ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 20 giugno 2020

Digitalmente allo sbando

LOMBARDIA: VERSO L’OBBLIGO DEI VACCINI, MA SERVE DAVVERO? 


Il Consiglio regionale della Lombardia ha approvato all’unanimità una mozione che impegna la Giunta ad adottare le misure necessarie ad affrontare il dopo emergenza virus. Tra queste vi è la vaccinazione antinfluenzale obbligatoria per tutti gli over 65, gli insegnanti e le categorie fragili.

Ma il vaccino antinfluenzale evita con certezza a chi lo fa di prendersi l'influenza? E, quindi, serve ad escludere che una persona contragga il sars-cov2? Abbiamo chiesto in questa edizione del TG il parere della dottoressa Loretta Bolgan e dell’infettivologo Fabio Franchi. Il servizio è di Francesco Capo. - TG #Byoblu24

https://www.youtube.com/watch?v=uZu5jT_v1ks

DIEGO FUSARO: Gli italiani non scaricano la App Immuni. Ecco come il potere ha deciso di punirli!


Silvana De Mari - Se non succede nulla fra 15 giorni chiudiamo con la boiata del COVID

https://www.youtube.com/watch?v=4Bn7vUSZlSM

I dissidenti in manicomio.
Psicologia e psichiatria per fini politici. Di Roberto Marchesini
Marchesini
Il dottor Roberto Marchesini, psicologo e psicoterapeuta ben noto, autore di molti testi, ha appena dato alle stampe il libro Le vie della psicologia. Storia e tendenze contemporanee (Sugarco, Milano 2020). Egli parteciperà domani, sabato 20 giugno, alle ore 21,00 alla trasmissione mensile del nostro Osservatorio su Radio Maria.

