ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 9 giugno 2020

“Non sapevamo… Vivevamo in campagna…"

I cattolici e il Ddl Zan. Cronaca di una sconfitta annunciata

    Da qualche tempo si leggono articoli di intellettuali cattolici (come Stefano Fontana[1], Gianfranco Amato, Costanza Miriano[2], Tommaso Scandroglio, Silvana De Mari, Mario Adinolfi e pochi altri) giustamente preoccupati per l’imminente conversione in legge del Ddl “Zan” e di altri progetti analoghi, che avrebbero l’effetto pratico di annullare ogni tipo di opposizione all’ideologia omosessualista, transessualista e gender.
Mi sono letto il Ddl [3] (disponibile sul sito della Camera): al di là di premesse false (“esponenziale aumento nel numero e nella gravità di atti di violenza nei confronti di persone omosessuali e transessuali”, cosa non vera, tant’è che persino l’Unione europea ha confermato che i casi segnalati sono pochissimi e in costante calo) apparentemente le modifiche da applicare agli articoli 604-bis e 604-ter del Codice penale potrebbero sembrare condivisibili. Si tratterebbe “solo” di aggiungere la piccola frase «oppure fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere» all’elenco delle discriminazioni (di tipo razziale, etnico o religioso) già oggi punite penalmente.
Tuttavia, il cambiamento non sarebbe innocuo: introdurrebbe la possibilità di sanzionare non solo la discriminazione, ma anche l’espressione di una legittima opinione. Non rappresenta forse una legittima opinione il semplice fatto che una larga parte della popolazione italiana sia contraria al “matrimonio” omosessuale e all’adozione di bambini da parte di coppie omosessuali? Alfredo Mantovano[4] ricorda che persino la Corte costituzionale ha affermato che “le unioni omosessuali non possono essere ritenute omogenee al matrimonio[5], che è lecito impedire alle persone omosessuali l’accesso alla procreazione medicalmente assistita[6] e che è ammissibile la preclusione legislativa in materia di adozioni[7].
A mio parere non è del tutto convincente l’argomentazione che alcuni di questi intellettuali utilizzano secondo la quale questa legge violerebbe l’articolo 21 della Costituzione italiana (“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”), perché il nostro ordinamento giuridico, giustamente, limita già la libertà di parola in alcuni casi (per esempio l’istigazione a commettere un reato, l’apologia di un delitto, la diffamazione, ecc.). Se, infatti, i comportamenti omosessuali e transessuali fossero atti moralmente buoni che concorrono al bene comune allora avrebbe senso tutelarli anche nei confronti di chi ne parla male; ma siccome non lo sono (o comunque non è evidente che lo siano), le critiche (sui comportamenti, non sulla persona in quanto tale) non meritano di essere sanzionate[8].
Se io affermo la superiorità di un’etnia su un’altra sto proponendo una tesi obiettivamente erronea, e può essere giusto che io venga sanzionato. Se, invece, affermo che le unioni omosessuali non sono un vero matrimonio e che alle coppie omosessuali dev’essere preclusa l’adozione di bambini sto esprimendo la mia legittima opinione, tant’è vero che in paesi democratici come il nostro è in corso un dibattito proprio su questi argomenti.
Non è necessario essere credenti per capire che il tentativo di introdurre un reato di opinione mascherandolo da “istigazione all’odio” nasconde la perversa volontà di uccidere il legittimo dibattito dichiarando inammissibile ogni opinione contraria a quella delle lobby omosessualiste e transessualiste.
Ciò che preoccupa questi credenti è che l’insegnamento della Chiesa cattolica fa parte proprio di queste “opinioni contrarie”. Quando questo Ddl verrà convertito in legge, chi citerà il contenuto della splendida “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali[9] della Congregazione per la dottrina della fede (1986), per dirne una, rischierà multe e carcere. Così chi riporterà il Catechismo della Chiesa cattolica laddove esso afferma che gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati, sono contrari alla legge naturale, precludono all’atto sessuale il dono della vita, non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale e in nessun caso possono essere approvati (2357). O chi leggerà il finale del capitolo 1 della Lettera di san Paolo apostolo ai Romani.
Sapendo tutto questo, sorprende che quasi tutti i nostri pastori se ne stiano zitti. D’altra parte, se ne sono stati zitti anche durante il dibattito sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento e sul suicidio medicalizzato e quando l’Agenzia italiana del farmaco ha autorizzato, con il benestare del Comitato nazionale di bioetica, l’uso della triptorelina per bloccare la pubertà nei ragazzini.
D’altra parte, bisogna onestamente dire che nemmeno i christifideles laici hanno brillato per la loro presenza nel dibattito.
Per questo motivo temo che l’appello di questi pochi coraggiosi intellettuali cattolici cadrà nel vuoto. Chi di noi ha sentito recentemente dal pulpito il proprio parroco ricordare semplici verità come “i bambini hanno bisogno di un papà e di una mamma” o “il matrimonio è solo tra un uomo e una donna”?
