Acute osservazioni dello scrittore e giornalista Phil Lawler pubblicate su Catholic Culture. Eccole nella mia traduzione.
Un grande silenzio si diffonde nel mondo cristiano ogni anno il Venerdì Santo, per essere spezzato dalla gioia esplosiva del Gloria nella veglia pasquale. Ma quest’anno il silenzio è con noi già da qualche settimana, con le chiese chiuse e le celebrazioni liturgiche pubbliche vietate.
Molti pastori zelanti hanno cercato di riempire il vuoto con liturgie drive-in e messe private animate. Dio li benedica per questi sforzi. Ma non sono gli stessi. Un’automobile non è uno spazio sacro, e per chiunque creda nella Presenza Reale (vedi i commenti di padre Pokorsky su questo argomento), i pixel su uno schermo sono un conforto, ma non un sostituto.
Eppure, quando alcuni di noi si sono sfogati sulle restrizioni e hanno esortato i vescovi a rendere la liturgia più accessibile, siamo stati castigati, descritti come “irresponsabili”, e – in una tattica retorica che considero irresponsabile – e incolpati in anticipo per i decessi.
Permettetemi di mettere le cose in chiaro. Nessuno che io conosca ha consigliato di ignorare il pericolo della COVID-19. Quelli di noi che chiedono a gran voce i sacramenti hanno riconosciuto che ci devono essere delle restrizioni prudenti. Chiediamo solo che i nostri pastori esaminino attentamente ogni restrizione proposta, per vedere se è veramente necessaria, quando viene valutata in base alla nostra necessità (e al nostro diritto ai sacramenti).
Gerard Nadal, un microbiologo, ha offerto una ragionevole analisi di ciò che potrebbe essere possibile. Egli conclude che la distribuzione della Comunione non può essere fatta in modo sicuro. Ma in una tipica chiesa parrocchiale decine di persone potrebbero assistere alla messa senza violare le linee guida della “distanza di sicurezza socialei”, e in alcune delle nostre cattedrali cavernose quel numero potrebbe essere tranquillamente moltiplicato. Si potrebbe permettere ai pastori di programmare più Messe per facilitare l’affollamento. Disinfettare le panche tra una funzione e l’altra sarebbe un compito semplice. È assurdo suggerire che una chiesa sia un luogo più pericoloso, in termini di contagio, di un negozio di alimentari o di un ristorante da asporto.
Come per gli altri sacramenti, basta un po’ di fantasia e di preparazione per organizzare un sistema confessionale in cui sacerdote e penitente siano a distanza di circa due metri l’uno dall’altro. E sacerdoti in abiti protettivi adeguati possono ungere i pazienti dell’ospedale senza mettere in pericolo se stessi o gli altri. Ci si aspetta che ogni matrimonio sia una stravaganza, ma in realtà la cerimonia richiede solo un paio di testimoni. Anche i battesimi e i funerali possono essere programmati senza violare gli ordini contro le riunioni di dieci o più persone.
Un modo c’è. L’unica domanda – la domanda che i fedeli si pongono – è se c’è la volontà.
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La Pontificia Accademia per la Vita ha pubblicato un comunicato di 3.400 parole sull’epidemia di COVID19, intitolato “Pandemiai e Fraternità Universale”. Il documento va avanti per 2.743 parole (secondo il conteggio del mio computer) prima che si parli di Dio, di Gesù Cristo, della fede, della preghiera o di qualsiasi altro tema distintamente cristiano. L’ultima mezza dozzina di paragrafi offre alcune utili riflessioni spirituali. Ma per raggiungerle, il lettore deve scorrere i diciassette paragrafi precedenti di osservazioni irrilevanti e non originali. In un mondo già sommerso da un eccesso di analisi dell’epidemia – molto amatoriale se non addirittura fuorviante – dubito che molti lettori avranno perseverato così a lungo.
“In ogni caso, è dolorosamente ovvio che non siamo padroni del nostro destino”, osserva giustamente l’Accademia. Da questa promettente premessa, tuttavia, occorrono cinque pagine per giungere alla conclusione che una risposta adeguata è la preghiera.
A volte, infatti, la Pontificia Accademia sembra volutamente evitare la prospettiva religiosa che renderebbe questo documento diverso. Introducendo l’argomento, l’Accademia annuncia che è dedicata alla “ricerca del miglior umanesimo possibile”. (Umanesimo?) Più avanti nel documento si legge: “Se la nostra vita è sempre mortale, abbiamo la speranza che non lo sia il mistero di amore in cui essa risiede”. Forse questo tipo di linguaggio è progettato per mettere a proprio agio i lettori non cattolici. Ma nessuno che sia ostile alla Chiesa cattolica cercherà una guida che venga dalla Pontificia Accademia.
Di Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/silenzio-chiese-chiuse-e-messaggi-contrastanti/
Siamo arrivati al venerdì Santo, che fa parte del “triduo pasquale”, i giorni “clou” della nostra fede: il Dio fatto uomo porta a compimento le Sacre Scritture con la sua passione, morte e risurrezione.
