ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 2 marzo 2020

“Valide ma illegittime”?

Un intervento dei sacerdoti del Distretto italiano della Fraternità San Pio X


Gentili amici di Duc in altum, il 20 febbraio scorso monsignor Nicola Bux ha risposto, su mia richiesta, a un lettore che chiedeva lumi in merito alla partecipazione alla Messa tridentina. In seguito all’intervento di monsignor Bux, ho ricevuto una lettera dei sacerdoti del Distretto italiano della Fraternità San Pio X. La propongo qui.
A.M.V.

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Nei giorni scorsi sul blog di Aldo Maria Valli è apparsa una risposta di monsignor Nicola Bux a una lettera, inviata da un lettore, che chiedeva maggiori lumi sulla Messa tridentina, dopo aver assistito ad una celebrazione dell’Istituto Cristo Re in una chiesa dell’Urbe.
Il sacerdote ne approfittava per spiegare diverse cose, tirando in ballo la Fraternità San Pio X, le cui Messe vengono definite “valide ma illegittime”, e che viene trattata alla stregua di una comunità non cattolica. Ne esce un discorso che, prima ancora di essere teologicamente e canonicamente lontano dalla realtà, è anche incoerente in sé stesso.
Monsignor Bux sostiene che la Fraternità San Pio X sia scismatica, mettendola al pari con le “chiese ortodosse” e dicendo che solo nel caso in cui non vi fosse altra possibilità, sarebbe lecito ricevere i sacramenti da noi (come dagli ortodossi). Facciamo solo notare che, anche da un punto di vista puramente legalistico (come è quello di mons. Bux), già nel 1994 (quindi nel pieno vigore delle cosiddette “scomuniche”) la Pontificia Commissione per l’Unità dei Cristiani, nella persona del cardinal E. Cassidy, rispondeva che la questione della Fraternità non era di sua competenza, essendo questa “una questione interna alla Chiesa cattolica”. Ugualmente, nel 2002 e 2003, la Pontificia Commissione Ecclesia Dei aveva precisato che l’assistenza alla Messa presso la Fraternità San Pio X poteva essere ammessa per soddisfare il precetto domenicale, e non solo in casi estremi. Le stesse concessioni del potere di confessare ovunque e di celebrare matrimoni e Messe nuziali, fatte da Papa Francesco ai preti della Fraternità (e citate dallo stesso mons. Bux), dovrebbero quantomeno fargli capire che il nostro caso non è considerato dalle “norme” alla stessa stregua di quello delle comunità separate. Quindi il parallelo fatto da mons. Bux è impietosamente smentito dai Papi stessi a cui fa riferimento; casomai è la Fraternità a chiedersi in che modo sia ancora cattolico chi ha alterato vistosamente le verità della fede per piacere al mondo, dal Concilio in poi. Per essere sacramentalmente uniti, infatti, ci vuole unità di governo, ma questa stessa è al servizio dell’unità nella vera fede, che mons. Bux nemmeno cita.
Mons. Nicola Bux ci dice che la comunione ecclesiale è essenziale per ricevere insieme la comunione sacramentale. Un principio bellissimo e giustissimo, smentito, però, da quella concessione di ricevere i sacramenti da membri di altre “chiese” da lui citata. A questa nuova dottrina del Vaticano II, contraria al Magistero di sempre, si oppone la Fraternità San Pio X, che appunto ritiene che la Chiesa sia Una. Proprio per opporsi a questa ed altre nuove dottrine, monsignor Lefebvre e la Fraternità sono incorsi in censure da noi sempre ritenute invalide. Mons. Bux, invece, contesta volentieri il Papa regnante, ma non ne assume alcuna conseguenza. Per lui, gravissime eresie possono essere diffuse nella Chiesa senza che questo renda lecita e necessaria una resistenza come quella che, coraggiosamente, intraprese monsignor Lefebvre.
