IL CRISTIANESIMO SOTTO ATTACCO DAL SUO INTERNO E DALLE SUE GERARCHIE
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Il 14 maggio è la data scelta dall’“Alto comitato per la Fratellanza Umana” per una giornata di preghiera e digiuno contro il virus: non si pregherà Dio perché perdoni l’umanità e la salvi, ma per un vaccino, un altro vaccino fabbricato allevando virus su cellule di feto umano abortito e fabbricato da un insigne gentiluomo chiamato Bill Gates, che ha, secondo le sue stesse ammissioni, come filantropico scopo nella vita diminuire la popolazione mondiale, e questo non è un fake.
Sua Santità Benedetto XVI [l’Autrice si riferisce al cardinale Ratzinger che adesso vive nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano – Nota di Una Vox] che in una biografia scritta dal suo amico giornalista Peter Seewald, Ein Leben, uscita in Germania e anticipata da Repubblica (in Italia uscirà in autunno) afferma che nozze gay e l’aborto fanno parte del “potere spirituale dell’Anticristo”.
La condanna dell’omicidio nei Vangeli è totale, eppure Bergoglio dopo aver dichiarato l’abortista Bonino una grande italiana, ha invitato i due maggiori abortisti mondiali, l’iper abortista Jeffrey Sachs, un economista americano, e l’iper abortista Ban Ki-moon, nessuno dei due è cattolico, ed entrambi adorano l’aborto, non perché siano cattivi, ma perché c’è questa povera madre Terra rinsecchita e con le mammelle vuote che ha bisogno di sacrifici umani per riprendersi.
La frase in realtà ancora più importante è questa: “La vera minaccia per la Chiesa e quindi per il ministero petrino risiede nella dittatura mondiale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddicendo le quali si resta esclusi dal consenso sociale di fondo”.
È esattamente questo umanesimo anticristico che sarà festeggiato domani 14.
Cristo sta scomparendo dalla sua Chiesa. E’ cancellata la sua regalità, è cancellata la sua sacralità. Lui è sempre più ridotto a una figura solo umana, una figura un po’ ridicola a metà tra un sindacalista e un no global, come nell’orrido Hallo Jesus di Staino pubblicato su Avvenire. Ci spiegano che il suo Vangelo è una metafora, che suo ordine di affermare fino alla morte che Lui è l’unica via, va disatteso. Anche il Suo nome scompare.
George Bergoglio preferisce rinunciare alla Verità di Cristo, unica Via da cui si accede al Padre, per il dialogo interreligioso.
La verità è una. Il dialogo interreligioso non ha alcun senso. Cristo o è risuscitato al terzo giorno o non è risuscitato. O noi abbiamo ragione e gli ebrei torto, o gli ebrei hanno ragione e noi torto. Non è possibile che abbiamo tutti ragione. Cristo non è il precursore di Maometto. O è il Figlio dell’unico vero Dio o è precursore di Maometto. Non può essere entrambi. O Maria è sedes Sapientiae e Mater Ecclesiae, o è una ragazza qualsiasi, non può essere entrambe le cose.
Che qualcosa e il suo contrario possano essere veri è in opposizione al principio di realtà, che è una maniera cortese per dire che è una fesseria. Il Vaticano si sta avviando a un dialogo interreligioso che per essere completato necessita della cancellazione del poco inclusivo Cristo a grandi passi.
Il 4 febbraio 2019, Bergoglio va ad Abu Dhabi per firmare la Dichiarazione di Abu Dhabi, insieme al Grande Imam Ahmed Al-Tayyeb, un amabile signore che augura lo sterminio degli israeliani. Nella Dichiarazione di Abu Dhabi Bergoglio dichiara che “Dio vuole la diversità di tutte le religioni”. La dichiarazione è eretica perché contrasta il Vangelo: si arriva al Padre solo attraverso il Figlio. Eretica e anche irrazionale, perché non capisce chi glielo abbia fatto fare a Cristo di morire in Croce, se tanto è tutta la stessa roba. La Dichiarazione è il documento che inventa basi “teologiche” di una nuova religione, definita con una definizione che, per cortesia, definiamo discutibile come “Fede Abramica”. Cristo scompare, non è menzionato.
Il 4 agosto 2019 è annunciato un “Comitato Superiore della Fratellanza Umana della Fede Abramica”. Nel Vangelo è specificato che solo coloro che credono in Cristo sono fratelli. Il Vangelo quindi è contraddetto, o, meglio, superato.