Ricordo che qualche anno fa, durante un consiglio pastorale, si stava discutendo sul tema “Che cos’è la famiglia” e il nostro parroco, scavalcando non solo l’insegnamento della Chiesa ma anche la Costituzione italiana, affermò che “tutte le unioni, formali o informali, sono famiglia”.
Forse vale la pena riportare l’art. 29 della Costituzione: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio. Il matrimonio è ordinato sull’uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.
Ho l’impressione che molti pastori non sappiano, o non concordino sul fatto che la famiglia è una società naturale ed è fondata sul matrimonio (tra un uomo e una donna, va da sé, anche perché in Italia il matrimonio omosessuale non esiste ancora).
Temo che si farà fatica a trovare tra i nostri pastori e i nostri catechisti qualcuno che si opporrà alla legge Zan, proprio perché non se ne trovano nemmeno oggi che la legge non è ancora in vigore (e quindi non c’è ancora la paura di essere sanzionati).
Per fortuna, rispetto al precedente Ddl “Scalfarotto” nel Ddl “Zan” è stata eliminata la cosiddetta “clausola salva-preti”, che avrebbe permesso le critiche ai comportamenti omo- e transessuali almeno nell’ambito del culto. Questo escamotage mi faceva venire alla mente il surreale personaggio del professor Stefano Aleandri nella trasmissione radiofonica di Lillo & Greg (“Quelli che si comportano così andrebbero tutti uccisi – a parte Lei, ovviamente, signor Lillo”). Era evidentemente una grande presa in giro, come a dire ai cattolici: “Continuate pure a raccontarvi le vostre balle tra di voi”.
Ha, temo, ragione da vendere il professor Fontana quando parla di questa come di una “battaglia perdente dei cattolici” affermando che “col senso di colpa di essere indietro di duecento anni, la Chiesa cerca di guadagnare il terreno perduto e limita la propria libertà prima che lo Stato gliela limiti”.
Qualche tempo fa, un coraggioso parroco organizzò un incontro con esponenti di Pro Vita & Famiglia dal titolo “Maschio e femmina li creò. Il bello di essere diversi”: ebbene, le prime a opporsi all’iniziativa furono le catechiste. Alcune di loro, inferocite, pretendevano che il parroco organizzasse, per controbilanciare, anche un incontro con organizzazioni Lgbt in modo che i ragazzi non fossero influenzati in modo unilaterale (come se non lo fossero già dall’onnipresente propaganda gender e omotransessualista). Ma – mi chiedo – se un catechista (o un prete) non crede a quello che c’è scritto nel Catechismo, quale insegnamento propone? Perché continua a fare il catechista (o il prete)?
Vorremmo che i nostri pastori ci ricordassero che “spetta a ciascuno, uomo o donna, riconoscere ed accettare la propria identità sessuale e che la differenza e la complementarità fisiche, morali e spirituali sono orientate ai beni del matrimonio e allo sviluppo della vita familiare”[10].
Che “la sessualità, nella quale si manifesta l’appartenenza dell’uomo al mondo materiale e biologico, diventa personale e veramente umana allorché è integrata nella relazione da persona a persona, nel dono reciproco, totale e illimitato nel tempo, dell’uomo e della donna”.
Che “ogni battezzato è chiamato alla castità. Il cristiano si è rivestito di Cristo, modello di ogni castità. Tutti i credenti in Cristo sono chiamati a condurre una vita casta secondo il loro particolare stato di vita. Al momento del Battesimo il cristiano si è impegnato a vivere la sua affettività nella castità”.
Che “le persone sposate sono chiamate a vivere la castità coniugale; le altre praticano la castità nella continenza”.
Che “le persone omosessuali”, come tutti, “sono chiamate alla castità. Attraverso le virtù della padronanza di sé, educatrici della libertà interiore, mediante il sostegno, talvolta, di un’amicizia disinteressata, con la preghiera e la grazia sacramentale, possono e devono, gradatamente e risolutamente, avvicinarsi alla perfezione cristiana”.
Potremo ancora, quando sarà approvata la legge, ripetere queste profonde verità dell’identità umana? Potremo ancora dire che la pratica del cosiddetto “utero in affitto” è abominevole perché lede i diritti delle donne e dei bambini? Potremo ancora dire che il cosiddetto “cambio di sesso” non esiste ma che si tratta solo di orrende mutilazioni genitali e/o di disumani bombardamenti di ormoni?
Temo di no.
Ma, purtroppo, non sarà perché noi cattolici siamo stati onorevolmente sconfitti nella lotta. Sarà perché abbiamo avuto paura di esporci, o – peggio – perché siamo d’accordo con gli avversari dell’uomo e della Chiesa, o – peggio ancora – perché la cosa non ci interessa.
Anche noi, come quei cittadini tedeschi interrogati, dopo la guerra, sui crimini del regime nazista, diremo: “Non sapevamo… Vivevamo in campagna… Non leggevamo i giornali…”[11].
Franco Gerevini
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[5] Sentenza n. 138/2010.
[6] Sentenza n. 221/2019.
[7] Sentenza n. 76/2016.
[10] Dalla Lettera ai vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, come le citazioni seguenti.
[11] Come ripete l’avv. Amato nelle sue conferenze.