Ma andiamo avanti: nella prima versione del testo, poi modificata (ma leggibile in copia cache e da noi salvata) mons. Bux scriveva quanto segue: «D’altronde se perdurasse lo scisma, e alla morte degli attuali vescovi della Fraternità subentrassero altri vescovi ordinati senza il mandato di Roma, costoro non sarebbero solo illegittimi come i primi, ma anche invalidi, e quindi le eventuali ordinazioni sacerdotali sarebbero nulle». Una tale enormità teologica, poi corretta perché, evidentemente, saltata agli occhi di qualcuno, non può essere scritta nemmeno per sbaglio da chi ha una conoscenza anche elementare della teologia sacramentaria, e fa il paio con quelli che dicono che se si nomina Papa Francesco nel canone la Messa diventa invalida. Mons. Bux aveva detto poco prima che si può andare a Messa dagli ortodossi in certi casi, perché la loro Messa è valida sacramentalmente: ma gli ortodossi ordinano vescovi senza mandato papale da mille anni, e nessuno dubita della validità di tali ordinazioni, che sono “solamente” illecite. Non solo: mons. Rangel, consacrato vescovo per L’Unione Sacerdotale San Giovanni Maria Vianey (Campos, Brasile) dai vescovi della Fraternità San Pio X nel 1991, si riconciliò con Roma nel 2001, e fu considerato (logicamente) dalla Santa Sede come validamente ordinato. Fortunatamente per lui, mons. Bux ha corretto un errore così grossolano; ma, intanto, ha lanciato il sasso e molti lettori possono essersi “bevuti” la prima versione.
Al lettore che ha scoperto la Messa tridentina, noi suggeriamo di andare ancora un po’ oltre: la sua «sensazione che Cristo sia davvero il protagonista della celebrazione e non l’assemblea o il suo “presidente”» è un ottimo punto di partenza per capire che, se i due riti esprimono concetti contraddittori, non possono convivere, ma si escludono. Non sono due versioni di uno stesso rito, ma due linguaggi per esprimere idee opposte su presenza reale, sacrificio della Messa e sacerdozio. Gli consigliamo anche noi delle letture: il Breve esame critico del Novus Ordo Missae, dei Cardinali Ottaviani e Bacci, facilmente reperibile in rete; il libro La Messa di sempre, di Mons. Lefebvre (disponibile presso le edizioni Piane); e anche, sempre di Mons. Lefebvre, Lo hanno detronizzato. Potrà, così, scoprire che, ad essere incompatibili, non sono solo i due riti, ma anche le due teologie, quella cattolica e quella modernista dei Papi del post concilio. Se vedrà che questo è vero, capirà anche le ragioni della resistenza della Fraternità San Pio X che, a differenza di alcuni contestatori dell’attuale Pontefice, non si è limitata a delle velleità, ma ha ritenuto la preservazione della Fede un bene fondamentale, più alto del diritto puramente positivo e da difendere ad ogni costo. Capirà che per poter avere dei preti che non vanno in un seminario dove devono accettare degli errori per essere ordinati, occorreva fare ciò che Monsignor Lefebvre ha fatto. Mons. Bux e alcuni prelati conservatori convengono che almeno in questo pontificato ci siano gravissimi errori, disseminati dalle più alte autorità della Chiesa. Possibile, allora, che questo per loro non sia importante, e che la professione della Fede non conti niente per loro? Un candidato al sacerdozio che si rende conto degli errori di Amoris laetitia o del Sinodo “amazzonico” dovrà fare lo gnorri per tutto il corso del suo seminario, fingendo di essere d’accordo? È questa una situazione accettabile per mons. Bux? O non è forse una situazione eccezionale, che rende leciti mezzi eccezionali, come quelli presi da mons. Lefebvre contro gli errori conciliari e post-conciliari?
Se il lettore seguirà la sua buona ispirazione, unirà la Messa tridentina alla Dottrina cattolica che la esprime e si troverà logicamente ad escludere gli errori: cioè entrerà nella realtà della Fede e non nello sterile legalismo. Non farà, cioè, come mons. Bux e scoprirà che la Messa tradizionale esprime delle verità che l’altro rito nega. In breve, sarà portato a fare una scelta di principio. Non di comodo.
A tutti quelli che volessero approfondire la questione, consigliamo le stesse letture, accompagnate anche da un buon manuale di teologia sacramentaria e da uno di ecclesiologia (magari il De Sacramentis di Padre Cappello, e il De Ecclesia di Billot o di Franzelin). Sulla situazione canonica della Fraternità potrebbe giovare il libro del Prof. Pasqualucci, La persecuzione dei “Lefebvriani”, Edizioni Solfanelli.