Tutte le principali religioni manderanno anziani, gerarchi, quello che hanno e tutti insieme appassionatamente faranno la Fede Abramica con il suo Comitato Superiore. Chi stabilisce quali religioni hanno il diritto di mandare anziani? La chiesa satanica statunitense, a suo tempo ufficialmente riconosciuta dal Presidente Obama, potrà inviare qualcuno? La Massoneria è considerata una religione? Il Tempio del Dio Topo (esiste, è in India, si chiama Karni Mata) potrà inviare qualche sorcio al posto degli anziani? E anche qui Cristo non è nominato.
Il 20 settembre 2019, la Abrahamic Faith House è stata inaugurata a New York. Ospiterà una moschea, una sinagoga e una chiesa, e anche qui non è stato nominato Cristo. Giustamente Cristo afferma che l’unica verità è lui, e che al di fuori di lui nessuna Verità. In effetti un po’ troppo scortese e divisivo per la sempre più paffuta Chiesa 3.0 allo zucchero filato.
Il 4 dicembre 2019, Bergoglio ha chiesto all’ONU di dichiarare il 4 febbraio “Giornata Mondiale della Fraternità Umana”. Fraternità in Cristo? Ottima idea, ma prima dobbiamo convertirli. Fraternità senza Cristo? Anche in questo annuncio non si fa alcuna menzione di Gesù Cristo.
L’11-18 ottobre 2020, rinviato dal 10 maggio causa corona virus, in Vaticano si terrà la riunione della “Global Education Alliance”. Nel preannunciarlo parlano di umanesimo e non di cristianesimo e ci dicono già che paleranno di cambiamento climatico.
Nelle insulse comunicazione del Vaticano sul Global Education Compact, non si nomina Cristo, si scrivono le solite scempiaggini da microsindacalista, da mediocre preside su “un’educazione più aperta e inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione”.
Il Vaticano annuncia che il 19-21 novembre 2020 ci sarà l’evento Economia di Francesco ad Assisi, Italia. Francesco chi? Bergoglio o Francesco di Assisi? Se è Francesco di Assisi penso che si starà rivoltando nella tomba all’idea che il suo nome è stato usato per sostenere l’ONU nella teoria del cambiamento climatico sulla strada valorosamente segnata da una ragazzina svedese poco più che analfabeta. E nemmeno qui Cristo è stato nominato.
Con la evidente scusa di un’epidemia è stato abolito l’ordine non discutibile di Cristo della Messa e dei Sacramenti. Il vescovo di turno ci ha informato che “L’Eucarestia è molto sopravvalutata”. Quando la riavremo sarà profanata dai guanti di lattice, degradata a ruolo di alimento. Un qualsiasi alimento: i sacerdoti hanno ricevuto regolare circolare su come si trattano gli alimenti, la stessa consegnata ai supermercati.
Tutto il cristianesimo è reso sospendibile, opinabile, porzionabile, discutibile e portato ai saldi di fine stagione. Questa svendita ha un motivo preciso. L’abolizione del cristianesimo, che verrà disciolto in una religione globale come lo zucchero nel caffè, che galleggerà su questa religione come un fiocchetto di panna montata sulla cioccolata. Non dovevamo essere né zucchero, né panna montata, dovevamo essere il sale della terra. Ora abbiamo perso il nostro sapore. Se il sale non sala più, allora a che serve? Che sia schiacciato sotto i piedi.
Se il Vaticano non serve a nominare Cristo, allora a che serve? Per le scempiaggini di Greta abbiamo già l’ONU.
- VERSO IL 18 MAGGIO
A Messa col biglietto e la polizia ci darà il benvenuto
A Milano consigliano la polizia in chiesa per "dirigere" il traffico; a Firenze tracceranno i fedeli e a Venezia si dovranno prenotare i posti. Mentre a Mantova gli sposi devono igienizzarsi le mani prima delle promesse matrimoniali. In vista della riapertura di lunedì le diocesi si attrezzano, ma emerge una Chiesa patriottica impaurita, igienista, fobica, lontana dalle famiglie e dall'Eucarestia: il catalogo di detergenti di Sassari, a Imperia si risparmia sulle Messe, coi guanti buttati si sprecano i sacrilegi. E se non si trova posto? "Ritenta, sarai più fortunato", dicono a Brescia. Il viaggio della Bussola tra le assurdità dei protocolli diocesani, dove emerge la solitudine del parroco al quale è scaricato tutto il peso della responsabilità legale.