DDL ZAN-SCALFAROTTO (omofobia): Prove tecniche di regime?

Vi consiglio di vedere questo video perché spiega molto bene la questione dei disegni di legge lsulla omofobia ed i rischi che corriamo. Consigliato!
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Di Sabino Paciolla

Citi la Bibbia? Allora sei un omofobo. Felix Ngole viene espulso dall’università.

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di Maurizio Patti
La storia di Felix Ngole ha veramente dello straordinario. Se non sapessimo che è reale, la sua drammatica vicenda potrebbe essere ambientata in un romanzo distopico di un futuro che è tragicamente presente.
Il tutto inizia all’Universita’ di Sheffield (Regno Unito). Nel 2014 Felix si iscrive a un corso di due anni per un master in studi sociali. Ama molto l’ambiente che lo ha accolto e ha una grande passione per gli studi che ha intrapreso. Vuole diventare un assistente sociale. Nel 2016 la sua vita è completamente sconvolta.
Come capita spesso nella routine di una giornata di uno studente universitario, Felix controlla la posta elettronica e la sua pagina Facebook. Nota che è sorta una discussione riguardo ad una donna americana che si è rifiutata di firmare un certificato di matrimonio di due persone dello stesso sesso. Questa decisione è appoggiata dai suoi diritti costituzionali, tuttavia viene condannata. I partecipanti alla discussione la insultano. Felix viene a questo punto colpito da una affermazione che sostiene che la Bibbia non ha nessun riferimento specifico all’omosessualità. Gli viene chiesto di citare i passi biblici dove lo si dichiara. Felix risponde fornendo le informazioni richieste. Per questo viene immediatamente segnalato all’Universita’. Una “commissione di vigilanza sull’abilitazione professionale” dichiara Felix non abile ad esercitare il lavoro per cui sta studiando. La motivazione sono le citazioni espresse nel dibattito di Facebook ritenute omofobe. Viene quindi espulso dall’Ateneo e condannato in prima istanza per omofobia. In appello dopo 4 anni Felix Ngole vince la causa perché i suoi diritti di libertà di parola e pensiero – difesi dalla Convenzione europea per i diritti umani – sono stati infranti con l’espulsione dall’Ateneo. Questa vittoria è stata raggiunta grazie al sostegno dello studio legale Christian Concern e il Centro Cristiano legale.
Quattro anni della vita di Felix Ngole sono stati drammaticamente sconvolti. La reputazione sviluppata per la condanna ricevuta gli ha creato innumerevoli problemi. Padre di 3 bambini ha avuto grosse difficoltà nel trovare lavoro. Questo solamente per avere citato dei passi della Bibbia considerati omofobi.
Se in Italia passa la legge contro l’omofobia, queste situazioni possono diventare all’ordine del giorno infrangendo le più sacre libertà di pensiero, parola, religione, educazione, associazione e stampa.
La vita di Felix Ngole è cambiata radicalmente con l’ingiustizia e l’umiliazione di aver perso 4 anni solo per avere citato la Bibbia.
Vogliamo che questo succeda anche a noi  qui in Italia con l’approvazione della legge sulla Omofobia proposta da Zan, Scalfarotto e altri?
Vi proponiamo due brevissimi video in italiano dove Felix Ngole racconta la sua storia. Abbiamo effettuato il doppiaggio in italiano perché si capisca meglio il dramma che Felix Ngole ha attraversato. La versione originale in inglese dei video la trovate qui e qui.
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(Alla realizzazione tecnica dei due video ha collaborato Wanda Massa. La voce del doppiaggio è di Maurzio Patti)

