L'estasi di Santa Caterina da Siena - Pompeo Batoni
 di Massimo Scapin
 Nel 2020 si compiono 640 anni dalla morte, il 29 Aprile, e 50 dalla proclamazione a Dottore della Chiesa, li 4 Ottobre, di una donna che ha svolto un ruolo di primo piano nella Chiesa del suo tempo: santa Caterina da Siena (1347-1380).
Come non stupirsi dinanzi a questa figura gigantesca, vergine «illustris et indelebilis memoriæ», di illustre e indelebile memoria (Pio II, Misericordias Domini, 29 Aprile 1461, Bullar. Roman., V, 1860, p. 165); «inter secundarios Urbis Patronos», Compatrona della città di Roma (Pio IX, Quamvis Urbs Roma, 13 Aprile 1866); modello delle donne di Azione Cattolica e anche loro patrona (Pio X, 1909); insieme a San Francesco d’Assisi primaria patrona d’Italia (Pio XII, Licet commissa, 18 giugno 1939); «suddita e cooperatrice nella diffusione e nella difesa della verità e nella restaurazione morale e sociale della vita civile» (Pio XII, Ammirevole spettacolo, 5 Maggio 1940); Dottore della Chiesa universale (Paolo VI, Mirabilis in Ecclesia, 4 Ottobre 1970) e infine Compatrona d’Europa (Giovanni Paolo II, Spes ædificandi,1 Ottobre 1999)?
Ben lo sa chi ha visitato Siena, dove la vergine mantellata è nata e ha vissuto; chi ha ammirato nella basilica di S. Domenico L’Estasi di Santa Caterina, dipinta nel 1526 dal Sodoma, dove «è quando l’angelo di Dio porta alla detta santa l’ostia della santissima comunione, ed ella, che alzando la testa in aria vede Gesù Cristo e Maria Vergine, mentre due suore, sue compagne le stanno dietro» (G. Vasari, Le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze 1906, vol. VI, p. 344); o Santa Caterina e una devota, il ritratto della santa che ci ha lasciato il suo contemporaneo Andrea Vanni, in cui «vedi un essere senza tempo, la testa fasciata di bianco, nel bel mantello delle Pinzochere [terziarie di San Domenico], con un lungo giglio in mano, e una devota, ai suoi piedi, di quelle che sempre la seguivano, ne sfiora con le labbra le dita» (G. Ceronetti, La vita apparente, Adelphi, Milano 1982, p. 212).
L’attenzione di Caterina verso i poveri, i lebbrosi e i condannati a morte; la sua assistenza durante la peste a Siena nel 1374; il suo farsi «mamma» di una «famiglia», di un cenacolo di artisti, dotti, religiosi, tutti senesi e più istruiti di lei; la sua mediazione nel 1374 ad Avignone, in Francia, tra Firenze e papa Gregorio XI per ritirare la scomunica contro la ribelle città toscana, riuscendo poi a convincere il Successore di Pietro, da lei chiamato «il dolce Cristo in terra» (Lett. 196), a ritornare definitivamente alla sua sede naturale nel 1377; il suo consiglio spirituale verso ogni genere di persone; il suo mantenersi inalterabile durante «un’epoca travagliata per la vita della Chiesa e dell’intero tessuto sociale in Italia e in Europa» (Benedetto XVI, Udienza Generale, 24 Novembre 2010); il suo spegnersi a Roma, a trentatré anni come il suo Sposo crocifisso: tutto questo deve aver affascinato il musicista Marco Enrico Bossi (1861-1925) — di cui abbiamo parlato qui e qui — che si recava spesso a Siena e scelse questa singolarissima donna per il suo mistico canto del cigno, Santa Caterina da Siena, poemetto per violino e pianoforte, pubblicato postumo nel 1927.
Nell’Ottobre del 1924 Bossi, «poco prima di partire per il viaggio dal quale non doveva più ritornare vivo, terminò la composizione nella stesura per violino e pianoforte, ripromettendosi però di adattarla a un complesso di pochi strumenti del quale facesse parte l’organo» (cfr. F. Mompellio, citato in E. Cominetti, M. E. Bossi. L’organista, lo studioso, il compositore, Gioiosa 1999, pp. 140-141).
Ne risultano circa trenta minuti di musica, articolata in una introduzione e sei episodi o «sintesi psichiche» che, concatenati, rimandano ai momenti più luminosi della vita di Caterina: I primi fervori, Le Stimmate, Le Tribolazioni, L’estasi mistica, La morte, L’assunzione.
Un’atmosfera mistica promana dall’Introduzione, che si apre con un suonare prolungato di campane sopra un suono persistente, aperto. Dopo questa preparazione, il violino solista, che rappresenta Caterina, entra quasi parlando.
«Salmodiando con fervore», scrive il compositore all’inizio de I primi fervori. Questo momento psichico inizia con un andamento quasi di litania, che poi riappare qua e là: il pianoforte canta la salmodia e il violino presenta la santa, che invoca l’assistenza di Dio sul suo intimo turbamento. Uno scampanio ci porta verso un «mosso con passione», dove una frase del violino (in 9/4) ci fa vedere la ragazza già travolta dal turbine della vita.
Poi tutto si calma e la ripresa di un «mosso» in tonalità maggiore ci dice «dolce e teneramente» che Caterina accoglie con gioia la sua missione, coronata a Pisa, il I aprile 1375, dal sigillo de Le Stimmate. Le piaghe di Cristo crocifisso, come ci riferisce il suo confessore, «in forma puræ lucis venerunt ad quinque loca corporis mei, manus scilicet, et pedes, et cor: sotto forma di pura luce arrivarono ai cinque punti del mio corpo, cioè alle mani, ai piedi e al cuore» (Raimondo da Capua, Legenda maior sanctæ Catharinæ Senensis, § 195).
Sentiamo Le Tribolazioni, le penitenze, rese da motivi ritmico-melodici che sono concitati, frammentati e impetuosi. Poi, si sentono note vibranti del violino, tutte suonate sulla corda sol — la quarta corda, la più spessa e sonora delle quattro — che assumono consistenza in un tema ardente e inquieto, poi ripreso dal pianoforte. L’inquietudine continua con un «quasi presto» (in 2/4), che sviluppa il tema delle litanie sentito nel secondo episodio, fino a ritornare essenziale, come nella salmodia de i primi fervori. Il quadro si chiude con un tema «profetico», che quasi preannuncia il fenomeno mistico dell’episodio successivo.
Un tema semplice, che il violino deve suonare «con rapimento», ci presenta L’estasi mistica. Dopo aver raggiunto la sua esaltazione massima, il tema dell’estasi cede il passo a brevi rievocazioni di quello de le stimmate e poi di quello «profetico», quasi a far sentire la fine vicina e ricordare la vita passata.
Accolta da Caterina serenamente in Roma, arriva «La morte», espressa qui dal tema «profetico» già noto, poi interrotto dall’annuncio di morte fino ad arrestarsi negli ultimi respiri della Santa senese.
Infine, i rintocchi che abbiamo sentito all’inizio del poemetto annunciano la salita di Caterina a Dio, L’Assunzione, con il tema delle litanie, eseguito qui in movimento più lento (in 4/4). Poi il materiale sonoro diminuisce fino a diventare quasi incorporeo; ci si sente avvolti e soggiogati da un’atmosfera paradisiaca.
La Santa Caterina da Siena di Bossi può davvero avvicinarci alla sua ispiratrice, imparandone la lezione di amare sinceramente Cristo e la Chiesa.