Tra i tanti aspetti interessanti di questa vicenda del coronavirus c’è n’è uno particolarmente inquietante. Partiamo dai fatti.
L’avvocato tedesco Beate Bahner, esperta nel campo del diritto sanitario, ha subìto un trattamento sanitario obbligatorio (TSO) con internamento in ospedale psichiatrico per aver espresso la sua opinione circa l’incostituzionalità del lockdown in Germania. Questa misura sarebbe, oltre che sproporzionata rispetto alla pericolosità dell’epidemia, incostituzionale.
L’avvocato ha pubblicato diversi post sul suo blog (poi oscurato dalla polizia) e un articolo nel quale scriveva: «Queste misure non sono giustificate dalla legge sulla protezione contro le malattie infettive che è stata ritoccata rapidamente solamente pochi giorni fa. Chiusure settimanali e divieti di uscire basati su ipotesi che raffigurano gli scenari peggiori (senza prendere in considerazione le opinioni di esperti basati sui fatti) così come la completa chiusura di compagnie e società senza alcuna evidenza di rischio da infezione da parte di queste attività commerciali è abnormemente incostituzionale». Si era quindi rivolta al Tribunale amministrativo del Baden-Württemberg – che aveva respinto la sua istanza – e alla Corte costituzionale tedesca. È stata dapprima seguita con un elicottero, poi rinchiusa, contro la sua volontà, in ospedale psichiatrico. La motivazione utilizzata dalla polizia locale, che ha effettuato l’operazione, è che l’avvocato era «confusa». Pare che anche la sorella dell’avvocato Bahner abbia subìto un trattamento simile, se non peggiore: è stata arrestata con violenza tale da procurarle ferite, sarebbe stata invitata a sedersi su una panca inesistente e il cibo le sarebbe stato servito sul pavimento.
Questo non è l’unico episodio del genere: una cosa simile è accaduta anche in Italia. Don Gianluca Loda, parroco di Castelletto di Leno (BS), ha subìto un TSO per gli stessi motivi: dissidenza nei confronti alle misure anti-virali proposte dal governo. La polizia locale, i carabinieri e i vigili del fuoco si sono introdotti con la forza in canonica, lo hanno prelevato e portato in ospedale. Il motivo? Don Gianluca aveva espresso contrarietà alle misure decretate dal Presidente del Consiglio e aveva manifestato pubblicamente la sua opposizione cenando (da solo) all’aperto, nella piazza del paese.
Non è finita. A Ravanusa, in provincia di Agrigento, il quarantenne Dario Musso ha subìto lo stesso trattamento (TSO) per aver percorso le strade del paese in auto, dicendo al megafono che il virus era inesistente e che le persone potevano tranquillamente tornare alle proprie occupazioni. Questa vicenda offre un particolare forse interessante: il fratello di Dario Musso è l’avvocato Lillo Massimiliano Musso, candidato sindaco di Ravanusa come avversario del sindaco che ha firmato il TSO a Dario.
Ognuna delle vicende presenta delle caratteristiche che la rendono particolarmente inquietante: si va dall’avvocato esperto in diritto sanitario, al sacerdote cattolico, al «congiunto» (ormai si dice così) di un avversario politico del sindaco (colui che firma i TSO).
L’idea che questi trattamenti sanitari obbligatori siano stati utilizzati non per proteggere una persona con difficoltà psichiatriche e le persone ad essa vicine, ma per silenziare dissidenti, contestatori, persone che dissentono dalle scelte delle autorità in modo pacifico e legale, appare più che un malevolo sospetto.
L’utilizzo coercitivo, da parte del potere politico, della psichiatria e della psicologia non è una novità. Questa era una prassi consolidata in Russia, durante il periodo sovietico. La prima vittima di questo procedimento fu Maria Spirindov, rinchiusa in ospedale psichiatrico nel 1921 a causa delle sue idee politiche. Si calcola che furono migliaia le persone rinchiuse in ospedale psichiatrico a causa della loro dissidenza al regime; molti di loro morirono in cattività. Nel 1961 questa prassi venne normata con l’introduzione nel Codice Penale sovietico dell’articolo 58, che recitava: «Alle persone che hanno commesso atti socialmente pericolosi in uno stato mentale di follia, ma che si sono ammalati prima della formulazione della condanna o che al momento di scontare la pena sono malati di mente, che impedisce loro la consapevolezza necessaria per dare conto delle proprie azioni o il proprio controllo, il giudice può applicare le seguenti misure mediche obbligatorie: ricovero in un ospedale psichiatrico generale e ricovero in un ospedale psichiatrico speciale».
Simili procedimenti furono applicati con larghezza anche nella Polonia sovietica.
Questo cosa significa? Che non viviamo in una democrazia liberale, ma in un regime sovietico sotto mentite spoglie? Significa semplicemente che l’uso della violenza nei confronti degli oppositori non è esclusivo dei regimi sovietici, ma è condiviso da quelli liberali.