Rowling: Cancellare il concetto di sesso significa non poter parlare della propria vita. Questo non è odio, è dire la verità.

L’autrice pro-LGBT della serie di Harry Potter ha di nuovo offeso la sensibilità LGBT affermando che il sesso biologico conta.
Ne parla Dorothy Cummings McLean nel suo articolo pubblicato su Lifesitenews. Eccolo nella mia traduzione.  
J. K. Rowling (Photo by John Phillips/Getty Images)
J. K. Rowling (Photo by John Phillips/Getty Images)
L’autrice pro-LGBT della serie di Harry Potter ha di nuovo offeso la sensibilità LGBT affermando che il sesso biologico conta.
Sabato, J.K. Rowling ha causato una tempesta di fuoco quando ha deriso il titolo di un articolo della rivista di beneficenza online Devex.com. Il titolo recitava “Opinione: Creare un mondo post-Covid 19 più equo per le persone che hanno le mestruazioni”.
“Sono sicuro che una volta c’era una parola per quelle persone”, ha scritto Rowling, 54 anni, in quello che ora è un tweet virale. “Qualcuno mi aiuti. Wumben? Wimpund? Woomud?”


Migliaia di utenti di Twitter hanno risposto al messaggio dell’autrice del best-seller, molti accusandola di aver fatto del male a persone transessuali. L’American Gay & Lesian Alliance Against Defamation (GLAAD) ha segnalato che i suoi membri “stanno con i trans giovani, specialmente con quei fan di Harry Potter che sono stati feriti dai tweet imprecisi e crudeli di [Rowling]”.
GLAAD ha aggiunto: “JK Rowling continua ad allinearsi ad un’ideologia che distorce volontariamente i fatti sull’identità di genere e sulle persone che sono trans. Nel 2020 non ci sono scuse per prendere di mira le persone trans”.
In una successiva serie di Twitter, la Rowling ha indicato che l’ideologia con cui si allinea è meglio conosciuta come realtà.
“Se il sesso non è reale, non c’è attrazione per lo stesso sesso”, ha scritto.
“Se il sesso non è reale, la realtà vissuta delle donne a livello globale è cancellata. Conosco e amo le persone trans, ma cancellare il concetto di sesso toglie a molti la possibilità di discutere in modo significativo della propria vita. Non è odio dire la verità”.

If sex isn’t real, there’s no same-sex attraction. If sex isn’t real, the lived reality of women globally is erased. I know and love trans people, but erasing the concept of sex removes the ability of many to meaningfully discuss their lives. It isn’t hate to speak the truth.


