opportunisti vari – invece di adempiere al proprio compito con timore e tremore (la Civc-Sva dovrebbe animare e coordinare il fenomeno della vita consacrata a livello mondiale), stanno letteralmente terrorizzando singoli religiosi e intere comunità, pensando in tal modo di avere il potere di rendere bianco il nero e nero il bianco. Poveri illusi!
Non vorrei che il microscopico coronavirus Covid-19, salito in queste settimane agli onori delle cronache mondiali, arrivasse a impedire loro di celebrare in pubblico, così come anch’essi hanno impedito di celebrare in pubblico a non pochi religiosi, per il semplice fatto che questi hanno opposto resistenza alle scempiaggini neo-moderniste degli attuali vertici vaticani e sono rimasti fedeli al vero magistero della Chiesa.
E non vorrei che lo stesso scherzo del destino si verificasse anche per altri superiori religiosi, complici compiacenti e compiaciuti dello stesso dicastero romano, ai diversi livelli interni del proprio ordine: generale, provinciale e locale.
Non vorrei che tutto ciò accadesse… ma, se proprio dovesse accadere, non mi chiedete di rattristarmi più di tanto: la giustizia infatti, per far saldare determinati debiti morali particolarmente odiosi, ricorre spesso alla legge del contrappasso.
E se “fratello virus” – per dirla con san Francesco – raggiungesse anche il vertice della piramide (massonica) e imponesse anche a quelle altezze un sacro silenzio e un prolungato riposo? Per una frazione di secondo tento di ipotizzare una simile evenienza… ed ecco che un oceano di beatitudine invade e travolge l’anima mia, come se mi trovassi sulla cima del monte Tabor al momento della trasfigurazione.
Me ne dovrò forse confessare? Credo proprio di no, anche perché “fratello virus” già ha iniziato a operare nella suddetta direzione: vedi, per esempio, il rinvio a ottobre di due grandi appuntamenti pontifici, previsti rispettivamente ad Assisi per questo mese di marzo («L’economia di Francesco»), e in Vaticano per il mese di maggio («Il patto educativo globale»). E pensare che in giro c’è gente che ancora non crede nei miracoli!
E che dire, poi, del commovente fenomeno delle “Messe clandestine”, che proprio in questi giorni si stanno moltiplicando, in risposta alla sospensione generalizzata di celebrazioni sacre, che è in atto in diverse regioni d’Italia? Che si tratti di una specie di prova generale che “fratello virus” ci consente di fare, in previsione di tempi ancora peggiori per l’intera Chiesa cattolica in Europa? Temo proprio di sì!
Chiudo queste confidenze chiedendo al Signore di ridonare alle nostre comunità ecclesiali – religiose, parrocchiali, diocesane – quella comunione di intenti che si respirava una volta, quando ancora certe epidemie non erano così virulente!
Padre Giocondo da Mirabilandia
_________
[1]             Strangolagalli è un comune in provincia di Frosinone.
[2]             Quintodecimo è una frazione in provincia di Ascoli Piceno.
[3]             Bastardo è una frazione in provincia di Perugia.
[4]             Belsedere è una frazione in provincia di Siena.