- COMUNIONE IN GINOCCHIO, DISTANZIAMENTO OK di Paolo Gulisano
- LA NIGERIA FA SCUOLA: NOI GIA' A MESSA di Nico Spuntoni
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«E domenica, tutti in seconda fila a Messa: vi ho preso i biglietti». Prepariamoci perché non è la trama di un romanzo distopico, ma la realtà che ci troveremo ad affrontare da lunedì 18 maggio, quando le chiese riapriranno per le messe cum populo. Dopo il protocollo siglato da Cei e Governo, già pesantamente limitativo della libertas Ecclesiae alla quale il Viminale ha sostanzialmente dettato le norme liturgiche, i vescovi hanno dovuto recepire il protocollo.
E – come era naturale – ci hanno messo del loro per “impreziosire” le disposizioni che già erano problematiche di loro.
Ne esce un quadro piuttosto variegato – e mesto - di una Chiesa che fa di tutto per non farsi beccare in castagna dalle autorità, super igienista, che non riflette sull’aspetto spirituale, impaurita di prendere multe e che per questo cerca di coprirsi le spalle il più possibile, anche inserendo disposizioni non richieste, ma che rendono l’idea di che cosa voglia dire l’idea di una Chiesa di Stato.
“SBIRRI” IN CHIESA
A cominciare dal recepimento della direttiva dell’ormai ministro del culto del Viminale Michele Di Bari, il quale il 13 maggio scorso ha disposto che in chiesa non entrino comunque più di 200 persone. Una decisione unilaterale – non concordata con la Cei – e univoca, cioè che vale sia per le chiese piccole che per la grandi basiliche.
Abituarsi dunque: il controllo dello Stato sarà presente e neanche tanto discreto. A Milano ad esempio, ma lo stesso vale anche per Lodi, gli “sbirri” potranno entrare in chiesa come se fosse una bisca clandestina, a controllare che tutto si svolga per il meglio. Sono gli stessi vescovi a suggerire ai parroci che per gestire gli ingressi contingentati possono avvalersi della collaborazione della Polizia municipale o della Protezione civile. Avremo così le forze dell’ordine in chiesa indicarci dove sederci e controllare se abbiamo con noi guanti e mascherina.
Paese che vai, security che trovi: a Firenze hanno chiesto aiuto agli scout, mentre ad Aosta ad accogliere i fedeli ci saranno gli Alpini. Non è detto se nel foyer … pardòn sul sagrato, intoneranno Quel mazzolin di fiori.
TUTTO SULLE SPALLE DEI PRETI
Con uno Stato che decide il numero e anche i posti a sedere, alla Chiesa resta davvero poco da approntare. Ma c’è comunque spazio per dare ai parroci un bel pensiero che di sicuro in questi giorni non li fa dormire la notte tanto che a Mondovì, il vescovo ha deciso che i tempi non fossero maturi e non si riaprirà il 18.
Partiti al motto del “senso di responsabilità” al tempo del lockdown, la responsabilità legale della corretta gestione non poteva che ricadere sui parroci. A Palermo ad esempio, il vescovo lo ricorda nero su bianco, ma quasi tutte le diocesi parlano del parroco come del “legale rappresentante” dell’ente, cioè la parrocchia. Colui, in sostanza, che se non dovesse osservare tutte le meticolose disposizioni prenderà la multa salata. E così Grosseto: «Il Legale rappresentante dell’Ente è responsabile della corretta applicazione delle norme». A leggere bene i protocolli diocesani, dipartiti dal protocollo magno siglato da Basseti-Lamorgese-Conte la grana della sicurezza è tutta in capo al parroco, il quale però non può decidere neanche quanti posti destinare al culto dato che questi devono essere tutti comunicati alla diocesi che li deve condividere.