L’autrice ha affermato di rispettare “il diritto di ogni persona trans di vivere in qualsiasi modo che le sembri autentico”, ma anche che la sua stessa vita è stata “plasmata dall’essere donna”.
“Non credo sia odioso dirlo”, ha dichiarato Rowling.
L’articolo di Devex.com ha infatti menzionato “donne e ragazze”, come anche il numero crescente di donne e ragazze che si identificano come “persone non binarie di genere”. La rivista di sviluppo ha riferito che “oltre 500 milioni di donne in tutto il mondo non hanno ciò di cui hanno bisogno per gestire le loro mestruazioni”. L’umiliazione di queste donne e ragazze è chiaramente meno interessante per i critici della Rowling che il suo rifiuto di piegarsi all’ideologia transgender.
La Rowling ha attratto per la prima volta l’ira LGBT quando ha pubblicato un tweet in difesa di Maya Forstater, un’esperta britannica del fisco che ha perso il lavoro dopo essersi opposta alla definizione legale di donna che includesse gli uomini.
Tra i tweet di Forstater c’era il suo post del 2 settembre 2018 in cui esprimeva che “espandere radicalmente la definizione legale di “donne” in modo che possa includere sia i maschi che le femmine lo rende un concetto privo di significato, e ciò minerà i diritti e le protezioni delle donne e delle ragazze vulnerabili”.
Il 25 settembre 2018, Forstater ha twittato: “Sì, penso che gli uomini non siano donne. Non credo che essere donna/femmina sia una questione di identità o di sentimenti femminili. È biologia”.


Maya, are you saying that trans women are not women? I’m a bit confused...
Yes I think that male people are not women. I dont think being a woman/female is a matter of identity or womanly feelings. It is biology. People of either sex should not be constrained (or discriminated against) if they dont conform to traditional gender expectations


Fu licenziata dall’allora suo datore di lavoro, il Centro per lo sviluppo globale, per le sue dichiarazioni, e un tribunale decise che questa decisione era legittima. In risposta alla sentenza, J.K. Rowling ha twittato: “Vestiti come preferisci. Chiamati come vuoi. Dormi con qualsiasi adulto consenziente che ti vorrà. Vivi la tua vita migliore in pace e sicurezza. Ma costringere le donne a lasciare il lavoro per aver affermato che il sesso è reale? #IstandWithMaya (sto con Maya, ndr)  #ThisIsNotADrill (questa non è una esercitazione, ndr)”.
Forstater è ora una delle persone che difendono la Rowling dalle accuse di odio. In risposta a un suggerimento all’autore che nessuno dice che il sesso non sia reale, Forstater ha collegato Forstater a un post dell’avvocato transessuale dell’ACLU Chase Strangio. In esso, Strangio ha informato i media, “‘Il sesso biologico’ non è un concetto scientifico fisso, ma un concetto ideologico di solito progettato per escludere le persone trans dagli spazi”.
J.K. Rowling, che risiede in Scozia, è l’autrice vivente più venduta in Gran Bretagna e un lodato filantropo. Tra il 1997 e il 2007 ha scritto la serie in sette volumi di Harry Potter. Dal momento in cui ha espresso il suo sostegno a Maya Forstater, un tema costante della critica online nei confronti della Rowling è come [i lettori] si sentano “traditi” dalla loro autrice preferita di una volta.
Una donna che si fa chiamare Kate Beetle ha risposto al primo controverso tweet della Rowling del 6 giugno dicendo che i libri di Harry Potter le avevano impedito di suicidarsi, ma ora prova antipatia per il creatore di Harry Potter.
“Decisi di non uccidermi perché volevo sapere come sarebbe finita la storia di Harry”, ha scritto. “Per molto tempo, questo è stato tutto ciò che mi ha tenuto in vita. Finché non ho incontrato mio marito che mi ha aiutata a imparare ad amarmi e a voler vivere. Tu lo hai insultato davanti ai miei occhi. Ti odio”.
Un attivista transgender si è spinto fino a suggerire che i bambini non siano al sicuro intorno all’autrice. Nicola Spurling, un ex candidato canadese del Partito dei Verdi, ha eliminato il tweet diffamatorio dopo aver consultato gli avvocati.
Anche se molti genitori cristiani proibiscono ai loro figli i libri che hanno a tema il mago della Rowling, l’autrice è membro della Chiesa presbiteriana di Scozia. La sua politica tende verso la sinistra: una volta ha donato un milione di sterline inglesi (circa 1.266.025 dollari statunitensi) al Partito laburista britannico, e ha anche sostenuto la campagna “Remain” contro Brexit. Tuttavia, ha anche votato contro l’uscita della Scozia dal Regno Unito nel referendum sull’indipendenza del 2014.
Carolyn Farrow di CitizenGO U.K. ha ricordato a LifeSiteNews che J.K. Rowling non è l’unica donna che ha sofferto per aver difeso la definizione di donna.
“Mentre sono contenta che JK Rowling stia difendendo la realtà biologica in questo modo e attirando l’attenzione sulla insana pazzia della lobby trans, va ricordato che ci sono molte altre donne che sono state bandite dai social media e che hanno dovuto affrontare le conseguenze della vita reale e le molestie a causa dell’affermazione di opinioni identiche ma che non hanno le sue risorse o il sostegno delle celebrità”, ha detto Farrow.
“Dimostra anche la divisione all’interno della sinistra quando sono pronte a gettare uno dei loro in pasto ai lupi”.
Di Sabino Paciolla