Per rendersene conto è sufficiente leggere uno dei saggi politici scritti da Karl Popper (1902-1944), uno dei principali teorici del liberalismo. Ne La società aperta e i suoi nemici, il filosofo austro-britannico espone il «paradosso della tolleranza», che possiamo riassumere così: la società aperta (cioè quella liberale) è tollerante nei confronti di tutti e di tutte le idee, persino quelle più aberranti e strampalate, tranne con gli intolleranti. Chi sono, secondo Popper, gli intolleranti? Coloro che non accettano la società aperta. Se la formulazione di questo paradosso sembra confusa, può aiutarci la lettura di uno dei maestri di Popper, John Locke (1632-1704), e del suo celebre Saggio sulla tolleranza. Egli esprime lo stesso concetto di Popper, solo in maniera più esplicita: libertà per tutti, tranne per i cattolici. «I papisti non devono godere i benefici della tolleranza, perché, dove essi hanno il potere, si ritengono in obbligo di rifiutarla agli altri. È infatti irragionevole che abbia piena libertà di religione chi non riconosce come proprio principio che nessuno debba perseguitare o danneggiare un altro perché questi dissente da lui in fatto di religione».
Dunque anche una società liberale come quella in cui viviamo permette l’uso della violenza nei confronti di alcuni dissidenti. Inquadrati in questo modo, i fatti elencati all’inizio del nostro articolo assumono un senso e permettono l’emergere di un progetto coerente e dotato di un (aberrante) senso; e diventano intellegibili anche le politiche attuate da George Soros (1930-vivente), allievo di Popper, che ha nominato la sua (principale) fondazione Open Society, società aperta.
C’è un ultimo aspetto che vale la pena di essere esposto: l’uso della psicologia e della psichiatria per fini politici. Anche in questo caso, ciò che può sembrare aberrante, o perlomeno improprio, l’uso di una scienza per fini politici, è in realtà molto più naturale di quanto sembra.
La psicologia del Novecento, infatti, non nasce per fini clinici, cioè per aiutare le persone in difficoltà; nasce piuttosto per fini politici (manipolare e controllare la popolazione) e solo accidentalmente può essere usata per scopi terapeutici. Gli esempi sono molti: ne citiamo solo qualcuno.
Prendiamo la psicometria (il test del QI e tutti test psicologici): nasce per fini eugenetici (individuare e isolare l’anormale, il tarato), non per aiutare in modo particolare chi ha più difficoltà. Wilhelm Reich (1897-1957) e la Scuola di Francoforte ebbero come obiettivo esplicito quello di cambiare la società mediante la rivoluzione sessuale. Il fondatore del comportamentismo, John Watson (1878-1958) scrisse in Behavior. An introduction to comparative psychology: «La psicologia, così come la concepisce il comportamentista, è una branca sperimentale puramente obiettiva delle scienze naturali. Il suo scopo teorico è la predizione e il controllo del comportamento». Burrhus Skinner (1904-1990) parlava esplicitamente di «ingegneria comportamentale». La psicologia sociale nasce con l’obiettivo di studiare il modo di influenzare il comportamento delle persone. L’Istituto Tavistock ebbe anche un ruolo rilevante nella diffusione dei più importanti esperimenti sul controllo mentale. Un esempio è la pubblicazione del libro che presenta i risultati delle ricerche dello psicologo Stanley Milgram a proposito dell’obbedienza all’autorità. Milgram chiese a dei volontari di infliggere delle (false) scariche elettriche a cavie umane. Una buona parte dei soggetti obbedì allo sperimentatore nonostante fosse consapevole del dolore inflitto alla cavia; questa percentuale aumentò quando la cavia era nascosta alla vista del soggetto. Milgram ne dedusse che l’obbedienza all’autorità è uno stimolo che può portare il soggetto a infrangere i propri princìpi, tanto più se le conseguenze delle sue azioni sono percepite come distanti.
Milgram era allievo di Solomon Asch, l’autore di uno degli esperimenti di psicologia sociale più famosi. Il protocollo di Asch prevedeva otto soggetti, sette dei quali complici dello sperimentatore. Asch presentava ai soggetti tre linee di diversa lunghezza e una quarta, lunga quanto una delle tre precedenti; i soggetti dovevano abbinare la quarta linea a quella di lunghezza uguale. I complici rispondevano in maniera errata, ma concorde, e l’unico vero soggetto si adeguò al gruppo dei complici nel 75% dei casi. Questo esperimento dimostrò ancora una volta la forza del gruppo e la tendenza a conformarsi ad esso.
Potremmo continuare, ma credo che il concetto sia chiaro: la psicologia del Novecento nasce e prospera con l’obiettivo esplicito di modificare e controllare il comportamento delle persone. L’utilizzo di psicologia e psichiatria per fini politici, quindi, era ampiamente scritto e previsto. Ora cominciamo a vederne i frutti.
Roberto Marchesini

Da Hong Kong “Le mascherine vanno ragionate”


Di PAOLO BARNARD e NICOLAS MICHELETTI
La scienza dell’uso delle mascherine non è quella che strillano gli esperti prezzolati dalle Tv, né i Social. Va ascoltata invece con MOLTA ATTENZIONE. E chi meglio del N.1 in questa materia, dall’Università di Hong Kong, cioè dal cuore geografico di SARS e di SARS-CoV-2, può guidarci a ragionare su: mascherine, quando sì, quando no, e perché.

19.06.2020

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