ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 25 aprile 2020

Questa “prova” chiamata coronavirus

Il coronavirus… spirituale



Il Rosario è il libro di tutti e di sempre. (Padre Raimondo Spiazzi OP)
Cari Amici, abbiamo ricevuto questa “Lettera” che giriamo volentieri a tutti voi.

Il coronavirus spirituale
Questa quarantena forzata, voluta dal Governo a tutela della nostra salute fisica, ci ha obbligati, tutti, ad abbandonare i ritmi frenetici che scandivano le nostre vite comodamente alienanti. Troppo occupati per tutto, eravamo scesi a patti con noi stessi, con la nostra capacità di autocritica e con la dimensione verticale del nostro essere. Ma ecco che, a colpi di decreti governativi, ci troviamo sigillati in casa, a fare i conti con quella parte di “noi” che non eravamo più abituati ad ascoltare, più o meno volontariamente. Lo spirito quaresimale, che per troppi di noi era solo il preludio alle vacanze pasquali, ha fatto irruzione nelle nostre vite agiate e artificiali, portando con se’, in una nemesi perfetta, il senso della precarietà, della privazione e dell’autentico digiuno: quello capace di spalancare le porte alla Vera Pienezza.
Lungi da me improvvisarmi in sermoni. Mi sono, però, seriamente interrogata, da avvocato, su come avrà irrotto, questa contingenza, nel menage delle coppie ancora conviventi ma in crisi, costrette a subire il duplice regime punitivo della condivisione del medesimo isolamento con il proprio “peggior nemico”.
Da cristiana, mi piace pensare che questa “prova” chiamata coronavirus, sia stata permessa da Dio, proprio per costringerci a riflettere sul senso che vogliamo dare alla nostra vita, sulle priorità che la dovrebbero governare e sull’esame finale cui tutti saremo chiamati.
Se la misura di tutto è l’Amore, è su questo che dovremmo essere in grado di parametrare le nostre performance esistenziali. Non più, quindi, sulle maschere, variopinte ad arte, che indossiamo tutte le mattine per “far colpo” sul “prossimo”, dimenticando che il nostro “primo prossimo” è, appunto, il coinquilino che non abbiamo salutato proprio quella mattina e che affermiamo di aver sbagliato a sposare anni prima, ingannati dall’inebriante venticello dell’amore (umano).
Vittime di noi stessi, del nostro smisurato Ego, ci sentiamo i demiurghi della nostra felicità e, drogati dalla nostra ambizione di libertà, possesso, dominio ed egoismo, dimentichiamo i veri parametri dell’Amore Eterno, calpestando, con disprezzo ed arroganza, le promesse fatte davanti a Dio. Avvocati improvvisati di noi stessi, abbiamo la presunzione di ribaltare le regole e di poterci giustificare davanti a Lui su come abbiamo distorto, umiliato e calpestato il Suo dono: l’amore.
Ho sempre pensato che il giorno del fatidico “sì”, si compie in terra un vero miracolo: ciò che è caduco, imperfetto e fallace, come l’amore umano, acquista, per Dono divino, una capacità di pienezza ed eternità, impossibili all’uomo. Ecco perchè il vero ed unico “amore eterno” è, a mio avviso, quello cristiano.
In questo “patto a tre”, ci si promette di amarsi in modo divino, al modo di Dio e, nel farlo, si compie il primo ed essenziale passo che renderà possibile tutto ciò: l’umiltà di capire che si potrà amare veramente e pienamente solo in Dio, rispettando il Suo modo di amare: paziente, mite, ricco di misericordia, speranzoso, generoso, donativo.
Questo miracolo ci vede co-creatori con Dio. Come i genitori collaborano con Dio affinchè nasca, sulla terra, una nuova creatura dotata di anima immortale, così, gli sposi si impegnano a co-creare l’amore di Dio nel matrimonio.
Dopo quel “sì”, insomma, abbiamo deciso volontariamente di essere giudicati con questo metro, croce e delizia, del matrimonio cristiano e ci siamo impegnati a tenere viva, come vestali, la fiamma di un Amore sacro perchè divino.
Ma troppo spesso ci dimentichiamo di questo connotato (la divinità) tutt’altro che accessorio, piagnucolando, capricciosamente, innanzi allo sfilacciamento, lento ed inesorabile, di un amore (prettamente umano) che non è più “quello di un tempo”. Ripiccosi, egoisti, ciechi, rivendichiamo il possesso di un qualcosa (l’amore) che dovremmo, in primis, dare (!) e che è frutto di una co-creazione con Dio: unico ad essere seriamente fedele alle sue promesse.
Abituati ad avere, comprare, buttare, cambiare, imbastardiamo di logiche consumistiche quel patto di amore, sporcandolo in uno stillicidio quotidiano di cui, al vertice della superba arroganza, osiamo sentirci addirittura vittime, senza capire che ne siamo i carnefici.
  • Dire il rosario, in coppia, ci pesa. Quelle decine di Ave Maria tutte uguali sono monotone rispetto ad un film avvincente visto abbracciati alla propria metà. E così, lentamente, tradiamo il nostro amore. Diventiamo ciechi e non siamo più capaci di sentire nel cuore la bellezza sublime del pregare insieme.
Nulla è più capace di creare una connessione intima con un altro, della preghiera. Perchè si rinnova quella fusione spirituale donataci il giorno del “sì”, perchè ci ricorda, in modo soave, che solo un cuore umile è capace di amare perchè rispetta il Signore, perchè medita sulla croce (e sulle croci esistenziali) vedendola come unica via di ascesa e vittoria.
Viviamo in una società che ha dimenticato il ruolo salvifico della croce. La morte e la sofferenza ci fanno paura. Anche nel matrimonio.
Quando il bambino capriccioso ed egoista che è in noi scalpita perchè rimpiange l’uomo(/donna) fintamente perfetto che aveva sposato, dimentica che ha promesso a quell’uomo/donna e a Dio di cooperare con lui/lei per la sua perfezione non senza croce ma attraverso la croce.
I Padri della Chiesa ci insegnano a non fuggire le umiliazioni, perchè ci fanno crescere nella virtù dell’umiltà. A non fuggire il dolore, perchè accresce la pazienza. A non fuggire il sacrificio, perchè rinforza i nostri muscoli spirituali.
Ci troviamo, invece, un po’ tutti, oggi, a ridosso della Pasqua, rammolliti e imbronciati perchè dobbiamo guardarci allo specchio e fare i conti con tutto ciò. Cresciamo nella convinzione che la nostra vocazione sia diventare medici, ingegneri, madri….dimenticando che tutti, nessuno escluso, ne abbiamo solo una ed impegnativa: amare!
Ci riduciamo a dipingere lenzuoli di solidarietà da appendere ai balconi. Ma, domani, ci diremo “buongiono!” con il cuore, in ascensore?
Preferiamo aiutare il “prossimo che vogliamo”: possibilmente innocuo e lontano. Un bimbo in Africa, la Caritas del paese, il senza tetto…per egoismo larvato. Perchè vogliamo sentirci buoni, invertendo, ancora una volta, quella forza autenticamente donativa che impregna il vero amore.
Ma no! Non accettiamo che il nostro coinquilino, coniuge per “errore”, ci abbia deluso, realmente o meno, nelle nostre capricciose aspettative. Questo prossimo non ci piace. Perciò, facciamo a pezzetti il Vangelo, ci conserviamo solo le parti comode e, soprattutto, ci convinciamo di essere nel giusto, affermando, in una coscienza corrotta come un gruviera, che “tanto Dio capirà!…”.
Se la nostra anima è immortale, quindi, la vera paura ce la dovrebbe fare questo “virus spirituale” e non quello che sta colpendo molti di noi. Perchè noi cristiani lo sappiamo: polvere siamo e polvere ritorneremo. Ma …”al tramonto della nostra vita, saremo giudicati sull’Amore!”, come ci insegnava San Giovanni della Croce.