Proposta di legge Zan Scalfarotto contro la omotransfobia: le riflessioni di mons. Suetta, vescovo di Ventimiglia-Sanremo

Mons. Suetta, vescovo di Ventimiglia Sanremo, ha condiviso ieri 8 giugno sul sito diocesano una riflessione in merito alla proposta di legge Zan Scalfarotto che è in discussione nelle Commissioni parlamentari in questi giorni e di cui vi abbiamo già parlato qui qui qui qui.
Auspicando che altri uomini di Chiesa e uomini liberi alzino la voce mettendo in guardia il popolo italiano sul rischio che con questa proposta di legge corrono non solo la libertà di espressione, di associazione e di educazione ma anche la libertà religiosa ve lo riproponiamo integralmente.
Mons. Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia – San Remo
Mons. Antonio Suetta, Vescovo di Ventimiglia – San Remo

Messaggio del Vescovo

“Misericordia e Verità si incontreranno”


Riflessioni e preoccupazioni pastorali sulla proposta di legge contro i reati di omo e transfobia
La memoria liturgica dei Santi Carlo Lwanga e Compagni Martiri, celebrata il 3 giugno scorso, ha suscitato nel mio animo l’idea e l’esigenza di intervenire sul dibattito in corso per l’approvazione di una legge contro i reati di omofobia. L’argomento merita, soprattutto in campo ecclesiale, peculiare attenzione e speciale chiarezza a tutela della libertà della Chiesa in ordine alla propria missione evangelizzatrice ed educativa.
I santi martiri ugandesi subirono il martirio nel 1886 per ordine del kabaka Mwanga II, re di Buganda (Uganda), infastidito anche per il rifiuto di quei suoi sudditi di soddisfare le sue pulsioni omosessuali. La loro condizione di cristiani non solo non consentiva di cedere alle richieste immorali del sovrano, ma li portava a dichiararne illecite le imposizioni.
Il progetto di legge che vorrebbe sanzionare le accuse di omo e trans-fobia, interpella la mia coscienza di pastore. Per amore della verità che “rende liberi” (Gv 8,32) e alla quale ho consacrato la mia vita, ritengo opportuno e doveroso intervenire, riaffermando alcuni concetti fondamentali della dottrina cattolica.
L’insegnamento della Chiesa
Innanzitutto, desidero richiamare con forza e determinazione il valore del rispetto della dignità di ogni uomo e la condanna per ogni gesto o atto di discriminazione e violenza verso chi si trovi a vivere una peculiare condizione. Dice al riguardo una nota della Congregazione della Dottrina della Fede del 1986:
“Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Simili comportamenti meritano la condanna dei pastori della Chiesa, ovunque si verifichino. Essi rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile. La dignità propria di ogni persona dev’essere sempre rispettata nelle parole, nelle azioni e nelle legislazioni”.
A questa affermazione, segue una precisazione importante:
“Tuttavia, la doverosa reazione alle ingiustizie commesse contro le persone omosessuali non può portare in nessun modo all’affermazione che la condizione omosessuale non sia disordinata. Quando tale affermazione viene accolta e di conseguenza l’attività omosessuale è accettata come buona, oppure quando viene introdotta una legislazione civile per proteggere un comportamento al quale nessuno può rivendicare un qualsiasi diritto, né la Chiesa né la società nel suo complesso dovrebbero poi sorprendersi se anche altre opinioni e pratiche distorte guadagnano terreno e se i comportamenti irrazionali e violenti aumentano”.
La Sacra Scrittura prega così in un Salmo: “Misericordia e verità si incontrerannoGiustizia e pace si baceranno (Salmo 85, 11). L’intuizione profetica e ispirata fonda la ricchezza del Magistero della Chiesa, che in sé tiene insieme il rispetto per ogni essere umano e l’annuncio della verità dell’uomo. Come sa bene chi ha a cuore il bene di una persona, amare non significa sostenere tutto ciò che fa l’altro, ma volere il meglio, aiutarlo e orientarlo, soprattutto se rischia di sbagliare.