I cattolici al tempo del coronavirus / 11

Cari amici di Duc in altum, ecco a voi un’altra puntata della serie I cattolici al tempo del coronavirus. Ricordo che potete scrivermi utilizzando la mia pagina Facebook. Vi raccomando di segnalare la località. Grazie!
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Qui Milano
Caro Aldo Maria, questo divieto di celebrare le Messe assume a volte connotati paradossali. Nella nostra parrocchia di periferia, dove le Messe sono sospese fino a nuovo ordine, anche le attività dell’oratorio sono state fermate. Se non che il sacerdote che si occupa della pastorale giovanile, esprimendo su WhatsApp la sua preoccupazione perché ai nostri ragazzi “mancano, oltre alla famiglia, figure adulte e luoghi di riferimento”, propone ai genitori di convocare in chiesa, “nel rispetto delle ordinanze”, i ragazzi e gli educatori “a piccoli gruppi”, la domenica pomeriggio, “sapendo che la messa non potrà essere celebrata”.
La Santa Messa no, ma riunioni a piccoli gruppi sì! E perché, allora, non Sante Messe per piccoli gruppi?
È chiaro a questo punto che per il suddetto sacerdote la Messa non è essenziale, o comunque è meno importante degli incontri di “pastorale giovanile”.
Per inciso, molte mamme, che non ne possono più di avere in casa tutto il giorno i figli a causa della chiusura delle scuole, hanno accolto con entusiasmo la proposta del prete.
Lettera firmata
Milano
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Qui Treviso
Scrivo dalla provincia di Treviso. La chiesa è rimasta chiusa mentre tre sacerdoti hanno concelebrato la Messa, che abbiamo potuto seguire via social, sul tablet, seduti a un bar a venti metri dalla chiesa.
Abbiamo bussato. Il bar ci ha aperto. La chiesa no.
Lettera firmata
Treviso
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Qui Liguria
Caro Valli, le scrivo dalla Liguria. Nella mia diocesi, dopo che siamo rimasti senza Messa per una settimana, lunedì le celebrazioni sono riprese, però la diocesi ha ordinato di dare la comunione sulla mano (provvedimento per me misterioso: tutti dicono che le mani sono il principale veicolo di infezione, e chi va a Messa tipicamente tocca qualcosa, fossero anche solo i soldi dell’offerta, prima di arrivare al momento dell’Eucarestia).
Lunedì dunque sono andato a Messa, ma avevo un dubbio: avrei potuto ricevere ugualmente l’Eucarestia, dato che, per motivi non solo e non tanto sanitari ma spirituali, non ero disposto a riceverla sulla mano?
Il sacerdote stesso ha comunque provveduto a togliermi dall’imbarazzo. Al momento della comunione ha infatti spiegato: “Chi viene a Messa qui, per lo più, ci arriva in macchina, tocca il volante, le chiavi, i banchi della chiesa, insomma è difficile che abbia le mani pulite. Allora ho pensato di darvi la comunione sulla lingua. Però, per rendere la cosa più semplice per me e sicura per voi, penso sia meglio che vi mettiate in ginocchio”. Detto fatto, ha piazzato un inginocchiatoio davanti all’altare e ha detto: “Vi chiedo di tirare fuori bene la lingua”.
Quando il buon senso incontra lo Spirito Santo!
Tengo nascosta la località perché temo che, se venisse identificato dalla “Chiesa della misericordia”, questo sacerdote potrebbe subire qualche spiacevole conseguenza.
Ci scherzo, ma come siamo ridotti!
Lettera firmata
Liguria
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Qui Milano
Caro Valli, capisco l’iniziale preoccupazione di vescovi e parroci che, di fronte all’epidemia da coronavirus, hanno immediatamente pensato che fosse giusto non celebrare le Messe. Avrei sperato però che in seguito venissero trovate soluzioni alternative, come, per esempio, Messe all’aperto o per singoli gruppi e categorie, così da limitare l’afflusso. D’altra parte, ai giorni nostri è davvero difficile trovare una chiesa affollata, quindi poteva forse bastare la raccomandazione di mantenersi a una certa distanza gli uni dagli altri. Invece ci si è affrettati a eliminare le Messe e a sospendere l’obbligo del precetto. Si sente puzza di bruciato.
Lettera firmata
Milano
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Qui Verona
Caro Valli, temo che l’eliminazione delle Messe a causa del coronavirus possa costituire un pericoloso precedente. La Chiesa si è allineata all’autorità civile mostrando zero autonomia di giudizio. I vescovi, anziché tutelare la libertà della Chiesa e i diritti dei fedeli, si sono appiattiti. In futuro qualsiasi “emergenza”, vera o presunta, potrà essere utilizzata nello stesso senso.
Lettera firmata  
Verona
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Qui La Spezia
Abito in un paesino al confine tra Liguria (Messe vietate) e Toscana (Messe consentite). Risultato: la nostra piccola chiesetta “toscana” è stracolma di fedeli a stretto contatto. Inoltre, è stato concesso il canto, e sappiamo che una persona che canta produce attorno a sé una nube di aerosol ben più estesa di quando parla. Tra La Spezia e i paesini confinanti della Toscana si spostano per lavoro ogni giorno migliaia di persone. Chiudiamo tutto e mettiamo i carriarmati a presidiare i confini?
Roberto Iannarelli Mazzolini
La Spezia

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