DUE BIGLIETTI PER PENTECOSTE
Già, i posti. Se la capacità di accoglienza è ridotta, come si fa decidere chi può entrare? In quasi tutte le chiese vige il tribale principio del “chi prima arriva meglio alloggia”. Con un’avvertenza. A Brescia si sono chiesti che fare di quelli che rimangono fuori. Bene, gli verrà risposto più o meno evangelicamente il classico “via, non vi conosco”. «Se i posti disponibili in Chiesa, indicati dal presente documento, sono esauriti e non sei riuscito ad entrare – si legge nel vademecum della diocesi - dovrai avere pazienza e tornare per un’altra celebrazione, oppure offrire a Dio il tuo desiderio che non si è potuto concretizzare a causa di questa situazione.
Non sono previste eccezioni di alcun genere in deroga alla capienza massima della chiesa». Dovremo vedere fedeli respinti? Sembra proprio di sì. Ed è per ovviare a questo che qualcuno si sta ingegnando andando a delineare un vero e proprio sistema di tracciabilità e prenotazioni.
A Firenze al momento è solo allo studio, ma il «sistema di controllo elettronico per il numero degli accessi» è in rampa di lancio. Così come a Reggio Emilia, dove la app di prossima attivazione Io vado a messa consentirà di prenotare comodamente il proprio posto: navata centrale o laterale? Banco esterno o interno? Vista altare o ambone? E per la Pentecoste c’è un’offerta speciale: in regalo la mascherina… Basterà un click e per i non pratici di internet ci sarà un servizio di call center. A Venezia la prenotazione non è obbligatoria, ma consigliata. Se andrà a buon fine, entreremo con il nostro posto assegnato “Riservato signor Rossi”, in mano il libretto d’opera… pardòn, il Messalino, e uno scout ci chiederà di accomodarci per lo spettacolo.
NON È UNA CHIESA PER FAMIGLIE
Il problema degli accessi richiama quello dei nuclei famigliari con figli che vengono pesantemente limitati. Ad essere sempre citato è il singolo fedele, come prodotto di un individualismo inquietante se si pensa che stiamo parlando di comunità ecclesiali. Impossibile trovare riferimenti alle famiglie le quali devono osservare le distanze di sicurezza, quando fino a dieci minuti prima hanno dormito nella stessa camera e fatto colazione allo stesso tavolo. A Brescia saranno inflessibili: «Il rispetto dei posti assegnati vale anche per i nuclei famigliari, non è possibile derogare al distanziamento previsto, evita di portare con te bambini troppo piccoli». Venezia chiede di «far rispettare le presenti disposizioni anche ai nuclei famigliari affinché non venga alterato il numero dei posti calcolato». Per trovare un po’ di umanità bisogna andare a Grosseto dove «le famiglie e le persone coabitanti possono stare vicini tra di loro senza rispettare la distanza interpersonale, mantenendo comunque la distanza di un metro, laterale e frontale, dagli altri». Idem a Torino dove genitori con figli, coppie di sposi, ma pure anziani con badanti possono stare vicini, nello stesso banco, ma sempre nelle distanze stabilite.
LA CHIESA “UNTRICE”
Il cambiamento sarà immediato. Avremo messe come sale d’attesa del dentista: igienizzate e fredde, tutti, a cominciare dal parroco – e per loro bisogna considerare un surplus di solidarietà – saranno occupati sul rispetto delle regole e la loro attenzione sul Mistero si sposterà inevitabilmente. Sono immagini da Chiesa patriottica cinese, nella quale le messe sono a numero chiuso e controllate dall’autorità. Chi ha visto, sa di che cosa parliamo. E chi pensasse che il 18 maggio torneremo al 7 marzo si sbaglierebbe di grosso. Siamo entrati in una dimensione nuova e insolita nella quale la Chiesa è più preoccupata per l’accusa di essere chiamata “untrice” che per la sua missione e per questo si attrezza più del dovuto.
Il presidente Cei Bassetti era riuscito a non obbligare i parroci a provare la febbre ai fedeli, ma dalle parti di Reggio Emilia, tanto per essere più realisti del re, hanno deciso che tutti i fedeli dovranno sottoporsi alla misurazione della temperatura tramite termo scanner – già opportunamente acquistato e dato in dono a tutti i parroci -. Esagerati? Può darsi, ma nel testo riservato ai parroci e che la Nuova BQ ha potuto leggere il vicario è stato molto sincero: «E’ opportuno valutare con la massima attenzione questo rischio in quanto potrebbe costituire un elemento pretestuoso per accusare la Chiesa cattolica di essere motivo di diffusione del contagio».