I Sacerdoti del Distretto italiano
della Fraternità San Pio X

Lettera del Superiore Generale agli amici e ai benefattori, n° 89

Cari fedeli, amici e benefattori,
Da tempo desideravo rivolgervi queste poche righe. Infatti, ci troviamo attualmente tra due importanti anniversari: da un lato, cinquant’anni fa, è stata promulgata la nuova Messa e, con essa, è stata imposta ai fedeli una nuova concezione della vita cristiana, adattata alle sedicenti necessità moderne. Dall’altro lato, celebriamo quest’anno il cinquantesimo anniversario della fondazione della Fraternità Sacerdotale San Pio X. Va da sé che questi due anniversari hanno una relazione stretta, perché il primo evento richiedeva una reazione proporzionata. È di questo che vorrei parlarvi per trarre alcune conclusioni valide per il presente, ma facendo prima di tutto un salto nel passato, perché questo conflitto che si è manifestato cinquant’anni fa, in realtà, era già iniziato durante la vita pubblica di Nostro Signore Gesù Cristo.
Infatti, quando Nostro Signore annunciò per la prima volta agli Apostoli e alla folla che lo ascoltava a Cafarnao il grande dono della Messa e dell’Eucaristia, un anno prima della sua Passione, alcuni si separarono da lui, mentre altri gli si legarono più radicalmente. È paradossale, ma è stata proprio l’idea dell’Eucaristia che ha provocato il primo “scisma” e, allo stesso tempo, ha spinto gli Apostoli ad aderire definitivamente alla persona di Nostro Signore.
Ecco come san Giovanni mette in relazione le parole di Nostro Signore e la reazione dei suoi interlocutori: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre che ha la vita mi ha mandato, e io vivo per il Padre, così chiunque mangia di me vivrà per me: questo è il Pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i vostri padri e morirono. Chi mangia questo Pane vivrà in eterno. Disse queste cose mentre insegnava nella sinagoga di Cafarnao. Molti dei suoi discepoli, dopo averlo ascoltato, dissero: Questa parola è dura e chi può ascoltarla? (…) Da allora molti dei suoi discepoli si ritirarono e non lo seguirono più” (Gv. 6, 57-61 e 67).
Proviamo a rispondere a tre domande che si richiamano a vicenda. Perché gli ebrei si scandalizzarono e cosa rifiutarono da allora in poi? Cosa a sua volta rifiuta il cristiano moderno? Cosa dobbiamo fare per evitare di cadere anche noi in questo antico errore?
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Il Vangelo ci dice che gli ebrei furono scandalizzati perché non potevano capire come Nostro Signore potesse dare da mangiare a loro la sua carne. E Nostro Signore, di fronte a questa difficoltà, invece di fornire loro spiegazioni razionalmente più accessibili, insiste ulteriormente, ribadendo più volte la necessità di mangiare la sua carne e bere il suo sangue per avere la vita eterna. In effetti, ciò che mancava agli ebrei era la disponibilità e la fiducia a lasciarsi guidare da Nostro Signore, nonostante il miracolo a cui avevano appena assistito (cfr. Gv. 6, 5-14). In una parola, mancava loro la fede attraverso cui il Padre introduce le anime nel mistero della salvezza: “Questa e la volontà del Padre che mi ha inviato, che chiunque vede il Figlio e crede in lui, abbia la vita eterna e io lo resusciterò nell’ultimo giorno” (Gv. 6, 40). Nel fare ciò, gli ebrei rifiutarono già ciò che avrebbero rifiutato definitivamente un anno più tardi: avrebbero rifiutato il sacrificio della Croce, di cui la Messa è la continuazione, e la Santa Eucaristia il frutto. Hanno rifiutato in anticipo l’economia della Croce, che diventa incomprensibile senza uno sguardo di fede. Per loro, la Croce sarebbe stata uno scandalo, proprio come le parole di Nostro Signore che annunciavano la Santa Eucaristia li scandalizzavano. Ci troviamo di fronte a due manifestazioni di uno stesso “scandalo”. In effetti, non si può amare l’Eucaristia se non si ama la Croce e non si può amare la Croce se non si ama l’Eucaristia.