La quarantena continua, avviandosi al suo compimento etimologico: un periodo di quaranta giorni. Ma ci sono buone, anzi “ottime”, possibilità che diventi una “cinquantena” o una sessantena…. A dire la verità, nessuno sa o vuole dirci quanto dureranno questi arresti domiciliari cui siamo tutti sottoposti. Ma non basta il coronavirus, questo subdolo micro-essere che ci mette paura, ansia, a peggiorare le cose, ci sono le parole dette e scritte che feriscono, che provocano dolore, che aggiungono sdegno.
Ormai è più di un mese che non partecipiamo alla Messa, ma assistiamo alle messe in televisione. Da una parte ringraziamo per questa possibilità: esistono i mezzi tecnologici, e chi li sa usare, e ci permettono, seppur a distanza e non sempre in condizioni ottime di audio e video, di poter “prendere” messa. Anche se non è la stessa cosa, ovvio. Ho cercato di spiegarlo su facebook a chi commentava, logicamente in senso contrario, la mia adesione a quanti chiedevano l’apertura delle chiese con annesse celebrazioni liturgiche, almeno per il giorno di Pasqua. Non mi permetto di giudicare chi, personaggio politico, lo facesse per convinzione o per tornaconto elettorale. Mi bastava poter aggiungere la mia voce per far emergere l’esigenza di milioni di cattolici. “Non è prudente” il commento più usato. Nella nostra chiesa parrocchiale ci sono 92 banchi in cui stanno comodamente tre persone per banco, cioè 276 persone (duecentosettantasei persone!). Non venitemi a dire che non si trovava il modo di far partecipare chi lo desiderava osservando le misure di sicurezza imposte! Infatti all’ordine “restate in casa” ci sono giustamente delle deroghe: uscire per fare le spese essenziali, ci mancherebbe. Per me spese essenziali non contemplano le tabaccherie che sono invece aperte! Cioè, chi ha il vizio di fumare può andare tranquillamente a comprare le sigarette, monopolio statale. Beh, se alla mia esigenza di partecipare alla messa viene suggerito di guardarla in tivù, anche chi fuma può cercarsi qualche vecchio film in cui era possibile fumare e guardare l’attore o l’attrice che fuma!!!
Ma non basta. Ci tocca anche sentire dal presidente della CEI, la Conferenza Episcopale Italiana, che non andare a messa è una “atto di generosità“.Eminenza, capisco che si sia sentito in dovere di dire qualcosa, visto che tutti dicono la loro, e anch’io nel mio piccolo, sto dicendo ciò che penso! Eminenza, le posso assicurare che comprenderei meglio il silenzio in questi casi, silenzio che lascia aperte molte interpretazioni, che non una frase…., senza mancarle di rispetto!
Per ultimo arriva il vip famoso, (non per niente è vip! ) che si sente in dovere di comunicarci il suo augusto pensiero e cioè che si può pregare al cesso….. Non so in quale dio creda il vip, ma mai e poi mai riterrei il cesso il luogo adatto per pregare il mio Dio, quello che, per recuperare la possibilità di salvezza per me e per le altre persone come me, si è incarnato, ha vissuto su questa terra come me, si è sottoposto alla Passione, alla Morte in croce e poi è risorto!
Già mi danno fastidio coloro che entrano in Chiesa, la casa di Dio, vestiti in modo non idoneo e si comportano come fossero a casa loro, anziché nella Sua casa!!!
Sarà che la reclusione comincia a fare effetto, rendendoci più irascibili, ma proprio certe dichiarazioni, certe parole diventano insopportabili!
Ci tocca vivere la nostra “passione”: privati dei sacramenti, della liturgia con tutti i riti della tradizione, di cui sentiamo acutamente la mancanza, e attorniati da superficialità e supponenza.
Venerdì Santo: il giorno della Passione e Morte.
Sabato Santo: il giorno del silenzio.
E poi la Gloria della Risurrezione!
Signore, aiutaci a vivere questo digiuno forzato in modo che non sia soltanto “assenza di”, ma riempilo della consapevolezza dell’essenziale, in modo che dopo, quando finirà tutto questo, quando ritorneremo alla “normalità”, il nostro cuore non sia smarrito, ma certo della Tua presenza, del Tuo amore, del tuo progetto buono su di noi.
Ricordo un altro anno in cui non riuscimmo, la nostra famiglia, a celebrare degnamente la Pasqua. “Correva l’anno” 1993, la mia mamma era morta il 19 marzo, e decidemmo di passare le vacanze di Pasqua facendo un viaggio con Gedeone, il nostro camper. Beh, quell’anno rincorremmo da un paese all’altro le messe (non c’erano ancora le varie app con cui verificare orari), ci fermavamo ad ogni campanile per scoprire che la messa era già stata celebrata e non ci fu nessuna messa vespertina a salvarci! Che senso di delusione, di scoramento!
Nella vita si ricordano le grandi gioie o i grandi dolori: quella messa mancata fu sicuramente un ricordo “amaro”.
E comunque, “Andrà tutto bene” perchè “va già tutto bene”: Cristo è risorto, sì è veramente risorto
di Brunella Rosano
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