Angela – da Trento
Scaricare qui il formato pdf: coronavirus spirituale Angela daTrento
Il diavolo e il mistero del male. 
Riflessioni a partire dalla pandemia presente

Video-catechesi di P. Serafino M. Lanzetta sul diavolo in relazione al problema del male.


Se il male è una privazione di bene, allora il diavolo cos'è? Oppure, con Sant'Agostino, se il diavolo è l'autore del male, da dove viene il diavolo? Ammettere il male come entità in sé, conduce o a ritenere che il diavolo sia un Dio malvagio ed eterno, nemico del Dio buono, oppure che, quantunque entità creata e finita, sia comunque voluta da Dio. Quindi in ultima analisi Dio sarebbe l'autore del male. Il male in sé non esiste, ma è solo un'assenza di bene. Il diavolo è una creatura buona che si è ribellata a Dio e perciò è divenuta malvagia. Il peccato è la radice di questa perversione della libertà, sia nel diavolo che nell'uomo. È rassicurante tuttavia il fatto che satana è un essere finito, perciò un problema limitato. Se viviamo in Dio, la sua insidia diabolica diventa un aiuto spirituale: ci spinge a vivere da veri cristiani, armati di fede, speranza e carità. Cioè ad essere santi.


Buona visione!
https://www.fidescatholica.com/post/il-diavolo-e-il-mistero-del-male-riflessioni-a-partire-dalla-pandemia-presente

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.