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E cosa rifiuta il cristiano moderno? Rifiuta anche lui di entrare nell’economia della Croce, cioè di essere incorporato nel sacrificio di Nostro Signore, che si rinnova sull’altare. Questa prospettiva lo scandalizza ancora oggi. Non riesce a capire come Dio potrebbe chiedergli una cosa del genere, perché non comprende più come Dio Padre abbia potuto chiedere a Nostro Signore di morire sulla Croce. In questo modo, la sua concezione della vita cristiana cambia irreparabilmente. Non accetta più l’idea di completare in sé stesso ciò che manca alle sofferenze di Cristo (cfr. Col. 1, 24). Quindi, gradualmente, lo spirito della Croce viene sostituito da quello del mondo. Il profondo desiderio di vedere il trionfo della Croce lascia il posto a un vago desiderio di vedere un mondo migliore, una terra più vivibile, il rispetto per l’ecosistema, un’umanità migliore, ma non sapendo più per quale scopo e con quali mezzi. In questo modo – dal momento che questa nuova prospettiva propria al cristiano moderno non ha significato e conduce all’indifferenza – l’intera Chiesa, con la sua gerarchia e i suoi fedeli, perde la sua ragion d’essere, entra in una profonda crisi e cerca quindi disperatamente di darsi nel mondo una nuova missione, perché ha abbandonato la propria, quella che cerca solo il trionfo della Croce attraverso la Croce. Inevitabilmente, in questa nuova concezione della vita cristiana e della Chiesa, il santo sacrificio della Messa non ha più il suo posto, perché la Croce stessa non ce l’ha più. Pertanto, la carne e il sangue di Cristo, che gli uomini dovrebbero mangiare e bere per avere la vita eterna, assumeranno un nuovo significato. La nuova Messa non è solo un nuovo rito, ma è l’ultima espressione dell’infedeltà alla Croce, come Nostro Signore l’ha predicata agli ebrei e come gli Apostoli l’hanno predicata alla Chiesa nascente. Proprio in questo punto si trova, allo stesso tempo, la chiave di interpretazione degli ultimi cinquant’anni della storia della Chiesa e quella della maggior parte degli errori e delle eresie che l’hanno minacciata per duemila anni.
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Ma allora, cosa dobbiamo fare nel 2020 per mantenere lo spirito della Croce e un amore incondizionato per l’Eucaristia? Perché, prima o poi, anche noi avvertiremo la stessa tentazione che ha spinto gli ebrei ad allontanarsi da Nostro Signore, ed Egli ci interrogherà come ha fatto con gli Apostoli: “E voi, volete anche voi andare via?” (Gv. 6, 68). Come possiamo dunque essere sempre pronti a rispondere come San Pietro: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e abbiamo creduto e saputo che sei il Cristo, il Figlio di Dio” (Gv. 6, 69-70)?
La risposta a questa domanda cruciale si trova nella vera partecipazione al sacrificio della Messa e in una vita veramente eucaristica. La Santa Messa rinnova le nostre anime se noi stessi siamo disposti ad entrare nel mistero della Croce, se lo facciamo nostro, non solo partecipando a un rito che esprime la nostra fede nel Sacrificio, ma entrando noi stessi in questo stesso Sacrificio, in modo che diventi perfettamente nostro, pur rimanendo perfettamente quello di Nostro Signore. Per raggiungere questo obiettivo, per offrirsi con Nostro Signore, è prima necessario accettare sinceramente la Croce, con tutte le sue conseguenze. Si tratta di staccarci da tutto per essere veramente in grado di offrire tutto con e attraverso Nostro Signore: il nostro ego, la nostra volontà, il nostro cuore, le nostre aspirazioni, le nostre ambizioni, i nostri affetti, in una parola ciò che siamo e quello che abbiamo e persino le nostre frustrazioni.
Con queste predisposizioni, quando il Figlio si offre al Padre, anche noi siamo nel Figlio, perché la Croce ci unisce a lui e fonde la nostra volontà con la sua. In questo modo, siamo pronti per essere offerti al Padre con lui. Non possiamo veramente offrirci al Padre se non siamo una sola cosa con Cristo. È solo attraverso questa unione con la Divina Vittima che l’offerta di noi stessi diventa di grande valore. Ora, questo può realizzarsi unicamente durante e attraverso la Santa Messa.