PIU’ MESSE? MEGLIO DI NO
L’essere più realisti del re si ritrova anche nell’applicazione del consiglio ministeriale-episcopale di aumentare le Messe per distribuire al meglio tutta la popolazione fedele. È questa la misura probabilmente più saggia che si sarebbe potuta mettere in campo fin da subito per diluire i fedeli nello spazio e nel tempo della domenica. Bene, dopo essere passata anche dall’ok del comitato tecnico scientifico, la possibilità di aumentare le Messe è ancora un problema. Il vescovo di Imperia ha categoricamente – diciamo imperiosamente – sentenziato: «Non incoraggio assolutamente la moltiplicazione del numero delle Sante Messe». Ma quella di “risparmiare” sulle Messe deve essere una costante ligure, del resto buon sangue non mente. Infatti, anche a Spezia non sarà facile ottenere più celebrazioni e andare così incontro in maniera più razionale alle esigenze spirituali dei fedeli: «Fate il possibile per non aumentare le messe» è il succo del documento episcopale. “Paganini non ripete” dicono a Mantova, dove «nel caso in cui i posti disponibili in chiesa non siano sufficienti, si eviti di aumentare il numero delle Messe, e si valuti piuttosto la possibilità di recuperare posti all’esterno predisponendo adeguata amplificazione e sedie per i fedeli». Insomma: basta con le repliche.
GUANTI E SACRILEGI
Pochissime le diocesi che raccomandano al celebrante la purificazione finale dei guanti, rituale obbligatorio da Messale al termine della Comunione per togliere dalle mani eventuali residui di particola. A Venezia non si sono accorti del sacrilegio, ma il protocollo dice espressamente al prete di togliersi guanti e mascherina e gettarli. «Poi proceda a purificare il calice more solito», segno che evidentemente dei residui di Ostia santa sul guanto non ci si deve preoccupare più di tanto. La preoccupazione della purificazione non c’è neanche a Cuneo dove il vescovo addirittura modifica il rituale della purificazione all’offertorio, che diventa una igienizzazione, ma ignora quella finale. Questa dimenticanza sacrilega è presente in moltissime diocesi. A Teramo invece sembrano sapere il fatto loro. I guanti? I preti hanno tre possibilità: bruciarli dopo la celebrazione (e la diossina sviluppata?), dotarsi di una pinzetta oppure sciacquare i guanti e versare l’acqua nella terra dopo che la eventuale materia dell’Eucaristia si sarà consumata. Ok, ma dove?
BEATO CLORO E SANT’AMUCHINA
Tutti i documenti sono pervasi di igienismo pessimista cosmico. Sembra che anche i gesti più comuni possano essere fonte di contagio. Ci sono diocesi che hanno proibito l’uso dell’incenso. Peccato, proprio adesso che qualche scienziato ha scoperto le sue straordinarie proprietà antisettiche. Ma ci sono anche diocesi, è sempre il caso di Teramo che sconsiglia – siamo nel capitolo sanificazione banchi e ambienti - l’uso di varechina e di prodotti a base di cloro, e l’ammoniaca mentre per i vasi sacri si consiglia di igienizzare con sapone di Marsiglia e acqua. A Sassari invece il catalogo è pronto e il parroco deve diplomarsi in sanificazione grandi ambienti: sul sito della diocesi compare uno schema riassuntivo con tutti i prodotti da usare per igienizzare con le varie specifiche: legno, pietra, marmo, stoffe e tessuti. Qualche consiglio? Usate Chanteclaire, Citrosil, Amuchina, Benzaclor, Clorosan e Alco Sany. E attenzione a guardare la percentuale di principio attivo contenuto. Fino a 0,5% va bene.
IGIENIZZATEVI E MOLTIPLICATEVI
A Mantova l’igiene delle mani è un comando evangelico: i lettori devono igienizzarsi le mani prima e dopo la proclamazione, così da poter girare le pagine del lezionario e regolare il microfono in sicurezza. E a chi pensa che con questa sia stato raggiunto l’apice, ancora non ha visto che cosa accadrà nella Città virgiliana quando ci saranno dei matrimoni: «Gli sposi si igienizzano le mani con il prodotto adeguato e quindi si procede con la manifestazione del consenso, in cui gli sposi si danno la mano destra». E dopo, almeno voi, dateci dentro. Auguri e figli maschi e … puliti.
Andrea Zambrano
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