Chi, invece, sbrigativamente e semplicisticamente accusa la Chiesa di omofobia e di oscurantismo, non rende un buon servizio alla verità delle cose.
D’altra parte, i cristiani renderebbero un parziale servizio all’uomo se si limitassero alla proclamazione della misericordia, dimenticando di annunciare tutta la verità: essa infatti costituisce la prima ed ineludibile forma di carità e di attenta benevolenza.
È dovere di ogni persona, soprattutto in relazioni e dinamiche educative, testimoniare e trasmettere la verità onestamente riconosciuta dalla propria coscienza evitando di piegarla a convenienze, condizionamenti e ricatti. Un cristiano non può sottrarsi al dovere di proclamare la verità conosciuta e in ogni situazione non deve dimenticare che “bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 4, 29).
Una legge non necessaria
In riferimento alla proposta di legge, dall’esame delle relazioni emerge una duplice premessa che ne vorrebbe motivare l’urgente necessità di approvazione: da una parte il bisogno di colmare un vuoto normativo; dall’altra una emergenza sociale, cioè una significativa quantità di offese, anche gravi, tale da giustificare una risposta punitiva mirata.
Al riguardo, illustri giuristi hanno ampiamente evidenziato come non ci sia alcuna lacuna normativa nel nostro ordinamento poiché già contiene tutta una articolata serie di norme in grado di tutelare da qualsiasi tipo di offesa alla persona (i delitti contro la vita, contro l’incolumità personale, contro l’onore, contro la personalità individuale, contro la libertà personale, contro la libertà morale).
Anche per quanto riguarda l’emergenza sociale dei cosiddetti hate crimes in Italia, i dati del Ministero dell’Interno, rilevati dall’OSCAD (Osservatorio per la Sicurezza Contro gli Atti Discriminatori), rilevano la bassissima incidenza (tra il 2010 e il 2018 le discriminazioni per ragioni di orientamento sessuale o di identità di genere sono 212, pari cioè a 26,5 segnalazioni all’anno). Pur nella convinzione che anche un solo gesto è degno di essere condannato e stigmatizzato, mi pare tuttavia evidente che non emerga una situazione di emergenza sociale o di diffuso sentimento discriminatorio, tale da giustificare una legge speciale.
Mi pare doveroso ribadire, ancora una volta, che le persone vulnerabili debbano essere tutelate in quanto persone, non in quanto appartenenti ad un gruppo specifico. Ed è certamente indubbio che le persone che si definiscono “LGBT” godono della dignità e dei diritti propri di tutte le persone. Non è ampliando il novero delle caratteristiche da proteggere, che si possa raggiungere l’obiettivo di un rispetto adeguato della dignità personale. La repressione non è mai stata un valido strumento educativo.
Una legge pericolosa
A queste considerazioni, si aggiunge invece il rischio, assai più concreto e pericoloso che deriva dall’approvazione di una legge di questo tipo, la quale introdurrebbe nel sistema normativo uno squilibrio nel rapporto tra la libertà di opinione e il rispetto della dignità umana, che può dar luogo a derive liberticide.
Si dice, infatti, che la nuova invocata legge dovrà punire “l’istigazione a commettere atti di discriminazione o di violenza, non mere opinioni”. Ma il problema sta proprio nell’individuare la differenza tra una opinione e una reale discriminazione, il che verrebbe affidato ad una serie di valutazioni in capo ad un giudice, tenuto conto delle “condizioni di tempo e di luogo con le quali si manifesterà il messaggio, dalle modalità di estrinsecazione del pensiero, da precedenti condotte dell’autore e così via, in modo da verificare se il fatto si possa ritenere realmente offensivo del bene giuridico protetto”.
Come hanno evidenziato osservatori attenti, questa impostazione permetterebbe tranquillamente che un genitore, un vescovo, un parroco, un catechista, che nell’adempimento della loro naturale missione, abbiano esposto secondo la propria coscienza e le proprie convinzioni una valutazione educativa circa determinate condotte o promozioni di costume, possano essere sottoposti a un procedimento penale, in cui sarà da dimostrare che l’opinione o intervento formativo non conteneva in sé intento discriminatorio, per stabilire di volta in volta se sia stato superato il confine fra “opinione” e discriminazione.