Solamente dopo il dono totale di noi stessi, rinnovato ad ogni Messa, siamo in grado di ricevere il Tutto in cambio: è la Santa Eucaristia, frutto del Sacrificio, in cui il Figlio offre sé stesso e in cui noi ci offriamo con Lui. L’Eucaristia ci purifica, accresce in noi il disgusto del mondo e ci santifica, a condizione che non ci sia, da parte nostra, una resistenza alla rinuncia radicale, che è il prerequisito per questa trasformazione: ecco ciò che è la Santa Messa ed è per questo che dobbiamo riscoprire il suo valore ogni giorno. Dopo cinquant’anni, dobbiamo riscoprire sempre più la grandezza della grazia che abbiamo ricevuto e che continuiamo a ricevere attraverso la Santa Messa di sempre.
Può sembrare paradossale: da un lato, la Santa Messa rimane sempre per noi l’oggetto di una lotta in cui non possiamo risparmiare i nostri sforzi per difenderla; dall’altro, la trasformazione che opera nell’anima produce la pace indicibile di cui solo Nostro Signore può essere l’autore. In effetti, chiunque riceve Nostro Signore e vive in lui, perde gradualmente tutti gli altri desideri. Soprattutto, non ha più paura di perdere nulla, inclusa la propria vita. Non rimane più nulla nella sua anima che non corrisponda alla volontà di Dio. In questo modo il malessere derivante dalla lotta tra il vecchio uomo e il nuovo uomo non tocca più l’anima trasformata dalla Messa e dall’Eucaristia. Quest’anima vive in pace, pacificata com’è dalla Santa Comunione: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace, non come il mondo la dà” (Gv. 14, 27).
La Santa Comunione ci trasforma anche e soprattutto attraverso l’unione che stabilisce con Nostro Signore: infatti, tutta la santità e tutta la vita spirituale sono riassunte in questa intima unione con lui, e tutto ciò che non è finalizzato a questa unione è solo la verbosità. Alla fine, è l’unica cosa che conta per lui ed è la ragione per cui ha fondato la sua Chiesa. Sta solo aspettando una cosa: che questa unione sia perfetta e imperitura nell’eternità: “Padre, voglio che anche quelli che mi hai dato siano con me dove sono io, perché contemplino la mia gloria, quella che mi hai dato; poiché tu mi hai amato prima della creazione del mondo” (Gv. 17, 24).
Con la santa Eucaristia, inizia questa unione e già si prepara l’eternità: infatti, l’Eucaristia è il pegno della vita eterna e il mezzo privilegiato attraverso cui questa vita inizia già sulla terra. Chi la riceve con le disposizioni necessarie è ben consapevole che nella Comunione si nasconde il seme della vita eterna. È la Santa Comunione che fa crescere in noi la virtù della speranza, perché ogni Comunione aumenta in noi il desiderio di vita eterna e ci radica già nel Paradiso. L’eternità è davvero una comunione con Nostro Signore che non finirà mai, perché Egli riempirà le nostre anime completamente e perfettamente, essendo per sempre Tutto in tutti. L’eternità è una lunga Pasqua nella quale Nostro Signore manifesterà di nuovo la sua gloria, come nel giorno della sua Risurrezione, e assocerà pure noi alla sua gioia e alla sua gloria; tuttavia questa associazione delle nostre anime alla sua gioia e la sua gloria, attualmente nascoste, inizia già attraverso la nostra unione con Cristo nascosto nell’Eucaristia.
Dobbiamo vivere di tutto ciò, dobbiamo essere intrisi di questo amore per la Santa Messa e per la Santa Eucaristia, e dobbiamo trasmetterlo agli altri, specialmente ai più giovani, perché spesso devono affrontare la terribile scelta tra il Signore e il mondo. Li prepariamo a scegliere Nostro Signore solo se possono scorgere in noi questo amore incondizionato all’Eucaristia, che non può essere trasmesso con una lezione di dottrina teorica, ma con una vita veramente cristiana e completamente assorbita da un tale ideale. La Santa Messa è molto più di un semplice rito a cui siamo attaccati, come ci accusano i miscredenti. La Santa Messa è la nostra vita, perché Cristo è la nostra vita. Aspettiamo tutto da lui e non aspettiamo nulla al di fuori di lui. E tutto ciò che aspettiamo da lui, siamo sicuri di trovarlo ogni giorno nella Santa Eucaristia: “Io sono il Pane de vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà mai sete” (Gv. 6, 35).
È così che bisogna costantemente rigenerarsi per mantenere lo spirito della Croce, che è uno spirito di penitenza e di gioia, di mortificazione e di vita, di disprezzo del mondo e di amore per la Santa Eucaristia. È così che dobbiamo preparare la nostra Pasqua: quella che celebreremo tra qualche settimana, ma anche e soprattutto quella che celebreremo nell’eternità.
Dio vi benedica!
Menzingen, 1° marzo 2020, prima domenica di quaresima
Don Davide Pagliarani
Superiore Generale

1 commento:

  1. Chi scrive non ha pretese teologiche ne magisteriali ne tanto meno locuzioni o rivelazioni dal "cielo";parte tuttavia da un assioma che è la base della Fede Cattolica e che si basa sulle parole di Gesù stesso:dai frutti giudicherete l'albero e lo Spirito Santo vi mostrerà la Verità tutta intera.
    Cominciamo con la messa novus ordo:risulta ormai evidente a chiunque che tale rito non ha più nulla di cattolico,ma ne è una sua parodia,del tutto simile alle riunioni protestanti dove il protagonista è l'attore travestito da prete che "sale"sul palco per recitare la sua parte.Sono necessarie prove? La prima è la confusione,la gazzarra,L'INDECENZA che si assiste prima di ogni messa novus ordo,la medesima subito dopo....se il celebrante fosse convinto che nel tabernacolo dell'altare è presente il Santissimo Sacramento,non permetterebbe un simile scempio:ma a lui non interessa,è come l'attore che si presta a recitare a teatro,facciano pur ciò che vogliono prima della mia interpretazione,ma tacciano quando incomincia la mia chiosata.Un 'altro "frutto dell'albero" ,si ritrova nel cammino stesso della messa,il cui fulcro non è più la Consacrazione,ma esclusivamente la famosa predica dove il prete recita a "soggetto"(assistete a cinque messe domenicali novus ordo e ascolterete cinque prediche diametralmente opposte,una contraria dell'altra,alla faccia del magistero bimillenario della Chiesa Cattolica da tutti sistematicamente ignorato).Dopo di che scatta il cronometro a chi "più velocemente"riesce ad arrivare alla famosa "la messa è finita andate in pace"!Ormai si combatte con i millesimi di secondo,come il record mondiale dei cento metri!Inutile soffermarsi alla totale irriverenza direi blasfemia nella distribuzioni delle ostie dove sono chiamati a tale servizio cani e porci in perfetto disprezzo delle parole di Gesù:"Non date le perle ai porci,ne le cose sacre ai cani"!Per tutto il resto lascio al lettore il "divertimento"di ricercare tutte le differenze tra una messa cattolica e una messa novus ordo!
    Ma prima di congedarmi devo fare una annotazione a coloro che celebrano la messa tridentina in unione con Bergoglio e la ritengono valida:dopo sette anni di occupazione pontificia,dopo tutte le bestemmie le irriverenze le apostasie dette e fatte da quest'uomo che non è il papa in quanto uno solo è Petrus e tale resta fino alla morte(loro dovrebbero saperlo visto che si rifanno alla tradizione),ma soprattutto dopo l'avvento di pachamama in vaticano(vi ricordate l'idolo d'oro costruito dagli ebrei?)come possono pensare che la loro unione con un simile soggetto possa rendere la loro messa(intesa nel suo vero SIGNIFICATO cioè come SACRIFICIO), VALIDA,OVE PER VALIDA SI DEVE INTENDERE COME OFFERTA GRADITA A DIO?Ma se sostituissero il nome Franciscus con quello di beelzebul di cui ne è il "degno servitore"non tremerebbero loro le ginocchia all'idea di FARE tale affronto a Nostro Signore?Ricordo che il regno di Belzeebull è quello che distrugge e disgrega:ricordano i tradizionalisti di San Pio X qualcuno che sia stato così tanto abile in duemila anni di STORIA DELLA CHIESA CATTOLICA,quanto lo è stato il cardinal argentino nel disgregare e distruggere?

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