La legislazione proposta inciderebbe ancora più gravemente su questioni concernenti la gestione di enti ecclesiastici o di ispirazione cristiana (come, ad esempio, la possibilità di licenziare dipendenti dei predetti enti che tengano nella vita privata un comportamento non conforme alla dottrina, la necessità di evitare ogni espressione o misura organizzativa che distingua gli uomini dalle donne – ad esempio nei bagni o negli spogliatoi, nelle classi scolastiche o anche nelle competizioni sportive – essendo una siffatta distinzione “binaria” contraria al divieto di discriminazione basato sull’identità di genere).
Qui si introduce il tema della verità delle questioni in gioco. Com’è noto, orientamento sessuale e identità di genere sono al centro di un dibattito che va avanti da molti anni, e non solo in Italia, sulla libertà educativa e sulla famiglia. Si tratta di questioni rispetto alle quali come cristiani dobbiamo conservare e promuovere il diritto ad una diversità e libertà di pensiero.
In questo si manifesta anche tutta la fatica della testimonianza di una verità antropologica, biblicamente fondata e incentrata sul progetto di amore che Dio ci ha consegnato nella creazione e che non possiamo dimenticare o mettere a tacere, soltanto perché non collima con il “pensiero del mondo”.
L’esperienza di altri Stati nei quali sono state introdotte disposizioni c.d. anti-omofobe ci attesta che le conseguenze per i cristiani sono state dure. In Spagna, ad esempio, nel 2014 il cardinale Fernando Sebastián Aguilar è stato indagato da una Associazione LGBT per “omofobia” per aver rilasciato un’intervista su un quotidiano nel corso della quale, sulla premessa che la sessualità è orientata alla procreazione, faceva presente che in una relazione omosessuale tale finalità è preclusa. In Francia la c.d. legge Taubira è stata applicata, anche con arresti, verso persone ree di indossare in pubblico una felpa recante il logo della Manif pour tous, cioè un disegno con le sagome di un papà, di una mamma e di due bambini.
Per non dire degli attacchi e degli insulti che si registrano continuamente sui media e sui social nei confronti di preti o altre persone che esprimono semplicemente la dottrina o la loro opinione sui temi che abbiamo detto. E questo senza che ci sia ancora una legge che potrebbe arrivare a punire penalmente queste libere manifestazioni di “pensiero”.
Un appello
Da tempo, e a ragion veduta, si parla infatti, della cosiddetta “dittatura del pensiero unico”. Un modo di sentire “politicamente corretto”, che piace ai media e ai salotti televisivi, ma che dimentica di andare in fondo alla verità delle cose, in nome del relativismo, per il quale ogni opinione può diventare legge. Ma se questo è sotto gli occhi di tutti, mi spaventa ancora di più, come pastore, pensare che articoli stessi del Catechismo e passi della Bibbia possano da un giorno all’altro diventare perseguibili per legge.
Desidero rivolgere, pertanto, un appello accorato a tutti politici cattolici e a coloro che perlomeno si ispirano a principi cristiani, affinché facciano sentire la loro voce e nel dibattito politico in corso rivendichino la libertà di pensiero di tutti e dei cristiani.
Non si può accettare infatti che una legge, perseguendo un obiettivo “ideologico”, metta a rischio la possibilità di annunciare con libertà la verità dell’uomo, sia pur con l’obiettivo di prevenire forme di discriminazione contro le quali, come già ricordato, è sufficiente applicare le disposizioni già in vigore, unitamente ad una seria prevenzione, non necessariamente penale, per scongiurare l’offesa alla persona, chiunque essa sia.
Sanremo, 8 giugno 2020.
+ Antonio Suetta
Di Annarosa Rossetto

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